3
Gen
2011

Servizi postali: una liberalizzazione incompiuta

I primi giorni dell’anno marcano l’esordio della liberalizzazione dei servizi postali, voluta dall’Unione Europea ed accolta con riluttanza dal legislatore italiano. Se i nomi hanno un significato, di “liberalizzazione” sembra, invero, generoso parlare a proposito del decreto di recepimento approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nell’ultima seduta del 2010.

Contrariamente alle previsioni più ottimistiche, il testo del provvedimento non pare discostarsi dalla bozza anticipata da 2+2, principalmente in virtù della volontà di tutelare il sottostante accordo politico, che ha vanificato un’opportunità di rielaborazione del documento governativo.

In un recente Briefing Paper ho tentato di delineare i tratti fondamentali di un processo di liberalizzazione credibile ed efficace del comparto: le norme licenziate dal Consiglio dei Ministri mancano il confronto con tutte le proposte suggerite. Non v’è traccia di aggressione alla posizione dominante di Poste Italiane, alle asimmetrie con i concorrenti, alle ambiguità sul futuro dell’ex monopolista. È esclusa qualsiasi prospettiva di sviluppo del mercato liberalizzato, tale da prescindere dal ruolo centrale dell’operatore pubblico.

Colpisce particolarmente la mancata assegnazione delle mansioni di regolamentazione all’ente maggiormente titolato ad occuparsene: Agcom, mentre – lo ricorda Fulvio Sarzana – la stessa Autorità viene investita di responsabilità che poco hanno a che vedere con le sue competenze.  Altrettanto criticabili la delimitazione del servizio universale (si pensi all’inclusione sino al giugno 2012 del direct mail), ed il mantenimento della riserva su alcuni servizi potenzialmente contendibili (ad esempio, gli invii raccomandati relativi agli atti giudiziari).

Come ha ricordato Paolo Gentiloni su Il Sole 24 Ore, la possibilità di rettificare lo schema di provvedimento è ora concessa al Parlamento – che dovrà esaminare il testo prima della definitiva approvazione. Un profondo ripensamento del decreto è indispensabile ad evitare che, già a gennaio, la liberalizzazione dei servizi postali vada annoverata tra i buoni propositi traditi del 2011.

1
Gen
2011

Capodanno coi botti. Il debito esplode

La Banca d’Italia ha diffuso il dato (provvisorio) sul debito pubblico ad ottobre 2010: 1.867,4 mld. Ai primi di ottobre, il nostro modello stimava un debito per ottobre pari a 1.853,2 mld, ergo abbiamo sottostimato il debito di quasi 14 mld. Siamo sicuri che a tutti avrebbe fatto piacere se avessimo avuto ragione, ma il Leviatano ha vinto un’altra volta. Perché stiamo sistematicamente sottostimando la crescita del debito? E perché, probabilmente, a dicembre abbiamo sovrastimato la sua riduzione dovuta alle abituali operazioni di buyback del Tesoro? Il nostro modello si basa, necessariamente, su quanto è accaduto negli scorsi anni. Ma, come recita la maledizione cinese, stiamo vivendo in tempi interessanti, caratterizzati dal rallentamento della crescita economica e, con essa, delle entrate fiscali. Le spese, invece, non scendono mai. Sicché il paese deve indebitarsi di più, per rispettare l’equilibrio dei conti. In altre parole, le cose continueranno ad andare peggio di come sembra, perché – in assenza di riforme – nella migliore delle ipotesi, continueremo ad andare alla deriva, come accadeva prima della crisi. Nelle ipotesi più pessimistiche, andremo alla deriva in modo violento, sfasciandoci sugli scogli. Lo scoglio più grande è, appunto, il debito.

Proprio per questo, noi continuiamo ad informarvi e a fare il nostro lavoro; a gennaio prevediamo che il Debt clock riprenderà a crescere ad una velocità di 8515 euro al secondo (!!), per raggiungere, a fine mese, la cifra di 1.858,5 mld dopo la riduzione di fine anno. Insomma: il calo di dicembre è durata lo spazio di un’illusione. Non esiste un Babbo Natale abbastanza generoso da portarsi via il fardello che pesa su di noi, i nostri figli e i nostri nipoti. C’è un solo modo di uscirne: riforme pro-crescita a costo zero, come le liberalizzazioni, privatizzare tutto il privatizzabile, e tagliare la spesa per ridurre le tasse. Qui ci sono i nostri suggerimenti per liberare l’Italia. L’alternativa è pianto e stridor di denti. (ll&cs)

29
Dic
2010

Marchionne non è americano, la svolta è made in Italy

L’accordo per Pomigliano raggiunto oggi recepisce l’intesa di giugno non firmata dalla Fiom, ma soprattutto estende alla newco campana la condizione posta anche nell’accordo di Mirafiori, cioè l’esclusione dalla rappresentanza sindacale delle sigle che non sottoscrivono le intese. E’ una condizione che i sindacati dei metalmeccanici appartenenti a Cisl, Uil, Ugl e Fismic approvano e condividono. Ma sbaglia moltissimo chi, credendo così di dar manforte a Sergio Marchionne, parla di “svolta americana”. Non lo è affatto. Qui non si propone di abbattere a meno della metà la paga dei neoassunti. Non sono americane le nuove intese su turni e pause, retribuzione aggiuntiva e lotta all’assenteismo, straordinari oltre la quota indicata dal contratto nazionale e contestuali impegni a non proclamare scioperi e agitazioni quando l’azienda chiederà proprio quegli straordinari aggiuntivi. E anche la nuova clausola sulla rappresentanza, anch’essa con l’America non c’entra niente. Read More

29
Dic
2010

I Moltiplicatori Insufficienti di Cwik e Wieland

La ragione a volte arriva per vie inaspettate. T. Cwik e V. Wieland, nel working paper n.1267 della BCE “Keynesian Government Spending Multipliers and Spillovers in the Euro Area”, ci confermano che il moltiplicatore della spesa pubblica è inferiore a 1, cioè che per ogni euro di spesa pubblica il PIL sale solo di una frazione di euro; si smentiscono così le teorie Keynesiane (e Krugmaniane) di moltiplicatori superiori all’unità (per qualcuno addirittura pari a 5) che porterebbero la spesa pubblica a ripagarsi da sola. Volendo potremmo fermarci qui e dichiarare vinta una battaglia contro il Big Government, ma vale la pena approfondire almeno la parte fondamentale del lavoro dei due economisti. Read More

28
Dic
2010

Tra rivoluzione Marchionne e incognite del 2011. La Fiat ancora in salita

Il 2010 è stato certamente un anno segnato dalla “rivoluzione Marchionne”. L’amministratore delegato di Fiat è stato il protagonista di una rivoluzione non proprio silenziosa nel rapporto tra impresa e sindacati.

Pomigliano, Mirafiori e Melfi non sono solo 3 dei più importanti stabilimenti di Fiat in Italia, ma il simbolo di un cambiamento.

Read More

27
Dic
2010

La neolingua di Attilio Befera

Il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, intervistato dal Gr Rai, ha definito “estremamente positivo” il risultato dei rimborsi fiscali 2010, spiegando:

Si tratta di un’immissione di liquidita’ in un momento di crisi, stiamo facendo camminare la macchina molto meglio del passato, da un lato con migliori servizi e molta piu’ telematica, dall’altro con una migliore presenza sul territorio.

Grazie alla generosità dell’Agenzia delle entrate, alle imprese verranno restituiti circa 10 miliardi di euro, e altri 800 milioni alle famiglie. Ciò che a loro sembra positivo a me pare, con rispetto parlando, una presa per il culo.

Read More

23
Dic
2010

Mirafiori, il patto di Natale è sto-ri-co

L’accordo per Mirafiori è storico e decisivo. In pochi giorni, è diventato evidente a tutti che c’erano tutte le premesse per chiudere oggi stesso l’intesa di massima. Le rappresentanze dei lavoratori iscritti a Cisl, Uil e Fismic hanno ribadito che la disponibilità è piena, ed il favore esplicito all’ultima proposta avanzata da Sergio Marchionne. Quella di subordinare la decisione dell’azienda di investire il quasi miliardo di euro annunciato per il potenziamento di Mirafiori a una prova di democrazia diretta, estesa a tutti i lavoratori dello stabilimento. Se l’intesa passa con la maggioranza dei voti tra i lavoratori, anche solo col 51% ha detto Marchionne, allora si va avanti, s’investe e si lavora tutti alle nuove condizioni. ma con ua decisiva innovazione: la newco nasce fuori dall’accordo interconfederale del 93, che a differenza dello Statuto dei lavoratori consentiva anche a chi non firmava i contratti di presentare liste per le rappresentanze sindacali godendo di tutti i diritti. In altre parole, chi non firma a Mirafiori sta fuori. Gli altri sindacati non ne potevano più di una Fiom che non firma da tre contratti dei metalmeccanici, ma è sempre pronta a riorganizzare manifestazioni e scioperi. Marchionne riscatta gli ultimi decenni di storia Fiat, tenacemente ferma sul punto che senza Fiom non si andava avanti nelle intese, ma in compenso si ottenevano gli aiuti pubblici. E’ una svolta profondissima: e ora bisogna sperare e fare in modo che nelle urne i sindacati che condividano tale impostazione non vengano travolti dalla pressione terrible che media e intellettuali metteranno in campo, a favore della Fiom e in nome naturalmente dei diritti violati.  Perché se questa linea passa a Miafiori, si estende a macchia d’olio finalmente nel Paese. Superando persino la ritrosia di Confidustria, dovuta al fatto che molti in Federmeccanica temono la durezza della ritorsione Fiom. Read More