20
Ott
2014

Risposta all’ultimo Paul Krugman: coi miei soldi, no grazie!

Ci penserà la signora Le Pen a seppellire le illusioni europee? E’ la tesi sostenuta dall’ultima provocazione di Paul Krugman. Come spesso gli capita, l’amore per la battuta giornalistica effetto fa premio sul rigore di quel che Krugman è nella vita. O forse era. Un fior di economista, che ha vinto il Nobel dell’Economia nel 2008, e raramente la scelta è stata più singolare: inconsapevolmente, era come se l’attribuzione del premio indicasse la via preferita dall’accademia per uscire dalla crisi Lehman, e tutto quel che ne è seguito fino ad oggi.

Chi votò per lui non poteva sapere, con quanta casuale lungimiranza la scelta fosse azzeccata: perché Krugman è attualmente l’economista al mondo che ha forse più di tutti tre caratteristiche insieme. E’ colui che da molti anni ha più sviluppato un sesto acuminato per accrescere il proprio impatto sul dibattito pubblico, non solo negli Usa ma nel mondo intero, con i suoi due editoriali alla settimana sul New York Times da 14 anni, e nel quindicennio precedente collaborando a un’infinità di riviste ad alta tiratura. E’ un economista che “piace” e ama piacere, perché è politicamente impegnatissimo, a sinistra del partito democratico americano, e se mi sui passa la battuta quanto a politiche economiche a sinistra di quasi tutto nel mondo occidentale attuale. Infine, come molti di coloro divenuti col successo amati “a prescindere”, è molto abile nel far dimenticare sotto gli applausi le sue contraddizioni. Mica secondarie: negli anni di Bush padre era ferocemente ostile ai deficit di bilancio, ora da anni inneggia a loro favore. Ha scritto molte volte a favore del protezionismo doganale, tranne poi predicare che è meglio la svalutazione monetaria. E via continuando. Ama la provocazione, meno le critiche.

La sua ultima zampata è l’ennesima che riguarda l’euro. Di cui era tenace nemico dall’inizio, e va riconosciuto: con buoni argomenti, diffidava della volontà europea di fare davvero le riforme necessarie per aprire i mercati e renderli vasi comunicanti per equilibrare spontaneamente differenziali tanto alti di costi e produttività. Su questo, l’ho sempre pensata allo stesso modo: ci sono le testimonianze a partire dal 1996 quando ero a Liberal.  Tuttavia poi Krugman è diventato difensore storico della Grecia mentitrice per 17 punti di Pil sul suo deficit pubblico, acerrimo critico della Germania e di tutti coloro che osano sostenere che l’eurocrisi è figlia anche e soprattutto dell’eccesso di debito pubblico e di presenza statale nell’economia manifestata innanzitutto attraverso una vera e propria spoliazione fiscale. E ora Krugman spara contro Draghi. E contro coloro che si illudono di poter evitare una nuova esplosione del rischio del debito sovrano dei paesi eurodeboli, attraverso le aste TLTRO e l’acquisto da parte della BCE di ABS e covered bonds. Anche su questo, si può essere d’accordo. Ma non, per quello che mi riguarda, col suo appello: ribellatevi ai tedeschi cari governi europei, e imponete alla BCE di svalutare a picco l’euro, altrimenti ci penserà madame Le Pen e seppellire le vostre speranze malriposte. Questo dice Krugman.

Con tale analisi, Krugman incarna il fenotipo di successo dell’economista di sinistra contrario al rigore. Quelli che sostengono che il debito pubblico è un non problema, le tasse alte una soluzione, insieme a stampare moneta col torchio della banca centrale, svalutando il più possibile il cambio e puntando al massimo di inflazione possibile. In Italia sono la maggioranza, ormai,  a pensarla così. Non a caso Krugman qui da noi è il nume di coloro che vogliono il referendum antieuro, il pontefice massimo di coloro che con l’eponimo Piketty invocanola patrimoniale dimenticando che in Italia c’è già, sul mattone, sul risparmio e ora anche sugli accantonamenti previdenziali. Quelli che dimenticano che le crescite tumultose di grandi blocchi economici – dall’Impero britannico agli Usa – nella storia sono sempre avvenute con monete stabili e forti, e hanno iniziato a declinare quando la moneta ha preso a svalutare, e quando l’inflazione ha preso a salire. Perché la moneta debole indebolisce chi ha meno reddito, e la svalutazione alta è una tassa occulta sui poveri. Esattamente quei poveri che a chiacchiere i deficisti, gli svalutazionisti e gli inflazionisti sostengono di avere a cuore.

Con le loro proposte, sono i più poveri e i più deboli a prenderla in saccoccia. Mentre a guadagnare, con la svalutazione e l’inflazione, sono solo i più indebitati: cioè gli Stati, le banche e le grande imprese. Esattamente i tre soggetti dei quali gli economisti iper keynesiani da sempre ambiscono essere consulenti e irpiratori (non dimenticate che anche il Nobel Krugman lavorava per Enron, fu il New York Times a costringerlo ad andarsene..). Come avrete capito, chi qui scrive non è d’accordo con Krugman, e nel dirlo si espone al più classico degli inviti: zitto tu, come puoi pensare di criticare un Nobel. Ma qui non parliamo di mopdelli econometrici, bensì di opinioni e scelte generali su moneta e politica.

La dico tutta: in Francia oggi e domani può benissimo vincere madame Le Pen, visti gli errori epocali del socialista Hollande, e prima di lui del moderato Sarkozy. Come in Germania sta crescendo a doppia cifra il fronte antilatino di AfD, e da noi il fronte antieuro avanza, va dalla Lega alla maggioranza di Forza Italia a pezzi del Pd fino a SEL. Che cosa succederà, in caso di vittoria di Le Pen e di altri anti euro? Semplice. L’euro si restringerà rispetto agli attuali 18 membri, non senza passare per una crisi devastante sui mercati se non si riuscirà prima a contrattare clausole di exit in grado di contenere le inevitabili ondate speculative, e il rischio di default argentini a ripetizione. Ma a quel punto chi resterà nell’euro sarà più forte.  E chi ne uscirà avrà Stato forte espropriatore e poveri più poveri. Un’Italia con più Stato e ancor meno produttività, drogata da svalutazione e inflazione NON mi interessa proprio,.

Piacerà a Krugman e a tutti i numi tutelari della sinistra e della destra populista e statalista, questa prospettiva di cui sarebbero artefici e consulenti. A me, come povero contribuente italiano, non piace proprio. Cambiare le regole europee sì, giocare al tanto peggio tanto meglio coi paradossi no grazie. Fatelo a piacere coi vostri studenti e lettori. Ma non con i miei soldi.

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11 Responses

  1. Gianfranco

    Caro Giannino,
    sappiamo bene come andra’ a finire.
    La maggioranza confida nel fatto che, fuori dall’euro e passata quella banalita’ che e’ il default, ritorneremo allo stile di vita degli anni ’80.
    Come dar torto a questa maggioranza? Con quale evidenza potrebbe convincerli che noi, fuori dall’euro, saremmo finiti?
    Quindi, nonostante le giuste battaglie, rassegnamoci: sappiamo bene come andra’ a finire.

    Usciremo dall’euro e moriremo di fame.

    Perche’ il banale fatto che l’euro, in realta’, ci ha aiutati a campare altri 20 anni, non l’ha capito proprio nessuno.

    E i fessi e’ giusto che scompaiano.

    Saluti
    Gianfranco.

  2. Luigi

    Provocazioni a parte, però, Krugman ha sempre parlato della crisi dell’aria Euro come una grande crisi dovuta a forte squilibrio della bilancia interna dei pagamenti tra Germania, in surplus, e altri paesi in costante deficit. Squilibrio figlio di quella mancanza di comunicabilità tra i mercati interni dei vari paesi di eurolandia.
    Il principale argomento di Krugman non è mai stato di risolvere la crisi europea alzando le tasse o stampando moneta ad libitum, bensì ha sempre auspicato che la BCE si ponesse come prestatore di ultima istanza per evitare che i tassi di interesse sui debiti sovrani dei PIIGs si alzassero troppo, mentre questi operavano delle riforme interne tese alla “svalutazione interna”, non potendo svalutare la moneta.
    Inoltre, l’argomentazione più convincente era che in una economia (mondiale) in crisi di debito, politiche di avanzo primario messe in campo contemporaneamente da tutti i paesi sarebbero risultate in un rallentamento, se non inasprimento della crisi. Infatti, sono anni che suggerisce che chi sta “meglio” (la Germania) o cmq i paesi con bilancia dei pagamenti in surplus dovevano spendere di più per compensare (anche in termini di maggiore inflazione interna) la tendenza al rientro degli altri paesi.
    Al netto di valutazioni e provocazioni non sempre condivisibili, le analisi originali di Krugman si sono rivelate esatte, sebbene le politiche da lui suggerite per l’area euro siano state talvolta estremizzate. Mi sembra che gli statalisti di casa nostra trovino una comoda sponda nel premio Nobel, ma non necessariamente portano avanti politiche coerenti con l’analisi economica a cui dicono di rifarsi.

  3. Marco

    il problema tecnicamente parlando è di una banalità devastante e si potrebbe risolvere in un lustro
    si definisce a tavolino una sufficiente area di autonomia e quella diventa uno stato dell’unione
    ogni stato deve versare il 20% del proprio PIL al governo centrale europeo che si fa carico delle infrastrutture metastatali, della difesa e della politica estera e poi ognuno ssi governi e si vada a tar prestre i soldi se trova un prestatore e imponga le tasse che vule e buona fortuna, se fallisce viene commissariato
    ogni stato partecipa al senato che fa da controllore attraverso le commissioni funzionali in cui partecipa l’equivalente dello stato (istruzione su istruzione, trasporti e infrastrutture, finanza ecc.) pesato per numero di elettori e…BUONA FORTUNA A TUTTI e la BCE come la FED

  4. Francesco_P

    Che l’Europa non funzioni non c’è bisogno di Krugman per dirlo, come del resto non serve un premio nobel per capire che alle prossime elezioni potremmo vedere la signora Marina diventare la prima Presidentessa della Francia. Ma quando la signora si insedierà all’Eliseo e farà i conti, farà uscire la Francia dall’euro o seguirà strade più realistiche? Detto in modo non accademico, ma efficace, l’euro è come un cappotto brutto, sporco e pieno di pezze. Quando l’alternativa è uscire nudi d’inverno, allora alche il cappotto orribile fa comodo.

  5. francine

    Caro Gianfranco e caro Oscar,
    e’ vero che torneremo alla lira e che negli ultimi 25 anni siamo sopravissuti grazie all’ombrello europeo,ma sotto quell’ombrello non dovevamo proprio entrare..Non abbiamo mai voluto fare i nostri compiti a casa.Ci siamo sempre rifatti il trucco con manovre aumenta tasse e aumenta spesa pubblica.Non abbiamo mai fatto nulla per migliorare la nostra competitivita’.Dagli anni novanta(anni in cui eravamo gia’ falliti)abbiamo tirato a campare e ora le cose sono molto peggiori.Abbiamo nel frattempo distrutto un’intera generazione di giovani che sono entrati nel mercato del lavoro in quegli anni,abbiamo costretto all’esodo chi poteva andare via,abbiamo decimato i risparmi etc etc.Quando poi leggo che dal cilindro dell’ultimo prestigitatore di turno(Renzi)esce la genialata degli 80euro alle neo mamme non so devo ridere o piangere..Lo Stato ci toglie il sangue in continuazione con un crescendo costante di prelievo fiscale e poi graziosamente decide di darlo arbitrariamente con regalie a destra e a manca senza alcun criterio(i 90000 eur di soglia sono un insulto a che cerca di tirare avanti senza chiedere aiuti a nessuno).I neonati diventeranno poi i disoccupati del futuro…ma chi se ne frega tanto l’orizzonte temporale di queste meravigliose iniziative e’ quello delle piu’ prossime elezioni..

  6. Riccardo

    E dunque un bel libro sulle contraddizioni di Krugman, argomentato da un suo collega, dove lo si trova?

  7. Gianfranco

    francine, 20 ottobre 2014

    vedi, il punto in realta’ e’ proprio quello! fuori o dentro l’euro non cambierebbe nulla!
    il blocco culturale italiano e’ quello di non saper immaginare assolutamente nulla di diverso di uno stato mamma che “provveda a tutto”.
    siamo noi a volere che i politici spendano! altrimenti qualcosa faremmo!
    hai ragione. non saremmo dovuti entrare nell’euro ma lo abbiamo fatto per ritardare il default.
    ma se ti ricordi (con tutto il rispetto non so quanti anni hai), nei primi mesi dell’euro volevamo abolire i cent, che in realta’ valevano 20 lire!
    viviamo nella nostra bolla!

    quanto a renzi, e’ molto furbo. se hai notato combatte tutte battaglie “giuste” e per il “bene”.
    e noi, contro il bene, non possiamo andare.

    per me rimane il fatto che, con tutti i commenti che leggo in internet, non ci sia nessuno che formi veramente un partito che dia voce al buon senso.
    all’apparenza sono tutti stufi. 🙂

    ciao.

  8. adriano

    Già,è colpa dei vasi comunicanti.Con loro sarebbe tutto a posto.Mossa furba,tanto si sa che l’adeguamento non avverrà mai.Intanto siamo in recessione,ci resteremo e non si sa cosa fare tranne le chiacchiere.Oggi si danno ottanta euro alle mamme,domani ai nonni.I ragionamenti sono belli ma la realtà dice che così non funziona.La risposta è continuiamo così?Mossa intelligente.La moneta forte va bene a chi è forte.Quindi proseguiremo perchè conviene a chi comanda.Se agli altri va bene vivere di elemosine non ci sono problemi.

  9. Ramauri

    A me sembrano tutti discorsi per non affrontare il nocciolo dei noti problemi che ormai sanno anche i sassi: corruzione, evasione, riqualificazione della spesa pubblica. Euro o non euro, risolti questi problemi, cambia ben poco. Piuttosto sono le normative europee che ci danneggiano.

  10. max

    Sarà anche un approccio da ignorantone.. ma è possibile che non esista una via di mezzo tra il non fare niente in nome del demone inflazione e il “gettare dollari dall’elicottero” ?? Ad oggi secondo le statistiche ufficiali quasi tutta l’area euro si avvia verso la deflazione. Perlomeno che si tenti di rispettare il target del 2%. è chiaro che a livello politico bisogna minacciare di far saltare il banco per forzare chi è contrario.

    Grazie. Saluti

  11. Matteo

    Interessante è l’idea dell’inflazione che sia una tassa occulta sui poveri e che invece ad avvantaggiarsene siano i poteri forti degli Stati delle banche e delle grandi imprese. Si sarebbe creduto che la vedova e l’orfano, se il nucleo percepisce almeno qualche salario fisso, non arriva a fine mese, e se poi lei, la vedova, va a servizio, allora la paga giornaliera non arriva neanche a fine giornata, dunque si sarebbe creduto che a questi l’inflazione gli fa il solletico. Ma la cosa più stupefacente è che costoro apparentemente inani, ma forti del loro potere morale, abbiano imposto ai forti del loro strapotere economico l’attuale assetto di inflazione nulla o negativa. Chi l’avrebbe mai detto?
    Quando un’analisi è così precisa aiuta tutti a trovare le strade giuste per uscire dalle crisi, visto che naturalmente siamo tutti d’accordo che si vuole rimettere in piedi il sistema produttivo.
    K

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