3
Set
2010

Due citazioni valgono più di mille parole

Breve appendice ai post sulla Scuola austriaca. Una differenza di mentalità di cui non ho parlato viene fuori da due semplici citazioni.

Dice Peter Boettke sul suo blog: “in una conversazione che ebbi con Thomas Sargent … ascoltai per la prima volta il termine ‘scholar’ (studioso) in senso denigratorio. Sargent insisteva che non avevamo bisogno di ‘scholars’, ma di scienziati.”

Diceva Ludwig von Mises: “Chi vuole ottenere dei risultati in prasseologia [teoria economica] deve conoscere bene la matematica, la fisica, la biologia, la storia, la giurisprudenza. Una volta dissi questo in una conferenza, e un giovane obiettò: ‘le chiede troppo ad un economista: nessuno può costringermi a studiare tutte queste scienze’. La mia risposta fu: “nessuno le chiede, o la costringe, a diventare un economista’.”

Penso che altre due citazioni così perfettamente adeguate a comprendere certe differenze di mentalità è difficile trovarne. Chissà chi dei due avrà ragione, e quale approccio è più adeguato a capire la complessità dei sistemi umani… purtroppo l’approccio che preferisco è anche quello più difficile, visto che incentiva ragionamenti generici e poco rigorosi e dettagliati, cosa che si può evitare se ci si chiama Mises (e nonostante ciò, Mises lasciò una marea di dettagli appesi), ma in generale è una cosa difficile. Non è elementare spostare l’attenzione dall’albero alla foresta e viceversa a seconda di cosa serva. Nonostante ciò, spero che l’idea di imitare pedissequamente i fisici nello studio dei sistemi sociali prima o poi si estingua definitivamente.

3 Responses

  1. stefano fiorenzani

    Sicuramente Mises aveva intuito tanto della complessità e delle implicazioni interdisciplinari della “scienza economica”. Ad oggi però (in un mondo in cui le scelte di politica economica mirano principalmente al consenso dei mercati finanziari) si riesce con difficoltà a trovare economisti che riescano ad integrare propriamente la logica dei mercati in quella economica generale, figuriamoci l’integrazione con le dinamiche sociali o storiche. Non parliamo poi di coloro che le decisioni economiche le prendono veramente sia in ambito pubblico che privato…
    La question e mio parere è la seguente: si riuscirà ad implementare questa rivoluzione del pensiero economico prima che i danni provocati dalle logiche mainstream siano troppo grandi??? E come???

  2. Oh, rivelazione!

    Quando ho scoperto la scuola austriaca e il Ludwig von Mises Institute, tre settimane fa, mi sono chiesta come mai potessi, diciamo, andare tanto d’accordo con una scuola di pensiero che avevo ignorato fino ad allora.

    Il fatto è che io sono laureata in Agraria e mi occupo di economia e politica agricola da undici anni.
    Gli economisti agrari perlopiù sono laureati in Agraria, il che vuol dire che hanno studiato, oltre all’economia, anche la matematica, la fisica, la chimica e la biologia, per non dir nulla delle materie tecniche. La nostra facoltà è fatta così.
    Io, poi, per educazione non scolastica, cerco di osservare la realtà per quello che è e di usare il metodo più opportuno.

    Immagino sia per questo che il pensiero austriaco mi pareva in qualche modo familiare. Del resto, quando si tratta di osservare la realtà, noi “contadini” siamo privilegiati rispetto a chiunque.

    Adesso sono curiosa di capire come la scuola austriaca guarda al settore agricolo e alle sue peculiarità.

    Condivido la speranza per l’estinzione del metodo fisico nelle scienze sociali.

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