16
Lug
2013

Divieti d’Italia: stay creative, stay foolish!

L’ultimo a fare scalpore è stato il divieto di vendere cibi e bevande da asporto a Milano nella zona della movida (che comprende Navigli, Porta Ticinese, Arco della Pace e Corso Como) dopo mezzanotte. È il divieto conosciuto come “divieto per il gelato dopo la mezzanotte”. In realtà non riguarda solo il gelato, ma tutte le bibite e alimenti vari. Niente di nuovo, tale divieto c’era già l’anno scorso, ma quest’anno è stato esteso, oltre che a bar e ristoranti, anche agli artigiani (pizzerie, gelaterie, kebab).

Prima di parlare di gelati, però, parliamo di divieti, molto comuni e fantasiosi nel nostro Paese. Con la legge 125 del 24 luglio 2008 e, successivamente, con il decreto Maroni del 5 agosto 2008, sono stati ampliati i poteri di ordinanza dei Sindaci per affrontare le problematiche urbane: nella conferenza stampa in occasione di quest’ultimo decreto, lo stesso ministro dichiarò di attendersi dai sindaci “idee creative sulla sicurezza”.

Un’inversione di tendenza si è avuta con la Sentenza 115 della Corte Costituzionale che ha decretato illegittime le ordinanze “ordinarie” (ossia adottabili anche in situazioni non di emergenza e non necessariamente limitate nel tempo), mentre sono salve solo quelle per situazioni “imprevedibili” e “urgenti” (quelle extra ordinem, soggette ai presupposti e ai limiti della contingibilità, dell’urgenza e della necessaria temporaneità) (in propostivo, si veda Cardone Andrea, “L’incostituzionalità della riforma delle ordinanze sindacali tra presupposizione legislativa” e “conformità alla previa legge”: un doppio regime per la riserva relativa?”, Giurisprudenza costituzionale , 2011).

Questo è il primo di una serie di post che LeoniBlog intende dedicare alla forma più fastidiosa e, per altri versi, buffa dell’interventismo pubblico: le “folli” ordinanze comunali che, in molte città italiane, da nord a sud, proibiscono, limitano o regolamentano comportamenti apparentemente legittimi. Alcune, come quelle con i divieti di riunirsi in certi luoghi pubblici (si veda la sentenza del sindaco di Pordenone), incidono su libertà che sono protette come diritti costituzionali (ad esempio, la libertà di circolazione e di riunione); altre non toccano diritti di libertà costituzionali, ma comunque impattano su facoltà individuali, come quelle che limitano la possibilità di contrattare i servizi di prostituzione, puniscono il fumo nei parchi pubblici, vietano di consumare alcool o di sedersi per terra nei luoghi pubblici. Tra l’altro, alcune di essi intervengono su materie già normate: si pensi alla legge Merlin, no. 75/1958 sulla prostituzione (in materia, si veda Fabio Corvaja, “Esiste una libertà «innominata» da tutelare? Ordinanze sindacali «creative» e libertà individuale”, Le Regioni, Il Mulino, 2010).

Che siano mosse da paternalismo, da secondi fini, da esibizionismo muscolare, queste ordinanze fanno discutere e ci obbligano a porci una domanda assai più seria del loro contenuto apparentemente frivolo: fino a che punto è accettabile che la mano di un pubblico amministratore s’intrometta negli stili di vita delle persone? Dove inizia la sfera di libertà indisponibile che dovrebbe difendere ciascuno di noi? Questi post non pretendono di avere valore scientifico, ma anedottico. Un’anedottica, tuttavia, che speriamo induca a riflettere.

Mangiare un gelato, in fondo, può essere un ottimo modo per riflettere. Torniamo allora all’ordinanza milanese. In particolare, il comma 7 dell’ordinanza del sindaco, recita:

“Per l’intero periodo e per tutte le attività (comprese quelle artigiane di prodotti alimentari di propria produzione incluse quelle che effettuano la vendita per il consumo immediato all’interno dei locali) è fatto divieto di vendere o somministrare per asporto cibi o bevande dalle ore 24”.

Quindi, si potrà consumare nel locale o nei tavolini all’esterno (che, tuttavia, dovranno essere tolti alle 2, secondo il comma 5), per evitare assembramenti notturni che disturbano i residenti.

Inoltre, in virtù del comma 4, tutte le attività di vendita di alimenti e bevande devono terminare l’attività entro la mezzanotte.

Tale delibera è poi stata ritrattata e cancellata, facendo valere la legge regionale (per cui il divieto parte dall’1 di notte), ma la polemica sui divieti resta aperta. Del resto, l’elenco dei divieti è piuttosto lungo e variegato.

Le motivazioni sono tutte riconducibili – se guardiamo alle dichiarazioni esplicite – all’ordine e al benessere pubblico. Due considerazioni valgono in tal senso: la prima, è che i divieti sono spesso fallimentari nell’ottenere i risultati sperati o, addirittura, possono avere effetti perversi. Tra tutti, si pensi ai casi più noti della prostituzione, dell’alcool e del fumo, che saranno analizzati più in dettaglio nei prossimi post: con riferimento al primo, le prescrizioni estremamente aleatorie rendono difficile l’applicazione delle ordinanze che, quindi, risultano totalmente inefficaci a contrastare lo sfruttamento della prostituzione, o anche solo ad evitare che le prostitute occupino gli spazi ai lati della strada.

Similmente, non è vietando di consumare l’alcool in certe vie e zone che si risolve il problema dell’alcolismo o si evita che persone ubriache possano andare in giro per le strade cittadine.

Per quanto riguarda il fumo, uno studio di Adams e Cotti, ad esempio, ha dimostrato che, in seguito ai divieti di fumo nei bar, sono aumentati gli incidenti automobilistici mortali, perché i fumatori si trovavano costretti a fare più viaggi per recarsi nei bar dov’è permesso fumare. Pur trattandosi di un’analisi svolta negli USA, essa suggerisce che le conseguenze di simili divieti, oltre a essere imprevedibili, possono essere ben peggiori dei mali che intendono curare.

La seconda considerazione riguarda il paternalismo: la scelta di vietare certi comportamenti si basa infatti sull’idea che lo Stato sappia meglio dell’individuo quale sia  il suo bene. A tal fine riduce gli spazi di libertà di scelta individuali, come se gli individui non fossero dotati di una propria responsabilità individuale e non avessero le capacità di decidere da sè.

Per questa ragione, LeoniBlog intende fare una rassegna di alcuni divieti che limitano la libertà personale, ma non hanno alcun effetto visibile sul miglioramento dell’ordine pubblico. La loro inefficacia dipende in parte dal fatto che si tratta di norme il cui adempimento è difficile, o troppo costoso, da controllare (si pensi ai divieti di stendere in balcone o di sbattere i tappeti entro una certa ora) e, quindi sanzionare; oppure, sono dovuti al fatto che non agiscono sulle vere cause: non è proibendo a fumatori e alcolisti di cadere nel vizio che essi effettivamente lo faranno. Come diceva Benjamin Franklin, “Qualsiasi società che sacrifica un po’ di libertà per una maggiore sicurezza non si merita nessuna delle due cose e le perde entrambe”.

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Fonte.

Chiunque volesse segnalare ordinanze di divieti particolarmente assurdi, limitanti e inutili, può farlo su twitter (@LuciaQuaglino) o via e-mail (lucia.quaglino@brunoleoni.org).

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3 Responses

  1. BeviSano

    Argomento interessante e attuale. Un’unica nota: aneddotico/a e non anedottico/a. Grazie!

  2. Gianfranco

    Salve.

    Contesto fermamente quanto scrive.

    La vera domanda e’: perche’ esiste una maggioranza di italiani a cui, in cambio di non si sa bene che cosa, il paternalismo statale va bene e perche’ continuamo a dirci che e’ lo stato ad imporsi mentre e’ la maggioranza a farsi pecora, salvo poi lamentarsi?

    Cordialmente
    Gianfranco.

  3. ario

    dopo le 23 si può far tutto purchè in silenzio, perchè’ vojo dormi’ la mattina m’alzo presto. Saluti

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