24
Ago
2009

Obama, la riforma sanitaria e l’enciclica sociale

La scorsa settimana Barack Obama ha rivolto un appello ai leader religiosi di ogni confessione presente negli Stati Uniti per cercare di vincere le resistenze del Congresso all’approvazione della riforma sanitaria. Come scrive Maurizio Molinari su La Stampa, lo sforzo profuso dall’Amministrazione per mobilitare i gruppi religiosi è stato imponente: svariate centinaia di persone sono state convinte a predicare nelle rispettive comunità a favore del provvedimento che andrebbe ad ampliare il ruolo dello Stato nel campo della sanità e ad accrescere spesa pubblica e pressione fiscale.
A tal riguardo, è forse interessante segnalare un passo dell’enciclica sociale di Benedetto XVI. Al capo 60 si legge:

“Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica, l’aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Quale progetto di aiuto può prospettare una crescita di valore così significativa — anche dell’economia mondiale — come il sostegno a popolazioni che si trovano ancora in una fase iniziale o poco avanzata del loro processo di sviluppo economico? In questa prospettiva, gli Stati economicamente più sviluppati faranno il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale. Lo potranno fare anche rivedendo le politiche di assistenza e di solidarietà sociale al loro interno, applicandovi il principio di sussidiarietà e creando sistemi di previdenza sociale maggiormente integrati, con la partecipazione attiva dei soggetti privati e della società civile. In questo modo è possibile perfino migliorare i servizi sociali e di assistenza e, nello stesso tempo, risparmiare risorse, anche eliminando sprechi e rendite abusive [corsivo nostro], da destinare alla solidarietà internazionale. Un sistema di solidarietà sociale maggiormente partecipato e organico, meno burocratizzato ma non meno coordinato, permetterebbe di valorizzare tante energie, oggi sopite, a vantaggio anche della solidarietà tra i popoli”.

L’indicazione del Pontefice sembra quindi andare in direzione opposta a quella auspicata da Obama: meno Stato, meno spesa e maggior partecipazione di soggetti privati e società civile. L’obiettivo è quello di risparmiare risorse da destinare all’aiuto dei Paesi poveri. Peraltro, nella stessa enciclica non si manca di sottolineare come problemi analoghi a quelli evidenziati con riferimento alle politiche sociali all’interno dei singoli Paesi hanno spesso afflitto gli aiuti internazionali che, si legge al capo 22, “sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori”. Non saranno forse i correttivi proposti per le politiche nazionali necessari anche in ambito internazionale?

24
Ago
2009

Inondazione di ultima istanza

Pare ormai acquisito che la Grande Recessione stia volgendo al termine, almeno sul piano delle variazioni del Pil, mentre l’andamento dell’occupazione sembra destinato a restare depresso almeno fino alla seconda metà del 2010. Circostanza che solleva perplessità riguardo la sostenibilità della ripresa nella perdurante assenza del consumatore americano, che deve prioritariamente preoccuparsi di ridurre il proprio indebitamento e non perdere il lavoro, o trovarne rapidamente uno nuovo, in caso sia disoccupato. Tra gli analisti restano tuttavia significative divergenze riguardo il vigore della ripresa in atto e la sua auto-sostenibilità, al netto dell’impulso fiscale.

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23
Ago
2009

Veronica, Margherita e il tappo sulla bocca

Oggi i quotidiani di mezzo mondo hanno riecheggiato l’anticipazione della nuova edizione di “Tendenza Veronica” di Maria Latella, anticipato ieri dal Corriere. Di fatto, apprendere che Veronica Lario non esclude affatto di restare a fianco del marito, Silvio Berlusconi, e che anche consiglieri del premier gli sussurrano che sarebbe meglio per lui riprendere un pieno rapporto coniugale, magari dopo un soggiorno in una clinica per sex addicted, è roba che avrebbe dovuto incendiare i giornali. Sul perché non sia successo non spreco una parola: si tenessero questi impettiti direttori che si sono appena scelti, gli azionisti mediobancheschi, confindustriali e berlusconiani.
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23
Ago
2009

Basta apologia di Keynes! W il Times!

Non so quanti di voi si siano sciroppati i tre volumi tre dedicati in 25 anni di studio dallo storico Robert Skidelsky a John Maynard Keynes. Per molti versi è “la” biografia di riferimento del vate, una sorta di atti degli apostoli di chi lo considera il messia. Ora Skidelsky non è riuscito a dire no alle preghiere dell’editore, che lo invocava di metter mano a un bel volumetto di fiammeggiante rivendicazione del Profeta, visto che con la crisi tutti i governi tornano al suo decalogo spendi-e-spandi. Skidelsky purtroppo ha acconsentito, così ecco altre 240 pagine per venti sterline, “Keynes The Return of the Master“. La goduria massima oggi è la stroncatura assolutamente feroce da parte della Books Review del Sunday Times. Era Hayek, non Keynes, ad attaccare le politiche che condussero alla Grande Depressione. Erano i discepoli di Hayek, non di Keynes, a criticare i tassi di Greenspan che hanno gonfiato la bolla e ci hanno portato alla crisi attuale. Sono ancora i discepoli di Hayek, non di Keynes, a poter dire meglio come far ripartire crescita e occupazione in un mondo di mercati aperti, non chiusi come quelli di cui parlava il profeta statalista. Leggete e godete, se la pensate come noi. Altrimenti pensateci bene comunque e aprite le orecchie alle critiche, se siete rimasti keynesiani.

22
Ago
2009

Exit strategy, tasse ed evasione

Se si tratta di deficit pubblici, tenere elezioni politiche in tempi ordinari può rappresentare un freno: le parti politiche si sforzano almeno a parole di presentare piattaforme di riduzione. Ma andare alle urne in tempi di crisi può anche sfociare nell’esito opposto, perché partiti e coalizioni “temono” di apparire agli elettori troppo frenati sulle misure di sostegno alla domanda e all’offerta. Vedremo presto in Germania come e se il voto contribuirà a definire un abbozzo almeno di exit strategy dall’alto deficit e debito pubblico – vedi articolo dell’Economist. Ma almeno sino a questo momento il tema fiscale non è stato propriamente al centro dell’arena elettorale tedesca. Quanto all’Italia, dall’attuale governo è in corso la più che prevedibile pressione mediatica antievasori, in vista dello scudo fiscale: ma sui fondamenti regna la notte fonda, e vengono diffusi studi che a mio giudizio sono infondati. Dobbiamo davvero morire ancor più tassati di prima, per colpa della crisi? Vediamo meglio. Read More

22
Ago
2009

Addio a Franco Forlin

L’Istituto Bruno Leoni piange la scomparsa di Franco Forlin, suo tesoriere dal 2004 e una persona semplicemente fondamentale per l’operatività e la crescita dell’Istituto. Nato nel 1941, Forlin è stato stroncato da un lungo male, che aveva affrontato col supporto amorevole della moglie Marcella e della sorella Edi.

Conoscevo Franco da quando, per il ventesimo anniversario della sua azienda, decise di fare un regalo particolare a clienti, fornitori ed amici: un libro che rientrasse nella tradizione di pensiero che aveva appreso da Sergio Ricossa, sui banchi dell’università di Torino. Gli parve naturale andare a chiedere consiglio all’antico maestro. Ricossa ebbe la bontà di suggerirei che fossi io a scriverlo, e ne venne fuori un pamphlettino (Lettera a un amico no global), con una bellissima prefazione di Ricossa stesso.

Che un libro nasca così, è cosa rara dappertutto – ma in Italia in particolar modo. Il fatto che un imprenditore italiano, di mezzi non illimitati, volesse investire su uno strumento di promozione delle idee di mercato mi stupì enormemente. Questo rendeva Franco ancora più “eccentrico” nella business community torinese dei suoi cappelli vistosi e della predilezione per le cravatte a farfalla. Minoritario in tutto, le sue fedi erano il liberismo e il Toro.

Quando, poco dopo, cominciammo a parlare di fondare l’Istituto Bruno Leoni, coinvolgere Franco venne naturale. Ci si immerse con tutto se stesso, come in passato aveva fatto con altre associazioni non profit e circoli di vario genere. Non scettico ma giustamente preoccupato, all’inizio, circa le nostre possibilità di successo, osservò la crescita dell’Istituto con meraviglia, stupore, ed entusiasmo. Ci trovammo assieme a gestire qualche difficoltà. Franco seppe giocare un ruolo determinante anche in situazioni complesse e scivolose.

In breve, maturò una convinzione granitica, che non si vergognava affatto di esternare e condividere: che l’Istituto Bruno Leoni fosse impegnato in una grandiosa e difficile missione di “civilizzazione” della cultura italiana. Per questo, faceva per l’IBL senza sforzo cose piccole e grandi.

I liberisti dovrebbero saperlo, ma spesso se ne dimenticano: l’organizzazione è tutto. Le idee migliori non camminano da sole, hanno bisogno di crescere all’interno di “serre” adeguatamente curate. Se l’Istituto Bruno Leoni, pur con tutti i suoi errori e i limiti, è riuscito a “strutturarsi” in qualche modo, il merito va in prima battuta ascritto al senso dell’organizzazione, di più: alla passione dell’organizzazione, che aveva Franco Forlin.

Senza di lui, questa piccola iniziativa non avrebbe potuto svilupparsi in maniera ordinata e consapevole. Senza di lui, l’IBL sarebbe probabilmente abortito – come accade a molte realtà simili. La nostra gratitudine nei suoi confronti e’ pari solo al dolore. Addio, Franco.