24
Set
2010

Come Forzare la Logica delle Regole in Finanza

Da diverse parti, si sa, vengono chieste migliori o ulteriori forme di regolamentazione del sistema finanziario. Un esempio della retorica sottostante a queste richieste può essere l’articolo di Masciandaro sul Sole24Ore di fine luglio. Nella seconda metà di quell’articolo, Masciandaro si lascia andare ad una accusa politica ad Obama per la sua incapacità di riformare la finanza USA, condita con “sospette” donazioni da Goldman Sachs, e infiocchettata con l’asservimento europeo alla lobby USA; la prima parte dell’articolo è quella che ci interessa, perché fa un cappello logico sulle ragioni della riforma del sistema finanziario (che Obama non ha realizzato) e su cosa dovrebbe essere Basilea3. Provare ad “analizzare” ogni passaggio di questo ragionamento è secondo me utile, perché si tratta dello “stile logico” ricorrente anche quando vengono giustificate regole e interventi più in generale nell’economia.

 

Masciandaro ci avverte ed ammonisce sul fatto che “Occorre che gli attori, e in particolare i banchieri, siano responsabilizzati. Questo significa che gli effetti di ogni scelta che un intermediario fa in termini di allocazione o di gestione del rischio […] dovrebbero ricadere innanzitutto sull’intermediario stesso”. Parole sante! C’è già l’intera scuola austriaca (e altri di buon senso) a sostenere che utili e perdite di una attività debbano essere “privati” e non “socializzati” perché l’attività economica resti, per dimensioni e struttura, entro limiti di sostenibilità (limiti definiti dal risparmio, in ambito austriaco). Qualsiasi “socializzazione” delle perdite riduce l’oculatezza della gestione, abbassa le soglie di attenzione sul rischio, e quindi la sostenibilità della struttura dell’economia. Lo stesso Masciandaro ribadisce questa concezione, dicendo che privatizzando utili e perdite “i rischi di esternalità [e in particolare la] instabilità aziendale e sistemica, vengono ridotti, e comunque si aumenta la capacità di riconoscerli e governarli”. Insomma, all’imprenditore oneri e onori perché lavori assennatamente; di necessità, virtù. Perfetto.

Il capoverso però si conclude con una sfumatura un po’ strana, in quanto il Nostro dice che “occorre perseguire il cosiddetto allineamento degli incentivi delle banche agli obiettivi generali di sano e regolare sviluppo degli scambi”. Ora, in effetti si può pure dire che utili e perdite sono gli incentivi opportuni perché l’imprenditore, e pure il banchiere è un imprenditore, operi con prudenza e oculatezza rendendo la propria attività, e con essa l’economia intera, stabile e sostenibile. Ma l’espressione di Masciandaro risulta un po’ ridondante, direi sovrabbondante nella terminologia rispetto alla linearità di quanto già espresso. Dalla responsabilità dei risultati delle proprie azioni che sottende una prospettiva “individuale”, all’allineamento degli incentivi che suggerisce prospettive più dirigiste. Un tarlo si insinua.

Il capoverso successivo inizia in modo, sembra, coerente con l’inizio dell’articolo: “Sappiamo tutti che l’attuale sistema di regole [in finanza] crea un macroscopico non allineamento degli incentivi”. Questo è condivisibile, in un’ottica austriaca e liberale. “Le regole consentono agli intermediari, se vogliono, di assumersi rischi sproporzionati rispetto alla loro capacità di far fronte agli impegni, in caso di eventi sfavorevoli”. Questa è una denuncia ricorrente, almeno da parte liberale; si, vero, non si è detto quali siano le regole incriminate, ma essendo il discorso partito dalla “privatizzazione” di perdite e utile, dovremmo esser tranquilli sulla direzione della riflessione. O forse no? All’inizio si parla di regole “positive” che riducono la responsabilità individuale sul risultato, che dovrebbe essere privato qualunque ne sia il segno, e si è continuato a “battere” sui concetti di regole e inventivi più che sul concetto di responsabilità e sue conseguenze. Il tarlo scava.

Ed arrivati alla fine del pezzo si scoprono le carte! Mascinandaro conclude dicendo che “sappiamo che occorre definire regole che perseguano almeno due obiettivi: riducano la capacità di indebitarsi; a parità di capacità di indebitamento, riducano la possibilità di trasformare debiti a breve tempo in investimenti rischiosi a lungo termine”. Il tarlo si rivela un elefante e l’ambiguità è sciolta: dalle regole si torna alle regole, da regole “cattive” si arriva a regole “buone” che portino “positivamente” a comportamenti virtuosi. Questa affermazione, se ci si pensa, è retoricamente coerente con i passaggi immediatamente precedenti, ma è decisamente in contrasto con l’inizio del discorso! Prima Masciandaro ha parlato di una deresponsabilizzazione degli agenti a causa della socializzazione dei risultati negativi, e da questo dovrebbe logicamente discendere l’associazione della responsabilità operativa alla proprietà esclusiva dei risultati; alla fine invece si vogliono dare indirizzi normativi “positivi”, incanalare i comportamenti verso un fine preciso dettando un percorso che non fa perno sulla genuina responsabilità individuale del banchiere-imprenditore bensì sulla superiore visione del legislatore (che tutti noi sappiamo essere muscoloso, vestito di azzurro e rosso e con una grossa S gialla sul petto, chiaramente). E fidatevi, questo modo di “girare” gli argomenti è molto diffuso.

Il punto di arrivo di Masciandaro è burocrazia, non mercato; il risultato dell’attività economica diventa non il frutto dell’imprenditorialità responsabile di se stessa (si veda l’inizio), bensì una sorta di concessione nella misura della volontà del legislatore. Implicitamente Masciandaro ci dice che ha scherzato, la responsabile non serve, ma serve l’osservanza procedurale.

Ma c’è pure la ciliegina, la chiosa finale: “il controllo della quantità e della qualità della leva finanziaria è la strada maestra”. Masciandaro va addirittura a identificare l’obiettivo operativo delle regole nella determinazione “dall’alto” di un parametro che, se non ci fossero le distorsioni operate dalle autorità fiscali e monetarie, sarebbe uno dei contenuti tipici dell’imprenditorialità bancaria. Questo è coerente con una concezione totalizzante (quantitativa e qualitativa) del potere legislativo di là da (e alla faccia di) qualsiasi concetto di responsabilità (e conoscenza) imprenditoriale sul proprio rischio. In altre parole Masciandaro baratta intellettualmente l’assolvimento degli obblighi di responsabilità sui risultati con l’osservanza di una norma tecnica esterna.

Questi due paragrafi sono retoricamente eccezionali nella loro costruzione; spero di averne reso merito. Con le dovute modulazioni successive si riesce a far apparire logico quanto è in realtà un non-sequitur: la crisi deriva dalla carenza di responsabilità sui risultati (negativi) causata dalle regole QUINDI fissiamo come regole altri vincoli che scavalchino la responsabilità. Una logica consecutio avrebbe portato a proporre di togliere certe regole “positive” e rinforzare regole basilari quali la “proprietà privata” (questa sconosciuta…), visto che da quest’ultima discende la proprietà diretta di utili e perdite della propria attività e con essa la necessaria responsabilità nella gestione imprenditoriale. Per arrivare a questo però si deve superare lo strabismo che avvicina responsabilità con regolamentazione, e quindi confonde mercato con burocrazia. Se la “responsabilità” è assolta dall’osservanza di una norma tecnica esterna, o la norma è perfetta o in realtà si deresponsabilizza il soggetto, che può a questo punto legittimamente chiedere l’aiuto statale per coprire la mala-gestio (fattuale, ma non giuridica!), e così si torna all’inizio dell’articolo. E io vorrei proprio vederla, una norma giuridica tecnicamente perfetta per una attività imprenditoriale!

Ecco come far passare concetti pericolosi e in contrasto con le loro stesse premesse. Fateci caso.

2 Responses

  1. A parte la circolarità e autoreferenzialità a doppio livello della tua risposta (cioè, ti sei autolinkato, e per giunta negli Acknowledgement richiami me… insomma siamo tutta una banda), hai ragione. E così siamo in due che non riceveremo mai un titolo dalla Bocconzzzz 😀

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