21
Mag
2012

Il dovere delle tasse

Nonostante le apparenze il titolo di questo post non si riferisce al dovere del contribuente di pagare le tasse, così frequentemente ricordato dal Presidente del Consiglio oltre che dal Presidente della Repubblica. Monti: ”Inaccettabile che la politica inciti a non pagare le tasse”; Napolitano: “Chi evade le tasse non merita di essere italiano”. Ancora Monti, in visita a Equitalia/Agenzie delle Entrate: ”Voi non fate altro che applicare la legge – ha detto rivolgendosi all’auditorio – pagare le tasse e’ un dovere” (Ag. ASCA, 17 maggio 2012). Certo è la legge che ci impone di pagare le tasse ed è giusto che i cittadini rispettino la legge. Ma la legge può stabilire qualsiasi cosa ed è sempre giusto che i cittadini la rispettino? E’sufficiente scrivere una (qualsiasi) legge (nel caso specifico una legge fiscale) per generare automaticamente un dovere da parte dei cittadini? Possibile che i cittadini abbiano solo doveri (verso la legge e verso le tasse)? E che le leggi e le tasse abbiano solo diritti? Possibile che non esista anche un dovere delle leggi e un dovere delle tasse nei confronti dei cittadini?

Questo non è in realtà un quesito difficile e neppure un quesito al quale non sia stata data risposta in tempi non sospetti. E’ semplicemente un quesito che è stato dimenticato perché non conviene che sia posto a chi gestisce e ha gestito in maniera così poco oculata le troppe risorse sottratte ai contribuenti italiani. La risposta, invece, è nota dal IV secolo avanti Cristo. Scrive infatti Aristotele nell’Etica Nicomachea:

“Sembra che giustizia e ingiustizia siano intese in più significati, ma essendo questi significati assai vicini tra loro a causa del medesimo nome, essi sfuggono e non sono evidenti come per le cose lontane tra loro. (…) Vediamo dunque in quanti sensi si dice che uno è ingiusto. E’ ritenuto ingiusto sia chi trasgredisce la legge sia chi desidera più del dovuto e non rispetta l’equità; è in conseguenza evidente che è giusto sia chi rispetta la legge sia che chi rispetta l’equità. Pertanto è giusto sia ciò che è legale sia ciò che è equo, è ingiusto sia ciò che è illegale sia ciò che non è equo” (Etica Nicomachea,  1130b, 25 ss.) .

Vi sono in sostanza due differenti concezioni di giustizia:

  1. Giustizia come legalità, come rispetto delle leggi;
  2. Giustizia come equità.

Che cosa si debba intendere per equità Aristotele lo dice nella Politica (1280a):

si pensa che il giusto sia eguaglianza, e lo è, ma non per tutti, bensì per gli uguali; anche l’ineguaglianza si pensa sia giusta, e lo è, in realtà, ma non per tutti, bensì per i diseguali…”

L’equità non implica pertanto l’eguaglianza nei risultati (egualitarismo) e neppure l’eguaglianza nei trattamenti, salvo i casi in cui i soggetti abbiano caratteristiche assiologiche simili. E’ invece equo un trattamento differenziato, e proporzionale, nei casi in cui i soggetti si trovino in condizioni differenti.

Si pone a questo punto la domanda se le due concezioni di giustizia si trovino su piani paralleli, abbiano quindi identica rilevanza, oppure si collochino  su piani gerarchicamente sovrapposti. La risposta è la seconda: la giustizia come equità domina la giustizia come legalità. Infatti l’equità è una condizione dirimente delle leggi mentre la legalità, il fatto di essere recepita in leggi, non è condizione dirimente per soluzione eque. Il fatto di non essere equa diminuisce sensibilmente il valore di una legge mentre il fatto di non essere accolta da una legge non diminuisce in alcun modo il valore di una soluzione equa. La legge non è indipendente dall’equità, l’equità è invece indipendente dalle leggi.

Si può allora chiudere il cerchio: il cittadino ha il dovere di rispettare le leggi che a loro volte hanno il dovere di essere eque; in maniera equivalente il cittadino ha il dovere di pagare le tasse che hanno il dovere di essere eque.  Il dovere delle leggi verso i cittadini è l’equità; il dovere delle tasse è l’equità.

Quando il cittadino rispettoso delle leggi adempie a regole eque si realizza una giustizia piena. Quando invece il cittadino rispetta leggi non eque e quando non rispetta leggi non eque si realizzano solo differenti forme di ingiustizia. Meglio la prima della seconda? Certamente si, almeno dal punto di vista della tenuta dell’ordine sociale. Tuttavia essa regge solo nel breve periodo; nel lungo ci sarà solo la seconda. Nel breve periodo i cittadini equi cercheranno di rispettare anche le leggi non eque ma in un periodo sufficientemente lungo nessun cittadino equo potrà sostenere i costi derivanti dal rispettare una legge iniqua. Una legge non equa non è quindi sostenibile se non per un tempo limitato.

Il dramma dell’Italia non è l’esorbitante debito pubblico, non è la totale scomparsa di crescita economica, non sono le molteplici disparità. E’ l’aver volutamente costruito un sistema di leggi e tasse barocche per imporre a cittadini equi vincoli iniqui al fine di permettere a cittadini iniqui di sottrarsi a vincoli equi. (Provi il lettore non convinto dell’affermazione a sostituire nella frase precedente la parola ‘tasse’ alla parole ‘vincoli’) Tutto il resto consegue da questo. D’altra parte se la politica è sin qui sopravvissuta comprandosi peronisticamente il consenso degli elettori è evidente che lo ha fatto assegnando discrezionalmente risorse a soggetti che non avevano contributo allo loro realizzazione e che  non le meritavano. E per far questo ha sottratto risorse ai soggetti che le avevano prodotte. La non equità non è dunque un errore, un incidente di percorso, bensì un carattere essenziale del sistema.

E’ equo un sistema legale che impone tempi precisi e inderogabili per il pagamento al fisco delle imposte dovute da cittadini e imprese e lascia alla discrezionalità dello stato acquirente i tempi di pagamento ai fornitori? E’ equo un sistema fiscale che mette in serie difficoltà molti contribuenti e ne spinge taluni alla depressione e a gesti inconsulti? E’ equo un sistema della riscossione che mette all’asta per poche centinaia di euro di tasse non pagate la casa di anziani malati e probabilmente non più in grado di comprendere e adempiere alla richieste del fisco?

 

Parafrasando il Presidente Lincoln possiamo dire che una tassa (una legge) iniqua può ingannare tutti i contribuenti (cittadini) per qualche tempo e qualcuno per sempre ma non può ingannare tutti per sempre.

15 Responses

  1. Dorian

    Trovo totalmente condivisibile quanto da lei scritto e quanto sottinteso. Purtroppo viviamo in un Paese e in un’epoca in cui anche il solo sollevare questo tipo di tematiche viene considerato a dir poco blasfemo e si rischia il linciaggio intellettuale, prima ancora di quello fisico. E’ indubbio che una seria riforma fiscale sia urgente, peccato che nessuna forza politica consideri, anche solo lontanamente, l’ipotesi.

  2. Stefano

    In uno Stato Democratico la Libertà ed i Diritti (le maiuscole sono necessarie per dare il giusto valore ad alcune parole) non sono scontati, ma devono essere preservati e riconquistati giorno per giorno.

    E’ per questo che ci si sente svuotati e resta tanto amaro in bocca quando si vede che Cittadini ed organi di informazione non si indignano se sono proprio le Istituzioni a non garantire i Diritti.

    I Politici (quelli – pochi – che possono, o forse ormai solo potevano, fregiarsi della maiuscola) avevano promulgato una legge, la 212/2000 denominata non a caso “lo Statuto del Contribuente”.

    Questa legge prescriveva tra l’altro che nuove tasse non potessero essere imposte mediante decreto, che non potessero essere retroattive, che dovessero essere chiare, che debiti e crediti potessero essere compensati, …..

    Questa legge é tuttora in vigore, ma non viene applicata, anzi, viene OMISSIVAMENTE ignorata da tutte le istituzioni centrali e locali.

    Questa legge prescrive che lo Stato NON POSSA PENSARE di decidere a settembre o a dicembre quale sia l’aliquota definitiva da utilizzare per una imposta (l’IMU) e di applicare questa aliquota retroattivamente dal gennaio precedente.

    Questa legge prescrive che se si decide una aliquota questa sia applicata solo a partire dall’esercizio successivo a quello durante la quale è stata definita.

    Pagare l’IMU è un dovere e la si pagherà, è un diritto cercare di cambiarla e di renderla più equa, ma è una violazione delle leggi dello Stato Italiano che un Comune o, peggio, Governo e Parlamento pensino di poter decidere nel corso del 2012 aliquote diverse da quelle definite a fine 2011 (e quindi lo 0,4 % e lo 0,76 %) e pretendano di applicarle dal 1° gennaio 2012.

    E’ una vergogna che noi cittadini accettiamo remissivamente questa situazione, che non lottiamo per preservare e riconquistare, oggi come ieri e come domani, la nostra Libertà ed i nostri Diritti !!!

  3. john galt

    Bello. Con le domandine retoriche al punto giusto. Ma … e adesso? La verità è che le persone sentono istintivamente l’ingiustizia di uno stato ladro e la malafede dei regnanti che continuano a sfornare balle sull’estetica del pagare gabelle. Napolitano, in particolare, che nel sistema di demagogia partitocratica ci è sguazzato da sempe (e, sinceramente, non capisco con quale faccia possa venire a farci la morale). Grillo ed i suoi sono dei dilettanti imbevuti di autoesaltazione ed a Parma certamente falliranno. Ma il segnale è forte: sbarazziamoci dei regnanti e dello stato aguzzino. Sbattiamo le legioni della PA là da dove sono venute. Sradichiamo la sanità pubblica. Ridiamo ai singoli la loro libertà di collaborare tra loro. Eliminiamo il finanziamento pubblico ai partiti ed il politicume si scioglierà come neve al sole.

  4. andrea

    La differenza fra LEGALITA’ e LEGITTIMITA’ si fonda sulla distinzione fra diritto positivo (le leggi emanate dallo Stato, cioè da un ordinamento giuridico) e diritto naturale (i princìpi ed i valori universali antecedenti l’ordinamento giuridico, cioè, antecedenti la nascita stessa dello Stato: vita, libertà, proprietà).

    Nelle democrazie liberali, legalità e legittimità dovrebbero coincidere, nel senso che le leggi dovrebbero ubbidire a princìpi ed a valori universali di rispetto dei diritti e della dignità dell’uomo, propri del diritto naturale.
    (Ma la nostra Costituzione è davvero liberaldemocratica? Viviamo in una vera democrazia liberale? Quanto collettivismo e socialismo c’è nella nostra Carta? Tanto, tantissimo, troppo. E l’intellighenzia vuole inserirvi anche i cosiddetti diritti sociali. Costituzionalizzando il socialismo. E quante volte lo Stato, la politica discrezionale, ha violato la Costituzione formale in nome della Costituzione materiale?)

    Invece, nei regimi totalitari conta solo il principio di legalità, che prevale su quello di legittimità.
    Per legge si è potuto stabilire lo sterminio degli ebrei. O l’apartheid. Era tutto legale.

  5. michele benelli

    Proposta per sanare il debito pubblico italiano senza ulteriori tasse: facciamolo pagare a chi ha avuto la responsabilità ( e i lauti benefici) dell’ amministrare.
    Il nostro debito pubblico è prossimo ai 2.000 miliardi di euro. Monti ha portato subito le tasse a livelli insostenibili, mentre sul piano dei tagli, dopo 6 mesi, non ha tagliato un franco. Tutti gli stati sono in deficit. Il nostro debito è però pari al 120% del Pil, mentre un livello tollerabile sarebbe del 90%. Quindi mancano, rispetto a un ipotetico valore medio europeo, in termini assoluti, quasi 700 miliardi di euro. Questo è il frutto della specificità italiana. Ora a me non importa che questi soldi siano stati rubati, distribuiti a pioggia agli amici, non incassati o sprecati per incapacità. Qui si è di fronte a una malamministrazione che ha procurato tale abnorme ammanco, e della quale un governo di Salute Pubblica dovrebbe chieder conto ai responsabili o ai loro eredi. Essi sono in primo luogo, a mio avviso, i reggenti del governo avvicendatisi dal 1970 (periodo dal quale incomincia l’ espansione del debito) ad oggi, quindi i Primi Ministri Rumor, Colombo, Andreotti, Moro, Cossiga, Fanfani, Spadolini, Forlani, Craxi, Goria, De Mita, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema. Con loro (o i loro eredi), responsabili in solido con tutto il loro patrimonio, anche ministri e sottosegretari dei vari gabinetti. La responsabilità illimitata va estesa in solido anche ai Governatori delle Regioni e loro assessori e vice, ai Presidenti delle Province e assessori (tranne uno), ai Sindaci e assessori comunali succedutisi dal 1970 a oggi. Estenderei la responsabilità patrimoniale anche ai grand commis dei vari ministeri e agli amministratori di enti o società soggette a controllo pubblico, consiglieri di cda nominati dalla politica, amministratori di Asl etc. etc. A costoro, o agli eredi, andrebbe confiscato l’ intero patrimonio, fino a concorrenza della cifra di appunto 700 miliardi di euro. Paghi chi ha male amministrato, in buona o cattiva fede (penso che questi ultimi siano la grande maggioranza).

  6. luca

    Napolitano: “Chi evade le tasse non merita di essere italiano”
    detto da uno che spende 4 volte buckingham palace lo trovo ridicolo e demenziale

    purtroppo la situazione reale è che non siamo piu una vera democrazia, i partiti politici sono divenuti essere totalmente autonomi e scollegati dal volere dei cittadini, vedasi finanziamenti ai partititi etc
    gli scandali sono sempre piu numerosi eppure una bella operazione di pulizia non è stata fatta da nessun partito….
    in un contesto nel quale i partiti si siano chiaramente dimostrati completamente staccati dalla volonta dei cittadini è normale purtroppo che il proseguimento sia la rapina legalizzata

  7. Paolo Venturini

    Chi non paga le tasse per necessità lo capisco. Come capisco chi ruba per fame(questo lo capiscono i liberisti?). Chi non paga le tasse pur potendolo fare è un parassita ripugnante che dovrebbe essere schiacciato senza pietà.

  8. marziano

    ma infatti la legge in questione è un legge del cazzo.
    è stato il governo berlusconi, ad occhio. la norma in questione infatti è sempre l’articolo 15 del D.p.r. 602/1973 ma (nel testo risultante) dopo la modifica apportata dalla legge 106/2011, di conversione del Dl. n. 70/2011 (maggio!), che stabilisce che “le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli importi corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.
    basterebbe che il parlamento la cambiassero. ne hanno ogni potere.
    lo fanno? no.
    è per questo che non saranno mai rieletti.

  9. maurizio romeo

    Torno un attimo sul discorso Equitalia. Per me il discorso è semplice:
    1) il 9% di commissione di incasso è una normità. Una transazione tramite carta di credito si becca l’1-2%. Le agenzie di recupero credito (che svolgono diverse fasi, dal rintraccio, alla fase telefonica, etc..) viaggiano tra l’8% ed il 9% del recuperato.
    Al limite una commissione più alta è giustificabile in alcuni casi “difficili” ma non il 9% per tutti
    2) Le sanzioni e gli interessi sono spropositate (a meno che non si tratti di reale evasione)
    3) Dovrebbe essere possibile patteggiare dei piani di rientro customizzati (come peraltro succede anche per banche e finanziarie) e non, invece, inderogabili e scolpite nella pietra
    4) Inoltre invece di prevedere premi solo sul recuperato (anzi sull’accertato) li prevedano anche sul rapporto con i cittadini: facilità di accesso, disponibilità informazioni, flessibilità..: livello di customer satisfaction insomma
    Il governo invece di difendere Befera ad oltranza, con la sua faccia da compagno di scuola antipatico che chiede aiuto alla “maestra” Monti e la sua aria da salvatore della patria, faccia una riforma su questi quattro punti. Non è difficile.
    Al limite preveda anche la cessione del credito da riscuotere da Equitalia a qualche operatore che riesce ad essere più efficiente (il rapporto “numero personale su somme recuperate” non mi sembra che sia a livelli fantastici, rispetto ad altre esperienze estere

    Vi sottopongo poi una domanda: non è che i meccanismi di riscossione Equitalia nascondano un’altra “mina vagante” per il bilancio dello stato?
    Come saprete, Se si fa ricorso Equitalia intanto incassa la metà delle somme (se non tutte). Poiché poi una frazione considerevole di ricorsi viene vinta (credo siano il 40%) questo significa che Equitalia (e lo stato) dovrà restituire una bella parte di soldi.
    Equitalia fa appello contro queste decisioni, ma in questa fase mi pare che perda nel 50% dei casi.
    Calcoli precisi sono possibili (il governo sicuramente li farà) e secondo me, considerati i tempi di evasione dei ricorsi, siamo in doppia cifra (miliardi di euro) di somme da “restituire”
    Un solo esempio della situazione di cui sopra (e qui mi aggiungo al tema principale sollevato dal dottor Arrigo): una legge dello stato consente ad Equitalia di incassare le somme che le amministrazioni (e non solo) dello stato debbano ad un cittadino se questo ha una pendenza con Equitalia.
    Bene, questa è una legge secondo me non degna di un paese civile e di uno stato di diritto e sancisce che mentre per qualsiasi altro soggetto è necessaria un pronunciamento di un giudice per pignorare Equitalia può farlo a prescindere, senza nessun approfondimento degli organi giurisdizionali.
    Le eccezioni di incostituzionalità sono ovviamente fioccate..Un altro lascito della mente creativa del nostro geniale Tremonti.

  10. Paolo Accornero

    E se provassimo a invertire le priorità: prima ridurre la spesa pubblica e poi, aumentare le tasse? Anche solo partendo dal principio che per incassare 100 di tasse, presumibilmente se ne spendono 10 appunto per gestirne l’incasso e che quindi se riduciamo di 100 la spesa è come se avessimo risparmiato ulteriori 10 non spesi per incassarli (sicuramente la relazione non è direttamente proporzionale, ma sicuramente una relazione c’è. Ovviamente si obietterà che i tempi per ridurre la spesa sono più lunghi di quelli per incassare nuove tasse, ma se non si comincia seriamente…

  11. sergio

    Egregio dott. Arrigo
    anche se non favorevole ad un “governo dei filosofi” ,condivido pienamente l’assunto aristotelico da lei riportato;a tal proposito mi chiedo e le chiedo quanto sia equo e giusto il nuovo decreto governativo sul rientro del debito verso le imprese,se,come pare, esclude le imprese/aziende di Lazio Campania,Calabria e Molise.Se è vero che l’economia al sud dipende al 70% dalla Stato ed al 30% dal privato ,mentre al nord le proporzioni sono invertire,se è vero che i tempi di pagamento al sud sono doppi e anche tripli rispetto a quelli del nord,quanto equa e giusta e la nuova norma?Quanto è costituzionalmente valida se differenzia i cittadini i serie a e serie b?

  12. Gentile professor Arrigo,
    lei afferma: “Il fatto di non essere equa diminuisce sensibilmente il valore di una legge” e, in seguito “Infatti l’equità è una condizione dirimente delle leggi”.
    La questione è giustamente interessante, oltre che capitale, e si inserisce nel più ampio dibattito tra legalità e legittimità.
    Nel momento però in cui una legge viene approvata e pubblicata, essa acquista validità in quanto si inserisce in un ordinamento giuridico: diventa, appunto, ‘vigente’, a prescindere dal suo contenuto di equità.
    Se davvero fosse come lei dice, quale potrebbe essere il soggetto cui imputare il potere dirimente in grado di decidere tra legalità ed equità? Non sarebbe tale potere, a questo punto, ‘fuorilegge’, extra legem, ab-solutus?
    Mi interesserebbe davvero una sua risposta, di cui La ringrazio in anticipo.

  13. Emilio46

    Aggiungo qualche annotazione.

    Qualcuno mi sa spiegare come si rapportano l’articolo 53 della nostra super extra special costituzione e le tasse indirette tipo IVA?
    L’IVA su tutti i generi è uguale per chi ha un quinto o meno del mio reddito e per chi ne ha 100 e più volte tanto. Si può anche discutere sui beni di lusso, ma su quelli di prima necessità?

    Perchè alcuni redditi finanziari sono tassati alla fonte per solo il 12,50-20% e non devono più essere considerati nella dichiarazione dei redditi?

    Perchè io devo pagare l’IMU e le banche no? A proposito, da dove arrivano Monti, Passera, la Fornero e compagnia cantante?

    Il principio del “solve et repete” ed il ribaltamento dell’onere di prova sono ripugnanti, ma l’Italia è la culla del diritto!!!!

    Anni or sono fu proposto un referendum, in cui si chiedeva che anche i lavoratori dipendenti pagassero l’IRPEF come quelli autonomi, cioè senza ritenute alla fonte. Il quesito non venne ammmesso, gabellando una banale modalità di pagamento per un fatto tributario (per inciso non capisco perchè, se il popolo è sovrano, l’articolo 75 della costituzione non ammetta certi referendum: sovranità limitata? Molto!). In realtà si è solo voluto evitare il rischio di una sollevazione popolare, assai probabile se qualche milione di persone avesse avuto la percezione immediata di quanto deve inutilmente versare allo stato.

    Esperienza personale.
    Anni or sono, correggendo all’ultimo momento la dichiarazione dei redditi, commisi un errore, sbagliando una sottrazione e dichiarai di essere in credito di circa un milione di lire. In realtà il mio credito era di poco superiore ad 800.000 lire, Ma sempre creditore rimanevo!
    Poco tempo dopo mi pervenne un’ingiunzione in cui mi si intimava di pagare, in brevissimo tempo, una somma che, per penali, multe, interessi e quant’altro la fantasia possa partorire, era di circa 500.000 lire, a fronte dell’errore commesso di circa 200.000 lire. Ricordo che, comunque ero sempre in credito! Poi lo stato, con molto comodo, circa sei anni dopo, mi rese il milione scritto nella dichiarazione (a fronte del quale, però, avevo già versato, ed abbondantemente, le 200.000 lire di errore) riconoscendomi ridicoli interessi legali, ben inferiori a qualsiasi sicuro investimento, BOT compresi.

    Infine, la legislazione italiana prevede che qualunque militare, in qualsiasi situazione, possa rifiutarsi di eseguire un ordine sbagliato, salvo pagarne le conseguanze se la sua valutazione è errata.
    Perchè questo non è possibile per i civili?

  14. Se la prassi arriva a considerare due differenti concezioni di giustizia, Giustizia come legalità e Giustizia come equità, vuol dire che i suoi cittadini non riescono ad assimilare un criterio per svincolarsi dal compromesso d’inseguire la favola del diritto positivo: un diritto che costringe tutti a fare ciò che è prescritto dalla legge e a non fare ciò che la legge non prevede. L’Italia è ingessata dal sistema delle proprie leggi. Negli USA il cittadino può appellarsi con la richiesta di un emendamento, da noi, l’emendamento può essere richiesto solo nel corso di un giudizio!

  15. Eccellente articolo.

    In estrema sintesi: la legge naturale (equità) deve stara al di sopra della legge positiva (legalità).

    Quando la legge positiva prevale sulla legge naturale, è dittatura della maggioranza. Oggi purtroppo la maggioranza è costituita da parassiti del denaro pubblico mentre la minoranza è costituita da gente laboriosa che paga. Con i numeri esorbitanti di parassiti che abbiamo in Italia (ossia impiegatume statale e tutti quelli che dipendono dallo stato, compresi artisti mancati che occupano grattacieli per avere finanziamenti pubblici), sarà difficile mandare al potere un governo equo per via elettorale. Infatti la maggioranza parassita insulta la minoranza laboriosa. Ossia, seconda la grande narrazione del governo collettivista e dei suoi assistiti, chi rivedica il diritto di non cedere tuto il frutto del sudore della sua fronte ai parassiti è “egoista, avido, sfruttatore del proletariato, ladro di plus-valore” eccetera.

    Dunque sarà difficile vincere le elezioni per un partito liberale. Difficile ma non impossibile, io non dispero. Occorre una vasta operazione culturale, volta a cambiare la mentalità della gente.

    Aspettando quel momento, io sogno delle strategie di evasione fiscale non violenta, compiuta nei limiti della legalità. Non si stratta di evadere le tasse: si tratta di fare lo slalom fra le tasse, prediligendo attività e spese meno tassate.
    Lo stato mi deruba con le accise ogni volta che faccio benzina? Bene, rinuncio defiitivamente all’automobile, con enorme sforzo.
    Se sono imprenditore lo stato mi toglie fino al sessanta per cento dei ricavati? Bene, vado subito in Svizzera o in Carinzia.
    Purtroppo, non ho abbastanza competenze per sapere che osa è tassato di più e cosa di meno. aspetto soltanto che qualcuno competente faccia un bel manuale per l’evasione non-violenta.

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