16
Mar
2012

Perché vendere Alfa a VW sarebbe buona cosa

Se fossi a Palazzo Chigi all’incontro tra governo Monti e Fiat, chiederei se non  fose il caso che Torino vendesse prima che sia tropo tardi Alfa Romeo a Vw. Perché la sovraccapaità europea non dà scampo agli stabilimenti italiani del gruppo. Perché Chrysler-Fiat è giustamente di chi ha messo i soldi, cioè americana. Perché Alfa non ha possibilità di salire a 300mila unità vendute come da sempre vanamente promesso da Fiat che non vi ha investito né può. Perché a Chrysler i denari servon o per crescere in Cina, India e Russia, dove non c’è.-E perché l’Italia deve aprirsi prima che mai a stabilimenti di montaggio di altri gruppi, meglio se leader mondiali ncome VW. Questi sono i n umeri alla base del ragionamento. Altro che polemiche sulla Fiom.

Il Salone di Ginevra si avvia chiusura con una divergenza netta che non accenna diminuire, tra le tre macroaree mondiali dell’auto.

Gli Stati Uniti restano lontanissimi dalla possibilità di tornare il primo mercato al mondo, ma hanno chiuso il 2011 segnando per la vendita di auto nuove un secco più 10% sull’anno precedente, con 12,8 milioni di unità e il ritorno al profitto non solo per Ford e GM ma anche per Chrysler. La Cina resta e resterà per anni l’area di traino planetario, anche se con i suoi 14,1 milioni di unità nuove vendute ha sensibilmente visto diminuire il suo tasso di crescita, solo più 5,1% sull’anno precedente. Poco più di un soffio rispetto al più 33% del 2010. Ma in ogni caso per i grandi players mondiali è lì la grande gara nel prossimo futuro per la profittabilità su vasta scala e soprattutto nel settore premium, dove si guadagna di più: chi è rimasto indietro in Cina, è come se volesse correre con una palla al piede. Poi c’è l’Europa, la cui situazione è molto ma molto preoccupante.

“Nessun costruttore ha fatto un solo euro di profitti nel 2011 sul mercato europeo”, ha detto Sergio Marchionne. Il capo di Fiat-Chrysler sa bene di poter sparare a pallettoni perché le case non danno il rendiconto di profittabilità per aree geografiche e singolo Paese, ma consolidato. In realtà, uno studio comparato degli andamenti e dei bilanci 2011 porta alla conclusione che non sia stato così. Ma certo il mercato europeo appare come un malato grave al quale non si applicano terapie. L’America di Barack Obama di fronte alla crisi del 2008 e 2009 ha reagito come avviene in quel Paese di fronte alle grandi crisi. Si mette mano anche al portafoglio pubblico per settori strategici, e naturalmente l’auto per un presidente dell’area Chicago-Detroit lo era eccome. Con l’obiettivo di consentire alle imprese finite in sovraccapacità di razionalizzarsi in profoindità per tornare il più presto possibile all’utile, espellendo manodopera e abbassandone costi – e retribuzioni – in cambio della tutela dei fondi previdenziali e della restituzione a breve allo Statoi del capitale fornito dal contribuente. E’ così che GM e Chrysler sono tornate a margini positivi, anche se la sovraccapcità tagliata è stata nell’ordine del 22 e del 35%, e sono state nell’ordine del 35% in meno sui neoassunti le concessioni sindacali a paghe più basse, rispetto a quelle degli stessi stabilimenti giapponesi in Usa. Tutte cose impensabili, per i governi e i sindacati europei. Ma con quali conseguenze?

Eccole, le conseguenze, ci stiamo in mezzo e ci resteremo per anni. La domanda europea si contrae dal 2008. E resta declinante. I 15,7 milioni di unità nuove vendute di quell’anno sono diventati 14,7 nel 2008 e 14,5 nel 2009, 13,7 nel 2010 e 13,5 nel 2011. Per il 2012, le stime di banche d’affari e specialisti dell’auto erano e restano apertissime, perché dipendendevano e dipendono dall’evoluzione della crisi dell’eurodebito, e dal morso sul reddito disponibile di famiglie e imprese effettuato da Stati assettai di nuove entrate per rientrare al più presto nella convergenza di bilancio pubblico fissata dal fiscal compact. Si passava da un meno 7% ulteriore di vendite in caso di default greco “incontrollato”, e possiamo dunque sperare che questa previsione sia troppo pessimistica perché il default c’è stato ma secondo una procedura ordinata. E via via salendo di scenario in scenario meno europessimista, fino alla più ottimistica stima che è comunque ferma a un meno 2% sul 2011.

Come hanno reagito le imprese e i governi? L’hanno capita, e hanno tentato un governo serio della riduzione della sovraccapacità, controllandone gli effetti sociali ma consentendo alle imprese di tornare ai profitti’ Assolutamente no. A fronte di un euromercato dell’auto che al più sarà di poco sopra i 13 milioni di unità, i 111 stabilimenti automobilistici attuali delle diverse case nell’”Europa larga” – Turchia e Russia compresa – hanno una capacità installata intorno ai 22,8 milioni di unità. Vi rendete conto di che cosa significa, in termini di distruzione di valore, una sovraccapità che resta più vicina al 40% che al 35%, a 5 anni dall’inizio della crisi, e quando a seconda dei segmenti la media statistica è che per fare profitti bisogna stare intorno all’80% almeno di utilizzo degli impianti? Nel 2011 e dal 2009, hanno sin qui chiuso due soli stabilimenti: Termini Imerese della Fiat, e Anversa della Opel. Tra l’anno in corso e il 2013, altre tre chiusure sono annunciate, due in Svezia di Saab e Volvo, una di Mitsubishi in Belgio. Ma, a fronte della domanda in ulteriore calo e dell’impossibilità per i governi di pensare ad incentivi pubblici visti i tagli ai deficit da apportare., la conseguenza è che nel 2012, 2013 e 2014 a rischiare di più sono i players dell’auto che hanno tre caratteristiche: dipendono troppo dal mercato europeo in panne, non hanno alle viste rotazioni significative di insediamento in Cina, hanno condizioni finanziarie e patrimoniali tali da averne compromesso la capacità d’investimento.

Se andiamo a vedere chi dipende di più dal mercato europeo, la Opel di Gm addirittura sta all’82%( si capisce perché la stima sia di aver perso 13 miliardi di dollari dagli anni Novanta, ed ecco perché il governo tedesco ha detto no più volte ai tentativi di Gm di liberarsene: è una ferita aperta per l’unico concorrente mondiale di VW in Cina). Poi viene Citroen al 62%, Renault al 52%, Peugeot al 48% (i due marchi sommati di Psa sono sopra Renault, ed ecco da dove nasce l’alleanza con GM il cui fine è salvare il salvabile in una razionalizzazione europea necessaria sia ai francesi che agli americani in Germania). Poi viene Fiat, al 48% grazie a Chrysler che ne ha spostato il bacino priiotario in America. Poi Volkswagen, la cui ascesa come secondo gruppo mondiale si spiega non solo per il successo in Cina – dove presidia il 15% dell’intero mercato con 2,2 milioni di unità vendute dai suoi 10 brands, cioè il doppio di quanto vende in Germania tanto che dei 67 miliardi d’investimento complessivo del prossimo piano quadriennale, 15 saranno solo in Cina per altri 4 stabilimenti nuovi nelle aree cinesi ancora non presidiate – ma anche per la sua bassa dipendenza dall’Europa in crisi. Questo spiega perché, a differenza di quanto affermato da Marchionne, VW ha fato profitti anche in Europa, visto che la sua capacità utilizzata nel 2011 è stata nei diversi stabilimenti europei tra l’85 e il 90%, rispetto al 60% di PSA, Renault e Opel, e a meno del 50% per quanto riguarda Fiat (sono gli stabilimenti italiani, quelli a più basso regime, ma sta scendendo anche l’utilizzo di quello polacco, i cui utili per anni insieme a quelli brasiliani hanno consentito din tenere aperti negli ultimi 15 anni gli stabilimenti italiani, anche se questo nel nostro Paese quasi nessuno se lo vuole sentir dire).

Il mercato italiano 2012, visto il suo disastroso inizio dovuto a tasse crescenti e benzina ai record (anche qui per via dello Stato assetato), è previsto nel 2012 a un declino ulteriore del 9%, verso 1,6 milioni d unità: quanto si è venduto nel 19874 , per avere un’idea di come stiamo messi. I 2,5 milioni di unità nuove vendute nel 2007 resteranno un miraggio per anni. Per Fiat, che saltato da Ghidella in poi troppi cicli di investimento-utile-reinvestimento, un bel guaio. Ecco da dove nasce l’intervista di Marchionne al Corriere della sera in cui è stata annunciata la chiusura in Italia, nel prossimo biennio, di almeno altri due stabilimenti Fiat, a cominciare da Mirafiori, ameno che il mercato si riprenda – improbabilissimo – o che vi si produca per esportare negli Usa- impossibile, visti i modelli Fiat, oltre al fatto che a quasi nessuno – tranne Vw superintegrata – riesce ormai esser profittevole in un delle tre macroaree mondiali se non si produce in loco, visti i costi di trasporto e i dazi all’import.

Certo, visto che è il mercato continentale ad essere in crisi nera, avrebbe dovuto essere europea la risposta politica per consentire alle case di ristrutturare rapidamente. Ma è impossibile, perché ogni governo nazionale stolidamente chiede che i gruppi chiudano altrove, la propria sovraccapacità (vedremo che cosa avviene in Francia dopo le presidenziali di aprile-maggio), e perché i tedeschi hanno duramente e fieramente ristrutturato i propri gruppi negli anni 2002-2005 con reciproche concessioni tra imprese e sindacati, e oggi la loro vittoria avviene proprio a spese dei concorrenti europei.

La conseguenza è forse amara, ma forse no. L’Italia dovrebbe aver capito da questi numeri, se avesse voglia di guardarli, che le polemiche Fiat-Fiom lasciano ormai il tempo che trovano. Chrysler-Fiat è il geniale centauro che da due fallimenti solo a un manager “estero” come Marchionne poteva riuscire in America ,nel senso che se il manager fosse stato “italiano” col cavolo che Obanma si sarebbe fidato. Ma il centauro è e sarà americano, e di qui si vedrà se riuscirà a perdere i troppo terreno che da guadagnare in Cina, India e Russia. L’Italia dovrebbe fare come il Remno Unito ai tempi della Thatcher. Rinunciare ad avere case proprie ma aprirsi al maggior numero di stabilimenti di montaggio del più elevato numero di case mondiali. Fossi stato io, ieri all’incontro a Palazzo Chigi tra Momnti e la Fiat, avrei chiesto a Torino di considerare con grande attenzione la vendita di Alfa Romeo a Volskwagen, per spalancare le porte dell’Italia e della sua filiera automotive – che resta d’eccellenza- al più dinamico gruppo mondiale.

 

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63 Responses

  1. Luca Cornetta

    Analisi amara, ma sensata.
    Il punto però è se VW sia intetessata o meno a rilevare uno stabilimento Fiat in Italia assieme al brand Alfa.

  2. Marco Tizzi

    Oscar, io sono favorevolissimo alla vendita di Alfa a VW, ma sinceramente penso che Marchionne sia capace da solo di decidere se vendere, cosa e a chi.
    Quindi direi che il governo farebbe bene a dire a Marchionne “faccia quel che vuole”, limitandosi magari a mostrargli una riforma del lavoro rivoluzionaria.
    Ma purtroppo la riforma del lavoro sarà un topolino (ma ino-ino), quindi giustamente la Fiat chiuderà due stabilimenti per istinto di sopravvivenza.
    E poi deciderà cosa fare di altri marchi.
    Purtroppo stanno venendo al pettine le carenze di investimento di Fiat, la crisi non aiuta e nemmeno il prezzo dei carburanti che fa venire molti dubbi sull’energia di trazione delle automobili prossime future: chi vorrebbe acquistare un’automobile oggi si chiede seriamente che cosa lo aspetterà nel futuro. In questo la scelta controtendenza di Nissan-Renault di puntare sull’elettrico va ammirata almeno per il coraggio: non mi sorprenderebbe che un governo socialista in Francia ne facesse una bandiera. Da noi tutto tace, come sempre, perché i “”tecnici”” già fan danni nelle loro materie, figuriamoci sui trasporti.

    Piuttosto direi che il Governo dovrebbe cominciare a mettere sul piatto la vendita di qualche SUA azienda, finché vale qualcosa, se ancora vale qualcosa: la Rai è la più odiata dagli italiani, ma penso che alla fine a nessuno dispiaccia anche la vendita di finmeccanica.

  3. glevil

    se la devono dare ai crucchi, la restituiscano allo stato, visto che ancora non l hanno pagata che la vendiamo noi anche se trovo odioso che qualche straniero si possa impadronire del + grande marchio automobilistico

  4. Claudio Di Croce

    @Luca Cornetta
    Il disastro dell’ALFA è nato quando la politica ,su richiesta dei sindacati , ha fatto vendere dallì’IRI – presidente PRODI – alla FIAT l’azienda automobilistica invece che alla Ford . Fin da allora la FIAT non investiva più nell’auto ma puntava alla diversificazione , secondo la politica di Agnelli e Romiti. Fu fatto fuori Ghidella che al contrario voleva investire nell’auto , ma gli fu detto che la FIAT non poteva essere “autocentrica ” . La fine dell’Alfa l’ha fatta anche la Lancia che era considerata la Mercedes italiana . D’altronde l’avv. Agnelli – che ha sempre goduto di ottima stampa da parte dei giornalisti con la schiena dritta e degli “intellettuali ” sinistrati – ha ereditato una azienda in floridissime condizioni e l’ha lasciata in fallimento . Speriamo che la Vw rilevi l’Alfa , ma tenendo conto della situazione italiana sindacale e dei giudici del lavoro , non ci credo

  5. antonio ferrari

    @Claudio Di Croce
    è vero che l’Alfa fu venduta a Fiat quando Prodi era Presidente dell’IRI, ma la decisione e quindi la responsabilità fu tutta del Presidente del Consiglio Craxi.

    E’ vero che molti “intellettuali” sinistrati non perdevano occasione di incensare l’avv. Agnelli, ma nessuno arrivò a mettere il suo ritratto sul comodino come un giorno confessò il (mal)destro on. Berlusconi.

  6. Augusto Albeghi

    E’ vomitevole, letteralmente. Questo articolo descrive l’esatto opposto di quanto andrebbe fatto. Siamo così ansiosi di deindustrializzare l’Italia, di competere solo sul costo del lavoro, di perdere know-how e tecnologia, di venderci ai tedeschi che hanno schiavizzato l’Europa?
    Vogliamo un futuro cinese per l’Italia?

    Io non riesco a credere che si possano scrivere queste cose ed essere in buona fede. Lo si dica chiaramente, vogliamo una società darwiniana, senza tutele e con le maggiori sperequazioni possibili perché consente di conservare la differenza fra ricchi e poveri. Si vuole fare un deserto e chiamarlo un successo.

  7. LucaS

    Ottimo articolo che condivido al 200% aggiungendoci anche Ducati… altro player con ottime capacità che se venduto a Volkswagen potrebbe svilupparsi moltissimo… Cmq non capisco perchè Marchionne non venda? Insomma incasserebbe dei soldi che gli servono come il pane e si libererebbe di un business in perdita che non ha, nè avrà mai, i denari e le capacità tecniche di rilanciare mentre Vw apporterebbe la sua tecnologia e potrebbe investire a medio-lungo termine senza problemi… Se vuole farsi strapagare come il suo solito mi sa che ha sbagliato di brutto anche perchè più aspetta e più Alfa si svaluta…. per come la vedo io sono soprattutto gli azionisti e gli obligazionisti Fiat Auto che dovrebbero chiedere la vendita, oltre ovviamente al governo nell’interesse dell’Italia.

    X Claudio Di Croce: quanto ha ragione! … ahimè!

    X Augusto Albeghi: Non si offenda ma lei mi sembra abbastanza fuori di melone se commenta in questo modo un articolo sacrosanto che qualunque dato conferma in toto…. Tra l’altro non ha capito proprio un tubo di quello che dice Giannino: è proprio per mantenere posti di lavoro in Italia e dare maggior lavoro alle nostre piccole-medie imprese soprattutto nella componentistica che servirebbe stendere un tappeto rosso a Vw… loro l’Alfa avrebbero i mezzi economici, tecnologici e la piattaforma per rilanciarla mentre Fiat non può farlo nemmeno volendo… E’ l’esatto opposto di deindustrializzare e perdere know how come scrive lei!!! E poi cosa centrano i ricchi e i poveri con quest’articolo che riguarda unicamente il mercato dell’auto? Mah…

  8. LucaS

    X Antonio Ferrari

    Lungi da me difendere Berlusconi che è come minimo un insulto per ogni vero liberale che si definisca tale…. Ciò detto almeno lui non si è mai fatto passare per “intellettuale” o roba simile come invece fanno spocchiosamente quelli sinistrati che sono di un’ignoranza da paura… e cosa non secondaria la sua impresa l’ha fondata (ammetto con molti lati oscuri..) e non ereditata come gli Agnelli…. Non è certo l’imprenditore che sogna Milton Friedman ma rispetto agli Agnelli non c’è paragone…

  9. Siamo guidati da politici pro tempore abituati a non affrontare i problemi ma a procastinarli soltanto per essere rieletti! Come possono intervenire in un quadro più grande di loro?

  10. catilina

    @Augusto Albeghi
    Ben detto, se il dottor Giannino ama così tanto i tedeschi, se ne vada in Germania.
    E ricordate che i tedeschi non sono nostri alleati, ma nostri avversari, lo sono sempre stati e lo saranno sempre, almeno finché governeranno gli Schauble. E smettetela di fare le verginelle affascinate dall’efficienza teutonica, quelli vogliono sbranarci, come hanno fatto con la Grecia, e non perché più bravi, ma solo perché più furbi… avete letto bene, furbizia non bravura, e se non ci credete leggete qui http://www.antiit.com/2011/03/quando-kohl-impicco-litalia-alleuro.html e poi ascoltate questo http://www.youtube.com/watch?v=lW-HKXaEfl8. Sveglia liberisti alle vongole.

  11. Ma siete sicuri che WV abbia intenzione di comprare un marchio che viene da esperienze tipo “Alfasud” con Nissan e Milano Bicocca ?

  12. Mario Protagoras

    Marchionne ha fatto cose eccezionali: si è fatto pagare 2 miliardi di dollari da General Motors per NON acquistare la Fiat, e ha preso la Chrysler senza sborsare un quattrino! Ne conoscete tanti così? Quindi state certi che lo sa Marchionne, meglio di tutti, se e quando vendere Alfa a VW.Quello che stupisce è l’avversione per Marchionne e per la Fiat, ancora oggi la più grande azienda nazionale, che accomuna quasi tutti in Italia. I sindacati rossi per ragioni ideologiche, i politici a cui Marchionne non chiede favori e dai quali non è ricattabile e, incredibile, gran parte degli italiani che commentano sempre con soddisfazione e livore ogni cattiva notizia che riguardi la Fiat. Tutti, ognuno per ragioni diverse, sono accomunati dal desiderio recondito di vedere fallire i piani della Fiat e forse anche la Fiat. E tutto perché Marchionne è l’unico che oggi può dire no ai ricatti dei poteri incrociati nazionali e soprattutto non parla con l’ipocrisia devastante che da decenni ha ormai ofuscato le mente degli italiani.

  13. Mike

    Caro Oscar Giannino, parole sante le Sue, come sempre! Purtroppo, in questo sciagurato Paese, il sistema politico-sindacale si opporrà con tutte le forze a qualsivoglia apertura thacheriana della produzione dell’automobile in Italia (così come, mutatis mutandis, non intende mollare realmente di un millimetro sulla spesa pubblica e quindi sulle tasse). Comunque, bisogna farsene una ragione. Il Mercato, alla fine, farà prevalere le proprie regole. La prospettiva da Lei delineata è inevitabile. Si tratta soltanto di governare un fatto ineluttabile. Con buona pace dei politici e dei sindacalisti. Alitalia docet.

  14. gondo

    Un’ analisi molto corretta, quasi sicuramente sotto la guida di VW anche Alfa Romeo potrebbe riprendersi,infatti l’esperienza con Fiat è stata molto negativa sia per i prodotti
    che per il personale.

  15. romalerig

    Dott. Giannino lasci perdere non è proprio materia sua questa………….siamo già pieni in Italia di giornalisti “tuttologi”……..non ci si metta anche lei……….parli di efficienza della PA, o di dinamica del debito pubblico o dei disastri della fam. Ligresti che ci prende di sicuro

    Firmato: un’analista per conto di Edmund’s InsideLine…..se sa cos’è !!!!!!!!!!!!!

  16. massimo

    catilina :@Augusto AlbeghiBen detto, se il dottor Giannino ama così tanto i tedeschi, se ne vada in Germania.E ricordate che i tedeschi non sono nostri alleati, ma nostri avversari, lo sono sempre stati e lo saranno sempre, almeno finché governeranno gli Schauble. E smettetela di fare le verginelle affascinate dall’efficienza teutonica, quelli vogliono sbranarci, come hanno fatto con la Grecia, e non perché più bravi, ma solo perché più furbi… avete letto bene, furbizia non bravura, e se non ci credete leggete qui http://www.antiit.com/2011/03/quando-kohl-impicco-litalia-alleuro.html e poi ascoltate questo http://www.youtube.com/watch?v=lW-HKXaEfl8. Sveglia liberisti alle vongole.

    Ma nel 1996 il presidente del Consiglio che lasció che l’Italia fosse “impiccata” era Romano Prodi. Stupido o complice?

  17. nora

    io chiuderei le importazioni di auto. ne facciamo di ottime e daremmo lavoro ai nostri operai.

  18. Quando Il sole 24 ore lo nominava uomo dell’anno, io mettevo in guardia che aveva fallito tutti gli obiettivi
    ( http://affaritaliani.libero.it/economia/fiat_lettera150111.html).
    Quando tutti inneggiavano alle Lancia made in usa, io pronosticavo che non avremmo avuto al atro futuro avvitare i bulloni (http://affaritaliani.libero.it/economia/fiat_report_marchionne26032010.html).
    Quando auspicavo alla vendita di Alfa ai tedeschi (http://espositopartners.blogspot.it/2011/10/fiat-lalfa-romeo-meglio-venderla-alla.html) mi presero per pazzo.
    Quando parlavo delle criticità della gestione Marchionne (http://espositopartners.blogspot.it/2011/10/per-re-sergio-e-arrivato-il-momento-di.html), nessuno mi prestava attenzione.
    Ora è troppo tardi: la partita dell’auto è stata già per per l’Italia (http://espositopartners.blogspot.it/2012/02/perche-litalia-sta-perdendo-la-partita.html)

  19. Walter

    Dovrebbe avviarsi una vera iniziativa che chieda alla VW di trattare sul serio per l’Alfa Romeo con la Fiat, veramente prima che sia troppo tardi.
    L’area territoriale di Arese Alfa Romeo è lì ad aspettare di rilanciare il marchio.
    Ormai è troppo lampante che siamo avviati ad una strada di non ritorno, i numeri parlano chiaro, la gente soldi non ne ha e di auto nuove da acquistare si parla sempre meno.
    Vorremmo capire se realmente ci sono le possibilità che VW prenda Alfa, intanto aumentano le persone che vorrebbero Alfa lontano dalla Fiat che in oltre 25 anni ha fatto SOLO danni.

    Cordiali Saluti

  20. alberto

    Ritengo che vendere l’Alfa ai tedeschi (o a chiunque altro, foss’anche agli ugandesi) sarebbe un errore colossale. Non sarebbe il primo e pertanto temo proprio che evverrà. Ridurci al livello di montatori, come in UK, non ci porterebbe alcun bene, anzi. Abbiamo avuto, in Italia, un patrimonio tecnologico di assoluto valore e tra di noi è sempre esistita una grande scuola di tecnologie. Ricordo, per rimanere in tema automotive, cosa è accaduto di recente e di cui, per mancanza di cultura tecnologica ed industriale tra i ns. politici, bancari, tecnici sedicenti economisti ed intellò vari ed eventuali, mai si è discusso da alcuna parte.

    Fino a circa una quindicina di anni fa, i diesel tedeschi, che costituivano un po’ il prodotto di punta dell’automotive kartoffeln, erano catafalchi da 0-100 in 15/20 sec, con velocità di punta da 135 km/hr e con emissioni di rumore pari ad un vecchio trattore Landini Testa Calda in una notte estiva nella bassa padana (insomma, erano piu’ delle pentole a pressione che vere e proprie automobili). L’Alfa, già a quell’epoca, aveva realizzato il 5 cilindri, 2400 cc, modulare (destinato a diventare 6 cil.) che lo 0-100 lo facevano in 8 sec e viaggiavano a 200 km/hr. Era il Common Rail, brevetto Magneti Marelli (Fiat), che operò questa trasformazione nel mondo diesel. I tedeschi lo comprarono e, subito dopo, si videro bmw 3 lt diesel. correre da 0 a 100 in 6 sec. Nel frattempo, Alfa rinunciava alla gamma alta (il 6 cilindri non vide mai la luce e la cilindrata, anzichè alzarsi a 3 lt, ritornò a 2) con grandi sospiri di sollievo dalle parti di Monaco, la Magneti Marelli ha fatto la fine che ha fatto e l’industria italiana dell’auto ha cominciato a ripiegarsi su sè stessa.

    Pur in questo contesto di svaccamento, la Fiat è stata capace di sviluppare il Twin Air (concetto duale al Common Rail) e piccoli motori diesel di grande efficienza e prestazioni (bmw, a piu’ riprese, li ha richiesti alla Fiat per la sua Mini).

    Questo significa che, pur in un contesto economico, sociale ed industriale fallimentare, creato dai politici berlusconidi e pre-berlusconidi e dagli economisti palloni gonfiati alla Tremonti/Monti, ancora esiste, in Italia, una seppur ridotta enclave di tecnologie e professionalità su cui si potrebbe ancora scrivere il futuro del ns. paese.

    Un po’ come sul finire della 2a guerra mondiale, allorquando la ns. industria aeronautica era assolutamente all’avanguardia nel mondo: un velivolo come il Reggiane 2000 era di gran lunga il caccia piu’ avanzato esistente. Ns. fu il primo aereo mosso da motore a getto. Gli stessi progettisti americani si erano formati, nelle loro università, grazie agli studi di aerodinamica del ns. Crocco. La guerra fu perduta e i trattati di pace ci imposero la chiusura della ns. industria bellica. A quell’epoca, e fino agli anni ’60, Ansaldo era nettamente piu’ forte ed avanzata di Siemens, tanto per fare un esempio.

    Purtuttavia, anche in quelle condizioni, riuscimmo a salvare almeno parte del ns. patrimonio di uomini e idee. Se noi oggi chiudiamo le aziende automobilistiche e ci acconciamo ad un futuro fatto di sole aziende di montaggio, finiremmo con il perdere anche quel poco che ci è rimasto in termini di uomini e conoscenze e, questa ricchezza, non la ricreeremmo mai piu’. La daremmo vinta ai vari Monti ed ai suoi mandarini ed a tutti questi ragionieri del cacchio che vogliono annientarci.

    Lei, caro Giannino, un po’ troppo spesso finisce a far pipi’ dove non dovrebbe: dire che chi è rimasto indietro in Cina è come se corresse con una palla al piede è, anch’essa, una cosa profondamente discutibile. Che ne sappiamo noi se il futuro della Cina, cosa assai probabile, non sia già dietro le loro spalle ?
    Nutro grande ammirazione per Marchionne ma, ancora, non riesco a capire se abbia la capacità di rilanciare la fiat come si potrebbe fare: sino ad ora è stato bravissimo in difesa. Le ultime operazioni di marketing mi lasciano un po’ di amaro in bocca: nomi come Flavia e Thema non andavano bruciati vestendovi due autoblindo americane. Bastava copiare i vecchi originali (le Flavia, sia berlina che coupè, forse le piu’ belle automobili mai costruite in assoluto, a parte le Ferrari).

  21. Marco O.

    Concordo con Alberto dalla prima all’ultima parola. Bisogna staccare Alfa Romeo e Lancia da Fiat/Chrysler e aggangiarle a Ferrari/Maserati creando sinergie. Avremmo un polo sportivo/di lusso senza eguali al mondo. P.S. Lancia e Alfa Romeo dovrebbero tornare alla trazione posteriore come Bmw e Mercedes.

  22. Quoto Alberto e Protagora.
    Giannino è un bravo giornalista economico ma non ha il “verbo” (soprattutto in campo automobilistico) e ha scritto molte cose che non condivido affatto e anche diverse inesattezze: per esempio Marchionne è ITALIANO, non è affatto canadese come crede qualcuno. In Canada ci ha solo vissuto per un po’; lui è italiano e si sente italiano al 100%, come ha ribadito in una recente intervista. E in America è uno dei 3 italiani che in questo momento vanno per la maggiore (Mario Draghi, Mario Monti e appunto Sergio Marchionne).
    In secondo luogo oggi i “soldi in Fiat-Chrysler” ce li ha al 58% la Fiat, quello che conta è il capitale sociale, quindi la Chrysler è, oggi, prevalentemente italiana e non americana. Ci sono altre inesattezze che non mi dilungo ad elencare.

  23. Quello che l’Italia e Monti avrebbero dovuto chiedere a Marchionne:
    1) Tassazione. Fra i paesi nei quali Fiat opera, l’Italia è quello in cui il tax rate è di gran lunga superiore agli altri. Pur nel rispetto della normativa anti elusiva, le scelte, sia in merito ad operazioni infragruppo e sia industriali, sono mai state condizionate dalla circostanza che risulta “conveniente” conseguire utile in stati a fiscalità privilegiata rispetto all’Italia? Quale peso avrà la tassazione fiscale, nella scelta della sede del gruppo fra Detroit e Torino?
    2) Ammortizzatori sociali. È auspicabile che a breve in Italia venga varata una riforma degli ammortizzatori sociali, che renda più selezionato l’accesso alla CIG. Poiché Fiat ricorre in maniera massiccia a tale strumento, come intende gestire in futuro la forza lavoro perennemente in esubero negli stabilimenti italiani, a causa della forte calo delle vendite e perdita di quote di mercato?
    3) Produzione low cost in Italia, premium nei paesi emergenti. A Pomigliano d’Arco fino al 2010 veniva assemblata un modello “premium”, l’Alfa Romeo 159, il cui allestimento “base” aveva un prezzo di listino di 27 mila euro; la nuova Panda ora prodotta al Gianbattista Vico, parte dai 10 mila euro ed ha richiesto un investimento di circa 700 milioni di euro. Supponendo, ottimisticamente, che lo stabilimento produca 200 mila Panda l’anno, ad un prezzo netto di 12 mila euro cadauna, con un margine, al lordo degli ammortamenti, del 3%, il risultato sarebbe di circa 70 milioni d’euro. Ne consegue che su di un orizzonte temporale decennale, volendo ripagare anche il costo dell’investimento (70 milioni l’anno), Fabbrica Italiana Pomigliano spa difficilmente riuscirà a conseguire un solo euro di utile. In base a quale motivazioni, il gruppo da lei guidato, ha allocato la produzione dell’auto a minor valore aggiunto nello stabilimento a maggior costo di produzione?
    4) L’Italia ha bisogno di Fiat e Fiat dell’Italia. Recentemente lei ha affermato che <>. Nel 2011, visto che solo il 3,65% degli europei (extra Italia) ha acquistato auto a marchi Fiat, è probabile che, altrettanto in maniera anch’essa poco razionale, il consumatore italiano abbia comprato per il 28,5% vetture Fiat. Eccetto i marchi di lusso, il Lingotto nell’ultimo anno ha prodotto in Italia 550 mila auto e ne ha vendute 514 mila. È corretto sostenere che solo Fiat investe in Italia, ma solo gli italiani comprano auto Fiat?
    5) Sovracapacità produttiva. In merito al 20% di sovracapacità produttiva europea del settore automobilistico, lei giustamente sostiene che si debba trovare una soluzione strutturale. Il 30 aprile 2008 Fiat e governo serbo hanno creato una joint venture, la Fiat Automotive Serbia, per rilevare il settore auto del colosso Zastava. Ma già allora il sovra dimensionamento degli impianti Fiat era intorno al 50%. Tant’è che nell’anno seguente, Fiat auto cosi sfrutterà gli stabilimenti italiani:
    Stabilimento Capacità Tecnica (vetture anno) Utilizzo anno 2009
    Cassino 400 mila 24%
    Melfi 400 mila 65%
    Mirafiori 250 mila 64%
    Pomigliano d’Arco 280 mila 14%
    Termini Imerese 140 mila 36%
    Fiat auto ha chiuso uno stabilimento (Termini Imerese) dalla capacità produttiva di 140 mila vetture, per riattivarne uno (Kragujevac era praticante distrutto) da 200 mila vetture.
    Non pensa che Fiat, avendone creato 60 mila aggiuntiva, è il primo responsabile dell’attuale sovracapacità produttiva dell’industria dell’auto europea?
    6) Stabilimenti mono-prodotto. Ogni modello di auto segue un proprio ciclo di vita, rappresentato dalle seguenti fasi: progettazione, industrializzazione, inizio produzione, lancio, sviluppo, maturità, declino, restyling o ritiro. Gli stabilimenti di Melfi e Pomigliano d’Arco, casi più unici che rari nell’industria automobilistica, attualmente sono mono prodotto. Pur ammettendo che la Fiat Punto e Panda risultino modelli di successo, in ogni caso vi sarebbero ciclicamente periodi di minore impiego dei relativi impianti. Quale strategia ritenete attuare per utilizzare in maniera ottimale gli stabilimenti nelle fasi di ridotta produzione o domanda di questi due modelli?
    7) Piano B. Nel giugno del 2010, a proposito della produzione della Panda a Pomigliano d’Arco, lei, invocando il “Piano B”, minacciava che <>. Qual è il piano B per il futuro dello stabilimento, se la Panda non dovesse riscuotere, come sembra, un successo commerciale tale da riassorbire tutta la forza lavoro preesistente?
    8) Alfa Romeo. Nel 1986, quando venne ceduta alla Fiat, l’Alfa Romeo, targata carrozzone di Stato-Iri, produceva la misera cifra di 168 mila vetture l’anno, rispetto alle 353 mila di Audi e 432 mila di Bmw (dirette concorrenti). Nel 2003, pre Marchionne, la situazione era: Alfa Romeo 182 mila, Audi 760 mila, Bmw 944 mila. Dopo 8 anni della sua gestione: Alfa Romeo 126 mila, Audi 1,3 milioni e Bmw 1,380 milioni. In 25 anni, mentre l’Alfa Romeo perdeva il 25% dei clienti, la concorrenza cresceva del 270% e 220%. Come risponde alla accuse di inadeguatezza manageriale ed insufficienza finanziaria della Fiat nella valorizzazione del marchio? In passato sono circolate indiscrezioni sulla volontà del gruppo Volkswagen di acquisire l’Alfa Romeo. Se si creassero le condizioni per cedere anche uno stabilimento italiano, sarebbe disposto a discuterne con i tedeschi e le parti sociali italiane?
    9) Futuro di Cassino. La sottoutilizzazione produttiva della fabbrica situata nel comune di Piedimonte San Germano, che produce vetture del segmento C, è riconducibile alla modesta presenza del gruppo Fiat-Chrysler in quella che è la fascia più importante in Europa. Nel 2011 le vendite sono state pari a 484 mila per la Volkswagen Golf, 287 mila per la Opel Astra e 280 mila per la Ford Focus. Le tre vetture (Bravo, Delta e Giulietta) assemblate da Fiat a Cassino, non sembrano in grado di raggiungere, assieme, le 150 mila unità. Quali iniziative e programmi ha il gruppo per utilizzare in maniera ottimale l’impianto e la relativa forza lavoro pari a circa 4.000 unità?
    10) Meno parole, più auto. Nell’ultimo periodo dispiace registrare un aumento delle sue nefaste esternazioni pubbliche, accompagnate da innumerevoli polemiche (vedi ipotesi di ritiro da due stabilimenti italiani). Al contempo non si può far a meno di rilevare che sotto la sua gestione, sia i brand e sia i singoli modelli, pedissequamente non abbiano centrato gli obiettivi di vendita precedentemente annunciati; tant’è che nel 2011 per la prima volta, nella classifica delle immatricolazioni europee, fra le prime 10 vetture, non compare nessun’auto italiana. Quali sono stati i motivi ed a chi vanno imputate le responsabilità di tale declino commerciale? Non sarebbe auspicabile che Lei ridimensionasse le dichiarazioni pubbliche in favore di un maggior impegno per incrementare le vendite di auto?

  24. Mike

    Dobbiamo capire che la realtà è più forte dei sogni. Pensare che la sovrapproduzione europea possa essere assorbita dal mercato europeo, è pura utopia. Finita la droga di Stato degli ecoincentivi, il trend al ribasso delle vendite ha inesorabilmente ripreso il suo corso con ancor maggior vigore. Il settore va incontro ad una inevitabile ristrutturazione. Per l’Italia si tratta, allora, di cogliere l’opportunità di agganciare la locomotiva di un top player davvero globale qual è, indubitabilmente, VW. La Fiat di Marchionne, sempre a caccia di aiuti, ha ormai fatto, legittimamente, la propria scelta. La produzione in Turchia, Polonia e ora in Serbia basta e avanza per il mercato Fiat in Europa. A meno che non si voglia credere alla favola delle autovetture costruite in Italia da vendere nel mercato nordamericano. L’Alfa Romeo è forse il solo marchio che, in ragione dell’appeal presso morti mercati europei (in primis, quello tedesco), può ancora tenere agganciata l’Italia all’economia dell’auto. A condizione che sia valorizzato da chi ci crede. E costui è VW. Lasciamo al mercato fare il suo lavoro. Non ce ne pentiremo.

  25. Amonesi

    Caro Oscar
    Condivido l’analisi fatta ma inorridisco al solo pensiero di sapere la mia amata Alfa nelle mani crusche.
    I cruchi stanno facendo faville con al quasi decaduta (all’epoca dell’acquisto) della Lamborghini e questo significa che ci sanno fare, eccome. Storie tedesche, però, sono fatte anche di fallimenti (cedi Mybach da parte Mercedes).
    Insomma, non dispero e penso che Marchionne sia l’unico in grado di pensare un grande progetto per Alfa.
    ovviamente, parlo soprattutto da appassionato.

  26. Marioc

    Mah…. sinceramente se fossimo un luogo attrattivo per costruttori di auto di massa Termini imerese non sarebbe finito alla Dr e Bertone non sarebbe stato “accollato” a fiat punto.
    Alla Vw sta bene prendersi Gugiaro, Lamborghini e Ducati, ma l’alfa romeo è un’altra cosa anche se i sedicenti “alfisti” non lo capiscono (anti-fiat e anti Marchinne perchè nostalgici dei bei tempi dell’Arna la kilometrissima alfa e delle alfa-sud che cedevano alla ruggine prima di essere vendute).
    In inghilterra aprono stabilimenti perchè le condizioni al contorno sono diverse, se riusciranno a cambiarle anche in Italia non ci sarà bisogno di vendere l’alfa romeo affinchè si insedino qui, in caso contrario resteremo attrattivi solo per produzioni di nicchia-lusso (cosa cmq buona) ma non per i generalisti che fanno grandi volumi stop, con buona pace anche di Mucchetti e Ruggeri

  27. LucaS

    X Alberto:
    Secondo lei quelle professionalità italiane di cui parla può valorizzarle meglio una società come Vw che ha già un’ottima tecnologia, ha risorse da investire anche a medio/lungo termine, è fortemente integrata e presente in tutto il mondo o la Fiat che ANCHE VOLENDO non ha e non avrà mai le risorse per farlo? Giannino in realtà propone questo proprio per salvaguardare le professionalità di cui lei parla (nel caso Ducati è ancora più evidente) e non il contrario…

  28. alberto

    @LucaS
    Si’, credo che il quesito sia proprio questo. La mia esperienza mi dice che il cervello rimarrà a Wolfsburg (è accaduto e accade cosi’ per tutte le aziende tedesche che producono in Cina, accade cosi’ anche per Fiat Brasile e accade cosi’ anche in tutti gli altri settori che hanno visto aziende italiane acquisite da multinazionali di altri paesi.Il pensiero mi corre alla componentistica – strumentazione e valvole, compressori e turbine – per il settore oil & gas. Eravamo i primi nel mondo, gli americani hanno fatto man bassa ed il cervello se n’è andato negli States. In queste aziende, in Italia, non esiste piu’ un settore commerciale, non esiste piu’ marketing, non esiste piu’ R&D, tutte le decisioni strategiche vengono prese negli USA. Pensi alla Nuovo Pignone, ora GE. Chiediamoci quali spazi ci rimangono in queste condizioni.

    No, mi creda Luca, non funziona. Verranno salvati un po’ di posti di lavoro ma in ruoli subalterni, a scarsa remunerazione e lontano dai centri di profitto. E’ quello che vogliamo ? Forse è quello che vogliono Monti e i suoi mandarini, che un’azienda l’hanno vista, forse, in qualche fotografia. Il ns. destino è quello di competere con questi paesi, non di farci fagocitare. La ns. stessa storia industriale ce lo insegna. Noi siamo ricchi quando le ns. aziende competono nel mondo e siamo poveri quando soccombono.

    Inutile gettare la responsabilità su aziende ed imprenditori: il clima vigente nel paese è contro l’impresa, contro l’imprenditore. Questi pensa a mettere la famiglia al sicuro (a spese dell’azienda) perchè sa che non c’è futuro, sa che l’ignoranza sui temi industriali dei mandarini di Monti e Befera è troppo crassa e devastante e ne ha paura. Negli ultimi anni abbiamo visto proprio questo: le famiglie che si arricchivano e le aziende che si impoverivano. Da anni non si investe piu’ e vige il detto: vai avanti tu che a me scappa da ridere. La società tutta sta regredendo, le città e le campagne. I centri storici si vetrinizzano (diventano non-luoghi) e le periferie si degradano. Al di fuori nascono mostri come la TAV che ha devastato il ns. paesaggio facendoci credere che quello è lo sviluppo.

    Mi scusi, forse mi sto allargando troppo.

  29. Giorgio

    Complimenti. Per l’analisi e per la sintesi.
    Ma state dicendo tutti lo stesso concetto. Siamo bravi a creare, a progettare, ma non a gestire. D’altro canto in Italia le aziende di un certo livello si gesticono tutte col 3% delle azioni + il patto di sindacato. Entita’ che possiedono maglierie, autostrade, ristoranti, ecc… Cosa pretendiamo da personaggi che partecipano a dozzine di CdA. Che conoscano tutti i dettagli del business? Che ci mettano la passione e la competenza del piccolo imprenditore?
    Vorrei solo aggiungere che al settore auto e’ stata applicata una droga pesantissima. Dal 1993 sono state imposte le norme antinquinamento che hanno OBBLIGATO le persone a cambiare auto, pena la non possibilita’ di circolare nei centri storici. Adesso che non siamo piu’ obbligati, lo stesso numero di teste compera piu’ o meno lo stesso numero di auto….
    Se nessuno e’in grado di fare industria in Italia, chiamiamoli da fuori, senza industria non si vive, non possiamo campare di turismo e televendite.

    Giorgio

  30. Edoardo

    Intervengo per la prima volta su questo blog, che seguirò con più costanza in futuro, solo per dire che il sig Alberto ha la mia delega per intervenire su qualsiasi tema industriale. Sottoscrivo in particolare la definizione di “mandarini” perfetta a descrivere la casta chiusa ed oligarchica di alta burocrazia ed accademia attualmente al potere in Italia.

  31. Francesco P

    Non vedo nessun grande gruppo che possa essere interessato a produrre più auto in Europa e, specificamente, nel nostro Paese. Lo dicono i prezzi dei carburanti ed i numeri del mercato. La gente non vede più l’auto come uno status symbol e uno strumento di libertà individuale, bensì come una costosa necessità, un figlio ingrato da mantenere.

    I numeri delle vendite ci confermano che nei Paesi occidentali siamo di fronte ad un mercato di pura sostituzione, destinato a mantenere costanti i volumi nella migliore delle ipotesi. Nei Paesi emergenti c’è qualche margine di crescita, ma la Cina si sta rapidamente attrezzando per far fronte alle necessità del suo mercato interno e anche dell’export. L’Europa vedrà nei prossimi anni una situazione di costante contrazione, con picchi nei periodi di peggiore incertezza. Ci sono già troppi produttori sulla scena mondiale e s’incominciano a vendere modelli cinesi non solo in Africa e America latina, ma anche negli USA e qui in Europa. Ancora poco da noi, ma il segnale è forte.

    C’è spazio per produrre in Italia senza assistenzialismo? Mi sembra proprio di no. Mi sembra utopistico che un marchio europeo abbia interesse a rilevare gli stabilimenti italiani di FIAT. Avrebbero interesse i cinesi ad acquistare FIAT? No, perché è meglio acquistare il design, le tecnologie e la rete commerciale per poi produrre in Cina.

    Qualsiasi domanda mi ponga riesco a trovare delle risposte pessimistiche per questo settore che ci ha dato tanto nel passato.

  32. giuseppe

    Acquistare un marchio o un mercato è in qualche caso la stessa cosa.
    Wv potrebbe essere interessata al mercato italiano, e forse sarebbe disposta anche a rispettare certe regole. Rispettare cioè gli Italiani, senza avere la pretesa di imporre sconvolgimenti sociali. In questo caso introdurre un pò di sana concorrenza non farebbe male, neanche alla democrazia.

  33. gondo

    @Alberto

    Concordo con lei che in caso di acquisizioni il cervello rimane spesso presso la casa madre, tuttavia penso che ciò dipenda molto dalle dimensioni aziendali.
    Per esperienza personale (40 grandi In grandi gruppi multinazionali tedeschi) posso confermare che il management tedesco rispetta la competenza locale quando si tratta di un investimento produttivo e non il solo acquisto di quote di mercato.

    Oggi la collaborazione a livello filiale / casa madre è molto stretta, anche per i legami amministrativi strettissimi introdotti dai sistemi informatici SAP ecc
    Un segnale molto importante è l’introduzione quasi immediata di metodi gestionali
    moderni e fondati su automatismi di consolidamento , che portanoi ad avere una cognizione del proprio business.

    L’esempio Nuovo Pignone mi sembra non calzi, nella metà degli anni 90 si pensava che NP avrebbe molto diminuito la sua presenza sul mercato in seguito all’acquisizione da parte di GE, che l’avrebbe spremuta per farne uno spezzatino, ciò non è avvenuto e Firenze ha avuto un notevole sviluppo diventando
    un centro di eccellenza per turbine a gas a livello europeo , infatti molti giovani tecnici sono stati assunti e il Pignone a Firenze ha cambiato faccia!

    Penso che non si possa generalizzare! Forse Alfa potrebbe essere come NP, del resto pensiamo a Seat e Skoda che produce nella Repubblica Ceca un milione di vetture,
    non sono noccioline!

  34. Claudio Di Croce

    @giuseppe
    Questo commento è la dimostrazione del perchè le aziende straniere non investiranno in Italia :rispettare le regole italiane e gli italiani cosa vuol dire ? Garantire che scioperi , assenze , produttività , art.18 . giudici del lavoro e tutta la strumentazione “sociale ” italiana continui ? Cosa c’entra la democrazia ? Strano che non abbia citato la costituzione nata dalla Resistenza .

  35. Claudio Di Croce

    Claudio Di Croce :@Augusto Albeghi
    @catilina Potreste indicare una ricetta semplice , semplice per evitare le cose che dite e per fare ripartire l’Italia ? la guerra all’evasione fiscale,una ulteriore patrimoniale oltre quelle su immobili e beni mobili già in corso , il mantenimento dell’art.18 ,contratti di lavoro a vita , la nazionalizzazione di tutte le imprese che vogliono chiudere o portare gli stabilimenti all’estero ,l’assunzione nella PA di qualche milione di altri addetti ( in primis i giovani laureati in sociologia, filosofia, scienza delle comunicazioni ,scienza del multiculturalismo e altre lauree fondamentali ) ?Per quanto riguarda i tedeschi ” furbi ” vorrei ricordare che la Germania è uscita distrutta dalla guerra , occupata dai vincitori per decenni, divisa , con uno stato. la DDR che, come tutti i paesi comunisti , era messa molto male e la riunificazione è costata moltissimo e adesso tutti possiamo vedere dove è arrivata . E’ “furbizia “?Facciamo un confronto con i paesi vincitori . l’URSS si è dissolta, la Gran Bretagna e la Francia hanno perso i loro imperi coloniali e adesso non contano più nulla a livello mondiale . Gli USA all’inizio degli anni ’50 producevano il 50% della ricchezza mondiale , e adesso sono ridotti a sperare che i cinesi continuino a comprare i loro Tb.Hanno le portaerei che gli permettono di essere ancora una potenza mondiale a livello militare , ma non più economico . I tedeschi esportano in tutto il mondo e sono apprezzatissimi nei paesi emergenti , Cina in testa.Se questa è furbizia , peccato che noi non ne abbiamo che il 5%.

    E’ ancora fermo o viene inserito ?

  36. Giovanni Bravin

    @Giorgio
    Concordo in parte. La Svizzera non ha stabilimenti che producano auto, ha altre industrie, ma vive benissimo. In Italia si potrebbe vivere PRINCIPALMENTE di turismo se ben fatto. Importanti compagnie albergiere NON investono in Italia perché terrorizzate dalla nostra burocrazia. Se lo fanno, usano la formula del franchising, lasciando tutti i rischi d’impresa all’imprenditore di turno. Per oltre TRE anni, c’è stato un Ministro del Turismo, Michela Brambilla, che ha fatto interventi e dichiarazioni su tutto, tranne che per il Turismo. Prima c’è stato Rutelli, che preso atto derll’inefficenza del sito Italia.it ha dovuto chiuderlo. Poi questo sito è stato riattivato dalla Brambilla, ma non vi sono state apportate modifiche strutturali. Ha mai paragonato un sito turistico italiano con uno straniero per contenuti, lingue, appeal?
    I siti web italiani per il turismo, ferrovie, aerei, etc, sono molto deludenti! Se speriamo di convincere gli stranieri a visitare l’Italia, abbiamo poche speranze.

  37. Giovanni Bravin

    Sig. Giannino, d’accordo col Suo articolo, tuttavia farei una piccola precisazione, ma non per questo di poco conto. Alfa Romeo è l’acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Auto, e Romeo fu il cognome del suo primo progettista/azionista. Inoltre, nel suo stemma, troviamo uno scudo biancocrociato ed un biscioni, entrambi simboli di Milano.
    Oggi, le AR, sono prodotte lontano da Milano e dalla Lonbardia, cionostante si continua ad usarne i simboli. Pertanto, già ora, FIAT farebbe bene a modificarne le scritte e simboli sulle Alfa Romeo, e poi venda pure gli stabilimenti!

  38. giuseppe

    @Claudio Di Croce
    Vede, essere Liberali non vuol dire essere reazionari.
    In Italia vige sempre uno strano concetto, secondo il quale i Liberali debbono essere “di destra”. Abbiamo visto come gli statalisti di destra tutto siano meno che Liberali. E se ne volessimo una dimostrazione storica, ce l’hanno data Churchill e De Gaulle. Loro, non la Russia Sovietica, hanno sconfitto il Fascismo. Per quanto riguarda l’Art. 18, un Legislatore saggio ed avveduto (Gino Giugni) ha provveduto a suo tempo a distinguere tra le Aziende con più di quindici dipendenti e quelle più grandi. Probabilmente oggi ci sarebbe bisogno di un regime intermedio, per le Aziende fino a cinquanta dipendenti. Ma le grandi Aziende possono farsi carico anche di qualche problema sociale, senza che ciò gli crei danni soverchi. Perché? Mah, si insediano espropriando terreni, modificano profondamente le economie dei territori, insomma incidono profondamente nel tessuto sociale. Non possono anche pretendere di isolare tutte le persone che considerano “border line”, condannandole all’emarginazione sociale nei territori nei quali queste ultime hanno qualche diritto naturale, essendovi nate.I nsomma, niente di così rivoluzionario. Solo un pò di buon senso, mi sembra. Quanto all’interpretazione dei Giudici, che Lei ritiene troppo estensiva, può essere giustamente criticata. Ma è un altro problema, che si risolve in un altro modo, forse lasciando meno spazio ad interpretazioni personali. Non cancellando diritti che, mi sembra, esistono e sono garantiti in tutti i Paesi democratici Europei. Francia ed Inghilterra, innanzi tutto. Mi domando. Vogliamo essere veramente integrati in Europa, o far finta di esserlo, mantenendo il privilegio di legiferare come ci fa comodo? Non possiamo lamentarci perché la Legislazione in materia fiscale è così riduttiva dei diritti sacri ed inviolabili, e poi pretendere di fare “tabula rasa” di altri diritti, ugualmente legittimi. Quando si abdica scientemente al Dititto, ci si pone su una china pericolosa, della quale si conosce l’inizio, ma non la fine.

  39. Mike

    @gondo
    Gli esempi da Lei portati colgono nel segno. Non si vede perché VW non possa fare con Alfa Romeo quello ha fatto con Seat, Skoda, etc. Certamente Fiat ha fatto e sta facendo l’esatto contrario (v. da ultimo, il caso – Serbia). Che cosa dovremmo aspettarci di diverso per il futuro? La strategia di Marchionne è quello di marginalizzare la produzione in Italia. Per lui, l’Italia è sempre più un mercato da presidiare, piuttosto che un luogo in cui produrre. Basta chiedere all’industria dell’indotto …..

  40. Robespierre

    SPERIAMO PRESTO IN UNA TOTALE E DEFINITIVA DOMINAZIONE TEDESCA, COMPRESA TASSAZIONE ED EROGAZIONE DI SERVIZI AL CONTRIBUENTE. DEL RESTO NESSUNO STATO INVASORE RISCHIEREBBE UNA SOMMOSSA STROZZANDO IL CETO MEDIO; COME FA IL NOSTRO STATO “SOVRANO E DEMOCRATICO”.

  41. marco

    Caro Giannino purtroppo è più che giusto concordare. Sull’Alfa è una stramaledetta catena di sbagli, quando potevano non comprarono BMW, poi fecero Pomigliano, poi Prodi per un tricolore bidonò FORD (tal quale il liberista Silvio con Alitalia e Air France e/o Montedison-A2A e/o Tremonti con Parmalat), poi FIAT con Romiti saccheggiò e umiliò
    Alfa (il “cane” boxer), poi servì per mitizzarono Marchionne. Il vero problema è che questo paese vive di fandonie: il costo del lavoro (quando è il più basso dei paesi avanzati) senza venir combinato coll’intensità degli investimenti (la più bassa negli stessi paesi), la qualità delle università (ancora la più bassa) RISULTATO produttività mediocre e prodotti mediocri che producono utili mediocri e qui il cane comincia a mangiarsi la coda.
    Stampa & Accademia schierate sulla riservatezza. POLITICA assente per totale impreparazione o dedizione all’anaalisi (alle relazioni di Bankitalia non ci vanno e se ci vanno s’annoiano senza capirci nulla) Confindustria tende la mano per una sovvenzione come a dire “aggiu a passà a nuttata”.
    Marchionne? spreme il limone fino all’ultima goccia poi morirà di sete se non sta attento, come succederà ad Alitalia.

  42. Mike

    Mi permetto di aggiungere un’ulteriore considerazione. Se Fiat avesse davvero interesse alla produzione dell’auto in Italia, perché sta facendo quello che sta facendo? Forse dobbiamo aprire gli occhi e capire davvero perché (legittimamente) a Fiat non interessi più avere i rapporti che ha sempre avuto storicamente con la politica italiana, con Confindustria ed anche con i sindacati. A me la risposta pare davvero scontata e non mi voglio ripetere. Concludo dicendo che se l’industria dell’indotto ha ormai da tempo volto lo sguardo verso gli altri costruttori, anche la politica e i sindacati dovrebbero liberarsi dei vecchi stereotipi e convincersi che solo un’autentica concorrenza nel settore nostrano della produzione dell’auto può salvare il medesimo settore dalla marginalizzazione in cui la vuole portare Marchionne. La politica, se ne è capace, convinca a Fiat a mettere a vendere marchi non strategici (v. Alfa Romeo) e relativi stabilimenti ad altri costruttori; i sindacati facciano finalmente il loro mestiere (v. sindacati tedeschi); al mercato (si chiami VW, o costruttori cinesi, etc.) il compito di fare il resto.

  43. luigi zoppoli

    @romalerig
    Oscar Giannio replicherà ee lo vuole ma per quanto mi riguarda trovo questo post di una spocchia inaudita quanto malfondata.Chiunqe lei sia e chiunque sia l’impresa per cui lavora, non è dio e comunque oltre a non argomentare la sua presuntuosa arroganza, lei ha solo dato un fulgido esempio di pessima educazione

  44. luigi zoppoli

    Teo ci siano falle nel ragionamento proposto dal dott. Giannino. Intanto le capacità tecniche e di innovazione del gruppo ci sono tutte ed in abbondanza, basta saperlo. Sono state una delle chiavi che hanno favorito l’operazione americana. E’ ragionevole e razionale pensare che l’operazione americana abia avuto la priorità per le diverse condizioni economicigiuridiche di contesto che hanno consentito rapida chiusura di impianti e rcuperi nei costi il tutto completato dalla notoria circostanza della maggior flessibilità-elasticità dell’economia americana che difatto si sta riprendendo. Questa io la chiamo strategia, scelta consapevole di cosa fare per comprare tempo e riorganizzarsi in Eiuropa. I modelli che verranno fatti a Mirafiori sono noti e pronti tanto che sono stati pubblicati i tease. Quanto ad Alfa Romeo venderla sarebbe una follia.In una strategia di crescita, avere un brand nell’alto di gamma ma capace di volumi significativi è indispensabile di per é e come traino per l’intero gruppo. Il problema sono gli investimenti necessari.
    In ultimo, non discuto che Marchionne possa sbagliare nelle sue scelte, ma questo catastrofismo, questa sfiducia non hanno concreta consistenza. Non è il suo caso, ma sentir bollare Marchionne come un cretino come molti piccoli idioti ed incompetenti asini fanno, è davvero fastidioso.

  45. mager

    Olivetti: Quella che fu prima azienda in Europa e seconda al mondo per produzione di PC. Oggi il nulla. Se qualcuno avesse avuto la lungimiranza di concederla a qualche multinazionale americana o asiatica, invece di soccombere agli autoreferenziali bizantinismi italiani, oggi avremmo ancora nelle nostre case PC “Made in Italy” con ovvia ricadute in termini di “know how” ed occupazionali. Evitiamo la “Olivetizzazione ” della Fiat, please.

  46. Robespierre

    Marchionne dixit:
    Secondo voi è più facile produrre un’auto che non cigola, con il cambio perfetto e morbido, vetri elettrici che non si bloccano, rifiniture di gusto e una carrozzeria fatta per durare 30 anni, oppure ridurre la pausa pranzo a gente che vive in aree con tassi di disoccupazione al 30%??

    Che vendano pure l’Alfa Romeo, purchè i soldi vadano alla costruzione di asili in tutta Italia, come parziale risarcimento del furto operato dal servo democristiano Prodi, che la sera “Abbiamo venduto a Ford” e la mattina dopo a Fiat.

    Riguardo la FIAT un azienda che caccia Ghidella e con i nostri soldi compra TORO Assicurazioni, Azioni di Mediobanca e svariate attività finanziarie con la cura del noto ladro Romiti d’accordo con lo stato ladro, va curata in un solo modo. O Ci RIDA’ I SOLDI O MARCHIONNE AGNELLI E COMPAGNIA FARANNO LA STESSA FINE DI TUTTI I COMPLICI DELLO STATO TIRANNO.

  47. Giovanni Bravin

    @Robespierre
    Monti disse a Torino, ieri, che l’Italia ha fatto grande la Fiat! Per molti, la Fiat è stata fatta grande, con i SOLDI PUBBLICI Italiani! C’è una grande differenza tra le due cose! Monti non dovrebbe parlare con sottointesi ed allusioni, è un TECNICO non un politico…

  48. Claudio Di Croce

    @mager
    Sono contento che si ricordi il disastro Olivetti . Forse qualche domandina su questo evento i giornalisti democratici, progressisti , con la schiena diritta del Gruppo Repubblica/ Espresso dovrebbero rivolgerla al loro padrone/ editore De Benedetti che dopo anni di speculazioni finanziarie e nessuna innovazione di prodotto la portò alla tomba . Il tutto avvenne senza problemi perchè il furbone era ed è molto amico del mondo dell’intellighenzia sinistra , dei sindacati e del potere locale ( il sindaco era un sindacalista CGIL , ex dipendente Olivetti ) I residui dipendenti furono scaricati sulla finanza pubblica ( baby pensioni, assunzioni nella PA ,ecc..) cioè lo Stato ( anzi dovremmo sempre dire i contribuenti , non lo Stato )pagò il fallimento Olivetti , ma nessuno lo ricorda , meno che mai i giornalisti integerrimi sopradetti .

  49. Marcello

    Egr. dott. Giannino,

    se VW comprasse Alfa Romeo si approprierebbe di un marchio, blasonato e con alto valore commerciale in EU e USA, ma non di assets: Alfa Romeo non ha un R&D/Engineering indipendente, non ha uno stabilimento produttivo dedicato (Arese riposa in pace), tutte queste funzioni sono nel ‘calderone’ FGA, ove il tecnico che oggi lavora sulla nuova Punto domani lavora su una Lancia e via dicendo (stesso discorso per i fornitori italiani).
    Penso che difficilmente VW acquisti un impianto in Italia, quando ha i suoi in Germania ed Europa dell’Est.
    Il valore di Alfa è tutto nel marchio, la storia e le potenzialità.
    Diverso è il caso di Ducati che, similmente a Lamborghini, ha una struttura e funzioni fondamentali legate ad un sito con un bacino di indotto.
    Questa è il mio pensiero, continuo a seguirla con piacere quotidianamente.
    Cordiali Saluti
    Dove sarebbero i vantaggi

  50. Giovanni

    Ottima analisi, ben argomentata ma non sono d’accordo.
    La VW ha sempre detto che l’unica cosa che gli interessa e’ il marchio (ritengo per gli Stati Uniti, dove di Audi ne ho visto pochine rispetto a BMW e Mercedes, e per l’Asia). Quindi quali vantaggi ne deriverrebero per la Fiat, al di la di forse 1M euro certo necessari in questo momento, proprio non capisco. Di sicuro perderebbe per sempre la possibilita di lottare su alcuni segmenti in Europa, e allora tanto varrebbe chiudere bottega gia’ adesso. Per l’Italia poi di vantaggi non ne vedo nessuno perche’ la VW gia’ compra componenti in Italia e non ne comprerebbe certo di piu’ perche’ possiede un marchio italiano, prodotto all’estero.

  51. Filippo

    Augusto Albeghi :
    E’ vomitevole, letteralmente. Questo articolo descrive l’esatto opposto di quanto andrebbe fatto. Siamo così ansiosi di deindustrializzare l’Italia, di competere solo sul costo del lavoro, di perdere know-how e tecnologia, di venderci ai tedeschi che hanno schiavizzato l’Europa?
    Vogliamo un futuro cinese per l’Italia?
    Io non riesco a credere che si possano scrivere queste cose ed essere in buona fede. Lo si dica chiaramente, vogliamo una società darwiniana, senza tutele e con le maggiori sperequazioni possibili perché consente di conservare la differenza fra ricchi e poveri. Si vuole fare un deserto e chiamarlo un successo.

    Signor Alberghi,temo che l’idea di fondo sia proprio quella.Solo se e quando come Paese saremo diventati la Cina d’Europa (salari competitivi al massimo perchè bassi,tutele in generale limitatissime,mano d’opera e qualificata o meno a disposizione in sovrabbondanza)allora torneremo ad essere considerati come un posto dove può essere interessante investire….

  52. fabio

    @Filippo
    caro Oscar, secondo lei abbiamo quindi perso la possibiltà di cambiare questo stato, che lei giustamente chiama “ladro di futuro”, in un posto migliore dove vivere e far vivere i nostri figli?

    quindi ben venga uno stato Cinese in Italia. tanto lavoro, tanti soldi, nessuna regola. morti sul lavoro e per il lavoro sono gli effetti collaterali come le bombe delle “missioni di pace”. il totalitarismo che bello che diventa quando è di mercato.
    scrivo così e so di essere parziale e banalizzare un mondo che lotta e vuole crescere e vivere meglio e che tutto fa per farcela…e ce la fa!

    da lei mi aspetto di più. la seguo tutte le mattine alla radio, e tutta la sua rabbia verso lo sfascio che in Italia è sotto lo sguardo di tutti, penso meriti una visione che dia una prospettiva che ci dia una possibilità.

    tra un anno si voterà. sono preoccupato di dover votare un mostro con tante teste, come il “movimento 5 stelle” per l’impossibiltà fisica di votare PD o PDL o terzo polo.
    Lei spesso a parlato di nuovi soggetti politici, non vedo nulla, neanche all’orizzonte.
    Perché pensa che tanta gente sia così grata al nuovo governo, e tra questi anche io?
    Fa poco su tanti fronti, su altri sbaglia, non risolve la base del problema Italia…la spesa.
    ma è anni luce da ciò che abbiamo visto fino ad ora.

    buona giornata a tutti, e che lo siano anche le prossime.

  53. Rodolfo

    Egregio Giannino, e’ sicuro che VW dopo
    l’acquisto della SEAT abbia fatto un affare
    dato che ancora non fa molti utili?
    E’ sicuro che la Daimler dopo aver acquistato
    la Chrysler e dopo averla venduta a prezzo
    0 abbia fatto un affare?
    Dia un’occhiata al sito della nuova
    Dodge Dart americana, nel sito specifica
    che ha il DNA dell’Alfa Romeo
    e’ sicuro che Marchionne vende l’Alfa Romeo
    che orami e’ solo un marchio

  54. Rodolfo

    Egregio Giannino,
    sa mica qual’e’, per la Ferrari, il 2
    mercato dove ha i piu’ alti volumi di
    vendita dopo quello Americano?
    Il mercato cinese.
    Distinti saluti

  55. catilina

    @massimo
    c’è una terza ipotesi: costretto. A quel tempo bisognava decidere se stare dentro o fuori, la decisione è stata quella che sappiamo e con quelle regole. Oggi sappiamo che è stato un errore, non l’euro, ma quelle regole. Questo non significa che si debbano regalare alla vw le nostre tecnologie, perché l’Alfa è prima di tutto tecnologia.

  56. G

    Vedendo i prodotti in listino alfa romeo lo scrivo minuscolo credo ci sia solo da sorridere.
    Tralascio la gamma fiat dove il prodotto piu’ “recente” e’ importato come pure il piu’ venduto.
    Tutto cio’ detta da una persona che per 20 anni ha acquisto solo italiano convertitasi allo straniero per necessita e dandosi del masochista per non averlo fatto prima.
    Saluti

  57. alberto

    gondo :
    @Alberto
    Concordo con lei che in caso di acquisizioni il cervello rimane spesso presso la casa madre, tuttavia penso che ciò dipenda molto dalle dimensioni aziendali.
    Per esperienza personale (40 grandi In grandi gruppi multinazionali tedeschi) posso confermare che il management tedesco rispetta la competenza locale quando si tratta di un investimento produttivo e non il solo acquisto di quote di mercato.
    Oggi la collaborazione a livello filiale / casa madre è molto stretta, anche per i legami amministrativi strettissimi introdotti dai sistemi informatici SAP ecc
    Un segnale molto importante è l’introduzione quasi immediata di metodi gestionali
    moderni e fondati su automatismi di consolidamento , che portanoi ad avere una cognizione del proprio business.
    L’esempio Nuovo Pignone mi sembra non calzi, nella metà degli anni 90 si pensava che NP avrebbe molto diminuito la sua presenza sul mercato in seguito all’acquisizione da parte di GE, che l’avrebbe spremuta per farne uno spezzatino, ciò non è avvenuto e Firenze ha avuto un notevole sviluppo diventando
    un centro di eccellenza per turbine a gas a livello europeo , infatti molti giovani tecnici sono stati assunti e il Pignone a Firenze ha cambiato faccia!
    Penso che non si possa generalizzare! Forse Alfa potrebbe essere come NP, del resto pensiamo a Seat e Skoda che produce nella Repubblica Ceca un milione di vetture,
    non sono noccioline!

    La mia esperienza mi suggerisce cose diverse. Al Pignone sono rimaste le produzioni di ciò che era originariamente già NP, con Service e Training per tutto il settore turbomacchine. Tutto il resto, R&D, Marketing, Sales è gelosamente custodito in USA. Firenze (e Bari) sono grossi centri di service e training: sono stati assunti molti laureati ma in ruoli esclusivamente di supporto. Firenze è un centro di eccellenza, vero, ma per il training: è il posto ideale per ricevere delegazioni da tutto il mondo. Una vetrina: tutti gli anni vi si svolge la convention di tutto il gruppo GE e funziona proprio come una vetrina di gran classe. In buona sostanza il cervello è altrove. Purtroppo.
    Poi, è vero, vi sono ricadute anche su tutte le attività dell’indotto e financo sull’industria turistica ed alberghiera, ma sempre in un contesto, come dire, neocoloniale ?
    Ma penso che queste cose le conosca bene anche Lei; le tecnologie dell’Oil & Gas sono saldamente in mano yankee e non se le lasciano di certo scappare.

  58. giorgio

    se anche giannino è de coccio siamo proprio messi male
    VW vuole acquistare il marchio ALFA ROMEO ma rifiuta di accollarsi pomigliano d’arco.
    questo è il nocciolo del problema.
    e non lo acquista perchè nessuno sano di mente andrebbe ad infognarsi in uno stabilimento ingovernabile a meno che si applichino le regole chieste da marchionne ed approvate dai dipendenti.
    senza considerare tutti gli altri problemi che rendono ben poco appetibile il nostro paese a qualsiasi investitore

  59. Marco

    Gli italiani solo ora si rendono conto di quante macchine tedesche hanno comprato negli anni! Ben gli sta (i francesi che sono più furbi non l’anno fatto).

    Inoltre De Benedetti non ha fatto fallire l’olivetti, ci avevano già pensato i banchieri qulache decennio prima

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