11
Feb
2010

Rifinito e approvato il decreto nucleare, ma i punti interrogativi restano

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo sul nucleare. Il testo finale è stato corretto per recepire alcune osservazioni rivolte dalle commissioni parlamentari competenti e dal Consiglio di Stato. Qualche miglioramento, nessuna rivoluzione. Nella strategia nucleare, il documento programmatico che il Governo adotterà entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto, sarà affrontato anche il tema dell’affidabilità dell’energia nucleare, in termini di sicurezza nucleare ambientale e degli impianti, di eventuale impatto sulla radioprotezione della popolazione e nei confronti dei rischi di proliferazione; questione che richiede l’approfondimento del legislatore e regole certe per garantire la tutela di interessi di alto rango quali l’ambiente e la salute.
Per il resto, l’elaborazione della strategia nucleare rimane un momento confuso, adottata prima della sua sottoposizione alla Valutazione ambientale strategica (di norma effettuata prima dell’approvazione di un piano o di un programma) e in difficile sintonia con i principi dell’autonomia privata e dell’indipendenza tecnica dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, che dovrà attendere la fissazione degli obiettivi della politica nucleare da parte del Governo per potersi dedicare alla predisposizione dei parametri tecnici utili all’individuazione delle aree idonee ad ospitare gli impianti nucleari. Permane poi la ridondanza di un procedimento, quello che porta a stabilire i criteri da seguire per selezionare i siti nucleari, sottoposto a consultazione pubblica due volte in un periodo di tempo ravvicinato: una prima volta, con la sottoposizione dello schema preliminare dei parametri al parere delle regioni, degli enti locali e delle associazioni; una seconda volta, nell’ambito della Valutazione ambientale strategica, congiuntamente al documento programmatico del governo.
I procedimenti di certificazione dei siti e di autorizzazione sono stati corretti con la definizione dei termini per lo svolgimento di alcuni adempimenti del governo, come ad esempio l’adozione del decreto che stabilirà i requisiti soggettivi degli operatori interessati ad investire nel nucleare, ma l’iter si conferma lungo (sull’ordine dei 3 anni) e burrascoso; anzi, la sequela di intese e atti di assenso richiesti si arricchisce con la previsione di un parere che il comune interessato dovrà rivolgere alla Regione prima che questa si esprima sulla certificazione del sito rilasciata dall’Agenzia per la sicurezza nucleare.
Quanto, infine, all’incognita rappresentata dallo smantellamento delle centrali, i cui costi erano lasciati alla discrezionalità della Sogin, si è cercato di correggere il tiro prevedendo l’intervento mediatore di un organismo terzo. Ci dovrebbe, quindi, esser spazio per una negoziazione tra l’operatore su ricade il costo del decommissioning e la società pubblica preposta alla medesima attività. Non è però precisato quale soggetto potrà svolgere la funzione di mediazione, né di che strumenti potrà disporre. La delicatezza del tema è stata quindi percepita: per quanto destinato a verificarsi in un futuro lontano, il costo delle attività di disattivazione e smantellamento è una variabile non trascurabile nel calcolo che l’operatore deve operare per definire le proprie strategie di investimento e una disciplina fumosa non aiuta a dare certezza al quadro che si sta delineando. Sul punto non ha avuto seguito l’osservazione del Consiglio di Stato, che avanzava dubbi sull’opportunità di riservare oggi ad una singola società pubblica attività da espletarsi tra 60-70 anni, quando nessun visionario può dirci esisterà lo stesso soggetto nella medesima forma societaria.
La nota positiva è che la delega nucleare del luglio 2009 è stata esercitata per tempo; anzi, in anticipo di cinque giorni. Cosa non scontata, date le difficoltà che incontra l’approvazione dello Statuto dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare e la sua istituzione. Altro passaggio chiave, che in teoria dovrebbe consumarsi entro il 15 febbraio, è l’adozione della delibera del CIPE che precisi le tipologie di impianto che potranno essere realizzate sul territorio nazionale. Solo con l’emanazione di questo provvedimento e la costituzione dell’Agenzia, sarà completato il puzzle normativo-istituzionale con cui prenderà avvio la partita del nucleare.

6 Responses

  1. DANIELE ROVAI

    Gentile Menengon

    le evidenzio alcune “particolarità” della legge 99/09 rigurdo alla delega nucleare. Annotazioni che voi giornalisti dovreste porre ben in evidenza, ma che non fate se non all’interno di qualche blog. Come se anche voi aveste le mani legate.

    1) Questo decreto legislativo ancora in bozza, seppur i media televisivi ne parlino come operativo (e qui ci sarebbe molto da dire sulla loro “libertà” d’espressione) perché manca ancora il parere della Commissione Unificata.

    2) La delega è stata chiesta con un articolo all’interno di un disegno legge “tradizionale”. La Costituzione prevede, invece, l’uso di un ben definito Disegno Legge Delega che deve contenere la materia sulla quale si chiede la delega; i principi e i criteri direttivi da rispettare e il tempo che viene dato per esercitare la delega – in pratica i paletti che mette il Parlamento per controllare che il governo non debordi dalla delega stessa. Nel nostro caso questo iter costituzionale non è stato rispettato. Non solo: inserendo la delega all’interno di un Disegno Legge presentato dai principali ministri del governo è come se il governo delegasse se stesso. Formalmente corretto? Di sicuro eticamente scorretto.
    3) Gli articoli nucleari prevedevano la nascita dell’Agenzia Nucleare entro novembre 2009 e non è successo. La delega prevede il licenziamento del decreto legislativo entro febbraio 2010 ed ancora manca un passaggio fondamentale. E ancora non c’é la delibera CIPE.
    4) Il decreto legislativo prevede già quali compiti saranno affidati alla ASN e alla Sogin quando la ASN non è ancora nata e la Sogin è stata commissariata e priva degli indirizzi operativi che il ministro dello sviluppo economico non ha ancora liceneiato. In pratica una legge indica dei compiti per delle strutture che ancora non ci sono o che, se ci sono, sono “vuote”.
    5) Un principio della delega dice che il governo potrà sostituirsi all’ente locale se questo non vorrà la centrale sul suo territorio in base all’articolo 120 della Costituzione. Se si legge questo articolo si legge che il potere sostituivo è possibile solo “nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali”, oppure se si incorre in un “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, oppure se “lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica”, oppure per “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Questo vuol dire che il governo, se una regione non vuole una centrale nucleare nel proprio territorio, può intervenire perché questa scelta rappresenta un pericolo per l’incolumità pubblica o per l’unità giuridica dell’Italia?

    Gentile Menengon la delega nucleare dimostra il grado di incompetenza e arroganza che ha raggiunto questo governo. Ma questa denuncia la dovreste fare voi. Non io

  2. Diego Menegon

    Il pubblico di chicago-blog è informato e la voglia di partecipare al dibattito è troppa.

    A Giovanni: sì, 22 anni fa; nel 2008 la coalizione che dichiarava in campagna elettorale la volontà di riaprire il capitolo nucleare ha preso più voti ed ora dà seguito agli annunci pregressi. Molto più gravi i referendum ignorati sull’abolizione del Ministero dell’agricoltura, sulla privatizzazione della Rai e sui finanziamenti dei partiti, disattesi nel giro di pochi anni e senza interpellare gli elettori durante una campagna elettorale. Tuttavia, la forma di governo italiana è di tipo parlamentare e il vincolo al pieno rispetto dell’esito referendario (anche per la natura tecnica del referendum abrogativo e dei quesiti proposti) può essere solo di tipo politico. Le disposizioni allora abrogate sono state espunte dall’ordinamento e mai riapprovate. Anche il decreto non ripropone il testo su cui il corpo elettorale si è espresso 22 anni fa.

    A Daniele Rovai:
    1) il Governo ha approvato il decreto, in via di pubblicazione in GU, dopo aver preso atto della cancellazione della seduta del 27 gennaio, nel corso della quale la conferenza unificata avrebbe dovuto pronunciarsi sul decreto. La delega poteva esser scritta meglio, dettando termini precisi per l’espressione dei pareri; soprattutto, è stata omessa la clausola che solitamente consente una proroga della delega per garantire alle commissioni di fruire del tempo necessario all’esame del provvedimento e all’espressione dei pareri (epica la seduta in notturna del senato dell’altro ieri sera prima del Consiglio dei ministri).
    2) la delega è contenuta all’articolo 25 della legge 99/09. La giurisprudenza della corte costituzionale non ammette che siano adottate deleghe legislative al Governo mediante emanazione di decreti legge. E’, invece, da sempre ammessa la presentazione di disegni di legge di iniziativa governativa contenenti deleghe (prassi per altro consolidata e sempre più diffusasi negli ultimi 20 anni) in quanto non vincola né limita il potere legislativo in capo al Parlamento. Sarebbe stato scorretto metter la fiducia sul testo proposto dal Governo, ma ciò non è stato fatto. Nel caso del ddl sviluppo, si ricordi che l’iter parlamentare è durato circa un anno, con continui rimaneggiamenti del testo.
    3 e 4) la delibera cipe per la definizione delle tipologie di impianto realizzabili dovrebbe essere approvata entro il 15 febbraio. Ad ogni modo, questo termine, così come quello per l’adozione dello statuto e la nomina dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, non sono perentori, ma ordinatori. I ritardi sono censurabili, ma c’è da dire che i termini ordinatori raramente vengono rispettati dai vari governi che si succedono. Vizi delle istituzioni pubbliche, la negligenza e l’incapacità di provvedere ai compiti avocano a sé, che ci induce a riflettere sull’opportunità di farne a meno quanto più possibile. Quanto detto sulla Sogin conferma l’inopportunità della riserva sulle attività di decommissioning ora prevista dal decreto.
    5) non è previsto un potere sostitutivo configurabile ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, ma un procedimento che prevede, se manca l’intesa di una regione o un ente locale, la convocazione di un comitato interistituzionale (con amministrazioni statali e decentrate); se anche i lavori del comitato non si concludono con il raggiungimento di un’intesa, la questione è demandata al consiglio dei ministri, integrato dal presidente della regione (e in alcuni casi, un rappresentante del comune dissenziente). La norma è criticata dalle regioni, che ritengono insufficiente la partecipazione al Consiglio dei ministri come garanzia delle proprie prerogative (l’energia è tra le materie nel limbo della competenza ripartita, per cui allo stato spetta dettare i principi generali, alle regioni la normativa di dettaglio). Probabilmente la norma sarà impugnata e portata alla corte costituzionale. Sulla conflittualità che scatena la ripartizione di competenze così come disegnata dal titolo V, specie nel settore dell’energia, ho già scritto in precedenza in questa e altre sedi.

    Grazie per avermi dato l’opportunità di esporre ulteriori considerazioni di approfondimento sul tema.

    Buona giornata.

    dm

    ps: non sono giornalista!

  3. Diego Menegon

    pps: in merito alle ultime considerazione sul governo: il potere politico è per definizione incline all’arroganza.

  4. riccardo

    e siamo ancora in attesa dei tempi “perentori, ma non orinatori” ?
    vien quasi da ridere
    ma se si capisce lontano un miglio che il governo aspetta le regionali in silenzio sul tema, per non perdere voti? tiri fuori le palle e dica dove le vuole fare, così vediamo le barricate pronte iin mezza giornata…
    che faccia tosta!
    e c’è qui chi cavilla sulla giurisprudenza … 🙁

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