26
Dic
2009

Germania 2010: (meno) tasse e debito

Il 2009 se ne va e della politica tedesca dell’ultimo quarto di anno rimane ben poco. Del resto, tutto scorre come avevamo preannunciato tempo fa. L’unico progetto di legge approvato dal nuovo governo (la cosiddetta Wachstumsbeschleunigungsgesetz, parola orribile che altrettanto orribilmente significa “legge di accelerazione della crescita”) è del tutto minimalista rispetto alle previsioni iniziali e di certo non costituisce uno strumento adatto a garantire una duratura ripresa economica. Ma d’altronde in Germania governa la Merkel, una sorta di Prodi al femminile, mica Maggie Thatcher. Nei prossimi mesi l’agenda della Repubblica federale ruoterà intorno all’annoso problema del deficit di bilancio. Su Eigentümlich frei, principale rivista libertaria tedesca, l’amico Dirk Friedrich sostiene che il termine “risparmio” non rientri storicamente nel vocabolario dei titolari del dicastero delle Finanze, troppo impegnati a controllare il consenso per potersi permettere di comprimere le spese. Ne sia una prova il fatto che l’indebitamento netto tedesco per il 2010 sia previsto attestarsi a circa 100 miliardi di euro (86+ i 14 del bilancio ombra creato in occasione dei pacchetti congiunturali). Non proprio peanuts. Di qui, sempre ad avviso di Friedrich, sarebbe perciò meglio finanziare il taglio delle tasse in deficit, in quanto genuino atto di giustizia, piuttosto che aspettare che il Ministro delle Finanze Schäuble si svegli la mattina e decida di ridurre la mole dello Stato sociale: il denaro appartiene ai cittadini e non allo Stato, che a differenza di quanto vorrebbero dare ad intendere molti socialdemocratici, abbassando le tasse, non rinuncerebbe proprio ad un bel niente. Ciò anche nella speranza che in tal modo si possa garantire un po’ di crescita economica e al tempo stesso l’accumulazione di avanzi primari. “Se le persone diventano più ricche, il debito pubblico si deprezza relativamente”, ragiona Friedrich prendendo a modello la riduzione del debito pubblico americano sotto la presidenza di Bill Clinton. Ciò però senza tenere in sufficiente conto quanto la politica monetaria già in quegli anni abbia drogato la crescita. Sul tema consiglio questo ottimo post di Pietro Monsurrò. A me sembra insomma che il ragionamento possa tenere, solo nella misura in cui il taglio sia effettivamente corposo e generalizzato. E’ la famosa storia della cosiddetta curva di Laffer, il cui “determinismo al contrario” è stato giustamente criticato anche da molti libertari. Allo stato attuale, senza considerare l’atteggiamento della BCE, qualche detrazione in più per le famiglie e gli aggiustamenti minimalisti all’imposta di successione e a quella corporate non ci permettono di essere ottimisti per il 2010. Tanto più che gli stessi Länder a causa del preventivato crollo delle entrate per circa 8 miliardi di euro hanno prepotentemente storto il naso in questi mesi e in futuro, con ogni probabilità, bocceranno senza appello qualsiasi altro taglio delle imposte che non sia “finanziato” da generosi afflussi (una tantum, dato che la riforma del federalismo fiscale non è all’ordine del giorno) da parte della Federazione. Se dovessimo fare una previsione, ci sentiremmo di dire che il Bundesrat (la Camera delle regioni) tornerà ad essere anche nel 2010 il suk della politica tedesca. Il che è tutto fuorché di buon auspicio.

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7 Responses

  1. Pietro M.

    Per quale motivo i liberali preferiscano i deficit alle tasse è un mistero.

    La coercizione fiscale si dovrebbe misurare in base a quante risorse vengono ingurgitate dalla macchina statale: se la fonte di queste risorse sono privilegi monopolistici, tasse, deficit o signoraggio è un dettaglio del secondo ordine.

  2. No, il ragionamento di Dirk è il seguente: dato che nessun politico vorrà mai tagliare le spese in maniera radicale e dal momento che l’impossibilità di tagliare la spesa viene spesso assurta a scusante dell’impossibilità di abbassare le imposte, allora tanto vale “accontentarsi” delle attuali sforbiciate in deficit. E’ un discorso realista, non ha a che fare con auspici o desideri.

  3. Pietro M.

    Sì, ma non ha alcun vantaggio: la scelta tra tasse e deficit è la scelta tra farsi rapinare oggi o domani con gli interessi, non è una conquista, è una trasformazione di corveè.

  4. Elia Berdin

    Nell’università tedesca dove studio io, per l’anno accademico 2010/2011 ci si prepara ad un taglio del budget pari al 10% (relativo alla facoltà di economia) con conseguente taglio degli assistenti alle varie cattedre più che proporzionale all’ammanco.
    Le uniche tasse che in Germania sarebbe giusto elevare, e delle quali neanche i più convinti libertari si lamenterebbero, sono quelle sull’università. Qui non si paga nulla il che rappresenta un’ingiustizia pazzesca. Pare però che sia più probabile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che le tasse vengano introdotte in molti Länder.
    Il ragionamento sul deficit ha anche una sua logica pragmatica ma secondo me rappresenterebbe un precedente pericoloso per la tanto amata stabilità tedesca. Diamo fiducia piuttosto alla componente Westerwelle: poca cosa ma meglio di niente. Chissà che gli amici tedeschi una buona volta almeno ci provino a sfoltire le sterminate file di disoccupati cronici, deburocratizzando il mercato del lavoro e aggiustando i fin troppo abbondanti sussidi al ciclo. Wir werden sehen.

  5. @Elia Berdin
    Caro Elia, condivido le tue perplessità e i tuoi pensieri. In particolare in tema di università, della quale ho avuto esperienza anche io. Ahimè il ragionamento sui fondi (a pioggia), che devono essere garantiti sempre e comunque va di moda anche in Germania. Molti Länder sono però stati coraggiosi e le tasse universitarie le hanno introdotte, in una misura neanche poi così insostenibile. Come dimostrano i dati, l’introduzione delle tasse non ha diminuito il numero di laureati, nè di immatricolati. Non ha cioè scoraggiato lo studio universitario. Per il resto, come scritto anche in passato, dell’FDP e di Westerwelle mi fido assai poco. La capacità dei liberali di incidere in maniera determinante sull’azione di governo è pressoché nulla. Finora hanno potuto gloriarsi di avere avuto contentini n tema fiscale. Il che non corrisponde esattamente al radicale cambiamento da essi annunciato. Chi comanda, forse ancora più che nella legislatura precedente di grande coalizione, è sempre la signora Merkel. Non dimentichiamocelo.

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