19
Gen
2014

Pianificazione e fantapianificazione (aeroportuale e non)

In tema di aeroporti non c’è tre senza quattro per i nostri ministri di settore: dopo il “Piano” del ministro comunista Alessandro Bianchi sotto il governo Prodi del 2006-08, il piano del ministro ex aennino Altero Matteoli sotto il governo Berlusconi del 2008-11 e il piano del ministro tecnico Corrado Passera sotto il governo Monti del 2011-13 ecco il nuovo (inevitabile?) piano del ministro Lupi sotto il governo Letta. Ma a cosa servono i piani aeroportuali? A programmare nuova capacità/nuovi investimenti in aree territoriali o aeroporti soggetti a scarsità rispetto a un’elevata domanda?

Non è questo il caso. Essi hanno invece la finalità di imporre una gerarchia tra aeroporti che non riconosce quella spontaneamente delineata dalle scelte di passeggeri e vettori, statisticamente individuabile semplicemente ordinando in maniera decrescente il traffico annuale (non serve un piano, basta un foglio Excel coi dati Enac). La visione ideologica sottostante i periodici, e per fortuna inattuati (grazie alla cadute dei governi), piani aeroportuali è quella di un sistema centrato sul “Piano”, attorno al quale gravitano ad un primo livello i gestori aeroportuali, gerarchizzati in categorie, a un secondo livello i vettori aerei e a un terzo e ultimo livello i consumatori.  In questa visione tolemaica del sistema aeronautico i passeggeri sono al servizi dei vettori i quali sono al servizio dei gestori aeroportuali i quali sono al servizio del supremo pianificatore e tutto risulta in questi modo perfettamente armonico e ordinato.

Gli aeroporti sono inoltre classificati in tre distinti livelli gerarchici:

Undici aeroporti strategici (…) e ulteriori 26 scali di interesse nazionale. È quanto prevede il Piano nazionale degli aeroporti, in base all’informativa presentata (..) in consiglio dei ministri dal titolare dei Trasporti Maurizio Lupi. Un piano che rappresenta una “dieta” rispetto ai piani Matteoli e Passera. Per individuare gli scali strategici, il territorio nazionale è stato ripartito in 10 bacini di traffico e per ciascuno è stato identificato un aeroporto strategico, con l’eccezione del Centro-Nord, dove ce ne sono due. – Il Sole 24 Ore –

In ogni bacino gli scali di interesse nazionale sono evidentemente al servizio dell’aeroporto strategico e immagino che a tal fine dovranno essere limitati nel traffico che possono ospitare. Non è chiaro cosa accadrà agli aeroporti che non rientrano negli 11 né nei 26. Verranno chiusi? Limitati al traffico amatoriale, vietando quello commerciale? All’aeromodellismo? Potremo solo portarci i bambini per far volare aquiloni o solo aeroplanini di carta? Al momento non è chiaro.

Peccato per il pianificatore che il sistema sia ormai da molto tempo, soprattutto per effetto della liberalizzazione europea, policentrico e pulviscolare, guidato dalla domanda, reale e potenziale, dei consumatori. I vettori inseguono la domanda dei passeggeri e sono al loro servizio. I gestori aeroportuali inseguono la domanda dei vettori e sono al loro servizio. Non c’è alcun bisogno di un pianificatore ma solo di un regolatore del sistema, per gli aspetti tecnici e per quelli economici, in grado di favorire un uso sicuro ed efficiente delle infrastrutture. Del pianificatore bisogna diffidare perché egli intende pianificare l’offerta ma in realtà vorrebbe pianificare anche la domanda perché non facendolo la sua azione avrà pochissime probabilità di essere efficace. E forse la sua massima aspirazione sarebbe quella di pianificare anche i nostri desideri.

Un solo esempio per tutti: il pianificatore voleva a tutti i costi sviluppare Malpensa e per ottenere questo ha artificiosamente e consistentemente ridimensionato Linate ma i passeggeri anziché andare a Malpensa, che non ha mai decollato, hanno decretato il grande successo di Orio al Serio, che invece a nessun pianificatore sarebbe mai venuto in mente di sviluppare. Orio è attualmente il quarto aeroporto italiano per traffico, avendo superato da tempo Venezia, e sta tallonando Linate con la prospettiva, pianificatore permettendo, di superarlo già quest’anno. Ma un eventuale pianificatore di quindici anni fa lo avrebbe classificato con grande probabilità di terzo livello.

La pianificazione aeroportuale attuata dividendo l’Italia in bacini, sia ben chiaro secondo criteri puramente geografici e non di intensità della domanda, assomiglia moltissimo a una pianificazione zonale delle farmacie (una ogni x migliaia di abitanti, ma almeno i consumi farmaceutici sono uniformi): Pisa, Firenze, Bologna e Lamezia sono strategici mentre Linate e Orio no. Ma Lamezia ha avuto 2 mil. di pax nei primi undici mesi del 2013 mentre Linate 8,4 e Orio 8,3 milioni. Linate e Orio, a loro volta, sono di interesse nazionale come Brescia (10 mila passeggeri in 11 mesi, 30 al giorno in media…) e Comiso (non ancora pervenuto nelle statistiche). Chi riesce a intravvedere una qualche ratio se non quella di ostacolare la libera scelta degli attori economici?

Basta a tutta questa concorrenza disordinata, sembra dire il pianificatore. Tra aeroporti ma anche in moltissimi altri settori. Basta a tutta questa concorrenza nei quartieri tra panetterie, tra latterie, tra ristoranti. Così come abbiamo distinto tra farmacie e parafarmacie, facciamolo anche tra aeroporti e paraeroporti, tra ristoranti e pararistoranti. Una sola panetteria strategica per quartiere, un solo ristorante. Più due panetterie complementari, ma con una gamma ristretta di prodotti, e due ristoranti complementari, ma con un menu semplificato, deciso direttamente dall’assessore.

In questo modo recupereremo sicuramente la crescita economica di un tempo ribaltando il declino italiano.

 

 

You may also like

Lo Stato imprenditore post pandemico? Grazie ma no, grazie
Morire di infrastrutture—di Diego Zuluaga
Il sistema dei trasporti in Italia tra arbitrii e segreti—di Gemma Mantovani
L’Unione che non c’è — di Gerardo Coco

2 Responses

  1. Libero Pin

    tutto perfetto. è significativo osservare che i dati del traffico del 2012 sono stati pubblicati a fine marzo 2013. e già questo di aiuta a capire quanto spazio di miglioramento ci sia nell’enac, l’authority nazionale che non viene tenuta in considerazione proprio dalla politica. paese allo sfascio…

Leave a Reply