11
Gen
2010

Il quoziente familiare non è necessariamente una buona idea

Nel dibattito sulla riforma dell’Irpef, accesso dall’intenzione di Berlusconi di fare del 2010 l’anno del tanto auspicato e atteso “meno tasse per tutti”, già si vedono spuntare i soliti “quozientisti”. Intendo con questo termine i sostenitori del quoziente familiare. E’ un partito molto confuso quello dei quozientisti, almeno quanto lo è la formula fiscale che costoro propongono e gli obiettivi che si prefiggono.
Se pure si decidesse di ancorare le politiche pro-famiglia al sistema fiscale (e non è necessario che sia così, si potrebbe anche rimodulare la spesa sociale in favore degli interventi per la maternità, la cura dei figli e quella degli anziani), bisognerebbe accettare che a determinare i benefici fiscali siano esclusivamente i carichi familiari (i bambini, gli anziani, ma anche i disabili), non il matrimonio in sé. D’altro canto, non si ravvedono le ragioni per le quali si dovrebbero escludere dai benefici quei nuclei familiari di fatto che pure si sobbarcano la cura dei figli, solo perché l’unione tra i partner non è sancita dalla formula matrimoniale.
I modelli di quoziente familiare che “premiano” il matrimonio attribuendo un vantaggio fiscale al secondo coniuge (secondo in termini di reddito percepito) finiscono per disincentivare il lavoro di quest’ultimo, come spiega bene Chiara Rapallini in questo saggio della Società Italiana di Economia Pubblica. Detto in termini concreti, il quoziente familiare disincentiva l’offerta di lavoro femminile: ci conviene? Il “meno tasse per tutti” deve spingere nella direzione “più lavoro e più reddito”, non in quella opposta.

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13 Responses

  1. Concordo con l’articolo. Ma ho alcuni dubbi, diciamo, empirici. In Germania il quoziente spinge le persone ad unirsi in matrimonio o unioni civili e non sembra influenzare il tasso di occupazione femminile. Al contrario si potrebbe pensare che esso favorisce la natalità. Similmente esso potrebbe favorire l’uscita dei giovani dalle rispettive famiglie e unirsi in convivenze. Insomma, credo che i motivi della bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro in Italia sia dovuta ad altri motivi, più strutturali (culturali ad es.). La domanda é: esistono degli studi empirici, degli “esperimenti naturali”, che mostrano gli effetti dell’introduzione del quoziente sull’offerta di lavoro?

  2. IMHO,la cosa più sensata è quella di avere una no-tax area per il contribuente, ed estenderla mano a mano che il carico familiare aumenta (anche in caso di convivenze).
    In questo modo si dovrebbe ridurre il carico fiscale sulle famiglie, sposate o meno, senza disincentivare il lavoro del partner.

    La cosa importante è evitare che gli incentivi/disincentivi fiscali (o altri) incentivino le persone con redditi bassi o nulli ad avere più figli rispetto alle persone con redditi medio-alti e che quest’ultime siano incentivate ad avere figli a sufficienza (>2.1).

  3. Julio

    Quelli che tanto difendono questi quozienti, sono stati al governo e non hanno fatto niente in merito.
    Il modo più chiaro e necessario, anche per incentivare ad avere figli, è creare posti negli asili e scuole comunali per fare in modo che uno non si debba svenare per mandare i figli a scuola (se non è un immigrato, un morto di fame o un evasore), in asili e scuole materne private (e riempire le tasche della Chiesa la maggior parte delle volte). E dopo questo provvedimento, dare gratuitamente i libri a scuola (con una caparra per pagare gli eventuali danni).
    Queste due cose sarebbero un buon inizio.
    Dove prendere i soldi? Facile. Eliminando il concordato con la “santa” (?) sede che usa solo l’8% dei milioni annui ricevuti dallo Stato come dovrebbe usarne il resto. Vedremo inoltre, quanto sta a cuore veramente alla Chiesa la famiglia…

  4. @Julio
    Voucher per le scuole, pubbliche e private. In modo che i genitori decidano quali scuole vanno finanziate e quali no. Una scuola gestita da cialtroni perderebbe soldi, una gestita bene li guadagnerebbe. Le scuole private, normalmente, costano il 30-50% in meno per alunno rispetto alle scuole pubbliche e educano meglio. Inoltre, sono quasi certo che molte verrebbero incontro alle necessità delle famiglie con orari “flessibili”.

    Personalmente sono indignato dalla visione della scuola che hanno tante persone, dove contano più le ore che la qualità dell’insegnamento; le scuole non sono li per fare da baby-sitter al pupo mentre la madre/padre lavora. Sono li per insegnare. Se i genitori non sono in grado di gestirli, esistono/esistevano i collegi dove rinchiudere il pupo.

  5. marco

    io dico che va ricompreso nella riforma fiscale. così vediamo se Casini & C lo considerano fondamentale.

  6. Davide

    Il quoziente familiare è sbagliato come qualsiasi altra distorsione fiscale.
    Non spetta al fisco “incentivare” o “disincentivare” scelte di tipo personale come la costruzione di famiglie o la messa al mondo di figli.
    Non si capisce perchè un single debba, in qualche modo, pagare famiglia & figli ad altri. Anzi: trovo che sia un comportamento poco virtuoso avere troppi figli, come nei paesi sottosviluppati.
    Allo stesso modo, anche un fisco progressivo come quello attuale mette il becco in faccende che non lo riguardano. La progressività attuale non invita certo ad avere un padre (madre) “in carriera” e l’altra(o) casalinga(o): invita ad avere due lavoretti mediocri, mentre i figli finiscono nelle scuole di indottrinamento statale ed i genitori si ritrovano, guarda un po’ il caso, a “chiedere” maggiori servizi allo stato. In termini appunto di scuole, asili nido, asili e basta, tempo pieno, ecc. Genitori che si trovano a chiedere allo stato di sollevarli dal compito di crescere i propri figli, in altre parole.
    L’unica scelta sensata è quella di un fisco “uguale per tutti”, che non faccia distinzioni punitive nè di favore, cioè una flat tax. Che tassa il reddito senza discriminazioni e senza preoccuparsi di chi perchè e percome ha prodotto quel reddito.
    In questo senso, la riforma “quasi flat-tax” del 23-33% è certamente molto meglio del quoziente familiare. Se l’aliquota è costante, il quoziente familiare non ha ragione di esistere.
    Peccato che la riforma 23-33% non la vedremo mai, a meno di non vedere (già si cominciano ad annusare idee del genere) cospicui aumenti di altre tasse, ad esempio l’Iva. Riforma che non farebbe altro che fregare i soliti noti che hanno risparmiato in passato: tassati in modo barbaro sul reddito a suo tempo, ora verranno tartassati maggiormente anche sui consumi. Sola colpa: non aver speso tutto subito. Idem se pensassero di “armonizzare” (cioè alzare) in puro stile Prodi-Visco le tasse sulle “rendite” finanziarie, ovvero quel poco che si riesce ad ottenere per farsi rapinare un po’ meno dall’inflazione.
    La realtà è che l’unica via è uno stato che spenda di meno, ma pare che i politicanti che ci ritroviamo non prendano nemmeno in considerazione tale ipotesi.

  7. Julio

    @Mirco
    Voucher per le scuole private? Ma siamo matti? Le scuole private sono appunto private. Chi vuole portare i figli a queste scuole, paga e punto.
    Che le scuole private siano meglio delle pubbliche, non sono molto d’accordo. Ci saranno scuole pubbliche buone e cattive come ce ne sono di private, dove basta pagare per avere il diploma.

    Invece, con il tuo secondo punto, sono d’accordo al 100%.

  8. marco

    La notte porta consiglio. chi lavora conta come divisore 1 e chi non lavora come divisore 0,5, che ne pensate?

  9. @Julio
    Le scuole pubbliche sono le scuole aperte a tutti, sia che il proprietario sia lo stato che nel caso sia un privato.
    Tu parli di scuole statali.
    Ti rammento che in Italia l’istruzione è obbligatoria, non la scuola pubblica (a volte la gente confonde le due cose).
    L’articolo della Costituzione al riguardo serve solo a evitare che ogni pinco pallino che apre una scuola possa accampare il diritto di ricevere soldi dallo stato (dato che l’istruzione è un diritto).
    Il voucher serve proprio a questo, ogni pinco pallino che apre una scuola non riceve automaticamente il finanziamento; lo riceve solo se sta facendo un buon lavoro (come valutato dai genitori e dagli alunni). Che il proprietario sia lo stato o un privato a me non interessa.

    Per quel che riguarda la faccenda delle scuole dove basta pagare per avere un diploma, mi risulta che sia:
    1) Un reato
    2) Dipende dal valore legale del titolo di studio (senza valore legale un diploma comprato non vale nulla)
    3) Lo fanno anche nelle scuole pubbliche (una rappresentante dei COBAS della scuola sicialiana, in una intervista ammetteva e sosteneva che fosse giusto dare voti più alti (alla maturità) agli studenti siciliani, anche se non li meritavano, per aiutarli (valore legale del diploma).

  10. @marco
    Come diceva Davide, il quoziente familiare distorce, comunque.
    La cosa migliore è la flat tax con una no-tax area iniziale.
    Si potrebbe benissimo espandere la no-tax area in proporzione al numero di figli (diciamo, per esempio, di 3.000€ a figlio) o familiari a carico.

    In questo modo più hai figli, più sei incentivato a lavorare per guadagnare e sfruttare la no-tax area e viceversa. Per chi ha redditi molto bassi, al contrario, non c’è praticamente nessun vantaggio.

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