13
Nov
2009

Perché non tifare Obama sul $ nel week end

L’Italia è finalmente ripartita nel terzo trimestre, e col suo più 0,6% di Pil insieme alla Germania va meglio della media europea, meglio della Francia e BeNeLux, molto meglio dei Paesi in cui l’economia è ancora a segno meno, come Regno Unito, Grecia e Spagna. È financo ovvio che cresciamo di più insieme alla Germania sul trimestre precedente, perché avevamo perso di più: ma vale la pena di ripeterlo. Dopo un anno e mezzo, l’inversione del ciclo deve vedere tutti – imprese e governo, banche e sindacati – concentrati nello sforzo di sfruttare ogni margine possibile della ripresa del commercio internazionale, il vero motore della crescita italiana. Proprio poiché la nostra crescita aggiuntiva è creata per circa il 70% dalle esportazioni e non dalla domanda interna – e un giorno o l’altro bisognerà mettere mano al riequilibrio – bisogna però prestare attenzione a un aspetto il più delle volte trascurato: il metro monetario che misura prezzi e valori del commercio estero.

È giusto pensare che con più tecnologia e innovazione cresce il valore aggiunto dei prodotti italiani, e dunque che fisco e banche dovrebbero  agevolarli. Ma anche per i più innovativi la ripresa può diventare una chimera, se ci si misura con una propria valuta troppo forte, l’euro, rispetto a quella che resta prevalente nel mondo, il dollaro.
Questo fine settimana avverrà un evento che rischia di avere conseguenze dirette proprio sul rapporto tra euro e dollaro. È un evento totalmente fuori dal controllo europeo e italiano. E conosco sin qui un solo economista che giustamente inviti tutti a prestarvi grande attenzione, fino a chiedere che Bce ed Ecofin lo seguano in diretta, per essere pronti a reagire all’indomani. Quell’economista è Paolo Savona. E l’evento in questione è la prima visita in Cina di Barack Obama.
Semplificando, gli Stati Uniti avrebbero tutto l’interesse a che il dollaro svalutasse ulteriormente. Nei mesi dalla crisi Lehman Brothers fino al marzo scorso, il dollaro era salito dell’11% rispetto al paniere misto di valute del Fondo Monetario. Nella paura generale, malgrado la crisi si originasse in America anche per i suoi paurosi squilibri della bilancia dei pagamenti, in molti si rifugiavano nel dollaro come valuta di riserva. Dacché a marzo i mercati finanziari hanno ripreso fiducia, il dollaro si è svalutato di oltre il 13%, varcando la soglia di 1,5 biglietti verdi per un euro. La Cina se n’è molto avvantaggiata, giacché il suo renminbi ha un rapporto di cambio semifisso rispetto al dollaro. Da anni gli americani chiedono a Pechino di rivalutare, visto che la valuta cinese debole comprime ulteriormente in termini reali i costi già bassissimi della merci cinesi. Ma Pechino è stata ferrea, ha dosato gradualmente una rivalutazione sul dollaro del 15% in un quinquennio, più che compensata dalla svalutazione del dollaro stesso sull’euro.
La rivalutazione della moneta cinese dovrebbe spingere Pechino a esportare meno, e importare di più, cosa di cui il mondo ha bisogno. Dall’inizio dell’anno, anche se i consumi cinesi hanno avuto uno spettacolare aumento di quasi il 15%, le importazioni sono scese in realtà di quasi il 20%. Ma i cinesi hanno un buon motivo per dire no a Obama: Pechino non è interessata alla svalutazione del dollaro, perché significa deprezzare i quasi 3mila miliardi di dollari in riserve che detiene in dollari.
Qual è l’interesse italiano? Un dollaro in caduta libera e un euro più forte significa meno competitività per chi esporta made in Italy in America. E significa competitività più difficile per la nostra meccanica fine, macchine utensili e metallurgia di qualità, settori a rischio di potente ridislocazione verso Far East, India e Brasile. Lo sanno bene sulla propria pelle gli imprenditori, che in duemila ieri ad Assago hanno fatto tremare la sala dagli applausi, quando Emma Marcegaglia ha lamentato il dollaro a un euro e mezzo.
Eppure, a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali, l’Europa sembra appoggiare la richiesta americana di una rivalutazione cinese, dimenticando che il suo effetto sarebbe una caduta ancor più libera del dollaro, sotto la triplice pressione dell’enorme deficit pubblico americano, dell’opportunità così facendo di ridurre il valore reale dei debiti USA, e di alimentare un po’ di inflazione da spargere in tutto il mondo attraverso il dollaro fluttuante.
L’Europa si illude, così facendo, che l’euro diventi una valuta di riserva in grado di sostituire gradualmente il dollaro. Ma mentre sarebbe tutta da verificare, tale ipotesi nel medio e lungo periodo, nel breve l’effetto certo sarebbe di rendere più difficile la ripresa proprio a chi esporta di più e a chi più dipende dall’export: cioè all’Italia. Altri Paesi europei hanno interessi diversi dai nostri,  a loro più anche spiacere meno il dollaro debole. Ma per i nostri politici e banchieri, tifare Obama in questo fine settimana significa solo far male all’impresa italiana.

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7 Responses

  1. Silvio Scuotri

    Sono pienamente d’accordo, anche se purtroppo non mangio tanto di economia pura ma sono convinto che il solo ingresso nel euro sia stata una mossa invalidante per le nostre esportazioni figuriamoci ora che si apprestano scenari come quello espresso nel suo articolo.
    Non abbiamo materie prime, abbiamo costi energetici notevoli grazie anche a scelte scellerate dettate più da logiche di partito che necessità reali (es. referendum sul nucleare) e lo stato ci mette del suo. Senza contare che non si sono adeguati gli stipendi al costo della vita che avrebbero sicuramente aumentato il costo del lavoro finale.
    Quante sono le possibilità di essere competitivi di fronte a realtà emergenti come quella dei paesi asiatici o del est.
    Siamo veramente sicuri che la svalutazione della “cara vecchia” lira ora non ci farebbe comodo?

  2. darmix

    beh anch’io nessuna esperienza di economia, solo qualche curiosità. Però basta fare una piccola ricerca su google per vedere che tutte le stime di molti grandi economisti parlavano di Pil che sarebbe ricominciato a crescere, in Italia, lentamente solo nel 2010. Vero è quindi che vale la pena di ripeterlo, ed è financo ovvio che cresciamo di più insieme alla Germania sul trimestre precedente, perché avevamo perso di più, ma vale anche la pena di ripetere che ci sono tanti paesi (come l’Uk che continua ad avere un segno meno e dove il Pil calerà secondo le stime del 4,4% nel 2009, ma il dato attuale lo farebbe salire al 5,9% dall’inizio della recessione, in linea con un -6%, così leggo) che crescono molto meno rispetto sempre alle stime dei tanti grandi economisti di cui sopra. E che se dalla stima del -5,1 si passa ad una del -4,8 nello stesso 2009, una piccola, microscopica buona notizia che inverte la tendenza c’è anche. O no?

  3. Secondo me spesso dimentichiamo (grazie ai politici che ci prendono in giro) dove era posizionata l’asticella dell’Italia prima che iniziasse la crisi economica.
    L’altezza delle asticelle che le nazioni sono in grado di saltare sono sempre posizionate ad altezze differenti, inoltre il range di spostamento nel tempo dell’asticelle da saltare è diverso da nazione a nazione.
    L’inghilterra ha privilegiato l’economia della finanza ed è per quello che la sua asticella è scesa di parecchio, ma tale asticella secondo me sta sempre molto al di sopra di quella italiana.
    Inoltre le differenze strutturali tra le diverse nazioni faranno VERAMENTE vedere la capacità di spostare in alto l’asticella quando l’economia ripartirà.
    Un’altra cosa, si parla sempre di Cina e India che sono sempre dei degli attori fondamentali di come si muove il mondo, ma in Italia a mio parere non abbiamo veramente capito del pericolo (ma che dovremmo trasformare in opportunità) dei paesi dell’est europa.
    Se non ricordo male, ad eccezione della regione di Praga tutte le altre regioni di quelle nazioni rientrano nell’obiettivo 1 dei POR, ovvero piani operativi regionali e riceveranno una marea di finanziamenti nel periodo 2007-2013.
    Le regioni italiane che ne hanno usufruito sino adesso hanno sprecato tale opportunità e non hanno elevato la propria asticella, ma se le regioni dell’europa dell’est elevassero la propria asticella sfruttando i finanziamenti POR quali sarebbero le conseguenze per l’Italia?

  4. Va premesso che in questo momento formulare previsioni sul tema risulta assolutamente arduo. Per di più l’intero “ambiente” è saturo di informazioni fuorvianti. Le dinamiche che guidano i rapporti valutari sembrano fortemente segnate dall’approssimarsi di punti di svolta non eludibili. Si può pensare che i Cinesi in questo momento siano più che altro preoccupati di come disfarsi dell’imponente mole di USD accumulata nelle loro mani prima che rimangano… con il cerino acceso. La correlazione inversa tra andamento del dollaro e stock azionari (saliti con una dinamica difficilmente sostenibile sulla base dei fondamentali) e la quantità di derivati in circolazione (soprattutto CDS che dovranno essere onorati in dollari) potrebbe nel giro di due/quattro mesi condurre verso uno scenario che renderebbe assai felici i Cinesi e che si presenta come l’evoluzione naturale di una vicenda che, per essere messa a fuoco, richiederebbe di essere analizzata a debita distanza (e non, come al solito, a cinque centimetri dalla superficie).

    Non vorrei essere additato come insanamente catastrofista ed ovviamente premetto che si tratta solo di una personalissima ipotesi, ma non sarebbe a mio modo di vedere fuori luogo prospettare:
    a) un dollaro che scivola verso 1,60/1,65 nel breve mentre le borse festeggiano, a trimestrali ormai presentate (e prima delle prossime!), nuovi massimi. Oro che vola a 1250 USD/oncia.
    b) aggravarsi della crisi in US (nuova ondata di pignoramenti, incremento del numero settimanale delle banche i cui asset vengono “salvati” dalla FDIC, perdita di valore dei titoli che incorporano le cartolarizzazioni CRE), conseguente forte richiesta di USD (che si apprezzerebbe) a livello mondiale per far fronte al debito per onorare credit default swaps, calo delle borse, calo dell’oro (denominato in USD).

    A quel punto i Cinesi sarebbero serviti. In concomitanza con la forte richiesta di USD potrebbero provvedere loro a “servire” il mercato, magari, perchè no, comprandosi un poco di preziosi (si veda il recente acquisto dall’IMF da parte della banca centrale indiana). Sarebbe, per loro, una buona exit strategy prima dell’ulteriore affondo della valuta USA…..

    Fantaeconomia?

    Daniele

  5. Renato

    Commento tanto per fare “quattro chiacchere” relativamente al futuro del dollaro o della ripresa, o ecc., …….
    Premesso che non sono un’economista quello che noto e’ che spesso gli sviluppi economici avvengono in maniera diversa se non addirittura in maniera opposta alle previsioni degli analisti che vengono dati al “popolino” (sui vari organi d’informazione) per poi fare degli aggiornamenti rapidissimi quando i fatti reali appaiono nella loro evidenza e quindi visibili a tutti.
    Ritengo che le notizie “vere” a livello “strategico” vengono tenute ben “nascoste” dagli enti centrali e dai centri di potere economico mentre vengono date spesso delle informazioni, dei dati, dei “suggerimenti” credibili ma errati che fanno cadere in errore analisti, mercato, ecc.. in modo che si questi comportino di conseguenza (ed anche, perche’ no, per farci qualche speculazione ovviamente sempre a danno dei risparmiatori).
    Quanto sopra per dire che, personalmente, sono sempre molto scettico sulle varie previsioni/ valutazione dato che il passato ed in particolare quello recente, ha dimostrato come certe valutazioni/ dichiarazioni, ad esempio, quelle delle valorizzazioni delle banche (sia Usa che UE) prima del crak e/o quelle delle previsioni del costo del petrolio che nella meta’ del 2008 che lo davano proiettato nel futuro piu’ o meno breve addirittura a 180-200 dollari al barile si sono dimostrate errate/ false.
    L’unica cosa che ritengo certa e’ che nel futuro il mondo economico dovra’ trovare un’equilibrio fra le risorse della terra ed i consumi dato che in un mondo finito la crescita non puo’ essere infinita.

  6. Renato

    @Silvio Scuotri
    Premesso che non sono un’economista, in relazione all’entrata dell’Italia nell’euro ritengo questa una cosa ottima mentre il fatto di risolvere il problema dell’esportazione puntanto sul cambio delle monete come il governo italiano ha sempre fatto in passato “svalutando” la vecchia lira la ritengo una soluzione sbagliata anche se “tampone” mentre la competivita’ deve essere ricercata nel rendere l’industria italiana all’avanguardia per il suo livello tecnologico ed organizzativo.

  7. anche all’ Italia dovrebbe far piacere l’Euro forte, proprio per migliorare la domanda interna. Inoltre le imprese sono ormai delocalizzate nei paesi con costo del lavoro più basso. Mi posso sbagliare ma leggendo quello che dice il suo presidente sembra che sia la Francia quella che urla di più per svalutare l’euro

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