21
Ago
2009

European Resource Bank a Marsiglia

Alcuni lettori (amici e sodali) di tanto in tanto ci scrivono chiedendo notizia dei rapporti di collaborazione fra IBL e altri think tank, e di iniziative che hanno una prospettiva “internazionale” nel mondo delle organizzazioni di ispirazione “liberista” come la nostra. In questi giorni e’ in corso a Marsiglia la sesta “European Resource Bank”, un po’ convegno un po’ fiera: l’obiettivo e’ quello di riflettere assieme sulle buone pratiche messe a punto dai diversi istituti, vedere cosa si puo’ imparare gli uni dagli altri, magari cercare di coordinare quelle iniziative che possono essere fatte in partnership.
Ieri il discorso d’apertura di Leonard Liggio, storico e una figura leggendaria per il movimento libertario (negli anni Sessanta, i libertari a New York portavano delle spille su cui si poteva leggere “Murray [Rothbard] sa tutto” “E Leonard [Liggio] sa tutto il resto”, facile illusione alla vocazione enciclopedica dei due). Leonard ha parlato delle “radici mediterranee” della cultura della liberta’, riuscendo a condensare venti secoli di storia in un dinner speech. Ascoltarlo e’ sempre un piacere.
Oggi le sessioni sono state molto sull’ “how to”. Per chi si occupa in buona sostanza di… propaganda, e’ importante riflettere su come ottimizzare gli sforzi. I problemi non sono pochi. Se facessimo un sondaggio, i think tanker presenti (piu’ o meno 120 persone) metterebbero al primo posto le esigue risorse, ma personalmente mi sembra che le questioni piu’ sostanziali siano altre. E’ molto interessante come, pur avendo a disposizione relativamente pochi quattrini e una dozzina di persone, un gruppo determinato come la Tax Payers Alliance inglese riesca a portare a casa 6012 citazioni sulla stampa in un anno (gli “Amici della terra” 6000, la confindustria inglese 4032, il Cato Institute 3372, il think tank laburista Demos 480), facendo molto rumore. Secondo me in parte si spiega in virtu’ dell’idea di proporsi alla stampa come “portavoce” di un interesse preciso (quello dei contribuenti), piuttosto che come “produttori di studi”, o alfieri di una “prospettiva ideale”. Cosa sia meglio fare, e’ un dibattito continuo, fra quei (piu’ o meno seri) professionisti della “produzione di simboli” che sono gli intellettuali che si occupano di politica.
Di questo, a Marsiglia, non si e’ parlato, ma oggi ci sono state un paio di sessioni interessanti. In una, Richard W. Rahn ha dato una lettura molto chiara dell’andamento del debito pubblico negli Stati Uniti.
Nell’altra, si e’ discusso di come avere un impatto maggiore sui giovani. I tedeschi hanno sottolineato la necessita’ di spiegare al pubblico che debito oggi uguale tasse domani. Il georgiano Paata Shelidze (un ottimo organizzatore, che nel suo Paese ha messo in piedi una interessante “rete” di seminari per giovani e giovanissimi) sottolinea invece come sia importante non parlare “solo” dello Stato (lo statalismo come ossessione), ma concentrarsi sulla vita di ciascuno, sulle opportunita’ che un mercato libero puo’ dare, concretamente, a chi ci opera. O, viceversa, sul “cio’ che non si vede” dello statalismo: ovvero i suoi costi.
Nel dibattito che e’ seguito, Fred Smith (del CEI, il mio think tank preferito) ha pero’ parzialmente criticato questo approccio, sottolineando che i giovani, come “target”, possono essere portati alla nostra causa solo offrendo loro qualcosa che vada oltre argomenti basati sull’autointeresse. Cio’ “prospettive di giustizia”, una visione della societa’ incardinata sul concetto di liberta’ individuale. Credo Fred abbia ragione, anche perche’ il libertarismo e’ sopravvissuto al falo’ delle ideologie e puo’ fornire una visione del mondo complessa, intelligente ma anche “eccitante”, una chiamata alle armi. Come esser sicuri che almeno qualcuno risponda, e’ lo scopo di conferenze come questa.

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