Tremonti, ogni promessa è debito
Campagna elettorale europea in dirittura finale, e di conseguenza ultime smitragliate a raffica dei capi politici. Nella fitta serie, segnalo l’attivismo di Giulio Tremonti, segnalatosi oggi per un’intervista al Messaggero, una a Radio1, una Radiocity, una a Sky tv, e probabilmente me ne sono persa qualche altra. Tra le tante affermazioni, molte di esse già note, una mi ha particolarmente colpito per sincerità. «Non sono contrario agli aiuti di Stato», ha detto Tremonti a Sky tg24 Economia. E ha aggiunto: «Adesso che è cambiato il gioco, giochiamo anche noi». Per chi lo conosce, considero questa frase di Tremonti un’ammissione schietta e sincera: la pensa davvero così, non è tanto per convincere qualche elettore in più. È un ceffone a distanza ai soloni della concorrenza europea, alla Monti, Giavazzi et similia.
Mai come in questa occasione risulta appropriato il vecchio detto: ogni promessa è debito. Personalmente, considero una fortuna che l’Italia, per la sua eredità di ingenti vincoli sul debito pubblico e la pazzesca concorrenza di maxi emissioni quest’anno e negli anni a venire per l’impennata del debito pubblico di Paesi fino al 2008 “virtuosi”, abbia sin qui speso in termini aggiuntivi assai poco, limitandosi per lo più a riallocare spese di competenza non ancora impegnate. Che cosa in concreto significhino gli aiuti di Stato, lo testimoniano oggi i tanti articoli dedicati da ogni testata americana al mercimonio immediatamente apertosi in Congresso per i 2000 concessionari auto dei quali GM e Chrysler hanno comunicato intenzione di rescissione dei contratti di rappresentanza, all’atto della presentazione dei piani di razionalizzazione che sono valsi l’assunzione da parte dell’Amministrazione Usa di oltre il 60% della prima e dell’8% della seconda. Non c’è niente di più scontato della sequela di dichiarazioni di deputati e senatori democratici che ammettono anche, nella media, che entrare nel dettaglio gestionale delle aziende da parte dei poteri pubblici è generalmente sbagliato, ma una volta che si impegnano i denari del contribuente allora “bisogna” farlo.
Resto dunque curioso di capire a chi si applicheranno, gli aiuti pubblici promessi oggi da Tremonti. L’esplosione delle polemiche e la mezza marcia indietro del governo tedesco su Magna-Opel dovrebbe insegnare a tutti che aprire i cordoni del Tesoro pubblico può essere facile, ma la possibilità di commettere gravi errori nel breve e soprattutto nel medio-lungo, supera i benefici attesi quasi sempre solo nel breve termine.
Piuttosto, il campanello d’allarme venuto dalla fallita asta di titoli pubblici lettoni dovrebbe indurci a una prudenza raddoppiata. Per il momento, è più saggio prevedere strumenti europei comuni di aiuto a Paesi limitrofi che rischiano pesante instabilità – la Lituania dovrà per forza rinunciare al suo peg monetario fisso, col bel risultato che i mutui massicciamente contratti dai suoi cittadini in euro e franchi svizzeri andranno alle stelle, peggiorando ulteriormente il meno 18% di Pil attualmente atteso per il 2009. A dicembre scorso ci ha pensato il FMI, ora sarà il caso di rendere disponibile la finestra di possibilità fino a 50 miliardi di euro dichiarata a tal fine dalla BCE, violando implicitamente il veto tedesco a strumenti comuni per soccorrere i meno virtuosi (trovate qui il bel commento di Anatole Kaletsky, sul Times di oggi). Gli Stati pensino al momento a destinare i propri aiuti a salvarsi a vicenda, piuttosto che a moltiplicare i casi Opel.