14
Gen
2021

“Martin Eden” di Pietro Marcello. L’uomo contro lo Stato

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Jo Ann Cavallo (Columbia University)

Immaginiamo qualcuno che salga sul palco durante una riunione di socialisti promuovendo uno sciopero sindacale e dica alla stanza affollata che la loro ideologia è erronea perché dimentica l’individuo e quindi potrebbe al massimo sostituire un gruppo di padroni con un altro. Ora immaginiamo quella stessa persona che, in una cena privata, dice a un giudice elitario dall’altra parte del tavolo che quest’ultimo è più socialista nel suo pensiero di quelli che si definiscono tali a causa del suo sostegno alle normative governative e ad altri interventi politici nell’economia, i quali consentono una collusione tra lo Stato e il settore industriale, indebolendo così la vitalità del libero mercato.

La giustapposizione di questi due scenari non è sorprendente se sappiamo che la suddetta persona è un seguace di Herbert Spencer, filosofo politico e attivista che si opponeva al potere coercitivo in tutte le sue forme. Quello che potrebbe essere inaspettato – o almeno, ciò che mi ha piacevolmente sorpreso – è incontrare questa figura come protagonista di un nuovo film d’autore che sta ottenendo il riconoscimento della critica sia in Europa sia negli Stati Uniti (diverse nomine e premi ai principali festival del cinema, il David di Donatello per la migliore sceneggiatura adattata, la sua inclusione fra i 10 film migliori del 2020 secondo il New York Times).

Il film in questione è Martin Eden (2019) di Pietro Marcello, un adattamento dell’omonimo romanzo di Jack London del 1909. Colpita dal film (e non solo per la posizione anti-collettivista, anti-guerra e pro-libertà del suo eroe), ho cercato altre reazioni dopo la sua uscita nell’ottobre del 2020 negli Stati Uniti. Purtroppo, le recensioni che ho trovato online (indipendentemente della loro valutazione sui meriti artistici del film) provenivano da una prospettiva politica di sinistra che ignorava, fraintendeva o travisava la coerente posizione anti-collettivistica del film. Invece, la maggior parte ha considerato il film come “un ammonimento sui pericoli dell’individualismo e la facilità con cui può inghiottire anche gli artisti più idealisti” e “una critica all’eventuale caduta dell’individualista convinto, la cui passione per l’argomento, almeno così ostinatamente, può solo finire con l’autoannientamento”.

Come scrive un recensore: “Martin Eden è sia un attacco tagliente all’individualismo che una parabola perfettamente sincronizzata per il sistema isolazionista fallimentare di oggi, in cui il mito della meritocrazia e la fede nella superiorità intrinseca attira giovani suscettibili”. Il personaggio Martin Eden è giudicato a partire dal medesimo pregiudizio: ad esempio, ha fatto “un patto faustiano con il capitalismo stesso” ed è “ignaro della propria mascolinità tossica”. Né ci vengono risparmiati veri e propri attacchi veementi alle idee espresse da Martin: “Marcello ci intrappola lentamente nelle convinzioni sempre più repellenti del personaggio” e assistiamo alle “delusioni sempre più mostruose del personaggio”, mentre “il nostro eroe essenzialmente crede alle sue stesse stronzate”.

Qualsiasi accenno al libertarismo è pronunciato con disprezzo: “Più abbraccia pubblicamente il suo marchio di politica libertaria mal congegnata, più la sua vita gira fuori controllo”. Alcuni critici associano addirittura il libertarismo di Martin al fascismo: “Da un tale libertarismo da scarponi, c’è solo un passo al fascismo vero e proprio”; anzi, il protagonista “diventa un proto-fascista”. Visto il divario tra il film che ho visto e le recensioni che ho letto online, ho deciso di offrire una breve analisi del Martin Eden di Pietro Marcello dal mio punto di vista libertario.

Forse parte del motivo per cui i critici cinematografici possono essersi sentiti particolarmente giustificati nell’impiegare un’ideologia di sinistra per recensire Martin Eden è che il romanzo su cui si basa è stato scritto da un autore socialista. Tuttavia, anche l’opera originale era di natura sufficientemente ambigua da portare molti lettori ad ammirare piuttosto che criticare l’eroe omonimo. Come ha notato Andrew Sinclair, “anche se London potrebbe protestare che il romanzo fosse un attacco all’individualismo, non al socialismo, lo aveva reso così autobiografico che i suoi lettori radicali non potevano distinguerlo dal suo personaggio principale” (Sinclair, p. 18). A prescindere dall’ideologia del romanzo, il regista italiano Pietro Marcello ci propone un film che muove visibilmente l’ago verso l’individualismo e contro il collettivismo in tutte le sue varie manifestazioni.

Diamo prima uno sguardo più da vicino alla riunione socialista in cui Martin Eden prende la parola. Il suo amico Russ Brissenden (Briss), simpatizzante dei socialisti anche se non uno di loro (nel film), lo porta alla sede dove si discute di uno sciopero sindacale in corso. L’espulsione con la forza di diversi uomini all’arrivo dei due amici suggerisce già che le voci dissidenti non saranno tollerate. Quando Briss incoraggia Martin a dire loro perché non vuole il socialismo, Martin risponde che “succederà un finimondo”, ma sale sul palcoscenico lo stesso. Chiede alla folla quale ruolo avranno gli individui nella nuova società immaginata dai socialisti, avvertendoli che “non si può prestare attenzione soltanto alla collettività.” Continua spiegando:

Quando una società di schiavi comincia ad organizzarsi senza tenere conto degli individui che la compongono, allora comincia il suo decadimento. E gli individui più forti tra loro diventeranno i loro nuovi padroni. Solo che questa volta lo faranno segretamente, con astute macchinazioni, con lusinghe, con menzogne, ma peggio di come lo fanno oggi i vostri padroni.

Quelli presenti sono così avversi ad aprire un vero dibattito che non solo gridano con rabbia “Stai zitto! Vattene a casa!” ma lo aggrediscono anche fisicamente mentre egli s’avvia verso l’uscita. Questa reazione ostile a un punto di vista alternativo, che diverge dalla rappresentazione più indulgente nei riguardi dei socialisti che London diede nella sua versione della scena, è fin troppo familiare a chiunque abbia seguito i crescenti episodi di manifestanti che hanno contrastato violentemente i discorsi nei campus universitari negli ultimi anni. Il leader socialista che si riappropria del microfono lascia da parte ogni antagonismo verso “i padroni” e professa invece che “l’individualismo” è “il nostro primo nemico”: un’affermazione agghiacciante che mette a nudo la sua implacabile mentalità collettivista.

Questa scena è prefigurata da una precedente – completamente assente nel romanzo – in cui un uomo più anziano si fa avanti per rivolgersi alla folla in una riunione pubblica all’aperto, nonostante la preoccupazione della moglie per la sua sicurezza:

Oggi il sindacato ha indetto uno sciopero. Io sono d’accordo con lo sciopero, ma sono contro il sindacato. Perché voi operai, se volete lavorare, dovete pagare una tassa al governo e un’altra al sindacato. Questo è un paradosso! Il diritto al lavoro non è un diritto dell’individuo, ma è un diritto del sindacato, un diritto che il sindacato vende e il lavoratore deve comprare. Voi socialisti sognate una rivoluzione che renda vostro lo Stato affinché questo mantenga uguali tutti quanti nei propri diritti. Ma chi sono questi “tutti quanti”? Chi sono? Le organizzazioni dei lavoratori attraverso i loro sindacati, non del singolo lavoratore. Dove sta l’individuo nella vostra politica? Quale sorte gli riservate?

Invece di impegnarsi in una discussione di idee, quelli presenti gridano “Via, via!” e altre frasi indistinguibili, e poi iniziano a lanciare oggetti al poveretto mentre si muovono in modo minaccioso. Quando Martin Eden lo segue per esprimere il suo accordo con il ragionamento, l’uomo conclude sconsolato: “Loro lottano per avere un padrone diverso, capito?”

Il discorso di Martin Eden che critica il disprezzo dell’individuo da parte del socialismo è, ironia della sorte, ciò che lo rende il bersaglio della cena elitaria che (nel film) si tiene la sera successiva. Un giornalista presente alla riunione aveva pubblicato una foto di Martin sul palco con il titolo: “Il socialismo ha un nuovo leader: Martin Eden”. La frattura tra la realtà storica e il rimodellamento degli eventi da parte dei media per fabbricare l’illusione che vogliono proiettare non potrebbe essere più pertinente oggi.

Durante la cena, ospitata dai genitori della fidanzata di Martin, Elena Orsini, un giudice fa riferimento alla foto del giornale e lo definisce socialista. Quando Martin corregge il giudice dicendo: “Ma non mi definirei di certo socialista dato che non lo sono,” quest’ultimo risponde derisoriamente: “Bene! Il paziente è già in via di guarigione. Ma la miglior medicina per queste malattie di gioventù è il tempo.” In risposta, Martin ribalta la situazione, affermando: “Vedo che siete dei medici scrupolosi, però state a sentire anche il paziente. Io credo che siate voi a soffrire della malattia che diagnosticate a me”. Prima di procedere, chiede: “Lei è un liberale, Giudice Mattei, o mi sbaglio?”, evitando in tal modo di commettere lo stesso errore di presumere di conoscere l’orientamento politico di un altro senza una chiara conferma. Martin quindi procede:

Voi credete che il miglior sistema economico sia il libero mercato, siete anche dei grandi sostenitori della meritocrazia, della concorrenza. Però siete anche a favore delle leggi che fiaccano la loro vitalità. Avete regolamentato il commercio, avete messo dei limiti tra le fusioni dei gruppi aziendali, avete fatto sì che lo Stato agevoli e sostenga fiscalmente l’industria nazionale.

Il giudice insulta Martin nella sua risposta: “Io ignoro dove Lei abbia potuto studiare economia politica. Forse nella stiva di qualche nave. Ma le leggi a cui accennavo prima sono leggi che vanno contro il monopolio, leggi a favore dell’occupazione”. Martin, tuttavia, mantiene la sua posizione: “Quello che vi voglio far capire è che siete voi a essere ammalati di socialismo, non io. Siete voi a decretare provvedimenti socialisti. Il socialismo è nelle vostre idee, non nelle mie. Io non ne sono stato contagiato. Io sono contro il socialismo, io sono contro quella farsa di democrazia che voi vi mettete lì a sostenere”.

Mentre Martin continua a rivolgersi ai “liberali” come “socialisti che hanno paura del socialismo”, l’abuso che riceve in cambio non è fisico questa volta, ma verbale. La madre della fidanzata commenta con aria di superiorità: “è la lettura di Spencer. Fa strani effetti sui più giovani”. Provocato da tali tentativi denigratori di sminuirlo, piuttosto che discuterne le idee, Martin dice senza mezzi termini al giudice: “Perché Lei parla di Spencer con me? Lei mi disgusta”. Se esprimersi schiettamente alla manifestazione socialista poteva costargli soltanto qualche livido, in questo ambiente raffinato gli costerà invece il suo fidanzamento.

Questa cena, a sua volta, è preannunciata dal primo pasto di Martin con la famiglia Orsini presieduto dalla madre di Elena. Anche se una scena simile si svolge nel romanzo, solo il film attira l’attenzione sulle aspettative della signora, la quale vuole che lo Stato intervenga ampiamente nella società. Dopo aver affermato che “il governo dovrebbe spendere di più per l’istruzione”, la signora Orsini sollecita espressamente il consenso del suo ospite: “non trova, signor Eden?”. Sebbene Martin non abbia ancora letto i libri che gli forniranno una filosofia politica coerente, la sua risposta anche in questa fase iniziale valorizza le azioni individuali: “Penso che se questo [riferendosi al pezzo di pane che ha in mano] è l’istruzione, e il sugo è la povertà, se uno usa l’istruzione, la povertà sparisce”. Dopo di che trasforma la sua metafora in azione concreta raccogliendo il sugo con il pane e prendendone un morso.

Sia le manifestazioni socialiste sia le cene della famiglia Orsini sono in contrasto con altri ambienti, primo fra tutti la casa rurale di Maria. Una conversazione a tavola tra Martin e Maria, assente dal romanzo, è incentrata su un amichevole scambio di idee sull’economia. Come se avessero letto il capitolo “The Moneylender” di Walter Block in Defending the Undefendable (pp. 121-7), Martin e Maria alzano i bicchieri per brindare agli “usurai” per il servizio che svolgono. Quando, tuttavia, Maria osserva che “se non ci fossero gli usurai, il mondo non andrebbe avanti”, Martin le ricorda che è l’attività produttiva (come il suo stesso ricamo) che crea prosperità: “Però andrebbe pure peggio se non ci fossero le mani che lo fanno ricco. Come le tue, Maria”. Continua incoraggiandola ad aprire la sua propria ditta per rimanere “senza padroni, senza nessuno che ti comanda.”

Eppure non tutti hanno uno spirito imprenditoriale e Maria risponde che trova la propria felicità nei piaceri semplici della vita, come le stelle nel cielo, i bambini e un piatto di maccheroni. In un dialogo che spazia dalla teoria economica alla realizzazione personale, Martin e Maria mostrano rispetto reciproco per le opinioni dell’altro e condividono il presupposto sottostante della necessità della responsabilità individuale e della libertà di scelta.

Dati i riflettori sull’individualismo di Martin, potremmo distinguere le diverse sfumature di significato del concetto nel corso del film. L’individualismo a cui si fa riferimento durante la manifestazione socialista è metodologico. Come affermato forse nel modo più succinto da Ludwig von Mises: “Ogni azione razionale è in primo luogo un’azione individuale. Solo l’individuo pensa. Solo l’individuo ragiona. Solo l’individuo agisce” (Socialism: An Economic and Sociological Analysis).

Un secondo significato che emerge è quello dell’autosufficienza. Martin è per antonomasia un self-made man in quanto lavora instancabilmente e con grande determinazione per raggiungere l’obiettivo di educare se stesso e diventare uno scrittore di successo. Il sistema educativo gli viene meno quando le valutatrici di un esame di ammissione al liceo lo relegano alla scuola primaria dato che non riesce a ricordare le date, anche se le sue idee sono chiaramente bene articolate. Questo rifiuto istituzionale, però, andrà a suo vantaggio, poiché come autodidatta non sarà soggetto all’indottrinamento della scuola pubblica e potrà seguire i suoi interessi per esplorare una serie di idee, comprese quelle di Herbert Spencer.

Questo ci porta a una terza connotazione, sebbene correlata, dell’individualismo, cioè, quella del pensare in modo indipendente. La prima storia pubblicata da Martin sulla rivista L’eroica è appropriatamente intitolata “L’apostata”, suggerendo il suo interesse nel delineare un personaggio che si è allontanato da un dogma ricevuto. Martin mostra la sua consapevolezza di incarnare questa rara indipendenza intellettuale quando dice al giudice che “in questa città ci saranno cinque o sei individualisti e tra questi c’è Martin Eden”. Lo spettatore non ha dubbi che abbia ragione, anche se la sua affermazione innervosisce quanti sono intorno al tavolo.

Un quarto senso di individualismo trasmesso è l’idea che ogni singola vita è unica. Passeggiando per il quartiere, ad esempio, Martin e i suoi vicini si salutano per nome quando si vedono. Più in generale, lo stile di regia di Marcello suggerisce la singolarità di ogni essere umano concentrandosi su persone anonime tra la folla, di tutte le forme, dimensioni, tonalità della pelle ed età. Questi primi piani mostrano i volti di persone di ogni ceto sociale, inclusi marinai su una nave, passeggeri su un treno, donne sui balconi che asciugano vestiti e acquirenti e venditori nei mercati all’aperto. Alcuni degli scatti ritraggono volti che guardano direttamente nell’obiettivo, a volte sorridenti e altre volte seri, costringendoci attraverso il loro sguardo a riconoscere la loro rispettiva individualità.

L’individualismo è continuamente delineato in contrasto con varie forme di collettivismo. Come notato sopra, l’antistatalista e antisocialista Martin si ispira agli scritti di Herbert Spencer. Le recensioni che menzionano Spencer fanno di tutto per dipingerlo nella luce più negativa possibile, riferendosi alla “preoccupante fissazione di Martin sugli scritti del filosofo inglese e darwinista sociale Herbert Spencer” e “all’incredibile ossessione di Spencer”. Un recensore scrive che Martin “ripete a pappagallo le teorie incoerenti e folli di Herbert Spencer”. Sebbene sia oltre lo scopo di questo saggio, la “rovinosa e virtuale distruzione della reputazione di Herbert Spencer” (Richards) da parte dei collettivisti ha una sua storia affascinante (Root). Eppure c’è da chiedersi se i critici cinematografici che hanno pronunciato dichiarazioni così dispregiative abbiano mai letto Spencer. Apparentemente no. Se l’avessero fatto avrebbero trovato in The Man versus the State un brillante capitolo intitolato “The New Toryism” in cui Spencer dimostra che sebbene i liberali inizialmente “rappresentassero la libertà individuale contro la coercizione dello Stato”, dal 1880 il “liberalismo, trovandosi sempre più al potere, [era] diventato sempre più coercitivo nella sua legislazione” (p. 10). Il dialogo della cena a casa Orsini nel film si adatta all’analisi storica e politica dei liberali da parte di Spencer molto di più della stessa scena nel romanzo, che si concentra invece sulla politica di partito degli Stati Uniti.

Le recensioni del film che ho letto non solo hanno etichettato in modo riduttivo Spencer come un mero sostenitore del darwinismo sociale, ma hanno pure erroneamente associato individualismo ed egoismo. Martin Eden, come individualista, è invece sempre pronto ad aiutare chi è in difficoltà e ad opporsi alle ingiustizie. In effetti, l’intera trama viene messa in moto quando Martin si attiva per soccorrere un giovane maltrattato sul porto. Quando l’aggressore del ragazzo risponde all’ammonimento verbale di Martin di desistere dicendogli di farsi gli affari suoi, Martin prende in mano la situazione – letteralmente – intervenendo fisicamente per prendere le sue difese. Più tardi, mentre lavora in una fonderia, impedisce a un collega di aggredire il capo quando ha un crollo nervoso, e poi si assicura che abbiano il loro giusto stipendio quando il capo licenzia entrambi, rifiutandosi pure di pagarli per il lavoro già completato.

Un malinteso comune che attraversa le recensioni del film è che l’individualismo di Martin sia la causa della sua caduta. Questo semplicemente non è il caso. Ci sono vari fattori esterni che portano alla sua trasformazione nell’ultima parte del film, legati in gran parte all’allontanamento di Elena, alla morte di Briss e persino alla sua fulminea ascesa al successo. Martin commette degli errori lungo la strada, in primo luogo quello di voler essere come la famiglia benestante Orsini pur essendo cieco di fronte alle loro mancanze. All’inizio esclama ad Elena: “Ho deciso che voglio essere come voi, parlare come voi, pensare come voi”. Col senno di poi, riflette con amarezza: “Volevo essere come voi, parlare come voi, pensare come voi. Come un cane al tuo fianco! Un bel cane da passeggio!”.

Ma rimpiangere il suo precedente desiderio di adattarsi al mondo di Elena o rendersi conto di aver amato una donna indegna della sua devozione non è affatto come incolpare il suo individualismo. Al contrario, l’individualismo era il carburante che alimentava il suo sé fervente, vivo, vibrante e pieno di sentimento mentre lavorava con tutto il cuore per realizzare il suo sogno di diventare uno scrittore. In questo periodo di intenso impegno, inoltre, si considera felice. A un certo punto la sua fidanzata, che trae troppo il suo senso di sé dagli altri, dice a Martin che sua madre “non pensa che noi potremo essere felici insieme” prima di chiedergli la sua rassicurazione del contrario: “Lo saremo, Martin?”. La risposta di Martin sottolinea il fatto che il suo benessere non è legato ad alcun successo ottenuto in futuro, ma alla sua vita nel presente: “Già lo siamo”.

E non è il suo sé disilluso e stanco del mondo che rifiuta il suo sé individualista di prima, ma il contrario. In una scena straziante verso la fine del film, l’unica cosa che fa muovere quest’ultimo Martin con la stessa determinazione che ha mostrato nella prima parte del film è in realtà una visione di se stesso che cammina lungo la strada con l’aria decisa che aveva sempre caratterizzato la sua andatura. Scosso dalla visione, Martin corre per raggiungere la figura sfuggente che inizia ad affrettarsi deliberatamente per allontanarsi da lui. Includendo le inquadrature del primo Martin dal punto di vista della sua figura successiva, Marcello trascina emotivamente lo spettatore in questo disperato tentativo di ritrovare la completezza e il significato risalendo al passato.

Il carattere trasformato di Martin può per alcuni aspetti essere irriconoscibile, ma nonostante ciò conserva le vestigia di se stesso. Anche se riesce a malapena a trovare l’energia per alzarsi dal divano mentre il suo editore lo spinge a intraprendere un tour del libro negli Stati Uniti, Martin compra una casa per Maria e finanzia un intervento chirurgico per il figlio di lei, ridandogli la vista all’occhio destro. Offre anche un sostegno finanziario a sua sorella, nonostante le precedenti offese subite dal cognato, e sostiene economicamente gli sforzi contro la guerra condotti dai socialisti.

In quest’ultimo caso, sebbene Martin specifichi che sta agendo solo in onore del suo amico (“sappi che lo faccio perché Brissenden avrebbe fatto la stessa cosa”), il suo gesto va oltre il personale per passare al politico quando viene sottolineato che il denaro non è destinato a sostenere il socialismo di per sé, ma a prevenire la prossima guerra. Come afferma il destinatario: “Noi siamo contrario a questa guerra perché metterà il paese in ginocchio. E poi se si farà sarà soltanto per l’interesse dei padroni”. Qui Martin e i socialisti condividono la comprensione che “la guerra è la salute dello Stato”, come ha sostenuto Randolph Bourne, socialista e attivista contro la guerra, nel suo manoscritto Lo Stato, lasciato incompiuto con la sua scomparsa nel 1918.

Il fatto che non ci venga detto esattamente quale guerra si profila evita di individuare un momento storico (un segno distintivo del film nel suo insieme) e suggerisce invece un eterno presente in cui l’industria bellica dello Stato calpesta la vita delle persone mentre si prospetta un conflitto dopo l’altro (quella che Spencer chiamava la “guerra cronica”). I riferimenti a una guerra imminente si aggiungono alla prospettiva anti-statalista del film mentre spostano l’attenzione oltre la storia personale di Martin. Nella scena finale un vecchio corre lungo la spiaggia gridando: “È scoppià la guè [è scoppiata la guerra]”. Mentre Martin si guarda intorno, si vede un imbianchino che cancella delle proteste scritte sul muro che dicono “No al macello dei popoli. Non vogliamo la guerra”. Questa effettiva sparizione delle parole davanti ai nostri occhi, una resa visiva della repressione delle voci dissidenti da parte del potere politico, è completata da filmati d’archivio di un rogo di libri da parte dei nazisti. Significativamente, non è un dramma personale che precede immediatamente l’azione drastica finale di Martin Eden nel film, ma piuttosto l’annuncio generale dello scoppio della guerra.

A prescindere dalla traiettoria particolare di Martin Eden, ciò che egli afferma nel corso del film non può essere cancellato, anche quando i presenti l’aggrediscono verbalmente e fisicamente. Può darsi che i suoi interlocutori immediati si siano rifiutati di ascoltare, ma non si sa mai dove possa mettere radici un seme.

Nonostante la parte finale del film aderisca ai toni più cupi presenti nel romanzo, Marcello aggiunge una scena che suggerisce che Martin abbia fatto la differenza in meglio anche attraverso il suo esempio. Quando Maria spiega che grazie alla donazione di Martin suo figlio ha riacquistato la vista nell’occhio cieco, come notato sopra, lei non si limita a sottolineare la benevolenza che Martin ha dimostrato usando i suoi soldi per il benessere altrui. Aggiungendo che suo figlio “sta leggendo, mi fa catà [comprare] solo libri, come te”, Maria indica anche il modello che Martin ha offerto al ragazzo attraverso la sua perseveranza nell’educare se stesso. Sebbene il percorso futuro del ragazzo esuli dallo scopo del film, questa scena aggiunta ci ricorda che le nostre azioni hanno conseguenze e la nostra vita può servire da ispirazione per gli altri anche senza la nostra consapevolezza.

In effetti, il mondo è meno cupo se crediamo che la vita di una persona possa influenzare in meglio un numero qualsiasi di altre vite in un modo che al momento è inimmaginabile. Questo è l’individualismo nella sua essenza.

Forse è opportuno concludere con le parole pronunciate da Martin Eden davanti un registratore all’inizio del film (prese in prestito dallo scrittore svedese Stig Dagerman): “Il mondo è dunque più forte di me. Al suo potere non ho altro da opporre che me stesso — il che, d’altra parte, non è poco. Finché infatti non mi lascio sopraffare, sono anch’io una potenza. E la mia potenza è temibile finché ho il potere delle mie parole da opporre a quello del mondo, perché chi costruisce prigioni si esprime meno bene di chi costruisce la libertà”.

Questo saggio è stato pubblicato originariamente in inglese con il titolo “Pietro Marcello’s Martin Eden: The Man versus the State” il primo gennaio 2021, Mises Institute (https://mises.org/wire/pietro-marcellos-martin-eden-man-versus-state).

Opere citate:
Block, Walter. Defending the Undefendable. 1976. Ludwig von Mises Institute, 2018.
Bourne, Randolph. The State. 1918. http://fair-use.org/randolph-bourne/the-state.
London, Jack. Martin Eden. 1909. Penguin, 1984.
Mises, Ludwig von. 1922. Socialism: An Economic and Sociological Analysis. Trans. J. Kahane. Ludwig von Mises Institute, 2015.
Richards, Peter. “Herbert Spencer: Social Darwinist or Libertarian Prophet?” Libertarian Heritage 26. Libertarian Alliance, 2008. http://www.libertarian.co.uk/lapubs/libhe/libhe026.htm
Root, Damon. “The Unfortunate Case of Herbert Spencer: How a Libertarian individualist was recast as a social Darwinist.” Reason. July 29, 2008. https://reason.com/2008/07/29/the-unfortunate-case-of-herber/
Sinclair, Andrew. Introduzione. Martin Eden di Jack London. 1909. Penguin, 1984. 7-21.
Spencer, Herbert. The Man versus the State. 1884. Liberty Fund, 1982.

Leave a Reply