21
Ago
2013

Contributi europei, una manna pagata cara

In quale misura i contributi erogati dall’UE diventano oggetto di truffe? Come tutti  i fenomeni illegali non si può contare su molti dati statistici per rispondere a questa domanda. La fonte più affidabile di dati sembra essere l’Office européen de Lutte Anti-Fraude (OLAF), ufficio interno alla Commissione europea e destinato alla scoperta di frodi ai danni del bilancio europeo, sia sul lato delle uscite che delle entrate. Nell’ultima relazione che l’OLAF ha esposto al Consiglio e al Parlamento europei si trovano una serie di numeri interessanti per descrivere il fenomeno delle truffe ai danni dei finanziamenti europei.

L’OLAF riceve segnalazioni su possibili frodi e irregolarità da diverse fonti; nella maggior parte dei casi queste segnalazioni provengono dai soggetti responsabili di gestire quei fondi europei nelle istituzioni o nei Paesi membri. Dopo aver aperto un’inchiesta, l’OLAF prosegue l’indagine  in stretta collaborazione con le autorità nazionali.

Le voci di uscita principali dell’Europa sono rappresentate dalla Politica agricola comune (PAC), che nel 2012 ha assorbito 55,8 miliardi ovvero il 37,9 percento del bilancio europeo (che nel 2012 era pari a 147,2 miliardi), e dalle politiche di coesione, che nel 2012 hanno assorbito 45,1 miliardi ovvero il 30,7 per cento del bilancio europeo.

Secondo la relazione, nel 2012 l’OLAF ha individuato 204 irregolarità da ascriversi a condotte fraudolente ai danni della PAC e 198 ai danni delle politiche di coesione. Nel caso della PAC i Paesi nei quali l’OLAF ha individuato, tra il 2008 e il 2012, un maggior numero di truffe sono stati: Italia (199 truffe), Polonia (171), Bulgaria (128), Romania (95) e Ungheria (89). Nel caso delle Politiche di Coesione invece il numero maggiori di truffe tra il 2008 e il 2012 si è registrato in: Germania (103), Polonia (93), Repubblica Ceca (52), Romania (40) e Italia (34).

Questi numeri in realtà non permettono di arrivare a molte conclusioni. Non è dato sapere in che misura le truffe individuate dall’OLAF rappresentino l’insieme di truffe che vengono effettivamente perpetrate ai danni dell’erario comunitario. Così come non è dato sapere se i Paesi nei quali l’OLAF individua più truffe siano quelli in cui abbia luogo un maggior numero di condotte fraudolente o piuttosto quelli nei quali le truffe vengano denunciate e portate alla luce più facilmente.

Su Wikispesa abbiamo raccontato un caso limite di truffa e spreco ai danni dei finanziamenti europei: la Formazione Professionale in Sicilia. Solo nel periodo 2007-2013, il Fondo Sociale Europeo ha destinato alla territorio siciliano il 50% di un budget pari a 2.084.308.298 euro  finalizzato esclusivamente alla formazione professionale: il restante 50% è stato finanziato in gran parte da Roma (833.723.319 euro) e infine dalla Regione Sicilia (208.430.830 euro). Per avere un termine di paragone, i finanziamenti pubblici effettivamente stanziati dall’ultimo decreto del Fare a sostegno delle PMI di tutta Italia non superano i 200 milioni per il prossimo anno. In rapporto ai finanziamenti per la formazione siciliana sono state scoperte numerose truffe, l’ultima della quali scoperta a fine giugno e che ha portato a 47 persone indagate, 17 arresti e 28 milioni di sequestri. Sono stati portati alla luce anche numerosi intrecci tra parenti e diversi casi di contributi spesi a beneficio di esponenti politici .

Ma l’aspetto più impressionante della vicenda è la distorsione creata dall’arrivo di fondi così generosi. Sull’isola infatti si sono moltiplicate le strutture che offrono i corsi per la formazione professionale: nel 2011 la Sicilia offriva 1.816 strutture ai suoi 5.051.075 abitanti contro le 580 disponibili ai 9.917.714 residenti in Lombardia. Scorrendo nella lista di corsi finanziati dall’UE si legge una offerta di formazione professionale a dir poco esaustiva: si trovano progetti formativi intitolati “Banchetti e ricevimenti”, “Cuore, mente e professionalità”, “I frutti dell’Etna”, “Una carezza per la gioia” fino a “Dal dialetto al teatro dialettale nel gelese”.

Restiamo allora con il dubbio su come quantificare le truffe ai danni dei finanziamenti europei, ma neppure perdiamo fiducia nell’adagio per cui quando ci sono contributi pubblici – laddove cioè venga riconosciuto ad un soggetto politico  il potere di redistribuire soldi altrui – se non ci sono truffe ci saranno sprechi. I contributi europei rappresentano una vera e propria manna per alcuni territori, risorse economiche che arrivano da chissà quale Paese e che sembrano un dono del cielo, in un meccanismo che riduce la percezione del fatto che ogni euro che arriva da un’istituzione politica sia un euro prelevato da un contribuente. Tali contributi possono magari aumentare il consenso degli europei nei confronti dell’intera struttura comunitaria, ma non possono certo aumentarne il benessere economico tout court. In questa valle di lacrime nulla è gratis e gli stessi finanziamenti che hanno arricchito un territorio hanno anche impoverito qualche altro contribuente europeo. Questo discorso vale a maggiore ragione per l’Italia, Paese finanziatore netto della spesa europea: nel 2011 la spesa europea destinata all’Italia era pari a 9,59 miliardi di euro contro un contributo nazionale totale pari a 14,34 miliardi.

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1 Response

  1. Francesco_P

    Per ottenere i fondi europei servono complesse procedure e bisogna presentare una corposa e complicata documentazione. Nessuna truffa al mondo si è mai fermata di fronte alla complessità burocratica, anzi, ha sempre tratto forza dalla quantità di carte da presentare e dalla conseguente esclusione dei soggetti non organizzati per la burocrazia.
    Purtroppo l’Europa insiste nella sua perversione, ignorando il buon senso e la lunga storia delle euro-truffe che interessano, chi più chi meno, tutti gli Stati. La cosa migliore sarebbe eliminare i fondi risparmiando sul budget. Volendo proprio favorire con i soldi dei contribuenti le aree meno sviluppate oppure settori vitali, ma non remunerativi (agricoltura), sarebbe più utile ispezionare le realtà finanziate e pagare le fatture per le prestazioni effettivamente erogate anziché controllare quintali di carta.
    Scusate l’ovvietà delle mie considerazioni, ma, quando l’evidenza non è tale per un’organismo pubblico, è sintomo di una grave malattia.

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