26
Giu
2013

Un aeroporto per ogni campanile

Raccogliendo esempi di sprechi su Wikispesa, si possono individuare diverse modalità di intervento pubblico nell’ambito aeroportuale.

Ci sono gli aeroporti fantasma che rimangono inutilizzati o quasi e che raccontano di soldi pubblici spesi senza generare alcun servizio.  E’ questo il caso dell’aeroporto di Comiso, inaugurato nel 2007 e da allora rimasto praticamente chiuso. Dopo aver speso 40 milioni di euro per costruirlo, a impedirne l’utilizzo era stato il mancato accordo su quale ente dovesse pagare lo stipendio ai controllori di volo.  Una storia simile riguarda lo scalo di Brescia- Montichiari, definito da Repubblica nel 2011 come “la cattedrale delle cattedrali nel deserto”. In questo caso l’inutilizzo dell’aeroporto è dovuto in gran parte ad un problema di fondo: lo scalo si trova in un’area, quella compresa tra Milano e Venezia, in cui c’è un aeroporto ogni 40 km. Tra Torino a Trieste c’erano 11 scali, con una densità massima di 5 aeroporti in un raggio di 120 km, in Lombardia: inevitabilmente non tutti riescono ad avere abbastanza traffico, tanto più quando la congiuntura riduce i movimenti di persone e merci.

Eppure, sembra che per un Ente Locale avere un aeroporto tutto suo sia una necessità irrinunciabile. La Regione Valle d’Aosta ha speso circa 40 milioni di euro per trasformare in aeroporto commerciale lo scalo del capoluogo che prima era un aeroclub specializzato nel volo a vela. La nuova struttura, rimasta chiusa per anni, non solo è costata cara, ma per essere mantenuta operativa a fronte del pochissimo traffico richiederà un costante esborso da parte dell’ente locale.

L’intervento pubblico nell’ambito aeroportuale può poi assumere la forma di contributi pubblici versati agli operatori che utilizzano lo scalo. La Regione Puglia, come tante altre, sussidia chi usufruisce dei suoi aeroporti: 18 milioni di questi contributi sono andati sprecati a seguito del fallimento della compagnia low-cost Myair. La Corte dei Conti ha evidenziato la leggerezza con cui tali contributi sono stati erogati “a fronte di fideiussioni non conformi a quanto normativamente previsto”  e nonostante il fatto che la società fosse già in una “rilevante situazione debitoria con omesso versamento di imposte erariali”.

Infine l’intervento pubblico può consistere nel ripianare sistematicamente le perdite degli aeroporti, pur di tenerli in piedi. L’aeroporto di Asiago, ad esempio, ha creato perdite ogni anno dal 2000 al 2011 e non sarebbe sopravvissuto senza l’intervento finanziario del Comune. Per questo motivo la Corte dei Conti ha recentemente invitato il Comune a dismettere la sua partecipazione, e questo pone lo scalo a rischio chiusura. Nella deliberazione del Collegio si leggono una serie di indicazioni interessanti sulla buona gestione delle società partecipate, in particolare il principio che esse non possano operare sistematicamente in perdita. Ma questa argomentazione assume maggiore valore, nel caso dell’aeroporto in questione, perché si tratterebbe di attività “facoltativa” per il Comune e perché la ricaduta di questa spesa sul territorio non è stata dimostrata – secondo le motivazioni della Corte dei Conti.

Emerge da tutti questi soldi sprecati negli aeroporti (e i lettori sono invitati ad aggiungere casi di loro conoscenza alle voci di Wikispesa citate) un filo conduttore. L’origine di questi sprechi è da rintracciarsi in un’idea economica secondo la quale una spesa o investimento pubblico viene moltiplicato sotto forma di maggiori redditi sul territorio in cui viene effettuato. Porte aperte, dunque, per quell’Ente Locale che decida di costruire un aeroporto, sussidiare chi lo utilizza, ripianarne di anno in anno le perdite; in questo modo – e questo è il ritornello immancabile– creerà lavoro, traffico, indotto e ricchezza per il territorio di sua competenza. Quello che questa teoria economica omette di raccontare è che quella stessa spesa pubblica avrà anche un altro effetto: distruggerà dell’altro lavoro e degli altri redditi, quelli che sarebbero derivati dalle decisioni economiche dei contribuenti se a questi non fossero state sottratte le risorse consumate in quegli aeroporti. In altre parole: per portare lavoro nell’aeroporto e nel suo indotto bisogna prelevare più soldi ai contribuenti. Soldi, questi, che non potranno più “ricadere” sull’economia sotto forma di maggiore disponibilità a comprare vestiti, libri, cene al ristorante et cetera, ma anche sotto forma di consumi futuri (cioè risparmi).

Dimenticarsi di queste che dovrebbero essere, ma non lo sono, ovvietà economiche, e favorire l’intervento pubblico come se potesse produrre ricchezza, porta  solo ad un Paese ricco di aeroporti inutili ma povero di lavoro e reddito.

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6 Responses

  1. giuseppe

    Purtroppo è uno dei molti aspetti negativi dell’autonomia Regionale.
    Ho conosciuto un politico che aveva la faccia tosta di promettere contemporaneamente l’Aeroporto in ognuna delle cinque province del Lazio nelle quali casuamente si trovava per un discorso o una qualunque occasione. Facilmente smascherabile in un solo giorno (perché la mattina si impegnava a Frosinone, la sera a Latina, il giorno dopo a Viterbo (solo Rieti è rimasta indietro) Ma purtroppo sembri che funzioni. Tanto è vero che è stato rieletto.

  2. ALESSIO DI MICHELE

    Una questione che mi ha sempre incuriosito è quella delle opere inutili, e cioè: vuoi fare keynesismo elettorale ? Vuoi prendere/distribuire tangenti ? Va bene (va male), ma perchè non lo fai con le opere utili ? Da cittadino italiano prima e romano poi mi vergogno ogni volta che vado all’ estero nel fare il confronto tra le loro metropolitane e quella capitolina: e non mi vergogno tanto a Berlino od A Parigi, l’ ho sempre dato per scontata la loro superiorità, mi sono vergognato quando ho provato la metropolitana di Praga, cioè grossomodo di una Firenze spostata ad est, che dal 1918 al 1989 ha preso solo schiaffi, dalla storia.

    Perchè tu, o politico, non ti ingrassi che so, coi depuratori (siamo o dovremmo essere un paese turistico), con le metropolitane, rifacendo il manto stradale delle nostre città, facendo funzionare la scuola, …: io non credo che gli altri paesi siano santi, a Parigi ho visto la stranissima metropolitana con le ruote di gomma e poi mi sono ricordato che il più grosso produttore di gomme si chiama Michelin, so di impicci per l’ aeroporto di Monaco di Baaviera, ecc. ecc., ma sono cose che servono sul serio; noi vogliamo cose che siano appariscenti (quindi continueremo con Roma e Milano che insieme hanno meno linee sotterranee di Madrid) ed inutili, forse perchè chi dirige una cosa inutile ed in perdita è sempre “sotto schiaffo” del politico che lo ha nominato, mentre se dirigi qualcosa di importante e redditizio puoi sempre spernacchiare quello a cui dai fastidio ?

  3. Paolo

    La soluzione per gli aeroporti italiani non passa certo dal finanziamento pubblico, ma da una maggiore e più incisiva funzione di controllo e pianificazione.
    Domanda: chi si occupa di aeroporti in Italia? Risposta: ENAC.
    Esistono realtà chiamate aeroporti minori che ben rispecchiano il concetto di “Un aeroporto per campanile” e che potrebbero essere comodamente utilizzati dall’aviazione generale senza costi per il contribuente. Siccome siamo impegnati a sostenere importanti e strategici investimenti come Comiso oppure ad elargire contributi a compagnie con la storia già segnata come Myair (parente prossima di Volare, con una storia tristemente simile…), ecco che gli sforzi dell’Ente Nazionale Aviazione Civile si concentrano in iniziative poco produttive e lasciano in un cassetto tutto il resto.
    Questo articolo ben dipinge la situazione italiana, dimenticando tuttavia che molte responsabilità sono di ENAC e che probabilmente certe situazioni non esisterebbero se l’Ente Nazionale fosse realmente indipendente e votato al sostegno dell’aviazione piuttosto che degli interessi di alcuni-soliti noti.
    Chiudo con una chicca liberista: il commissario di ENAC sostiene che l’ente ha da sempre i conti in ordine, peccato che i costi per l’avvio di una compagnia di navigazione siano oltre tre volte più alti che nella costosissima Gran Bretagna, oltre che durare almeno il doppio del tempo! Si fa in fretta ad avere in conti in ordine, basta far pagare più tasse…

  4. Giovanni Bravin

    Il Lazio ha attualmente due aereoporti gravitanti su Roma, e basta. La gran parte degli aereoporti italiani è ubicata al nord, e spesso a distanze inferiori al viaggio do 30 minuti di auto o navetta. Asiago, a poca distanza da Treviso, e nella stessa provincia non avrebbe futuro in alcun modo, infatti manca di collegamenti ferroviari, autostradali e stradali. Se poi analizziamo la situazione aereoportuale a sud di Roma, fare pena è dir poco. Trovo inutile e solo propaganda elettorale del momento, promettere aumenti di flussi turistici in Regioni che sono già difficili da raggiungere coi mezzi ordinari perché èrivi di collegamenti aerei. Uno straniero dovrà sobbarcarsi MILLE difficoltà se volesse fare le proprie vacanze nel Meridione d’Italia. Aosta merita un discorso a parte. Tour Operators stranieri, diretti in VdA, preferiscono atterrare a Ginevra, affrontare una frontiera (Svizzera-Francia) e pagare il transito del Tunnel del Montebianco, anziché atterrare a Totino, chissà perchè….

  5. Francesco_P

    @Paolo, 26 giugno 2013

    Lei ha perfettamente ragione. Gli aeroporti campanilistici sono un di cui della spesa pubblica spazzatura che grava sul sistema Italia rendendolo non competitivo ed obbligandoci alla iper-tassazione. Peraltro, in Italia l’aviazione civile è fortemente penalizzata da vincoli, tasse, costo del carburante e persino dal redditometro per i velivoli da turismo. Una perfetta contraddizione all’italiana: costruisco più aeroporti del necessario e poi penalizzo chi li potrebbe usare!

    Quello che manca a livello popolare è la consapevolezza diffusa della quantità di soldi letteralmente “gettata nel cesso”, mentre la propaganda tende a sviare l’attenzione della gente sulle ragioni della crisi economica ed industriale che ci sta portando verso il collasso.

  6. Luca Bertagnolio

    Dice benissimo Paolo. Noi piloti di piccoli aerei ed ultraleggeri, poi, siamo i piu’ toccati da questi continui scandali delle societa’ di gestione e degli interessi della politica e della burocrazia nei tanti piccoli aeroporti in giro per l’Italia. Alla fine ci tocca pagare delle bollette molto salate per dei servizi che potrebbero essere tenuti a costo molto bassi, ma che invece diventano iper costosi per le spese fisse che questi ridicoli aeroporti ex-piccoli ma mai diventati grandi hanno.

    Quindi siamo tassati come cittadini in primis, ed in secondo luogo come piloti non possiamo nemmeno pensare di usare uno di questi aeroporti perche’ i costi sono talmente alti, che non conviene andarci.

    Meglio atterrare su piccoli campi volo od aviosuperfici private, e difatti in Italia si e’ vista un’esplosione di queste strutture. Per fortuna il mercato se ne frega di Keynes e funziona sempre nel modo migliore.

    Triste pero’ vedere come nella vicina Francia le cose sono gestite in modo molto piu’ efficiente.

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