5
Set
2011

Mercato delle idee: Risponde Simona Bonfante

Il 21 luglio Alberto Mingardi lanciava su Chicago-blog un ‘concorso di idee’ per diffondere meglio le idee di mercato in Italia. Dopo aver ospitato l’intervento di David Mazzerelli, riprendiamo a pubblicare alcuni delle proposte pervenute. Iniziamo con il progetto di Simona Bonfante.

Credo che per farle affermare, le idee liberali, le si debba liberare dal ‘brand’, ormai circondato da troppi equivoci e troppo negativamente connotato.

La strategia potrebbe consistere nel presentare evidenze liberali, farvi convergere il consenso razionale che inevitabilmente ne consegue, ma senza dire che sono appunto soluzioni liberali.In concreto, la mia proposta: viralizzare una moltitudine di “Com’è e come potrebbe essere”. Cose concrete, facili, a tutti familiari. cose che tutti si rendono conto non funzionare granché, pur non sapendo perché non funzionino né che invece farle funzionare si può.

Esempi
1 – La dichiarazione dei redditi. Com’è e come potrebbe essere.
All’immagine di un modulo-tipo di dichiarazione dei redditi si confronta quella di un formulario concettualmente elementare, graficamente armonico, umanamente comprensibile (e dunque facile da compilar) anche da un non-bocconiano. Si chiama visualizzazione dei dati, e consiste nel rendere intuitivamente trasparente la complessità (v. www.informationisbeautiful.net).
Ecco, la trasparenza: un ‘valore’ liberale

2- Aprire un’impresa. Com’è e come potrebbe essere.
Un elenco a punti dei passaggi, del relativo costo, e del tempo necessario a percorrerlo vs l’elenco alternativo (razionale, concretamente fattibile) di come potrebbe (e dovrebbe) essere, coi relativi costi/benefici (dal lato dell’imprenditore, quindi del cittadino).

3 – Apertura dei negozi. Com’è e come potrebbe essere.
Esemplificare la questione con il confronto di scene cinematografiche tra un film americano o inglese ed uno italiano, che a parità di situazione sintetizzano la perdita per il coté italiano.

4 – Professioni. Com’è e come potrebbe essere.
Come funzionano gli ordini e come funzionano le libere associazioni. Quale dei due modelli assicura più qualità, libertà di esercizio, trasparenza e scelta per il cittadino?

Ora, visto che ciascuno, in base all’ambito professionale nel quale opera, beneficia di un punto di vista particolare sulle cose specifiche del suo settore, immagino che, al di là dei 4 esempi ‘generici’ qui esposti, si possano ricavare un’infinità di soluzioni liberali per un’infinità di cose, appunto, concrete, realizzabili, non pregiudizievolmente connotate come ‘liberali’, ma che in sostanza, lo sono.

“Com’è e come potrebbe essere” è un formato facilmente viralizzabile con gli strumenti 2.0 e potenzialmente espandibile all’infinito. Una cosa concretissima, insomma.

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10 Responses

  1. Filippo Biscarini

    Beh, il “com’è” / “come potrebbe essere” assomiglia un po’ al “Ce qu’on voit, ce qu’on ne voit pas” di Bastiat, economista francese dell’ottocento che illustrò magistralmente il pensiero liberale con una serie di esempi concreti, confutando quello che hai più sembrava logico (il “si vede”) ed indicandone gli effetti perversi (il “non si vede”).
    Magari si potrebbero ripescare i testi originali di Bastiat (ancora attualissimi) ed aggiornarli/integrarli con esempi di oggi (le finanziarie quotidianamente sfornate da governo e opposizione, i miti popolari come andare in pensione per creare posti di lavoro etc …).

  2. Filippo Biscarini

    Scusate, “ai più” … chiedo venia, ma scrivendo in fretta a volte si sbaglia (e non mi sembra che qui si possano modificare i commenti, o sì?)

  3. Commento solo il primo punto. L’agenzia delle Entrate, volutamente, redige moduli delle tasse, arzigogolati, inducendo il contribuente ad errori nella compilazione, non voluti. Poi sguinzaglia Equitalia per recuperare somme, DOVUTE, secondo la AdE.
    Un esempio, l’anno scorso fu ideato il modello UNICO MINI, per compilare 4 paginette, bisognava consultare VENTIQUATTRO pagine di istruzioni! Hanno ideato i CAF, ma a causa del personale inesperto (diciamo così) hanno dovuto rifare la mia dichiarazione, perchè errata, per due abnni, in due CAF diversi. (Dovevano solo considerare i miei CUD e le detrazioni per spese mediche).
    Concludo facendo un paragone: nel 1974 e 1975, ero in grado, come straniero, di compilare da solo la mia dichiarazione dei redditi, tanto era semplice e chiara. Ciò avveniva in Gran Bretagna….

  4. Filippo Biscarini

    Aggiungo, a ciò che ha scritto Bravin, che anch’io compilavo da solo la dichiarazione dei redditi in Olanda e in Germania. In questi paesi (e penso in molti altri luoghi civili) inoltre non si viene multati se si commettono errori nella dichiarazione. Si correggono gli errori e si liquidano/compensano le differenze (in positivo o in negativo). Vige la presunzione d’innocenza. Il tutto tra l’altro avviene in pochi mesi (non gli anni che bisogna aspettare in Italia).

  5. Massimo74

    La soluzione è una riforma fiscale che introduca un’unica aliquota di imposta(sia sulle persone fisiche che giuridiche ) intorno al 20%(più l’eventuale no-tax area) con la contestuale abolizione di tutte le detrazioni e deduzioni varie(che valgono circa 150 miliardi di euro all’anno).In questo modo non solo si semplificherebbe notevolmente tutta la normativa fiscale,ma si stimolerebbe la crescita degli investimenti,si ridurrebbe la burocrazia per imprese e cittadini,si risparmierebbero (nella maggioranza dei casi)le onerose parcelle dei tributaristi italiani e ci sarebbero molti meno contenziosi tributari(a tutto vantaggio dei tempi biblici della giustizia italiana).L’ex ministro Antonio Martino sostiene da sempre questa proposta di riforma del fisco,ma ovviamente è rimasto da sempre inascoltato dal quel cialtrone di tremonti,il quale piuttosto che pensare a risolvere i problemi di un paese che ha il terzo debito pubblico al mondo(debito che tra le altre cose sotto la sua scellerata gestione ha sempre raggiunto nuove vette) e che si trova al penultimo posto nel mondo per crescita del pil relativa agli ultimi dieci anni,pensa invece a difendere gli interessi corporativi di una categoria come quella dei fiscalisti italiani della quale lui stesso ha fatto parte per anni.E pensare che c’è anche chi in tutti questi anni ha detto che bisognava ringraziare tremonti per aver tenuto i conti in ordine e che se l’italia non aveva fatto la fine della grecia il merito era suo.

  6. Erica Giors

    la semplicità mi pare di capire sia la chiave di lettura di questa proposta, la semplicità e la trasparenza non sono idee “liberali” o “stataliste” o rientranti in una qualsiasi categoria se non quella delle idee “logiche”… temo non ci sia più spazio nel nostro sistema per la logica, in Italia più le cose, le opionioni, i fatti hanno sfacettature e più sono ben viste, siamo come un cubo di Rubrik.. lo puoi girare tanto in tutti i versi a poi gattopardescamente resta tutto come prima.

  7. Roberto 51

    Sottoscrivo al 100% l’idea di Simona. E comincio proprio con la dichiarazione dei redditi, io una volta riuscivo a farmela da solo, poi, da quando sono nati nuovi apparati addetti alla “semplificazione” non ci ho più capito un’acca.
    Proprio su questo punto l’agenzia delle antrate potrebbe procedere così:
    1-Mi mette in linea la mia dichiarazione precompilata, tanto sanno tutto di me: cud, beni immobili, rendite finanziarie, composizione della famiglia.
    2-A me rimane da controllare i dati e aggiungere eventuali detrazioni/deduzioni (giusto quelle che il fisco già non conosce)
    3-Se ho qualche dubbio mi danno un numero verde e/o una mail da contattare.
    4-Dopo l’invio, se ci sono problemi, un funzionario mi chiama e sistemiamo la faccenda.

    In alternativa, si scagliona la dichiarazione lungo tutto l’anno e la si fa direttamente con il funzionario dell’agenzia delle entrate, per appuntamento. Si va lì, si compila, si timbra, si firma e si paga, tutto finito.

    Mi rendo conto però che una cosa del genere, che non costerebbe niente, semplificherebbe la vita a un sacco di gente eridurrebbe il contenzioso tra stato e cittadino, toglierebbe lavoro ai vari caf, commercialisti, ragionieri e avvocati … e farebbe crollare il PIL.

  8. Roberto 51

    E sono d’accordo anche sulla faccenda del “marchio”.
    Con il marchio i più svelti di parola ci infinocchiano come vogliono.
    Quando torneremo a votare lasciamo perdere il marchio e scegliamo chi ci sembra capace, se poi questo ha il marchio della sinistra o della destra è del tutto irrilevante.
    Però la prossima volta li dobbiamo scegliere noi e non il “capo”, perché i prescelti dal “capo” sono degli incapaci per definizione, e se non lo sono lo diventano.
    Per questo possiamo tutti fare qualcosa e subito (entro il 30 settembre, come noto).

  9. filo

    Completamente daccordo con quanto scritto da tutti, la perplessità però stà nella realizzabilità del progetto che è rivoluzionario per quanto è semplice. In altre parole tutto l’apparato burocratico statale, insieme alle corporazioni delle professioni e sindacali, non ha alcun interesse a semplificare le procedure e a rendere facili le cose, perchè perderebbe il suo potere di interdizione, dovrebbe ribaltare le sua posizione-da “servito” dal cittadino al “servizio” del cittadino- perdendo tutta la sua importanza e capacità di trasformarla in rendita economica. Le cose da fare sono molto semplici tanto facili che anche un bambino le capirebbe, è il comune buon senso che le indica, ma gli esempi che abbiamo in Italia (vedi problema rifiuti a Napoli e tanti altri) della capacità della amministrazione e della politica di sapere programmare e risolvere i problemi non sono incoraggianti. Comunque avanti in questa direzione perchè solo così ci possiamo salvare.

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