7
Mag
2016

Expo 2015: è tutto ‘indotto’ quel che luccica?

E’ stata presentata nei giorni scorsi un’interessante ricerca condotta da SDA Bocconi per la Camera di commercio di Milano ed Expo 2015 S.p.A. sugli effetti economici di Expo 2015. Si tratta della versione aggiornata di una precedente ricerca condotta nel 2014, prima che l’evento fosse realizzato. Qui si può leggere la sintesi della ricerca e qui invece la presentazione, illustrata nel convegno del 5 maggio e commentata  dal ministro dell’Economia e delle Finanze Padoan, dal presidente della Camera di Commercio Sangalli, dal sindaco di Milano Pisapia, dal ministro del Mipaf Martina e dal vicepresidente della Regione Lombardia Fabrizio Sala.

La sintesi della sintesi è la seguente:

I dati prodotti dal modello di analisi dell’indotto economico, costruito ad hoc per lo studio dell’Esposizione Universale di Milano, mostrano un indotto complessivo dell’evento nel periodo 2012-2020 pari a 31,6 miliardi di euro in termini di produzione aggiuntiva (il “volume d’affari” generato) corrispondente a circa l’1% della produzione nazionale, con un valore aggiunto (il “PIL” dell’evento) pari a 13,9 miliardi di euro e un impatto occupazionale, in termini di unità lavorative equivalenti annue attivate pari a 242,4 mila.

Dei 31,6 miliardi di indotto economico, 18,7 riguarderebbero sul medesimo arco temporale la Lombardia e 16,1 Milano. Invece dei 13,9 miliardi di valore aggiunto totale, 8,6 miliardi riguarderebbero la Lombardia e 7,4 Milano.

In termini di distribuzione temporale, il modello ha elaborato un impatto complessivo del volume d’affari attivato nel periodo pre-evento di 4,2 miliardi di euro e di 9,7 miliardi di euro nell’anno 2015, per un totale di 13,9 miliardi nel periodo complessivo 2012-2015. Il modello stima inoltre un volume d’affari prospettico pari 17,7 miliardi di euro nel periodo 2016-2020…

Questi dati sono di elevato interesse, tuttavia non sembra essere stato evidenziato o, almeno, non lo è stato dai media che hanno relazionato sul convegno, il fatto molto importante che essi stimano effetti lordi dell’evento e non effetti netti, i quali peraltro sono praticamente impossibili da stimarsi. Intanto è opportuno ricordare in cosa consistono gli effetti e, in secondo luogo, perché sono effetti lordi e non netti. Per descrivere le tipologie di effetti utilizzo le parole del Prof. Roberto Perotti dell’Università Bocconi, il quale aveva criticato a maggio 2014 su lavoce.info la precedente versione della ricerca:

L’aumento totale di produzione e di Pil è il risultato di tre effetti. Il primo è l’aumento diretto di domanda, pari alla spesa iniziale (realizzata da Expo 2015 S.p.A. e dai partecipanti esteri, nota mia). Il secondo è l’effetto indiretto di questa spesa: per produrre i beni e servizi domandati …, sono necessari altri beni e servizi; la produzione di questi ultimi richiede a sua volta altri beni e servizi, etc. Si attiva quindi un effetto moltiplicativo che può essere misurato con la famosa metodologia delle tavole di input-output. Il terzo effetto è quello indotto, cioè la maggior spesa per consumi che si crea in seguito al maggior reddito prodotto dagli effetti diretti e indiretti. Ci sono poi i flussi turistici: i visitatori – se ne aspettano 20 milioni – consumeranno beni e servizi, con gli effetti moltiplicativi visti sopra. Infine, ci sono gli effetti “legacy”, cioè “eredità”: l’Expo farà nascere nuove aziende, con effetti positivi su domanda e imprenditorialità. Aumenterà l’attrattività di Milano, generando nuovi investimenti esteri, e turismo aggiuntivo, sia congressuale sia culturale, anche una volta che l’Esposizione sarà finita.

Perché si tratta, invece, di effetti ‘lordi’ e non di effetti ‘netti’? Semplicemente perché gli investitori pubblici e privati di Expo e i suoi visitatori non avrebbero, in assenza di Expo, messo i soldi che hanno speso per l’evento in cassaforte o sotto il materasso ma li avrebbero destinati ad altri impieghi, non necessariamente concentrati su Milano e la Lombardia, ma sicuramente in gran parte sul territorio nazionale. Questi soldi, diversamente spesi, non sarebbero stati privi di effetti economici ma anch’essi avrebbero prodotto effetti diretti, indiretti e indotti. Poiché la spesa pubblica e privata per Expo rappresenta soldi sottratti ad altri utilizzi, dalla stima dei benefici economici ottenuti con Expo bisognerebbe pertanto detrarre i benefici a cui si è rinunciato non utilizzando altrimenti quei fondi. Questi benefici alternativi sarebbero stati sicuramente molto minori per l’area territoriale di Milano e Lombardia e probabilmente minori anche nel caso dell’Italia nel suo complesso (data la mancanza, in assenza di Expo, degli investimenti esteri dei paesi espositori) ma in ogni caso non uguali a zero, come i media che hanno riportato la ricerca hanno lasciato di fatto credere ai loro lettori.

Confondere gli effetti lordi con gli effetti netti è, concettualmente, un errore analogo a quello che fanno talvolta i bambini delle elementari quando considerano il peso lordo come se fosse peso netto oppure il ricavo come se fosse guadagno, errore che viene giustamente segnato con la matita rossa dalle maestre.

P.S. fiscale:

Se il lettore non fosse del tutto convinto delle argomentazioni precedenti, quanto sostenuto si può molto più rapidamente dimostrare tramite l’utilizzo di un ragionamento per assurdo: ipotizziamo che Expo 2015 sia stato davvero in grado di accrescere il valore aggiunto di 13,9 miliardi. Se così fosse ci dobbiamo aspettare un maggior gettito fiscale complessivo pari all’incirca alla pressione fiscale moltiplicata per 13,9 miliardi, dunque circa 6 miliardi di maggiori entrate. Ma se così fosse Expo 2015 avrebbe generato una redditività incredibile per le casse pubbliche: meno di 1,5 miliardi di soldi pubblici spesi per l’evento si sarebbero moltiplicati per 4, divenendo 6 miliardi di maggiori entrate fiscali! E se così fosse avremmo dimostrato la superiorità dell’investimento pubblico su ogni investimento privato e la superiorità di un’economia interamente collettivizzata su ogni forma di libero mercato o di economia mista. In sostanza dopo il grande successo di Expo 2015 faremmo meglio a convertirci in un’economia sovietica.

2 Responses

  1. Gianfranco

    E’ un piacere tornare a leggerla.
    Per il resto c’e’ poco da dire. Se EXPO fosse stato il successone che dicono, ci dovrebbe essere un bel grafico che mostra una tendenza. Poi arriva EXPO e come per miracolo c’e’ un picco di crescita. Poi la curva si riassesta su un valore piu’ alto, ma molto piu’ vicino nel tempo di quanto la tendenza avrebbe lasciato immaginare, e la tendenza continua.
    Sfiga vuole che si devono togliere i costi di quel picco. Se EXPO fosse stato gratis, ci sarebbe di che fregarsi le manine. Ma dato che spesa, anche solo delle autostrade attorno EXPO, c’e’ n’e’ stata, vorremmo vedere anche quel grafico: quello dei soldini spesi, coi loro begli ammortamenti.
    Allora forse qualcuno si renderebbe conto che, a fronte dei vantaggi portati da EXPO, continueremo a pagare per 50 anni quello che ci siamo dovuti sobbarcare.
    Non ci vuole un genio della matematica.
    No. Non e’ vero. Ci vuole.

  2. FR Roberto

    Potere dei modelli… Il problema è insito nei modelli, che non saranno probabilmente mai in grado di rappresentare realtà troppo complesse, le cui variabili a volte sono ignote, e quand’anche sono note, non si è in grado di prevedere interrelazioni.
    A questo aggiungiamo che molto spesso, magri anche inconsciamente, chi crea un modello ha delle aspettative di risultato che rischiano di deviare il risultato.
    E dulcis in fundo come non dimenticarsi di casi (molti probabilmente ignoti) come quelli dei Professori di Harvard, Rogoff e Reinhart, che avevano elaborato un illustrissimo modello per dimostrare l’efficacia dell’austerità, il cui risultato era influenzato da un “banale” errore di copia e incolla delle formule in un foglio Excel, scoperto qualche anno dopo da uno studente che stava facendo un elaborato che prevedeva il ricalcolo di tale modello.
    E facciamo anche finta che chi crea ed utilizza i modelli sappia quello che fa, e non sia un mediocre improvvisato.

    Premesso tutto questo, non dico di abbandonare i modelli, perché spesso sono l’unica alternativa al procedere totalmente a caso, però non bisogna dimenticarsi mai che l’ECONOMIA NON E’ UNA SCIENZA.

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