28
Ott
2011

Edison. Le jeux son fait?

Ieri notte il gruppo francese Edf e le municipalizzate italiane A2a e Iren hanno raggiunto un accordo sul riassetto di Edison. Chi vince e chi perde?

Nella giornata in cui il gruppo annuncia i risultati dei primi nove mesi dell’anno (non eccitanti, come per tutto il settore) e la cautela regna ancora sovrana, finalmente la telenovela sembra avviarsi a conclusione. La questione è semplice: Edison paga (e ha pagato) un azionariato costruito col bilancino che, a dispetto della evidente sproporzione finanziaria tra i soci, di fatto ha mantenuto l’azienda bicefala troppo a lungo. La scadenza dei patti parasociali che legavano i due maggiori azionisti (Edf, che detiene circa la metà del capitale direttamente o indirettamente, e A2a, assieme ad altre municipalizzate) era dunque attesa da tempo come il momento del divorzio. Divorzio che sarebbe andato avanti senza troppi complimenti se non ci avesse messo il becco, le mani e le zampe la politica, sotto forma di Giulio Tremonti. A marzo, infatti, l’accordo che era stato raggiunto saltò perché il ministro dell’Economia, originario di Sondrio come il capo di A2a, Giuliano Zuccoli, ne fece una questione di orgoglio nazionale. Qui gli articoli scritti a suo tempo.

Il colossale scazzo – che ebbe e ha dimensione sia aziendale, sia nazionale – ha bloccato non solo Edison, ma l’intero settore elettrico alle prese da un lato con la caduta della domanda, dall’altro con i noti problemi dal lato dell’offerta, dall’altro ancora con una royal rumble che coinvolge quattro primari produttori e i loro assetti azionari (Edison, la controllata Edipower, A2a e Iren) oltre ad altri più piccoli.

Dunque, rispetto a marzo sono passati quasi 8 mesi. Cosa è cambiato? Qui la ricostruzione dei termini dell’accordo di Quotidiano energia, qui quella di Staffetta quotidiana. Cito dalla Staffetta:

L’accordo consegna, dopo circa un decennio dall’ingresso nel’azionariato di Edison, il controllo del gruppo a Edf. Sciolta Transalpina di Energia (Tde), la scatola attraverso cui italiani e francesi controllavano congiuntamente Edison, Edf consoliderà il 30,6% detenuto attraverso Tde al 19,4% detenuto direttamente, riducendo i soci Delmi ad azionisti di minoranza (e a termine). Edf ha già fatto sapere che intende chiedere l’esenzione dall’Opa anche se il passaggio del controllo rende difficile per i transalpini schivare l’obbligo di promuovere un’offerta sulle quote di minoranza di Edison.

Qe mette il dito nella piaga:

Rispetto alla bozza di marzo, sembra risultare un po’ penalizzata A2A, che dovrà dividere Mese e Udine con Iren (alla quale inizialmente spettava il turbogas di Turbigo, che ora rimane ai francesi) e dovrà tenersi Scandale, salvo improbabile esercizio della call da parte di Edison. Forse sono questi i passaggi più critici, che possono porre qualche ombra sul via libera dei Comuni soci di A2A alla bozza di intesa (tra l’altro da Parigi si fa sapere che è solo un “accordo di principio” e che nulla è stato firmato).

In sostanza, Edison diventerà – come era logico accadesse – nella sostanza il volto italiano di Edf. Gli ex soci, A2a e Iren, si ritireranno in buon ordine con un indennizzo sufficientemente generoso. Ma, ed è questo il punto, chi ne esce relativamente peggio è proprio il soggetto che ha fatto esplodere i fuochi d’artificio, tra l’altro determinando non solo il caos all’esterno ma anche importanti spaccature interne, col lato milanese “oltranzista” e il lato bresciano “pragmatico” (a posteriori, avevano ragione quanti facevano riferimento a Graziano Tarantini). Probabilmente l’esito della faccenda è stato influenzato fortemente da due variabili. Una è l’indebolimento di Tremonti, che è stato distratto da altre faccende e che, comunque, almeno in termini formali non aveva gli strumenti per fare molto più di quello che ha fatto. L’altra variabile è la vittoria di Giuliano Pisapia a Milano e, soprattutto, l’arrivo di Bruno Tabacci all’assessorato al Bilancio. Tabacci si è mosso in modo concreto e ha agevolato il raggiungimento di un equilibrio – probabilmente, dell’unico equilibrio “pacifico” possibile – ed è plausibile immaginare che, nei tempi debiti, vedremo cambiamenti importanti nel management di A2a. Perché in tutto questo non è ben chiaro chi abbia veramente vinto, ma è chiaro chi ha perso: ha perso Giuliano Zuccoli. Ma Zuccoli non perde (solo) in quanto individuo che ha giocato tutte le sue fiches sul piatto tremontiano, perde anche (e forse soprattutto) come espressione di una cultura aziendale ormai non più adatta al tipo di mercato che si è formato in Italia. Zuccoli perde, cioè, perché ragiona soprattutto in termini di potere, quando le danze sono mosse, almeno in buona parte, dalle ragioni del business.

Restano, ovviamente, ancora tanti se e tanti ma (incluse le posizioni dei sindaci azionisti e della Consob, alla quale Edf chiederà l’esenzione dall’opa obbligatoria). Ma penso che i se e i ma si tradurranno più che altro in posizioni negoziali, nel tentativo di ottenere qualcosa di più o cedere qualcosa di meno. Non credo che l’accordo, nella sua sostanza, possa essere messo seriamente in discussione perché non è nell’interesse di nessuno farlo. Potrebbe chiudersi così una brutta storia italiana, dove abbiamo visto il peggio del capitalismo relazionale, del socialismo municipale, del nazionalismo straccione e dove il clima generale è stato segnato dalla totale mancanza di rispetto per i modi, le forme e la sostanza del mercato.

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