3
Ago
2009

Alitalia: le motivazioni della preoccupazione degli azionisti

I dati di bilancio di Alitalia resi pubblici il 29 luglio scorso non possono non preoccupare gli azionisti della società, mentre i passeggeri sono preoccupati dai ritardi e dai disguidi all’aeroporto di Roma Fiumicino. In questo periodo dell’anno nel trasporto aereo è naturale un incremento dei ritardi, poiché gli aeroporti sono maggiormente congestionati. La compagnia dunque non è direttamente responsabile di tutti le problematiche evidenziate in queste ultime settimane, ma certamente i ritardi potrebbero danneggiare la nuova Alitalia, poiché i passeggeri potrebbero associare l’immagine della vecchia compagnia di bandiera al nuovo vettore. Queste preoccupazioni certamente sono prese in considerazione dal management, che tuttavia sembrerebbe aver avuto altre preoccupazioni nell’ultimo periodo. Le voci di estromissione di Rocco Sabelli dal comando della compagnia aerea si sono rincorse la settimana scorsa, salvo poi non essere confermate dal Consiglio di Amministrazione di Alitalia. Le perdite operative (non nette) del vettore italiano sono state di 273 milioni di euro, in gran parte dovute al primo pessimo trimestre dell’anno, quando la compagnia era in fase di avviamento. Ma che cosa ci dicono  dati appena rilasciati su andamenti dei costi e ricavi? Quanto ci si sta discostanto dal piano originario? Quanto si devono preoccupare, in altre parole, gli azionisti?

Il load factor, cioè la capacità di riempimento degli aerei,  è stato del 51 per cento nel primo trimestre e del 65 per cento nel secondo trimestre. La previsione del raggiungimento del 72 per cento per il mese  luglio non è affatto un buon dato, poiché proprio nel mese di luglio e agosto le compagnie aeree tendono a riempire quasi completamente i propri aeromobili. Le compagnie low cost raggiungono tassi di riempimento del 90 per cento e anche le compagnie tradizionali normalmente superano l’85 per cento.

Per dimostrare la difficoltà che tali dati portano dietro è possibile fare due confronti, il primo con  la vecchia Alitalia, mentre il secondo con il “Piano Fenice”. Nel mese di luglio del 2007 il load factor dell’ex compagnia di bandiera sfiorava l’80 per cento e dunque il dato di CAI è di circa 8 punti inferiore a quello del vettore fallito. La nuova compagnia, avendo maggiore preponderanza del network nazionale, ha “naturalmente” un load factor inferiore rispetto al carrier gestito dal Ministero dell’Economia.

Rispetto al “piano Fenice” vi è un notevole scostamento; infatti il piano di rilancio presentato da Banca Intesa la scorsa estate, prevedeva un load factor annuale al 72 per cento e per raggiungere tale obiettivo il tasso di riempimento di luglio avrebbe dovuto essere almeno pari al 78/79 per cento.

Se dovesse continuare la crisi mondiale del trasporto aereo, sarà ben difficile per la compagnia guidata dal tandem Sabelli – Colaninno superare la previsione di un load factor annuale al 65 per cento, cioè circa 7 punti sotto l’obiettivo. Si ricorda che lo stesso “piano Fenice” evidenzia un EBIT inferiore per circa 400 milioni di euro per tale diminuzione di load factor, pari a quanto il crollo del prezzo del petrolio potrebbe fare risparmiare alla compagnia aerea.

Analizzando i dati dei ricavi si evidenzia che a metà anno si è raggiunto il 30 per cento di quelli in obiettivo nel “Piano Fenice”; infatti il target era pari a 4,3 miliardi di euro e dopo sei mesi invece erano entrati nelle casse dell’azienda poco meno di 1,3 miliardi euro. Bisogna tenere conto che la seconda parte dell’anno sarà per Alitalia molto migliore del primo semestre, sia perché sono presenti i mesi migliori dal punto di vista aeronautico, sia perché le difficoltà iniziali sono diminuite. Dal piano presentato da Banca Intesa lo scorso anno si evidenziava che i ricavi dei passeggeri erano circa il 90 per cento dei ricavi totali; se tale stima dovesse essere confermata, si può ipotizzare che i ricavi dal traffico passeggeri sono stati circa 1150 milioni di euro tra gennaio e giugno del corrente anno. Il numero di passeggeri è stato pari a 10 milioni e dunque il prezzo medio del biglietto è stato di circa 115 euro.

Quale era l’obiettivo del “Piano Fenice”? Il prezzo medio target era pari a 136 euro e questo significa che grossomodo lo yield è inferiore di almeno 14 punti percentuali. Ancora una volta bisogna precisare che la seconda parte dell’anno sarà notevolmente migliore della prima parte e ci sarà certamente un recupero, nonostante le pessime condizioni del mercato. Tuttavia è difficile immaginare un recupero totale del gap del prezzo medio del biglietto e dunque vi potrebbe essere un peggioramento rispetto alle previsioni.

L’EBIT di Alitalia peggiora di circa 30/35 milioni di euro per ogni punto di yield sotto il “piano Fenice” e dunque si potrebbe prevedere per fine anno un peggioramento per circa 240 milioni di euro.

Visto che la riduzione dell’EBIT dovuta alla riduzione del load factor potrebbe essere compensata dalla diminuzione del prezzo del carburante, è possibile immaginare che il peggioramento del prezzo medio del biglietto possa essere “coperto” da altri minori costi?

In parte si, ma difficilmente nella sua interezza.

Se il terzo trimestre potrebbe chiudersi in pareggio, nel quarto trimestre, che è un altro periodo critico per il trasporto aereo, le perdite potrebbero superare i 100 milioni di euro. Inoltre è importante considerare che a dicembre verrà conclusa l’infrastruttura ferroviaria ad alta velocità che collegherà Milano a Roma in 3 ore e dunque aumenterà la concorrenza del treno verso l’aereo.

Se anche tutte le previsioni più ottimistiche si avverassero, difficilmente la perdita operativa sarà inferiore ai 450 milioni di euro, dato che CAI nel primo semestre non aveva ancora pagato l’amministratore straordinario della vecchia Alitalia, Augusto Fantozzi, per gli asset acquistati (tra 70 e 170 milioni di euro).

Forse sono queste le motivazioni della preoccupazione degli azionisti?

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4 Responses

  1. luca salvarani

    In vita mia non prenderò mai un volo Alitalia neanche se me lo regalassero, per principio! Questa specie di compagnia è un disonore per l’ Italia e un fardello per i contribuenti, i concorrenti e i viaggiatori! Spero solo che fallisca il prima possibile una volta per tutte!

    Vorrei gentilmente chiedervi:
    1-c’ è qualche speranza che l’ antitrust (europeo! non italiano ovviamente) metta i bastoni tra le ruote a Cai vista la sua posizione dominante e le varie tipologie di aiuti che danneggiano la concorrenza in un mercato già difficile?
    2-Possibile che gli altri governi non riescano a tutelare le loro compagnie aeree contro Cai?
    3-Nel medio-lungo periodo come può sperare CAI di restare competitiva nonostante lo sviluppo delle low-cost come Ryanair considerando che già adesso compagnie tradizonali e ben più efficienti come British Airways hanno seri problemi?
    4-Nell’ articolo si ipotizza un probabile calo del prezzo del petrolio proprio oggi che si toccano nuovi massimi e inizia il recupero economico…non è forse troppo azzardato?
    Grazie!
    Cmq questo articolo è molto interessante perchè dimostra, numeri alla mano, come CAI non è in grado di guadagnare e anzi aumenta le perdite, anche in una condizione di semimonopolio e con un prezzo medio del petrolio molto contenuto..caso più unico che raro! A mio parere manca solo la presa d’ atto conclusiva che è una sorta di corporazione parassita STRUTTURALMENTE FUORI MERCATO e che sempre più lo sarà col tempo!

  2. Andrea Giuricin

    Gentile Luca Salvarani,

    cerco di risponderLe in maniera sintetica:
    1) E’ probabile che l’antitrust europeo intervenga, ma i tempi sono abbastanza lunghi, come insegna il caso del prestito ponte. Lo scorso anno i “famosi” 300 milioni di euro sono stati dati ad Aprile e la sentenza della UE di condanna come aiuto di Stato è arrivata a Novembre, cioè circa 3 mesi dopo il fallimento. Tale sentenza di fatto è diventata inapplicabile.

    2) Gli altri Governi tutelano già abbastanza le compagnie nei loro Paesi; è il caso di AirFrance che gode di una posizione monopolistica in Francia. Tale posizione dominante ha mostrato tutti i suoi effetti peggiori proprio nel mercato francese (domestico e intra-europeo), dato che dal momento della liberalizzazione (1997) il trasporto aereo Transalpino è stato quello che meno si è sviluppato.

    3) CAI è una compagnia privata e credo (ma non posso avere la certezza) che l’unica via di uscita è quella che si sta prospettando per tutte le compagnie nazionali. In Europa rimarranno 3 grandi player (AF-KLM, Lufthansa, BA-Iberia) e due o tre grandi compagnie low cost. Le compagnie “nazionali” hanno e avranno sempre meno spazio e verranno assorbite in qualche grande player. Nel caso di Alitalia è prevedibile che il vettore sarà acquisito dai francesi, come è logico che sia, vista l’alleanza in SkyTeam.

    4) Nell’articolo non ipotizzo affatto un calo del petrolio; affermo che il prezzo del petrolio è stato notevolmente inferiore rispetto a quanto prospettato dal Piano Fenice (125 dollari) e per questo motivo, rispetto agli obiettivi, i costi legati al carburante sono inferiori di circa 400 milioni di euro.

    La ringrazio,

    Andrea Giuricin.

  3. Riccardo

    Perchè preoccuparsi di Alitalia, al nord le alternative per volare tra Bergamo e Malpensa non mancano certo e per un volo intercontinentale sono decisamente più comode Londra o Francoforte, ma chi va a prendere un aereo a Roma dal nord Italia?
    hanno guardato bene la carta geografica dell’Italia questi della CAI?

  4. Sara, Sestri L.

    Per Riccardo. Ma chi e’ che invece va a prendere un aereo a Malpensa dal nord Italia? Io sono ligure e volo da Genova, i piemontesi hanno Torino Caselle, i Veneti il Marco Polo e gli stessi milanesi volano comodamente da Linate.
    Malpensa e’ ormai una cattedrale nel deserto.
    Alitalia avra’ le sue pecche, ma lasciare malpensa e’ stata forse l’unica decisione saggia fatta dopo anni di errori e sprechi.

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