17
Ago
2009

Uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo, quaquaraquà… e politici di professione

Non c’è bisogno di aver letto Gaetano Mosca per aver compreso che i politici sono una «classe» : che rappresentano, insomma, un gruppo separato. Quel che è peggio, però, è che essi perdono la stessa capacità di percepire la realtà, fino al punto di vivere in un universo tutto loro, in cui esiste da un lato la nostra realtà, piena di limiti e difetti, e dall’altro quell’eccezionale conglomerato di elezioni, visioni globali, posti di sottogoverno e destini da compiere che impregna la quotidianità della politica.

Chi ancora non si fosse avveduto di tale patologica deformazione percettiva che affligge quanti detengono un qualche potere, dovrebbe ascoltare questa intervista di Jan Helfeld a Nancy Pelosi, speaker della Camera statunitense. Il giornalista si limita a chiedere quanto siano retribuiti, dai parlamentari americani, i vari intern e collaboratori di cui i politici si avvalgono, e poi interroga l’esponente del partito democratico in merito al salario minimo obbligatorio.

L’intenzione è mostrare che non si può accettare che alla House of Representives vi sia chi lavora anche gratuitamente (“come volontario”, nelle parole della Pelosi), se poi si scende in guerra contro quanti lavorano per un pugno di dollari da McDonald’s o da Walmart.

Naturalmente la Pelosi trova offensive le stesse domande e pretende che il proprio interlocutore accetti la totale contraddittorietà di una posizione, la sua, che al tempo stesso contesta e legittima l’esistenza di retribuzioni sotto il minimum wage.

La parlamentare americana è però in buona fede. Servire la gente preparando panini imbottiti o sistemando beni alimentari sugli scaffali ai suoi occhi è un lavoro svilente, mentre il solo fatto di poter muoversi nei corridoi del Potere rappresenterebbe una promozione: un cambio di status. In fondo, nella linea di pensiero della parlamentare statunitense forse non ci sarebbe niente di male neppure se i suoi giovani collaboratori versassero qualcosa in cambio del privilegio che è riservato loro.

Il lavoro è per gli uomini comuni, mentre la politica è per il ceto superiore. Questo è il retropensiero che rende possibile uno schema argomentativo altrimenti del tutto irrazionale.

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3 Responses

  1. pietro

    Certamente la Pelosi non può ammetterlo esplicitamente, ma non è semplicemente possibile che il “volontariato” nella politica abbia forme di ricompensa per vie traverse più che sufficenti a ripagare la mancanza di una salario monetario?
    E in questo senso chi fa volontariato in politica ha un la possibilità di benefit ben superiori ad un eventuale salario minimo?

  2. Carlo Lottieri

    Caro Pietro, questa considerazione è molto opportuna. Però ciò è spesso vero anche nel caso di attività extra-politiche: ognuno negli uffici e nelle fabbriche è retribuito in dollari (o in euro), ma anche in esperienza, curriculum, conoscenze. E se le cose stanno così, chi è in grado di fissare un minimum wage? E perché far valere questo discorso solo per i portaborse? E che senso ha tenere in vita uno schema che unisca la “legalità” degli stages aziendali non retribuiti e la “illegalità” dei lavori scarsamente retribuiti, ma comunque retribuiti?

  3. Condivido in pieno, aggiungerei che non soltanto ai politici, purtoppo, succede di essere sconnessi dalla realtà e devono salvare il mondo solo mediaticamente ma a molti che ritengono di avere un pò di potere. L’umiltà ed il servizio ai cittadini non è contemplato perchè richiede un tempo lungo ed un lavoro costante come quello sugli scaffali, a scuola, nei laboratori degli artigiani di cui poi non si accorgerebbe nessuno. Meglio un Bossi che grida con la voce fioca c….te ed ha un audience nazionale ed oltre.

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