3
Ago
2009

Hu-rrà!

La Cina di Hu Jintao difende i diritti umani di tutti, e specialmente di americani ed europei. Pechino ha infatti inviato due proteste formali all’Organizzazione mondiale del commercio contro le politiche protezionistiche di Usa e Ue. Si tratta di una mossa necessaria a proteggere il mercato di valle dei prodotti cinesi – stimato in oltre 600 miliardi di dollari nel 2008 – dall’aggressione regolatoria di cui è oggetto nei paesi industrializzati, che amplifica l’impatto della crisi. Già nella seconda metà dell’anno scorso si era registrato un crollo del commercio mondiale, e nel rapporto annuale della Wto erano presenti le prime esplicite preocupazioni sul rischio protezionista:

Un quarto fattore che potrebbe contribuire alla contrazione degli scambi è l’aumento delle misure protezioniste. Qualunque crescita di questo tipo di misure minaccerà le prospettive di ricupero e prolungherà la crisi. Il rischio di una crescita del protezionismo è fonte di preoccupazione.

Preoccupazione puntualmente confermata dagli eventi, tanto che – a dispetto dei richiami del capo della Wto, Pascal Lamy, e degli impegni solenni, formali e inutili di G8 e G20 – i provvedimenti che, a vario titolo, ostacolano gli scambi sono letteralmente esplosi nel 2009. Nel secondo trimestre 2009, la Wto ha registrato 83 nuovi interventi da parte di 24 paesi più l’Unione europea, al netto delle restrizioni sulle importazioni di carne suina introdotte da diversi paesi come misura precauzionale contro la nuova influenza. Un rapporto della Banca mondiale dello scorso marzo ci aveva del resto avvertiti che  il protezionismo era in crescita in 17 dei 20 membri del G20, gli stessi che a ogni occasione stigmatizzano la chiusura del commercio internazionale.

E’ comprensibile che, in un momento di difficoltà, le pressioni sui governi da parte delle imprese travolte dalla crisi si faccia forte, addirittura insostenibile. Ma la difesa della libertà di scambio a livello internazionale è uno di quei temi su cui non è tollerabile o giustificabile alcuna marcia indietro. E non solo perché mantenere l’attuale livello di – diciamo – liberalizzazione può apparire come un sacrificio ma lo è, se lo è, solo nell’immediato, perché nel lungo termine costituisce una garanzia di ricupero più rapido. Soprattutto, il protezionismo non è mai temporaneo: una volta introdotti, i dazi sono complicatissimi da rimuovere, anche perché, tranne che in pochi casi, il loro effetto non viene direttamente percepito dai consumatori.

Il punto fondamentale è che un dazio è una specie di tassa e sussidio, assieme: tassa sui consumatori, che sono costretti a pagare di più ciò che potrebbero avere per meno, e sussidio alle imprese protette, che così vedono alzarsi l’asticella della competizione sul prezzo. Non riesco a immaginare un solo dazio – compresi quelli ambientali e quelli antidumping – che possa avere un effetto positivo. Un dazio è sempre un cedimento della società a favore dell’intervento governativo, ed è sempre un’opera di redistribuzione dai consumatori ad alcune imprese. Per questo essi vanno combattuti con ogni forza e per questo bisogna guardare con simpatia e sostegno alla mossa della Cina.

Basterà? Sicuramente no, anche perché i poteri della Wto sono, all’atto pratico, effettivamente contenuti e inadeguati. Non basterà, e per sconfiggere il protezionismo serve il consolidarsi di coalizioni liberoscambiste all’interno dei singoli paesi. Ma tutto fa brodo, e se Pechino ha delle armi legali per proteggere le sue imprese e i nostri diritti, è bene che le usi.

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7 Responses

  1. stefano

    Sono d’accordo che non sia il caso di aumentare il protezionismo. Quanto alle preoccupazioni cinesi per la libertà di commercio e i diritti umani…dazi sulle importazioni, Tibet, Uyguri: dicono niente?
    Mi pare che il pulpito cinese non sia il più adatto.

  2. Carlo Stagnaro

    Ci mancherebbe altro. Il mio punto non riguarda il pulpito, naturalmente, ma la sostanza del discorso: poiché i nostri diritti di consumatori non li difendono Usa e Ue, mi fa piacere che siano i cinesi – non certo per generosità, beninteso – a farlo.

  3. Enrico Castro

    La vicenda dei tubi cinesi la vedo come un classico caso di protezionismo contro protezionismo. In Cina sono stati arrestati con l’accusa di spionaggio e di corruzione alcuni dirigenti della Rio Tinto[1]. Molti osservatori sospettano che dietro l’arresto dei dirigenti cinesi di Rio Tinto da parte delle autorità cinesi ci sia il rifiuto dei dirigenti a concedere scontri extra alle acciaierie per la fornitura di minerali di ferro. Se fosse vero allora l’azione anti-dumping ha un suo fondamento.
    Ovviamente il quesito a cui si dovrebbe rispondere è: ma il mercato è in grado di reagire agli interventi cinesi senza bisogno che gli altri stati intraprendono azioni anti-dumping? In casi normali la risposta dovrebbe essere positiva dal momento che le imprese preferiscono investire in paesi in cui i governi non sono così interventisti e palesemente di parte. Alla lunga la Cina potrebbe pagare questa sua politica con una fuga delle imprese straniere verso paesi più liberi (economicamente e politicamente). Nel breve intanto mi sembra che l’asta dei btp cinesi è andata deserta, segno evidente che i risparmiatori stranieri non sono particolarmente attratti dalle politiche economiche e finanziarie del governo cinese.

    [1] http://business.timesonline.co.uk/tol/business/industry_sectors/natural_resources/article6672023.ece

  4. gabriele

    Credo che il discorso sia più complesso. Pur essendo vero che un dazio è ingiusto, lo stesso si può dire delle differenti garanzie e regolamenti nei vari Paesi. Non sto parlando di ferie pagate ed altre garanzie, sul quale è conveniente per tutti, compresi i lavoratori, fare concorrenza, ma della possibilità che hanno le imprese cinesi di avvelenare ed uccidere dipendenti e talvolta i consumatori (basti pensare al caso del latte in polvere). Senza contare la diffusa contraffazione e pirateria informatica che avvantaggia le imprese cinesi.

    Penso che la cosa migliore sarebbe, in un mondo ideale, una sorta di dazio automatico unicamente sul rispetto di basilari diritti umani e commerciali più basilari, più morti e più contraffazione hai, più dazi paghi.

  5. Gabriele bravissimo!!!
    Quando si dice che il protezionismo è dannoso si dice una verità sacrosanta…a patto che i concorrenti partano tutti dalle stesse condizioni.
    Così non è! Volenti o nolenti…così non e’!!!
    specie se parliamo del confronto Cina-Europa.

    A parità di prodotto non conta sola il prezzo. Conta anche come sei riuscito a fare quel prodotto.
    Se hai a disposizione una forza lavoro praticamente infinita, normative anti-inquanamento inesistenti (fino ad ora), nessuna rigidità con i dipendenti, nessuna normativa sulla sicurezza, una moneta artificiosamente svalutata….non è giusto che commercializzi i tuoi prodotti in Europa*.
    Se lo fai, godi di vantaggi eccessivi e, parlando di “coesione sociale”, insopportabili.

    Il vero peccato originale è stato quello di commerciare con la Cina senza prima mettere dei paletti…solo per favorire i bilanci delle Corporate. La cosa era insopportabile già prima ma, adesso, con la crisi è da combattere.
    I “chicago-boys” hanno ragione in teoria…nella pratica, sotto queste condizioni, voler continuare a difendere il libero commercio senza se e senza ma porta al disastro.

    * per favore, mi si eviti di portare ad esempio aziende cinesi “virtuose”. Non discuto che, dopo anni di “libero” mercato, ci siano anche loro. La verità però è che per una azienda virtuosa ce ne sono centinaia che se ne sbattono altamente delle restrizioni sul lavoro europee. Basta viaggiare in Cina per accorgesene e, tra le altre cose, basta guardare come hanno ridotto il loro Ambiente…solo ora, con le ultime normative, hanno iniziato ad accorgersi dei costi derivanti dall’inquinamento.

  6. Parlando di mondi ideali, tutti d’accordo con gabriele e azimut72; parlando di mondi reali, penso sia irrealizzabile un sistema oggettivo di parametri che consideri il rispetto dei diritti umani e la tutela da una concorrenza sleale.
    D’altra parte imporre dazi legittima il governo cinese a imporne propri sulle merci europee, la qual cosa non mi sembra per niente auspicabile.

  7. x Pietro
    …che è come dire…ormai siamo corrotti quindi dobbiamo continuare su questa strada…

    La chiamo Sindrome di Achab. Considerare ineluttabili certe nostre pulsioni.

    No, mi dispiace ma non mi aggrego.
    Non credo che l’Occidente debba avere paura della Cina. Non voglio vendere ciò che sono per semplice comodità o, peggio, per favorire Corporate “troppo grandi per fallire”….e che poi ci “socializzano” i loro debiti….

    E’ ora che l’Occidente cacci veramente fuori gli attributi (purtroppo, dubito).
    La Cina ha più bisogno di noi di quanto noi abbiamo bisogno della Cina…se questo significa far fallire qualche fondo alla City di Londra o qualche mostro Industriale che ormai ha perso il senso della realtà con l’unico scopo dei bonus manageriali …beh, per quanto mi riguarda non solo non mi importa ma lo auspico.

    Io non parlo di mondi ideali nè di mondi reali. Parlo di affrontare la realtà per migliorarla non per assecondarla.

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