L’Ocse sulle performance ambientali dell’Italia: gestione dell’acqua tallone d’Achille, specialmente dopo il referendum
Il rapporto Ocse sulle performance ambientali, presentato poco tempo fa a Roma dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e dal direttore del Dipartimento Ambiente dell’Ocse, Simon Upton, fa il punto sull’efficacia delle politiche ambientali condotte in Italia.
Le note più dolenti riguardano la gestione delle risorse idriche. Nonostante l’elevata piovosità media annua, la disponibilità pro capite di acqua dolce è una delle più scarse tra i paesi Ocse. I motivi sono molteplici: alcuni di carattere fisico (l’elevata evapotraspirazione), altri di tipo infrastrutturale (come ad esempio la limitata capacità di stoccaggio). E se le pressioni causate dall’inquinamento sono diminuite in conseguenza di maggiori strumenti di prevenzione e controllo, i carichi inquinanti dei settori industriale, civile e agricolo non vengono sufficientemente contrastati dagli impianti di depurazione. Secondo il rapporto, “oltre un terzo dei corpi idrici di superficie e l’11% dei corpi idrici sotterranei non raggiungeranno gli obiettivi di stato ecologico fissati dalla Direttiva Quadro sulle Acque dell’UE (DQA) per il 2015”.
Il quadro è già stato tracciato in questa sede da Lucia Quaglino, che riportava alcuni dati emersi durante la Conferenza Nazionale sulla Regolazione dei Servizi Idrici: le perdite di rete sono superiori al 30% (le più elevate d’Europa), il 15% della popolazione non è servito dal sistema fognario, i depuratori sono insufficienti o inesistenti per un italiano su tre, il servizio subisce ancora interruzioni, soprattutto al Sud.
Le carenze infrastrutturali sono dovute in larga parte ad una cattiva regolamentazione.
Anche in questo caso, le considerazioni relative alla stratificazione e all’incertezza normativa, con conseguenti sovrapposizioni di competenze e significativi inadempimenti rilevate dall’AEEG trovano un avvallo. Secondo l’OCSE “la gestione delle acque rimane eccessivamente complessa, caratterizzata da decisioni dettate dall’urgenza e focalizzando su soluzioni di breve termine… Nel 2006 sono state avanzate delle proposte per sostituire le autorità di bagino idrografico con otto distretti idrografici…Tali proposte, però, sono state bloccate da gruppi di interesse per diversi motivi”.
L’Ocse si spinge però oltre, stigmatizzando i perversi effetti dell’esito referendario:











