25
Ott
2010

Fiat: perché penso Fini abbia torto

Su questo blog parliamo spesso della nuova Fiat e di ciò che Sergio Marchionne ha chiesto con energia di mettere al centro dell’agenda per nuove relazioni industriali, basate su uno scambio tra più produttività e più salario reale ai lavoratori. Dunque sapete come la pensiamo. Ma la battura pronuncita oggi dal presidente della Camera Gianfranco Fini mi ha molto colpito. Non intendo in alcun modo fara un processo alle intenzioni, parlare di messaggio elettoralistico e di calcolo preventivo su come la pensi la maggioranza degli italiani. Non ho molto dubbi sul fatto che l’onorevole Fini abbia toccato un tasto molto popolare,  ricordando che la Fiat esiste grazie al contribuente italiano e che Marchionne sembra parlare più da manager canadese che italiano. Eppure, trovo che nel merito le parole di Fini siano profondamente sbagliate, per almeno tre ragioni. Provo a spiegarle.

La prima riguarda il passato. Per un secolo, dalle disinvolte manovre finanziarie del senatore fondatore – che per poco non lo portarono ad essere arrestato, su ordine del procuratore del re di fronte a denunzia dei soci fondatori come Biscaretti di Ruffia – alla prima guerra mondiale, dal fascismo al protezionismo del mercato domestico dell’auto, dal caso Alfa Romeo sfilata alla Ford per quattro lire fino ai lunghi anni pre crisi di incentivo pubblico all’acquisto di auto (di cui Fiat godeva scemando la propria quota nazionale, e sempre più si avvantaggiavano le case estere per i propri propdotti più competitivi) non c’è dubbio alcuno che le cose stiano come ha detto Fini. Di quel passato, è la politica a portare la responsabilità, da Giolitti a Mussolini, dalla prima Repubblica alla seconda. L’azienda ne ha beneficiato eccome, ma è la politica ad aver sempre creduto che così facendo la Fiat poteva essere indotta innanzitutto alla funzione di grande occupatrice di massa di manodopera, e a condizionarne l’allocazione degli impianti a fini anche di consenso, e non solo di sviluppo, com’è puntualmente avvenuto a conminciare da Termini Imerese  (la cui scelta avvenne nel 1970…). La politica ha continuato a ragionare così anche quando la globalizzazione abbatteva le barriere dei mercati nazionali e la competizione diventava mondiale. Ogni volta che la Fiat si trovava  a un passo dal fallimento e sempre senza riuscite strategie di partnership e di consolidamento mondiale, la politica ha creduto di poter rinviare un appuntamento con la storia che era invece inesorabile. Se anche il sindacato ha condiviso – come ha condiviso – lo stesso errore, le sue colpe sono meno gravi, perché era ovvio che difendesse la base occupazionale italiana.  Di fatto, la politica italiana non ha mai capito che per difendere nella globalizzazione una manifattura dell’auto insediata nel nostro Paese, era preferibile adottare misure favorevoli all’insediamento competitivo nel nostro Paese anche di gruppi concorrenti. Esattamente come due decenni fa fece l’America, che aprì a Toyota e Honda che iniziarono a rpdourre a costi e retribuzioni fino a più di un terzo più bassi di GM, Ford e Chysler. O come il Regno Unito,  che non ha più produttori britannici ma produce più auto che da noi in Italia.  Quel passato è fi- ni- to. Finito non perché la politica italiana abbia capito. O perché nel frattempo – com’è avvenuto – Marchionne è riuscito a trasformare l’ennesima grande crisi in una grande occasione di ingresso nel mercato americano con la Chrysler affuidatagli da Obama proprio perché è “canadese” – o svizzero, se volete –  assai più che italiano.  E’ finito solo perché con Tremonti la linea della lesina alla fine ha detto no alla protrazione degli incentivi. Per quel che mi riguarda, meglio tardi che mai. Perché per tutti gli anni in cui alla Fiat si dava la stampella di Stato io ho sparato e stracriticato, e la cosa mi ha esposto a tutte le critiche del giornalismo accodato a Torino e alla politica.  Ma allora mi aspetto che un politico avveduto dica che per fortuna quella lunga fase è fi-ni-ta. E aggiunga però che la lezione da trarne è che la politica ha sbagliato. Non che dica, come ha fatto Fini, che l’impropria influenza della politica sulla Fiat a questo punto deve continuare, in nome dei tanti favori fatti in passato.

La seconda ragione riguarda il presente.  Marchionne ha semplicemente ricordato che nella nuova Fiat non può contuinuare a funzionare come in passato: quando cioè tutti gli stabilimenti italiani dell’auto complessivamente nel contro aggregato perdevano, e gli utili venivano invece dal Brasile e dalla Polonia. E’ stata questa, la realtà dei recenti anni: i posti di lavoro italiani di Fiat Auto erano sussidiati dai risultati realizzati dai lavoratori polacchi e brasiliani. Chi replica che Marchionne mente perché dovrebbe invece opensare a trattare col sindacato i nuovi modelli che non ha e magari anche allestimenti e fornitori, scientemente aggira il problema di fondo. Nel nostro Paese, qualunque grande gruppo manifatturiero esposto alla concorrenza ha dovuto delocalizzare quote crescenti della propria produzione.  Perché alla bassa produttività effetto delle esternalità negatrive dovute ai sovraccosti energetici, delle infrastrutture e della logistica, si sommano relazioni industruiali basate su princìpi e regole vecchie, da mercato compartimentato autarchico e non globalizzato. Il nuovo presente che Marchionne addita ha una legge, “senza utili si chiude”. Non è una minaccia autoritaria: è una banale realtà. Da una politica avveduta – massime se poi prende voti di centrodestra –  mi aspetto che questo nuovo presente vienga condiviso e spiegato agli elettori come la base di scelte nuove. Lo ha capito una parte maggioritaria del sindacato, con l’accordo interconfederale del 2009 e le nuove deroghe al contratto dei meccanici, lo ha capito perché sa che lo scambio porta oltre alla difesa del lavoro più salario reale ai lavoratori, non salario invariato come in Germania o minor salario come negli USA. Ma l’onorevole Fini, evidentemente, con le parole di oggi mostra di non averlo capito. Oppure comunque  strizza l’occhio a chi dice che le cose non stanno così. Oppure ancora a chi chiede la cogestione e il sindacato nel cda. Ma strizzare l’occhio e dirlo esplicitamente è la stessa cosa, per quanto mi riguarda, quando mla scelta deve essere netta e o si sta di qua, o di là.

La terza ragione riguarda il futuro. Nel futuro, non sta scritto a lettere d’opro che l’Italia riesca a difendere la sua manifattura nell’auto, se non si adegua al mondo di ieri e di oggi in un solo colpo. Questa è la giustezza – secondo me – della posizione di Marchionne. Che non può con una bacchetrta magica recuperare il gap di investimenti e tecnologie che la magrezza delle tasche del socio di controllo non ha consentito a Fiat negli anni in cui tedeschi e giappionesi e francesi invece avevano risorse e le hanno usate scalando le classifiche mondiali. Eppure, ha ragione lo stesso, perché comunque l’operazione americana è avviata, ma se non vogliamo che Fiat diventi solo socio di controllo – speriamo ce la faccia- di Chrysler e resti in Polonia e Brasile, allora dobbiamo cambiare marcia e relazioni industriali in Italia.  Io penso che l’Italia possa farcela, a difendere l’auto e ad avere magari anche stabilimenti di competitor. Ma ci vogliono politici che capiscano che cosa l’Italia deve fare per riappropriarsi di un futuro che oggi le è negato, dalle sue regole e costi. Non politici nostalgici di un passato sbagliato.

64 Responses

  1. luigi zoppoli

    Ineccepibile ragionamento che sottoscrivo al 110%. Ritengo credibile Fabbrica Italia avendone anche alcuni motivi ufficiosi e ritengo credibile Marchionne: la vicenda si sta svolgendo in conformità ai pian presentati a Detroit ed a Torino ed includevano la durezza di 2010 e parte del 2011. Detto questo, il problema che Marchionne ha richiamato, non riguarda FIAT ma riguarda il paese.

  2. Naka

    Fini o non dice quello che pensa (la cosa più probabile) o è meno intelligente di quello che vuol far sembrare – a meno che uno sia schierato/interessato non può pensare che Marchionne ci marci coi numeri e alla fine manderà tutti a casa come la Opel ad Anversa!
    Ma quello che è peggio è che saranno sempre di meno quelli che verranno in Italia ad investire e sempre di più quelli che faranno le valige!

  3. Concordo pienamente con Giannino. Gli errori (certo non per distrazione) del passato non giustificano gli stessi errori o le stesse distrazioni per il futuro. Fini non è mai stato un liberale… dopo le lontane origini emiliane, è sempre stato a Roma, prima nei salotti della nobiltà nera, e poi a difendere i posti dalla Pubbilica Amministrazione, ambienti sempre al di fuori del mercato. L’unico mercato che Fini dimostra di conoscere ed apprezzare è quello dei voti.

  4. Gianmichele

    Pero’ sarebbe stato interessante confrontare la produttività di stabilimenti Toyota o Volksvagen in Italia…
    …probabilmente si potrebbe ancora vendere alfa ai tedeschi? In fondo marketing e design vw sono ‘italiani’ . No?

  5. antonino marotta

    “politici nostalgici di un passato sbagliato” non credo ci sia miglior definizione della attuale classe politico -parlamentare italiana.Un ricambio non è nè cosa facile nè semplice e questo genere di ricambi non sono mai indolori.”SENZA UTILI SI CHIUDE” anche questa è un’altra frase che in Italia siamo poco abituati a sentire;La fortuna di tutti quei politici sopraddetti i quali sulla crisi dellì’occupazione, specie al sud , hanno intessuto la loro trama di potere, sta proprio nel non aver mai applicato questo banale concetto economico ed affidare alla beneficienza pubblica la sopravvivenza, e quindi al loro potere.
    Tutti coloro che scioperano per il “posto” di lavoro sicuro o che contestano il governo che non gli e ne assegna uno, per il banale motivo che lo stato non può accollarsi di tutto e di più, devono riflettere e contribuire invece ad una nuova politica che veda un approccio più realistico alla crisi che non veda nel rafforzamento dello stato la via d’uscita obbligatoria.Più che rincorrere certezze bisognerebbe avere molta più fiducia in se stessi e competere.

  6. Alessio Rampini

    Grande Oscar. In questa giornata di insulti a Marchionne mi hai tirato su il morale. Marchionne ha detto quello che il 99,9% degli imprenditori comprende bene; se l’Italia non cambia passo perderà il treno del manifatturiero e non solo quello.

  7. carlo

    parla lui che guadagna milioni all’anno….e tutti i soldi che NOI abbiamo dato in questi decenni perche’ la Fiat continuasse a vivere???. Il comunismo ha fatto danni enormi ma questo capitalismo , dove l’essere umano non conta piu’ niente in nome del Dio Denaro, mi fa vomitare. E l’accordino di Pomigliano concesso da quella caricatura di sindacalista corrotto che risponde al nome di Bonanni presto ce lo troveremo come base di ogni contratto. Quando poi si spezzera’ la corda e cominceranno le violenze a chi dovremo chiedere di renderci conto????

  8. mario salvatori

    Marchionne ragiona come un canadese e non comprende i nostri bizantinismi.
    Comunque sia parla chiaro e si muove velocemente: troppo per l’Italia!
    La sua visione è ineccepibile e magari sarebbe una fortuna avere manager come lui.
    Non è l’uomo forte ma è l’uomo giusto

  9. albert1

    Io la penso così: Marchionne è l’uomo giusto nel posto sbagliato. La sua visione manageriale, molto nord-americana e mercatista, non è sovraponibile ad un gruppo come Fiat, che fino all’anno scorso vendeva le macchine solo grazie agli incentivi. La sua dichiarazione è industrialmente ineccepibile ma politicamente sgrammaticata, ed io penso che sia ancora un pò presto per pretendere che chi guida Fiat sia totalmente avulso dal politicamente corretto.

  10. victor

    fini ha ribattuto con una battuta forte ad una battuta altrettanto forte. fini non ha detto che la fiat fa male a cercare nuove soluzioni con gli operai, e non sta con la fiom. ma la fiat non può sputare nel piatto in cui mangia…

  11. Alberto

    Parole sante Oscar, l’uscita di Fini mi è parsa più filoelettorale piuttosto che veramente sensata ( ovviamente mirata a fare un po’ di rapporti di vicinato con il sindacato). Sergio M ha perfettamente ragione, o aumentiamo la produttività o chiudiamo ( che forse è meglio).

  12. tommitò

    d’ accordo su tutto. mi fa piacere che anche in altri blog i commenti dimostrino una assoluta comprenzione delle dinamiche logiche di marchionne, spero in questa inversione culturale attesa oramai da troppo tempo.

  13. MassimoF.

    Purtroppo la cultura cattolico-marxista dominante nel paese rende le posizioni come queste estremamente minoritarie e si vede, visto che l’economia italiana è in coma profondo da oltre vent’anni. Per quanto Marchionne si impegni non riuscirà mai a combinare qualcosa di buono in questo paese. La cosa giusta, e lo dice anche lui , è chiudere gli impianti fiat in italia e lasciare il rè nudo. La politica e gli italiani si devono rendere conto che il capitalismo non è il socialismo. Nel capitalismo le aziende esistono solo per un motivo : guadagnare. Se questo non avviene , vanno chiuse. In italia vogliamo invece aziende aperte anche se perdono soldi. Questo però era il comunismo , dove venivano mantenute in vita aziende che erano la fiera dell’inefficienza. Se agli italiani non và bene , è un problema loro. In Germania la WV fà miliardi di utile e lo stesso la Daimler e la BMW . E alla WV gli operai negli anni passati hanno accettato riduzioni di stipendio, e questo per permettere all’azienda di guadagnare . Non c’è niente da fare. L’italia è un paese economicamente morto. Almeno fino a quando questa cultura rimarrà viva , quindi per molti decenni ancora.

  14. Andrea

    Riassumo: Politica becera e suddita dei grandi gruppi, i grandi gruppi fanno leva sulla politica becera, i sindacati si mettono d’accordo con i grandi gruppi (sottobanco) e con la politica becera (ufficialmente)
    Mancano nell’equazione gli imprenditori ed i lavoratori, i primi d’accordo con la politica rubano a mani basse, i lavoratori allora diventano lavativi per vendetta sui lavoratori, ma si iscrivono al sindacato che però li tradisce.
    Questo è un circolo vizioso, che non sembra possibile interrompere se non con una rottura netta con gli ultimi 50 anni.
    Chi introduce la rottura? Marchionne sarà il novello Romiti del 1980?

  15. davide

    aimè i giorni del fordismo, i giorni della fabbrica “solida” dove chi produceva era considerato e di conseguenza trattato come possibile consumatore del prodotto che assemblava sono finiti, oggi è l’era della fabbrica “liquida” che deve essere pronta sempre a seguire la corrente verso lidi migliori per poi riprendere il viaggio verso altre mete dove la sua liquidità è ancora in grado di erodere le poche solidità rimaste (come se poi tali mete siano infinite in un mondo finito).
    Oggi è tempo di un sistema che a prescindere dal governo (liberale, socialista, misto) chiede a tutti di avere un vita liquida, senza basi solide, perchè la solidità è rigidità, perchè la rigidità non è funzionale al sistema stesso, e tutto in nome della libertà individuale, dell’autonomia individuale, che a me pare fa un pochino a pugni con la necessità di conformarci alla realtà liquidà.
    Conformismo e libertà, uno esclude l’altra.

  16. Fanno ridere i politicanti come Fini e tutti i nostalgici di sinistra, quando accusano Marchionne di comportarsi da “straniero” ! !
    Tutti pronti a dichiararsi globalisti e solidali col terzo mondo quando si tratta di accogliere milioni di poveri africani, salvo poi diventare strenui difensori dei confini dell’Italietta, quando si parla di difendere i diritti acquisiti dai super-protetti lavoratori dipendenti italiani.
    Non sanno i poverini che ormai ce l’hanno in quel posto !
    Tra qualche anno accadra che le industrie butteranno a mare i contratti collettivi e daranno lavoro solo ai disoccupati extra-comunitari, a 500 euro al mese.
    Globalizzazione significa che nel giro di qualche lustro, stipendi italiani e cinesi saranno allo stesso livello, cosi’ come i tenori di vita.

  17. Marco

    Grande Fini!
    Marchionne deve confrontarsi col mercato di oggi e non con quello di ieri, ci mancherebbe.
    Ma un politico deve anche difendere la dignità e la storia di un popolo che per anni ha mantenuto (a mio modo di vedere è stato puro assistenzialismo) una grande azienda come la Fiat.
    Con questo non credo che il pres. della Camera volesse togliere meriti a Marchionne su come sta lavorando…

  18. jjajajaj

    Marchionne con questa sparata chiede soldi, solo soldi all’Italia, come hanno fatto tutti i predecessori in Fiat prima di lui. Dare le colpe ai politici è fin troppo facile e diciamocela tutta caro Oscar, lei conosce bene gli intrecci della lobby torinese a Roma e come funzionano le cose nei salotti finaziari…. Marchionne per chi conosce bene e lavora nell’automotive ha fatto una scommessa disperata che nessun altro, al mondo, avrebbe osato: chrysler era morta, i tedeschi (daimler-mercedes) se ne erano fuggiti lasciando sul campo centinaia di milioni di perdite. Ora Sergione sa che deve raccogliere dove può tutti i fondi necessari per sostenere l’immane debito contratto con gli USA, e che a differenza dell’italia dovrà obbligatoriamente ripagare. Questo è il colpo di coda di una persona che non ha niente di Italiano e non è altro che un tagliatore di teste chiamato a fare scorpori e tagli che nessuno in famiglia Agnelli si è sentito di affrontare personalmente. Di questo, sono sicuro, pagheranno una grande penale corrispondente alla perdita di competitività sul mercato Italiano che non si riconosce più in questo marchio.

  19. jjajajaj

    @MassimoF.
    Conosci molto poco della germania, almeno non dire falsità.
    Un lavoratore del gruppo vw (non tutti poichè in alcune fabbriche gli stipendi sono superiori) che lavora un catena prende al netto dai 2200 ai 2500 euro al mese per 35 ore lavorative, ed i diritti garantiti dal sindacato IG METALL sono ben superiori a quanto esiste in Italia per un metalmeccanico.

  20. Fabbrica Cinese Automobili Pechino?
    di Alessandro Piergentili

    Ci dispiace ma non ci iscriviamo al gruppo del “moriremo cinesi”. Non perchè abbiamo nulla contro una popolazione dalla tradizione millenaria, ma perchè siamo fermamente convinti che viviamo in un’epoca di squilibri profondi e che tali squilibri prima o poi rientreranno. Il PIl medio pro capite italiano, espresso in dollari statunitensi, è ancora sei volte circa, quello cinese e paradossalmente dieci anni fa era cinque volte (Fonte CIA World Factbook). Quindi se è vero che in termini assoluti la Cina cresce a ritmi spaventosi, è anche vero che ciò dipende soprattutto dalla crescita demografica e dall’aumento delle esportazioni e che la ricchezza prodotta è talmente concentrata che non favorisce la crescita della domanda interna, ma inflazione e disuguaglianze sociali mostruose. Ben presto i nodi verranno al pettine e la Cina dovrà adeguare il proprio tasso di cambio e favorire la distribuzione interna della ricchezza prodotta. Ciò creerà tensioni salariali e richiesta di maggiori diritti. Quello che accadrà in Cina sarà la cartina di tornasole di come i mercati del lavoro dei paesi emergenti convergeranno rispetto a quelli dei paesi cosiddetti avanzati. In Polonia gli operai Fiat prendono meno dei loro colleghi italiani ed hanno meno diritti, ma già adesso fanno fatica ad arrivare a fine mese, perchè sono cittadini europei e l’area Euro sta convergendo verso standard di vita e prezzi omogenei. La nostra classe dirigente nel costruire un modello strategico per il paese deve tener conto di queste dinamiche e non lasciarsi trasportare dalle contingenze del presente………
    http://www.generazioneitalia.it/2010/10/26/fabbrica-cinese-automobili-pechino/

  21. jjajajaj

    Per maggior precisione tratto dal Sole24ore:

    Ma quanto guadagna oggi un operaio Vw? L’IG Metall di Wolfsburg ha dato al Sole 24 Ore alcuni parametri di riferimento. Un semplice addetto alla catena di montaggio porta a casa uno stipendio base di 2.756 euro lordi, pari a 19 euro all’ora sulla base di una settimana di 33 ore, gli straordinari notturni comportano una maggiorazione del 45% mentre quelli pomeridiani del 30%. Un addetto alla manutenzione dei macchinari, anche qui remunerazione base, guadagna 3.300-3.500 euro al mese. Il quartier generale di Wolfsburg impiega 55mila addetti, di cui solo 17mila direttamente nella produzione. Già con l’accordo tra impresa e sindacato del 2004 ci fu un sostanziale congelamento dei salari in cambio dell’impegno a mantenere inalterati (circa 100mila unità) gli occupati delle fabbriche tedesche fino al 2011. Non fu un assegno in bianco, ma un patto in cui Volkswagen definì con precisione contrattuale l’ammontare e la destinazione degli investimenti destinati ad alimentare l’occupazione: «Siamo riusciti a negoziare una proroga delle garanzie sui posti di lavoro fino al 2014, con nuovi impegni sugli investimenti», aggiunge Garippo. Il sindacalista è però scettico sulla possibilità di trasferire in blocco il modello della flessibilità alla Volkswagen negli stabilimenti italiani.

    La flessibilità, in effetti, è la manifestazione più concreta di un modello di relazioni industriali che poggia sul consenso e a sua volta alimenta il meccanismo della Mitbestimmung, la cogestione. Nata nel primo dopoguerra e rivista in maniera sostanziale nel 1976, prevede che i rappresentanti dei lavoratori occupino metà delle poltrone dei consigli di sorveglianza delle grandi società, dove si discutono le strategie di gruppo, le remunerazioni dei dirigenti e si approva il bilancio. Grazie alla cogestione, a seconda dei tempi e delle convenienze vissuta come una manna o come una camicia di forza, e a una contrattazione salariale sempre più decentrata per le piccole e medie aziende, la vera riforma del mercato del lavoro l’hanno fatta dal basso imprese e sindacati. Gli aumenti di produttività dovuti a un ventennio di moderazione salariale e realismo bipartisan nascono dalla cultura e la formidabile competitività del made in Germany è figlia di una cultura centenaria.
    L’epoca del padrun dale bele braghe bianche è finita da un pezzo!
    Certo che se penso che per questa anomalia ha puntato i piedi + la dx che la sx……

  22. Piccolapatria

    La Fiat, a tempi alterni è stata grande e sull’orlo del fallimento più e più volte. Ha ricevuto dallo stato una marea di denaro ( di noi contribuenti) tramite sindacati agguerriti , governi e parlamenti diversamente colorati e molti dei loro rappresentanti (impuniti?) stanno ancora oggi assisi in quei posti ; si è intascata utili ma, nel contempo, ha assicurato stipendi con i quali i suoi dipendenti in buona parte hanno potuto mantenere le loro famiglie, farsi la casetta, laureare i figlioli , ecc… Le risorse pubbliche ovvero la torta da mangiare era già finita anche in quegli anni, si sono comprate fette a debito per distribuirle spesso con colpevole spreco nelle varie direzioni ed ora non si può fare a meno di pagarle. Non ci sono più soldi per operazioni di soccorso pubblico. Si sente parlare di nuove imposizioni fiscali e si dimentica che le imposte e le tasse hanno raggiunto un livello soffocante, tanto che non mi meraviglia che alcuni (tanti?), quelli che possono, si servano dell’evasione per la propria salvaguardia dalla rapina legalizzata. Ora, non è produttivo e intelligente continuamente rivangare il passato di un’epoca che non esiste più, prendiamo atto della realtà che non è certo facile da affrontare, questo mondo globale ci fa trovare sulla porta di casa una concorrenza brutalmente concreta con la quale si può combattere soltanto con progetti e visioni che guardano al futuro. Il messaggio di Marchionne è inequivocabile e che importa che abbia lo stampo “canadese”, per dirla col politichese opportunista di Fini che certo nella vita non ha mai rischiato un soldo di sua tasca : o quest’azienda guadagna o chiude e restano con le pive nel sacco non solo i dipendenti ma anche lo Stato.

  23. Fabio

    Ma perchè in Italia nessuno si arrende ai fatti? Perchè cose ovvie e condivise in microeconomia (qui il pane costa 10 e il panettire è antipatico, lì 5 e mi stendono i tappeti rossi; vado lì) diventano aberrazioni se fatte da grossi gruppi? Perchè la Fiat dovrebbe essere patriottica mentre noi possiamo, e lo facciamo allegramente, comprare macchine straniere?

  24. Roberto Fedeli

    Marchionne ragiona da imprenditore, Fini da politico.
    Il primo giustamente evidenzia che la globalizzazione non può essere affrontata in un paese come l’Italia (TASSE e costo del lavoro troppo alte rispetto al “globo” restante), è semplice, Marchione ha messo a nudo la politica sociale della politica.
    Un imprenditore deve trarre profitto dalla sua impresa, il ragionamento è banale, ma la politica e i sindacati non riescono o non vogliono capirlo.
    E’ finito il tempo degli aiuti di stato, ora c’è la realtà del mercato che impone l’imprenditore, se non si vuole fallire, di scegliere tra le varie opzioni la migliore, la nostra penisola non è tra queste.
    Fini non può pretendere o rinfacciare niente, se il governo politico passato e presente ha aiutato aziende destinate al fallimento ha sbagliato (tanto i soldi sono dei contribuenti), il tornaconto del politico è solo esclusivamente il voto, ma questo ha portato e porterà sempre rimissioni per tutti, anche per quelle persone che credono di essere aiutate da queste politiche socialiste.
    Specifico che per politiche socialiste intendo socializzare (distribuire) le perdite e spartire i profitti per i pochi soliti “amici”.
    Credo che il problema di fondo sia lo stato, l’unica impresa che “vive” in perdita senza fallire……mistero misterioso

  25. Federico

    Caro Giannino,

    in via preliminare confesso di non aver ancora maturato una compiuta idea sulla vicenda di Pomigliano.

    Tale vicenda offre tuttavia lo spunto per affrontare il nodo-produttività del lavoro in Italia. Sul punto Lei afferma: “Perché alla bassa produttività effetto delle esternalità negatrive dovute ai sovraccosti energetici, delle infrastrutture e della logistica, si sommano relazioni industruiali basate su princìpi e regole vecchie”.

    Premesso che sono pienamente d’accordo, mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione la seguente domanda.

    Quali sono i fattori che spiegano il marcato differenziale esistente tra la retribuzione lorda di un operaio metalmeccanico del settore automotive italiano ed uno tedesco?

    Partiamo dalla pressione fiscale e dal cuneo fiscale e contributivo.
    Secondo i dati riportati nel Supplemento al Bollettino Statistico pubblicato da Bankit il 3/9/2010, la pressione fiscale in Germania è pari a 40,6 punti sul PIL, in Italia a 43,2 punti. Secondo il Taxing Wages 2009 dell’OCSE, l’incidenza percentuale sul costo del lavoro delle tasse personali sul reddito e dei contributi sociali a carico del lavoratore e delle imprese è superiore in Germania di circa 5 punti (la Germania, sin dal 1994, ha implementato un programma di protezione sociale contro la mancanza di autosufficienza).

    Valori sostanzialmente e ragionevolmente confrontabili. Lei ricordava il differenziale nei costi energetici e nella dotazione infrastrutturale e logistica, la presenza di un sistema di relazioni industriali basate su principi e regole e vecchie.

    Personalmente ho maturato la convinzione che la spiegazione principale risieda nell’evasione fiscale, stimata ufficialmente e da studi indipendenti intorno a 100/150 miliardi di euro.

    Sono convinto che questo sia il “cancro” da debellare. Il prof. Marè in un recente articolo pubblicato sul Corsera (15/10/2010) ci ricorda come se nell’intervallo 1994-2009 avessimo recuperato 1/5 dell’evasione (percentuale assolutamente ragionevole!) il debito pubblico in rapporto al PIL, nel 2009, sarebbe stato di poco superiore al 90 per cento … quante risorse sottratte alle casse del’erario che ben potevano essere destinate alla realizzazione di opere infrastrurali, logistiche, a investimenti in ricerca e sviluppo, in buona sostanza orientate a favorire la crescita.

    Perchè non si ha il coraggio di partire da qui? Di porre l’evasione fiscale al centro della discussione, al netto di qualsiasi intento persecutorio?

    Ho 33 anni. Credo nella politica, nella buona politica. Tuttavia, mentre ne avverto sempre più il silenzio assordante non voglio ancora rassegnarmi all’idea che solamente un governo tecnico abbia la capacità di avviare efficacemente un percorso di rimozione delle “incrostazioni” che bloccano il nostro Paese, a partire dall’evasione fiscale.

    Federico

  26. jjajajaj

    Le reazioni dopo l’intervista con Fazio sono molto interessanti ed hanno svelato qualcosa di interessante per noi Italiani: le reazioni al farneticante incitamento alla cinesizzazione del mercato del lavoro in Italia sono venute da esponenti del centro-destra (Fini-Sacconi-Lega) i quali giustamente si sono sentiti presi in giro da chi fino all’anno scorso (ecoincentivi) ha affondato le mani nella cassa statale ed oggi se ne dimentica. Troppo facile parlare con Fazio su una scaletta concordata! Vada a proporsi come interlocutore diretto presso il ministero del lavoro! Di fatto stiamo assistendo ad una commedia Fiat organizzata non per uscire dall’Italia come vogliono far credere ma ad alzare l’asticella chiedendo più regalie! Per chi non lo sapesse gli ecoincentivi erano studiati a tavolino per favorire la gamma Fiat (chi è del settore lo sapeva). Inoltre la Fiat ed i suoi concessionari sono conosciuti come ‘targhifici’ per i numeri da Mago Oronzo sui veicoli KM.0……

  27. MassimoF.

    @ jjajajaj : temo lei abbia letto male , molto male. Io non ho mai parlato di salario nominale e non l’ho nemmeno paragonato a quello italiano. Ho detto che nel 2004 in Germania gli operai hanno accettato riduzioni salariali per sostenere la redditività dell’azienda. Cosa c’entra col fatto che prendono 2000 e passa euro? per mè possono prenderne anche 10000 . L’importante è che quando l’azienda era in difficoltà, gli operai hanno accettato sacrifici che invece gli operai italiani non vogliono fare.
    Tornando a cose serie , trovo bizzarra questa idea dell’italianità di una azienda e di un amministratore. Forse che se un’azienda perde soldi , il fatto di essere italiana e di produrre in italia la rende migliore o visto che si parla di aziende , non fallibile? E’ come dire a una persona che stà morendo di essere felice , perchè tanto è italiano. Ragionamento molto strano.

  28. davide

    @MassimoF.
    Mi spiace per lei ma l’entità del salario conta e anche parecchio, perchè chiedere sacrifici a chi nonostante un riduzione salariale può continuare a fare una vita più che dignitosa è un conto, chiederlo a chi arriva a con fatica a fine mese è un’altra storia.
    Toyota è la più grande casa automobilistica mondiale per fatturato, è giapponese, il giappone non è che se la passi bene a debito pubblico e tasse, eppure oltre ad essere la casa automobilistica che vende di più al mondo è anche quella che vende di più in giappone (4 auto su 10) subendo la concorrenza interna di altri colossi giapponesi come honda e suzuki,
    La fiat a detta di Marchionne vende 3 auto su 10 in italia, senza nessuna concorrenza interna italiana.
    Forse sarebbe meglio chiedere spiegazioni di questo al Sergione poco nazionale, al posto di mitizzarlo come paladino del liberismo e della libertà (illusoria).

  29. MassimoF.

    @Davide: forse mi sono spiegato male io. L’esempio che ho dato non stava a significare che la fiat deve chiedere una riduzione di salario , ma che negli altri stati , dove le industrie vanno meglio , gli operai hanno accettato oneri che quelli italiani non vogliono. Questi oneri possono essere sui salari, come in Germania, oppure come da noi sulla flessibilità e orari . Sul salario, l’accordo di pomigliano prevede a conti fatti redditi superiori. Lo stesso Marchionne è stato chiaro su questo punto nell’intervista di domenica : se gli stabilimenti italiani arrivano alla produttività europea , lui è pronto a dare stipendi comparabili a quelli europei. Il punto sugli stipendi è che non si può pretendere di dare salari europei con la peggiore produttività del gruppo.

  30. davide

    @MassimoF.
    secondo me quì si fa confusione tra produttvità del lavoro che è il rapporto tra output e l’input lavoro, che non dipende dai salari ma dagli investimenti produttivi in maggior modo e non da 5 o 10 minuti in più di pausa, con il CLUP (costo del lavoro per unità prodotte) che è il rapporto tra salari e produttività del lavoro.
    minore è il clup maggiore è la competitività, perciò come dice lei i casi sono 2 o si dimuiscono i salari o si aumenta la produttività del lavoro, e ripeto la storia ci insegna che la produttività del lavoro aumenta non massacrando i lavoratori ma investendo in teconologia capaci di intensificare il lavoro stesso.

  31. davide

    @MassimoF.
    mi scusi forse è meglio dire tecniche capaci di intensificare il lavoro, che non riguardano solo la tecnologia, ma anche l’organizzazione scientifica del lavoro, ed è questo che credo manchi alla fiat, la competitività sull’organizzazione scientifica del lavoro, e questa non è colpa dei lavoratori.

  32. MassimoF.

    @ Davide: che la produttività del lavoro aumenti grazie agli investimenti non solo è incontestabile , ma è il punto del problema. Marchionne si trova a dover fare degli investimenti , a questo punto deve decidere dove. Lui può farli in Italia o all’estero. Per forza di cose , altrimenti non farebbe il suo mestiere, deve indirizzarli li dove possono rendere di più. Se in Italia si pagano le tasse più alte del mondo, la burocrazia è estremamente inefficiente e i lavoratori hanno condizioni migliori che negli altri stabilimenti e quindi più onerose per l’azienda ( non parlo di salari ) , è del tutto evidente che gli investimenti verranno fatti all’estero. Il problema è tutto quì, sugli investimenti. Marchionne l’ha detto chiaro e tondo: l’italia ( quindi non solo gli operai, ma tutto il sistema ) , non è un posto giusto per poter investire. Renderlo adeguato però , non è compito di Marchionne , ma di quelli che vengono chiamati gli stakeholder e lo stato.

  33. Cosimo

    Salve a tutti,
    condivido pienamente quanto scritto da Giannino e aggiungo che secondo me, l’onorevole Fini non difende per nulla i diritti dei lavoratori ma fa tutto ciò per un mero calcolo politico, alias “di poltrone”.
    Il caro onorevole Fini vuole trasformare il Prlamento, in parte l’ha già fatto, in un luogo di imboscate e di guerriglia politica.
    Il tutto esclusivamente per un tornaconto personale.
    Signori miei, l’Italia ha bisogno di una drastica cura dimagrante delle spese correnti, meno dipendenti pubblici e razionalizzazione delle spese per il sociale (sanità, servizi sociali in generale). Senza una azione drastica di riduzione della spesa pubblica tutti i maggiori gruppi industriali, e quindi anche FIAT, inesorabilmente emigreranno verso paesi dove il costo del lavoro è più basso ed è più semplice aumentare la produttività.
    Dobbiamo tutti metterci in testa che il mercato è globale ed è un processo inarrestabile. Il protezionismo fa più danni della globalizzazione stessa.
    Peraltro Marchionne non propone certo di tagliare gli stipendi, chiede solo di lavorare un tantinello in più essendo pagati di più.
    Non ci vedo nulla di scandaloso, semmai è un primo, piccolo, embrione di libertà nei rapporti tra lavoratore e azienda.

  34. davide

    @MassimoF.
    secondo un mio modestissimo avviso scegliere dove investire non è solo una questione reddituale ma anche morale, è logico che se investi in un PVS hai un clup minore ( minori salari e maggiore produttività del lavoro a parità di investimenti produttivi dato che nella maggior parte dei casi i diritti umani sono solo carta straccia).
    Come scriveva prima Federico nel suo post :”Secondo il Taxing Wages 2009 dell’OCSE, l’incidenza percentuale sul costo del lavoro delle tasse personali sul reddito e dei contributi sociali a carico del lavoratore e delle imprese è superiore in Germania di circa 5 punti (la Germania, sin dal 1994, ha implementato un programma di protezione sociale contro la mancanza di autosufficienza)”, la questione si riduce a una cosa sola, colpevolizzare i salariati per quello che la fiat non riesce a fare,per manipolarli e farli scendere a compromessi a loro sfavorevoli, mentre dati alla mano (quelli del taxing wages) il gap tra la casa automobilistica torinese e quelle tedesche nella fattispecie, sta proprio nell’incapacità manageriale di ottenere un’organizzazione scientifica della produzione capace di aumentare la produttività del lavoro, senza però schiavizzare i lavorator ( 35 ore settimanali in germania). Quello che Marchionne è capace di fare è soltanto cercare le condizioni di “schiavitù” più adatte a creare profitti, perchè per lui questa è l’unica soluzione, mentre di soluzioni ce ne sarebbero ben altre.

  35. MassimoF.

    @Davide: il suo discorso sarebbe giusto se il problema fosse il costo del lavoro, ma questo non è mai stato preso in considerazione. Come ho detto prima , Marchionne stesso ha detto che è disposto a dare salari di livello europeo. E l’accordo di Pomigliano prevede aumenti salariali, per esempio .Come si concilia questo con quello che lei dice ? Semplicemente non si concilia. Pure il ritenere che investire debba essere anche una questione morale è sinceramente inaccettabile. La moralità non crea profitti e ricordiamoci che senza profitti una azienda non può investire e alla lunga muore. Inoltre un livello minimo di profitti ci deve essere , altrimenti gli Agnelli è meglio che vendano tutto e si comprino un BTP a 10 anni. Guadagnano di più e hanno meno problemi.

  36. davide

    @MassimoF.
    Putroppo non sono in sintonia con lei, prima di tutto l’aumento dei salari credo si conciglierebbe benissimo con un aumento di produttività per il semplice fatto che come detto quello che conta è il clup cioè il rapporto tra salari e produttività del lavoro, l’affermazione di poter portare il livello salariale a quello europeo a pari condizion di produttività del lavoro significa avere un clup = cioè una pari competitività, ad oggi invece si ha un clup maggiore, non dato dai salari troppo alti (più bassi sia al netto che al lordo rispetto la germania ad esempio) ma dati da una produttività del lavoro minore, visto che le ore settimanali in germania sono 35, il problema della produttività da cosa è dato? dal diritto di sciopero? dalla pigrizia degli operai? o dall’incapacità di ottenere tecniche produttive all’altezza?
    Mi trova in disaccordo anche con l’affermazione che la moralità non crea profitti, le consiglio di dare un’occhiata a quello che era il concetto di produttore-consumatore di Ford e di chiedersi perchè molte imprese investano sulla moralità ed eticità della marca per creare un surplus di valore capace di creare appunto profitti.

  37. Piccolapatria

    La diatriba qui svolta sull’entità dei salari ( confronto fra Italia e Germania) mi sollecita a ricordare che la ricetta del “canadese”, come la fuffa politica di Fini l’ha denominato, prevede congrui investimenti e propone che, a fronte di maggiore flessibilità e produttività aziendale, un non trascurabile aumento netto in busta paga. E’ un bluff del marpione di turno? Fosse anche questo o un esperimento ardito che potrà essere di esempio, di modello per altre situazioni aziendali italiane , perchè non provarci? L’Italia si trova classificata agli ultimi posti del mondo industriale sia per competitività che per efficienza del lavoro , siamo al declino conclamato e manca poco che si debba assistere alla scomparsa , senza ritorno, di interi rami produttivi in favore di altre estere economie altamente concorrenziali. Con queste ultime ci troviamo a fare i conti con coraggio e pragmatismo pena la decadenza irreparabile. Non ho sentito alcuno fra i detrattori di Marchionne che si sia fatto avanti con una ricetta migliore e più praticabile che non fosse la solita passatista conservazione dell’esistente.

  38. MassimoF.

    @Davide: decisamente non siamo d’accordo. Per aumentare la produttività servono gli investimenti, ma perchè questi siano fatti gli operai italiani devono avere le stesse condizioni degli operai degli altri stabilimenti ( non parlo di salari e sottolineo ,non parlo di salari ; nè io , nè la Fiat ). Mi pare chiaro e sinceramente non ci trovo nulla di scandaloso. Sulla pigrizia degli operai non saprei , ma il dato delle assenze quando gioca la nazionale , qualche indicazione la dà. Sulla moralità, quello che lei cita come surplus del marchio ,si basa sulla qualità e non sull’eticità. Ribadisco, la moralità intesa come investire a pessime condizioni e solo in base alla nazionalità ( perchè di questo stiamo parlando ) non crea profitti.

  39. davide

    @MassimoF.
    dire che la moralità od eticità della marca si basa solo sulla qualità, non mi pare appropriato, vedere il caso nike e le ripercussioni sui profitti per il convolgimento di minori a condizioni di schiavismo nella produzione per averne una prova. che dire poi di mcdonald? la sua moralità di marchio punta solo sulla qualità (c’è poi la qualità?)? o punta sull’eticità/moralità di creare con parte del profitto ospedali per bambini? non è forse investire questo? sono solo dei casi tra tanti e diversi.
    Per quanto riguarda le condizioni ( e non i salari) degli operai, abbiamo visto che quelli tedeschi operano in condizioni assai migliori in tutti i termini (tutela, salario, orari di lavoro etc) rispetto a quelli italiani, se neanche davanti a dati oggettivi di questo tipo si esce dalla logica di una ideologia che per definizione ha una logica chiusa ed autoreferienziale che piega la realtà alla propria logica appunto, è difficile centrare realmente quale sia il problema. La ringrazio comunque per l’interessante scambio di vedute.

  40. MassimoF.

    2001 è stato implementato un contratto per nuovi assunti che prevede sempre @Davide: si continua ad ignorare le parole di Marchionne: a produttività europea darà salari europei. Dire che gli operai tedeschi prendono salari più alti è giusto, ma questi salari sono la conseguenza degli aumenti produttivi fatti negli anni. Inoltre , e questo era quello che ho detto all’inizio gli operai tedeschi hanno accettato pesanti condizioni negli anni , condizioni che nel loro caso si sono rivolte al salario ( e ribadisco la fiat non vuole fare ) . Alla volkswagen , nei primi anni ’90 hanno ridotto l’orario portandolo a 28,8 ore e ridotto lo stipendio del 20% . Nel 2006 , tornarono a 35 ore tenendo fermo il salario. Quindi a conti fatti l’operaio VW ha ridotto del 20 % lo stipendio. Non solo , nel riduzioni di salario del 20% e un aumento della settimana lavorativa a 42 ore. Questi sono i dati completi Volkswagen . Meno salario e più ore di lavoro. Ribadisco che la Fiat non chiede questo. Chiede più flessibilità in cambio di più investimenti . Che non venga accettato è legittimo , ma semplicemente sbagliato.

  41. Ugo Pellegri

    Fini che delusione! Credevo volesse una destra europea alla Cameron lo ritrovo in prima fila tra i politici che dufendono il loro orticello.
    Tra tanto sfacelo una buona notizia: il sondaggio di Sky Tg24 da il 73% delle risposte favorevoli a quanto ha detto Marchionne.

  42. MassimoF.

    Mi scuso , ma nel post precedente c’è stato un problema di formattazione .

    @Davide: si continua ad ignorare le parole di Marchionne: a produttività europea darà salari europei. Dire che gli operai tedeschi prendono salari più alti è giusto, ma questi salari sono la conseguenza degli aumenti produttivi fatti negli anni. Inoltre , e questo era quello che ho detto all’inizio gli operai tedeschi hanno accettato pesanti condizioni negli anni , condizioni che nel loro caso si sono rivolte al salario ( e ribadisco la fiat non vuole fare ) . Alla volkswagen , nei primi anni ’90 hanno ridotto l’orario portandolo a 28,8 ore e ridotto lo stipendio del 20% . Nel 2006 , tornarono a 35 ore tenendo fermo il salario. Quindi a conti fatti l’operaio VW ha ridotto del 20 % lo stipendio. Non solo , nel 2001 è stato implementato un contratto per nuovi assunti che prevede sempre riduzioni di salario del 20% e un aumento della settimana lavorativa a 42 ore. Questi sono i dati completi Volkswagen . Meno salario e più ore di lavoro. Ribadisco che la Fiat non chiede questo. Chiede più flessibilità in cambio di più investimenti . Che non venga accettato è legittimo , ma semplicemente sbagliato.

  43. Daniele

    Sono ragionamenti giusti per carità, però a mio avviso si dimentica il problema fondamentale, e cioè che questo tipo di economia basata sull’incremento infito delle produzioni è finito. Cosa ci facciamo di tutte queste scatolette di latta (che se le mettiamo in fila, solo quelle immatricolate in Italia ci facciamo varie volte la circonferenza della Terra!) quando poi per i costi, i parcheggi, i divieti, il sovraffollamento delle città (sempre maggiore, soprattutto quello delle megalopoli) dobbiamo tenerle ferme o lontane da dove servono? Non sarebbe stato più lungimirante se il Sig. Marchionne ( a differenza dei nostri politici) investisse in nuove tecnologie, nuove fonti energetiche e sistemi di trasporto (anche collettivi) innovativi? Invece di guardare a facili guadagni nell’immediato (ma a sicure ulteriori crisi nel medio periodo), pianifichiamo qualcosa anche per le generazioni future che rischiano di avere un Mondo risodotto ad un immondezzaio.

    Saluti,
    Daniele

  44. Concordo pienamente con questo questa importante riflessione , è un problema Italiano e non solo di Fiat e quindi tiriamoci su le maniche e con grande coraggio rimettiamoci a lavorare !! tutti dal nor al sud solo così ci salveremo e potremmo tornare ad essere i migliori anche senza sussidi.
    grazie luigina Bernini

  45. andrea61

    Continuare a parlare solo di Pomigliano o di costo del lavoro e’ secondo me totalmente fuorviante. Anche avendo relazioni sindacali ottimali in stile tedesco, il livello della competitivita’ delle aziende italiane non farebbe passi da gigante. In ogni area aziendale si possono toccare con mano le “diversita’” del sistema italiano rispetto a quello europeo.
    Marchionne ha molto semplicemente ricordato che grazie a quelle “diversita’” solo un matto verrebbe ad investire nel nostro paese.
    Da una classe dirigente seria mi aspetterei una riflessione di quello che ha detto Marchionne e non una analisi della storia della FIAT.
    Io dirigo una filiale di una multinazionale e faccio sempre piu’ fatica a far digerire a casa madre il costo e le inefficienze di quelle “diversita’”.
    Intanto la multinazionale che sta dall’altra parte della strada, stufa di tutte le “diversita’”, trasferira’ entro tre anni tutta la produzione in Francia cancellando 350 posti di lavoro.

  46. Insomma ha ragione Marchionne. Ma che ha detto Marchionne? che bisogna spendere di meno? Insomma la Fiat o vuole dare di meno agli operai o vuole dare meno allo stato. Per favorire dei soci sparsi per tutto il mondo lo stato italiano deve incassare di meno e dare di più, i lavoratori italiani debbono guadagnare di meno. un politico italiano dovrebbe perfino essere d’accordo con questa idiozia. La Fiat se gli conviene resta in italia, altrimenti no, che problema c’è, se proprio bisogna far pagare meno tasse attiriamo aziende straniere sul suolo italiano in altri settori più competitivi e che danno prospettive di sviluppo e di crescita sostenibile, e magari formazione a più alti livelli, invece che per lvori ripetitivi e di basso livello.

  47. adriano

    Tutto giusto,tranne un punto.Il tempo delle clientele e dell’assistenzialismo non è finito.Anzi,se ne prepara un ritorno virulento con un doppio salto mortale all’indietro,nella migliore tradizione circense.Marchionne ragiona su dati reali e guarda avanti.Qui si gioca con le parole ed interessano solo rendite e privilegi,scambiando il futuro per il passato.

  48. Gianni Caldera

    Marchionne, mi ricorda quelle compagnie di buontemponi che andavano a gozzovigliare nei ristoranti, e poi scappavano lasciando il conto all’ultimo arrivato che , per giustificare il fatto che non aveva soldi diceva aver mangiato male.La Fiat deve essere salvata a tutti i costi con i suoi lavoratori ,visto che sono tutti figli nostri,avendo noi contribuito al loro mantenimento nella buona e nella cattiva sorte. Un caro saluto al Dr. Giannino e al suo gatto (come si chiama?)

  49. Guglielmo Boghero

    Caro Oscar… vedo dal commento qui sopra.. sento dai commenti della gente che mi circonda che anche nel grosso degli italiani non si è capito nulla.

    La storia della relazione stato fiat è cambiata definitivamente durante la grande crisi del 2004. In quegli anni, con la fiat alla canna del gas, dallo stato non arrivò un’euro. Se non sbaglio fu Tremonti a negare l’aiuto, soprattutto perchè l’europa non permetteva. Sempre se ben ricordo fu vendutà la Toro, la parte ferroviarie e si avviò un processo di risanamento interno che ci ha portati a questo punto.

    La Fiat in Italia ha altre colpe, le posso elencare di seguito:
    1)Ha sbagliato a gestire gamma e telai, Fatta la 159, si doveva ammortizare quel pianale magari con una nuova Thema, si è preferito un telaio nuovo per la Thesis, più costi per un modello di “nicchia”
    2)Si è puntato su prodotti di nicchia (croma), manca una piccola berlina e una piccola station wagon, tutto nella malsana idea che berline e SW non sono modelli richisti.
    I dati di vendita di Mercedes, BMW, Ford, Oper, eccc.. sono li a dimostrare che in fiat si son prese delle grandissime cantonate.
    3)Penso sia grave anche la presunzione di noi Italiani nel pensare di essere grandi stilisti e\o designer. Effettivamente negli anni si sono fatti modelli esteticamente destinati ad una “nicchia” di cliente, questo lo trovo fortemente stupido.

    A presto

    Guglielmo

  50. Giovanni Cincinnato

    Direi che questo è il crepuscolo dell’ipocrisia:

    La resa dei conti a tre Stato/Sindacati/Fiat è interessante perché segna veramente la scomparsa di un’altro caposaldo della prima repubblica, quello del teatrino del compromesso all’insegna del mantenimento della pace sociale attraverso il vilipendio di denaro pubblico; si potrebbero scrivere milioni di pagine su questo tema ma sintetizzerò:

    PRIMA:

    Lo STATO ha creato norme “generose” sulla tutela del lavoro per accontentare una parte politica che gestisce il sindacato ( o vice versa) ed ha distribuito denaro alle aziende per impiantare stabilimenti produttivi in contesti economici svantaggiosi in cambio di assunzioni e stipendi.

    I SINDACATI : hanno puntato tutto sullo sfruttamento massimo delle prerogative dei lavoratori, in barba a qualisiasi ragionevolezza il tutto solo perché non gli si poteva dire di no, se si voleva “la pace” dimenticando che a volte ci sono anche i “doveri” e che se le aziende chiudono non esiste lavoratore e di consegunza nemmeno sindacato.

    I GRANDI IMPRENDITORI : Hanno accettato di fare mosse scovenienti come impiantarsi in contesti svantaggiosi o assumere personale al di la delle reali necessità per accontentare i governi in cambio ovviamente hanno attinto alle casse dello stato senza remore e senza spiegazioni ben consci del cuscino predisposto a tutela della pace sociale si sono resi conto di poter “ricattare” qualsiasi governo sotto minaccia di chiusure e licenziamenti nel caso qualcuno avesse tolto loro i fondi.

    OGGI:

    Lo STATO : Non può più permettersi questo scialacquamento di denari bipartizan e si trova all’impasse.

    I SINDACATI : anzi alcuni sindacati, non hanno ricevuto la notizia che il 1980 è terminato da un pezzo e continuano a nuotare nella retorica del “La costituzione dice che il lavoro è un diritto” e pretendono che l’Italia sia un caso anomalo nel mondo occidentale : mentre tutti chiudono e contraggono, noi dovremmo foraggiare in eternum. Qualsiasi proposta di “contenimento” viene accolta come un atto terroristico nei confronti del proletariato ed in ogni occasione vengono sciorinati paragoni con paesi come Germania e Stati Uniti, dimenticandosi che siamo in Italia e che viviamo in una situazione totalmente diversa.

    LE AZIENDE : Capendo non c’è più trippa per gatti, si sono date una mossa, sono diventate più dinamiche ed allo stesso tempo se ne infischiano della pace sociale tanto cara ai padri costituenti, di conseguenza inizia la lunga marcia delle chiusure degli impianti improduttivi e della re-dislocazione in paesi che hanno meno pretese.

    Spero che questa situazione serva a tutti da lezione per impianter un metodo più “decente” di interazione dove :

    1) lo Stato non si metta a foraggiare ogni soggetto che frigna creando precedenti pericolosi

    2) I sindacati siano più responsabili e si ricordino di tutelare il lavoratore senza per questo pretendere di comandare in azienda

    3) Gli imprenditori si ricordino che anche loro possono fallire se fanno male indipendentemente dalla stazza delle loro aziende.

    Se si arrivasse a questo, sarebbe già qualcosa.

  51. Guglielmo Boghero

    Gianni Caldera :
    La precedente risposta è relativa al commento del Sig. Guglielmo Boghero.

    Quanto mai le mie sono banalità, ovvietà… non pretendo siano verità assolute… sono sicuro che in Italia ci sono estimatori e club della Duna, della Tempra berlina… il resto sono impressioni che ho raccolto da qualche cliente che ha un concessionario fiat.. e che banalmente ho inserito nella seconda parte…

  52. Gianni Caldera

    Certo, sono banalità, e proprio per questo per affermarle non bisogna dire che gli altri non capiscono nulla, cominciamo col dire che il fine non giustifica i mezzi, troppo comodo scordare il passato per avere un futuro migliore. Gli operai della Fiat sono persone e come tali meritano rispetto e non si può cancellarli impunemente senza tenere conto del loro passato. Alla Fiat tutti hanno fatto il loro comodo, hanno mangiato senza pagare il conto a cominciare dal “frontaliere spallone Gianni. P.s. Anche noi vendiamo automobili ma non per questo pensiamo di risolvere i problemi della Fiat.

  53. Guglielmo Boghero

    @Gianni Caldera
    Non ho mai voluto, non ho nulla contro gli operai Fiat, e non trovo santa la famiglia Agnelli ne tanto meno amministratori con stipendi d’oro andati in “pensione” con pezzi di azienda come liquidazione. Ho riportato solo il parere di alcuni miei clienti che soprattutto su un prodotto stanno soffrendo. Manca la SW piccola (sotto i 20.000€), la marea, che a suo tempo aveva stravenduto, il pianale della bravo era li pronto… Il pianale della 159 è pesante ma ottimo sia per la croma (si è usato un pianale opel) che per la Thema.. Il risultato di questo è un appesantimento dei listini e alcuni buchi clamorosi. Ovviamente questo è un parere che è mio, di due o tre persone che su questo ci vivono… Marchionne ha fatto un discorso lineare e pragmatico e ha descritto bene la realtà. Non è più pensabile che in questa penisola, con i tempi che corrono le minoranze possano essere decisive sulle maggioranze. Non può un sindacato che rappresenta il 16% di uno stabilimento bloccare la produzione e soprattutto dire che è antidemocratico quello che decide circa il 60% dei lavoratori.

    Si, lo so che salterà fuori che sono lavoratori sotto ricatto…. mi scusi, ma è n’antra panzana.. lo erano anche i lavoratori VW qualche anno fa’ e più recentemente i lavoratori Crysler e GM… hanno fatto qualche rinuncia, hanno guardato qualche partita in meno, ma almeno ora hanno un barlume di futuro , e in VW, uno stipendio valorizzato sulla produttività che in primis si giustifica e in fine gratifica…

    Buona giornata a tutti..

  54. Gianni Caldera

    Caro Guglielmo, penso che possiamo concludere la discussione, speriamo che il mercato dell’auto si riprenda. Buon lavoro.

  55. xxxmen

    @jjajajaj
    Non saprei dirti quanto quadagna un operai VW in più di uno FIAT, ti posso dire che sono dei gran morti di fame.
    Lavoro con molti di loro, ne conosco molti e ti posso garantire che oltre ad una casa bella e una macchina VW non riescono a permettersi nulla in più dell’essenziale. Spesso li vedo economicamente POVERI, aumenti di spesa dei 30-40E su un totale di 450E li manda in crisi.
    Oggi i tedeschi in generale sono i più miseri dell’Europa occidentale.

  56. xxxmen

    Marchionne è l’ariete che Berlusconi utilizza per sfondre il muro della muffa comunista di questo paese.
    Al momento della trattativa con i sindacati, alla domanda : Lei cosa ne pensa dell’assenza del governo nella trattativa? Marchionne ripose: il governo fa l’unica cosa che dovrebbe fare, starsene fuori. E così Berlusconi ha fatto, almeno mediaticamente, solo Sacconi ha mandato qualche appoggio esterno a CISL e UIL.
    Vi potete immaginare la reazione di CGIL alle parole di qualsiasi genere proferite da Berlusconi?
    Certamente anche la detassazione degli straordinari ha contribuito a raggiungere un accordo più remunerativo per gli operai, in qesto modo facendo passare il 18 turno come straordinario, nelle tasche dei lavoratorp rimangono più soldi.

    Ora la domanda sorge spontanea: Visto i commenti dei sinistrati e dei FINIti , alle lente riforme Berlusconiane, non c’è alternativa?

    Berlusconi tace (e quindi acconsente) ma gli altri fanno a gara a chi la dice più stupida.

    Caro Oscar, Baldassarri, nella sua trasmissione ha esattamente detto l’opposto di Fini e a pure criticato quella linea. Perchè è nel gruppo di FINI?

  57. Sergio

    Condivido in toto l’articolo di Oscar Giannino e non riesco a capire come si possa non rendersi conto che l’industria italiana, per restare sul mercato, deve essere in grado di produrre merci valide a costi competitivi. Incentivi statali o altre scorciatoie non fanno che danneggiare la nostra industria e i relativi dipendenti. Per quanto riguarda Fini, che ho ammirato nel passato per il coraggio con cui ha affrontato scommesse difficili, mi sento deluso e non riesco a riconoscerlo nelle ultime prese di posizioni. Dire che la Fiat deve riconoscenza agli italiani che l’hanno sostenuta con facilitazioni fiscali e quato altro può essere vero ma, nel tentativo di far piacere a quanti vorrrebbero che tutto continuasse come prima, si fa solo danno alla stessa Fiat, ai suoi dipendenti ed a tutta l’industria Italiana che, a mio parere, deve solo essere aiutata a stare meglio sul mercato migliorando le infrastrutture, l’istruzione e la preparazione delle giovani generazioni (non elargendo denaro, che può portare voti a chi lo propone ma certo non migliora la competitività delle aziende) e riducendo la pressione fiscale (quando possibile e non aumentando il debito).
    Grazie per lopportunità.
    Sergio

  58. luigi zoppoli

    Mah! Strano non si capisca che il prima di Marchionne per FIAT, le imprese, il paese ed i dipendenti è stato la chiave per sprechi, inefficienza, imprese non competitive e bassi salari.
    Ancora più strano è che non si comprenda non solo ce non ci sono alternative al divenire competitivi se non il fallimento. Marchionne ne è perfettamente consapevole essendo per fortuna “canadese”. Di tutte queste elucubrazioni se ne sbatte ed a ragione: se non vede potenzialità positive in Italia, abbandonerà e basta. E sic stantibus rebus sarà difficile dargli torto. Il resto sono chiacchiere al vento

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