Banche, promesse e debiti
Dice il Bollettino di Bankitalia reso noto oggi che raddoppiano le esposizioni dei prenditori in sofferenza, e naturalmente il presidente dell’ABI Faissola continua a ripetere che è un’invenzione la restrizione di credito alle imprese. Domani mattina incontro tra Confindustria, ABI e Tesoro sulle modalità applicative dell’annunciata moratoria di un anno degli interessi dovuti dalle imprese alle banche, strumento sul quale ribadisco personalmente molti dubbi. Le banche, questo è certo, spuntano una nuova consistente sforbiciata al proprio imponibile, dopo quelle già ottenuta un anno fa sul riallineamento dei valori storici degli avviamenti. Come poi si possano obbligare gli istituti ad attuare l’avviso comune, pur una volta che davvero l’ABI lo avesse sottoscritto, su questo punto esistono problemi di costituzionalità a mio avviso non proprio secondari. Nel frattempo, nessuno se n’è accorto, tranne noi e gli amici di MercatoLibero con cui tante volte abbiamo condotto battaglie comuni quando dirigevo un quotidiano, ma nel frattempo che le banche intonano il “tutto ben madama la marchesa” il valore dei loro intangible asset ha finito per diventare maggiore della loro capitalizzazione. Gli intangible, com’è noto, sono quelli che si azzerano in caso di fallimento: dunque bisognerebbe andarci piano e svalutarli, quando diventa assolutamente evidente che il loro valore gonfiato altera in maniera esiziale la credibilità dello stato patrimoniale. Per capirci, oggi a Intesa gli asset intangibili valgono 28,9 miliardi a fronte di una capitalizzazione della banca di poco superiore ai 27, a Unicredit valgono 27 miliardi per una capitalizzazione che supera di poco i 28, e a MPS pesano addirittura 8,5 miliardi con una capitalizzazione della banca inferiore ai 6. Sarebbe il caso che Bankitalia almeno dicesse qualcosa? E’ vero che Draghi ripete incessantemente che le banche devono ricapitalizzarsi, ma forse un esplicito avviso sugli intangibile sarebbe appropriato. Che almeno le nuove regalie fiscali – che alle imprese sono negate – avvengano a fronte di svalutazioni consistenti … Per chi volesse poi fare un po’ di conti, qui i grafici aggiornati da Barry Eichengreen e Kevin O’Rourke che provano ineluttabilmente che stiamo andando decisamente peggio del 1929, per via delle banche. Allegria… Ma in Italia ora parte la grande commedia polemica dello scudo fiscale, ovvero dell’arte di come dividersi sull’utile inessenziale, rispetto al necessario essenziale che non si può citare per non irritare i banchieri.