3
Dic
2009

Copenaghen: non date retta a Rampini.

Che la lotta ai cambiamenti climatici sia senza confini è ovvio, che debba travalicare quelli dell’igiene intima personale, un po’ meno. Prima o poi saremmo arrivati a questo punto (sul clima è stato scritto di tutto di più) e ieri su Repubblica l’inviato da San Francisco, Federico Rampini, si è lanciato in un’“invettiva” che ha messo sul banco degli imputati il caffè, i vestiti semi nuovi e la lavatrice. Jeans e maglietta? Meglio tenerseli per molto tempo, anche se un po’ sdruciti, e lavarli poco, possibilmente con l’acqua fredda che si risparmia e si rovinano meno i tessuti. Questa la summa teologica di Rampini, citando come fonte l’ultimo rapporto pubblicato su New Scientist. Ma le fonti, dopo il “climagate” degli scienziati smascherati a truccare i dati dei rapporti Ippc, vanno prese con le pinze. Scrive Rampini: «Il quarto delitto ambientale è l’ossessione per la pulizia. In Inghilterra è stato calcolato che solo il 7,5% degli indumenti messi in lavatrice sono davvero sporchi». In che modo sia stata condotta un indagine di questo tipo, non è dato sapere. Ma il concetto è chiaro: se solo i vestiti puzzano un po’, è inutile lavarli, si sprecherebbe acqua calda. Come del resto noi stessi. Da riflettere: la prossima volta che ci laviamo le ascelle, dovremmo pensare a una passata di deodorante a coprire e basta: ma attenzione al deodorante, che sia stick e non spray, altrimenti ne risentirebbe il buco dell’ozono. Per Rampini, insomma, Copenhagen comincia in casa nostra ogni mattina. Guai a bere il caffè. Spiega Repubblica: «Se si calcola l’energia consumata per coltivarlo, raccoglierlo, trasportarlo, infine azionare la macchina del bar, 6 tazzine di espresso al giorno, in un anno equivalgono alla CO2 immessa nell’aria da un volo Roma-Londra». Infine l'”eco-crimine” dei vestiti: basta con il comprare un capo per indossarlo una sola stagione, avverte Rampini, è uno spreco inaudito. Pensateci ora sotto le feste natalizie. E non preoccupiamoci se i commercianti (e in genere il settore tessile) già messi in ginocchio dalla crisi e dalle tasse chiuderanno i battenti: con un po’ più di disoccupati, con vestiti sdruciti e maleodoranti, ma meno nervosi per aver bevuto un paio di caffè in meno, avremo salvato il pianeta. A San Francisco queste cose le avrebbero già capite. Tanto che il pamphlet “radical chic” di Rampini – sarebbe bello seguire per una settimana le abitudini dei redattori del New Scientist e del corrispondente di Repubblica – non manca di sottolineare quanto segue: «Se il mondo intero seguisse l’esempio californiano, in 20 anni ridurremmo le emissioni di CO2 di 24 miliardi di tonnellate cubiche, l’equivalente dell’anidride carbonica prodotta nel 2008». Come, come? L’esempio californiano? Ma l’America non era lo Stato-Canaglia che non aveva aderito a Kyoto, con un governatore della California tutto muscoli e niente cervello, che gira con un Hummer da 6 chilometri con un litro? C’è da sperare che la prossima settimana a Copenaghen si dibatta in modo più concreto.

3
Dic
2009

Cicero dixit

Willem Buiter è da poco diventato capo economista della gigantesca banca statunitense Citi. Il suo blog – il magnifico “Maverekon” sul Financial Times – è, purtroppo, chiuso. Nel post d’addio Buiter – un brillante economista di origine olandese – ricorda come le libertà espressive, volte a provocare chi detiene il potere decisionale, siano consentite ad un professore, non a chi svolge un compito istituzionale. Ora che lo svolge, Buiter afferma che si adeguerà. Sull’argomento osiamo dire la nostra. Seguiremo il trucco millenario di esporre le nostre idee nascondendole dietro quelle di un grand’uomo, nella fattispecie Alexandre Kojève – più precisamente quelle tratte dal suo libro “Il silenzio della tirannide”.

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3
Dic
2009

Cip6 Bye Bye?

Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha firmato il decreto che, in applicazione della legge Sviluppo, fissa i criteri per la risoluzione anticipata volontaria delle convenzioni Cip6. Si tratta della famigerara delibera del Cipe che, nel 1992, definì un ricco sistema di incentivi a favore delle fonti rinnovabili “e assimilate“, categoria entro cui col tempo è entrata praticamente qualunque cosa. La vicenda del Cip6 – e le ragioni per cui esso è presto diventato uno scandalo, ma in verità lo era fin dall’inizio – è ben raccontata in questo dossier dei Verdi (al netto di alcuni toni, ma depurato dall’attualità è un lavoro ben fatto), mentre dati interessanti sulla dimensione industriale e finanziaria del Cip6 si trovano in questo dossier della Camera (che si basa largamente sui risultati di un’indagine conoscitiva della Commissione Attività produttive della Camera, condotta nel 2003 sotto la presidenza di Bruno Tabacci) e in questo documento dell’Autorità per l’energia. Dopo anni di tira e molla, il decreto Scajola finalmente individua un percorso ragionevole per chiudere questa brutta parentesi. Forse.

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3
Dic
2009

Creazionisti, evoluzionisti e mercatisti

Come dice Matt Ridley, in un articolo pubblicato su The Spectator, “se il mercato non ha bisogno di un pianificatore centrale, perché la vita dovrebbe necessitare di un artefice intelligente?”. Naturalmente si tratta di una semplificazione, ma fino a un certo punto. L’ordine spontaneo creato dal mercato ha molte analogie con quello che è il portato della selezione naturale, un modo di procedere per tentativi ed errori che spontaneamente e casulamente porta all’evoluzione biologica degli esseri umani. Ma se mercatisti e darwinisti dovrebbero andare a braccetto, perchè il più delle volte succede il contrario? Read More

2
Dic
2009

HHH e la proprietà privata, l’Africa e l’università italiana

Negli ultimi vent’anni, una delle tesi più discusse all’interno dei circoli libertari è quella formulata dallo studioso tedesco Hans-Hermann Hoppe (si vedano, ad esempio, i primi capitoli del volume Democrazia: il dio che ha fallito, edito da Liberilibri), secondo cui la monarchia sarebbe preferibile alla democrazia perché entro un sistema di alternanza le preferenze temporali dei governanti sono sempre “a breve termine” (il politico eletto cerca di sfruttare al massimo il suo momento), mentre se la successione è ereditaria diventa razionale, per il governante, preoccuparsi di arricchire il proprio Paese, così da lasciare ai figli una bella mucca da mungere. La prospettiva temporale, in questo caso, diventa “a lungo termine”. Read More

2
Dic
2009

United Against The State

Le idee hanno delle conseguenze. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. E così la politica americana ci sorprende ancora una volta. Se l’interventismo economico del governo è stato spesso decisivo per distinguere tra liberals e conservatori, oggi è l’invadenza dello Stato nel campo della legislazione penale a creare nuove alchimie. Impensabili fino a poco tempo fa. Libertari di destra e di sinistra insieme. Contro lo Stato. Read More

2
Dic
2009

Fiat, Termini, la politica e ciascuno al posto suo

Termini Imerese, addio all’auto. Con due anni di preavviso, certo. Ma Marchionne non si sposterà di un millimetro. Tre giorni prima di Natale, quando la Fiat illustrerà il suo piano aziendale, la chiusura dell’auto in Sicilia a fine 2011 sarà parola definitiva. Per chi ama il mercato, è bene che le aziende producano dove è più conveniente. E in Sicilia una “Y” costa alla Fiat mille euro in più che, non in Polonia, ma negli altri stabilimenti italiani. Tuttavia, come va affrontata la faccenda, quando l’intero settore dell’auto si è sostenuto quest’anno solo grazie agli incentivi pubblici? E quando un solo anno fa la Fiat per continuare a produrre a Termini aveva chiesto e ottenuto dalla politica 500 milioni – 500 mi-li-o-ni – di investimenti pubblici aggiuntivi nell’area, da aggiungere ad altri miliardi – in tre decenni – per un porto mai per altro terminato ed entrato in funzione? E quando la regione Sicilia dichiara di essere disposta a metterne sul tavolo altri 567 – 567, più dell’intero ammontare del credito d’imposta in ricerca all’intera industria italiana stanziato da governo nel 2009, che non ha aggiunto i 400 mil nominali e 250 di fatto attribuiti con la prassi medieval-finto-tecnologica del click day! – per difendere Termini, 1400 dipendenti e 700 di indotto?  Read More