23
Giu
2016

Basta pregiudizi: Uk ha interpretato la Ue meglio di noi e beati loro

Mentre è in corso il referendum britannico per restare nell’Unione Europea o uscirne, si può fare il punto su un pregiudizio pesante che è emerso in Italia e nel dibattito continentale. europeo. A preferire la Brexit non sono solo i suoi sostenitori britannici, l’Ukip di Farage, una bella fetta dei Tories, e una parte minoritaria ma vedremo quanto forte anche degli elettori laburisti dell’Inghilterra profonda, che non compartecipa ai dividendi di banche, finanza e prezzi immobiliari. A casa nostra e in mezza Europa, a volere sia pure a mezza voce la Brexit, ci sono anche parecchi europeisti “spinti”, coloro che continuano a sognare una Ue Super-Stato con sempre più politiche centralizzate e dirigiste, malgrado l’evidente stallo di un’Europa che non riesce a darsi nemmeno una comune politica sull’immigrazione. Per fare due nomi, Monti e Prodi negli ultimi giorni hanno entrambi ricordato che il Regno Unito ha sempre frenato nei decenni ogni sviluppo europeo, e tutto sommato se ora decide di uscire sarà pure un peccato ma almeno si chiarisce una volta per sempre il grande equivoco.

Libero ciascuno di pensarla come vuole. Personalmente non ho alcun dubbio: farei a cambio coi britannici subito e su due piedi, sia se restano in Ue sia se decidono di uscire.  Comunque, se invece di demonizzare tentiamo di capire meglio la linea britannica verso l’Europa dagli anni Settanta a oggi, le cose stanno diversamente da quanto dicono Monti e Prodi. Conservatori e laburisti, in realtà, sin dall’inizio sull’Europa hanno perseguito una linea d’interesse nazionale che affondava le radici in condizioni oggettive, storiche ed economiche. Il Regno Unito ancora alla fine del secondo conflitto mondiale attraverso il Commonwealth comprendeva quasi un quarto delle terre emerse e un quinto della popolazione mondiale.  Il brutale ridimensionamento della sua potenza e l’indipendenza di molte delle sue ex colonie non l’hanno privato né della potenza nucleare, né del diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU, né della sua forza straordinaria sulla scena della finanza mondiale.

La dottrina europea del Regno Unito rimane scolpita in due famosi interventi della Thatcher: quello a Bruges del settembre 1988, in cui veniva espresso un chiaro no a un’Europa Super-Stato centralizzato, e la preferenza invece per una libera convergenza di Stati in nome del libero mercato e della concorrenza; e il triplice “no, no, no” pronunciato tra fragorosi applausi alla Camera dei Comuni nell’ottobre del 1990, in cui il no deciso era a una moneta unica realizzata con il pieno esproprio del dovere della politica monetaria non a prendere ordini, ma a render conto di sé alla politica e a parlamenti eletti.

Col senno di poi, le due premesse della posizione britannica si sono rivelate così sbagliate? Non mi pare proprio. L’evidenza di questi ultimi anni mostra che la Commissione Europea ha cessato da tempo di essere motore d’integrazione, perché sono gli Stati nazionali, a cominciare dal più forte cioè la Germania, a dettare l’agenda. E ciò vale per l’immigrazione, come per l’euro. Ma, se è così, allora le ampie facoltà di deroga alle regole comunitarie strappate negli anni da Londra non hanno rappresentato un sabotaggio all’integrazione europea, bensì una dose di maggior realismo sui suoi limiti congeniti che i britannici hanno intravisto per tempo, rispetto alle illusioni poi infrante dalla crisi.

Prima della convocazione del referendum che si tiene domani, il Regno Unito già godeva di quattro fondamentali deroghe o opt-out, come si chiamano in gergo tecnico: ovviamente dall’euro; dagli accordi di Schengen, che presiedono alla libera circolazione delle persone; in materia di giustizia e affari interni, riservandosi il diritto caso per caso di far prevalere il proprio diritto domestico; e sulla Carta dei Diritti Europei resa vincolante dal Trattato di Lisbona, escludendo cioè di poter essere chiamati in giudizio da altri paesi membri davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Tony Blair abrogò un quinto opt-out che aveva ottenuto Major, quello relativo al protocollo sociale che tutela il lavoro. A queste deroghe David Cameron nel febbraio scorso, nel tentativo di “smontare” la forza di Brexit nel referendum, ha ottenuto trattando con la Ue di aggiungerne altre tre: la facoltà di poter impugnare eventuali misure dell’eurozona che danneggiassero l’economia britannica e la sterlina; il diritto dei parlamenti nazionali che rappresentassero il 55% dei voti del Consiglio europeo a poter obbligare la Commissione Europea a riesaminare i suoi atti; e la facoltà riconosciuta a livello nazionale di sospendere o limitare l’applicazione del proprio welfare a cittadini di altri paesi Ue residenti o immigrati in Uk.

L’accusa degli europeisti antibritannici è che con tali deroghe il Regno Unito mini dalle fondamenta l’avanzamento del processo europeo.  E spinga altri paesi a fare la stessa cosa. Anzi, con una spinta ancora maggiore se domani gli elettori britannici dovessero decidere di restare nell’Unione, invece di uscirne. E’ una visione miope. Conferma l’errore europeo di fondo: quello di una costruzione centralizzata e omologante, creata e amministrata “dall’alto” da tecnocrati o non eletti, come sono i membri della Commissione Ue.  In realtà il Regno Unito ha difeso non solo il proprio interesse nazionale, ma anche l’idea più generale di un’Unione basata sulla sussidiarietà e le differenze volontariamente difese e contrattate secondo gli interessi di ciascuno, invece che sull’omologazione centralista che, come si vede nell’euroarea dal 2011 a oggi, non funziona.

Per molti versi, in conclusione, beati i britannici che hanno avuto leader capaci di battersi per tutto questo, rispetto a chi firma patti e regole europee, e poi davanti ai propri elettorati le disconosce dimenticando di averle votate. Come capita in Italia.

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8 Responses

  1. Davide Rosi

    Caro Oscar,
    io onestamente scambierei immediatamente l’intera classe politica italiana con quella inglese; superato il primo shock sono certo che anche i più scalcinati politici britannici saprebbero fare meglio di quanto da decenni avviene in Italia. In un caso del genere, credo che il problema più grande sarebbe la reazione dei “sudditi”, sui quali alla fine pesa la vera responsabilità del degrado del nostro Paese.
    E qui sta il punto vero, secondo me.
    Premesso che l’UE e, soprattutto, la moneta unica così come impostate sono state un errore colossale (o un successo fantastico per i parassiti della politica) e che oggi la disgregazione di quanto fatto avrebbe conseguenze pesanti per paesi come l’Italia, io mi chiedo: ma quali alternative abbiamo?
    Pensiamo davvero che il nostro Stato, quello dei cittadini e di chi scelgono per farsi governare, possa veramente trovare in tempi decenti una nuova strada per risollevarsi? Come? Attraverso l’illuminazione divina?
    La realtà è che non c’è via di uscita per cui l’unica vera possibilità è sperare in eventi traumatici che possano accelerare la nostra distruzione.
    Solo quando avremo cenere e polvere in mano troveremo la forza di ripartire, basandoci su quel principio fondamentale che dovrebbe sempre guidarci e che invece abbiamo cancellato anche dal codice: la diligenza (e l’etica) del buon padre di famiglia.
    Vote4leave.

  2. Paolo

    Aggiungo solo una cosa: in UK si può parlare di Europa, da noi no, siamo al solito approccio farisaico per cui tutto quanto arriva dall’Europa è una verità rivelata e chi non si conforma è brutto e cattivo. Su queste basi è difficile riuscire a raggiungere una qualche forma di consenso a livello nazionale per poi discutere dei vari problemi in sede europea, e infatti da anni non siamo più propositivi, subiamo passivamente decisioni prese altrove che non tengano in benché minima considerazione i nostri interessi (e infatti ormai siamo alla canna del gas… ma non si può dire), e anziché cercare di capire come rimediare a questa situazione tanti connazionali ringraziano sentitamente, pensando di ricevere una patente di “europeista” ormai senza più senso. Londra è la città più europea che ci sia e lo è proprio perché i britannici sono riusciti, grazie alla Sig.ra Thatcher, a negoziare queste clausole di opt out, noi seguiamo pedissequamente ciò che ci viene imposto e siamo diventati una provincia insignificante. C’è di che meditare.

  3. Marco

    Intervengo dopo l’uscita dei primi exit pool che dicono che vince chi vuole restare in Europa, ma di molto poco.
    la vera risposta è per quella gran parte di Inglesi, democratici, che hanno resistito alle minacce dei rappresentanti dell’Europa, che riluttanti alla democrazia, minacciavano , le cavallette, se fossero usciti dall’Europa. I veri Europeisti sono gli Inglesi, l’Europa ormai è una massa di burocrati, non amanti, della democrazia.
    E cosa dire, della nostra povera Italia, che manda in diretta TV, dello stato, dove un direttore di Tg si permette di minacciare una deputata, regolarmente eletta dal popolo Italiano, o meglio dai sudditi Italiani, e si rivolge a Bruno Vespa intimandole di intervenire contro la deputata. E Vespa che chiaramente ubbidisce.
    Che schifo di paese stiamo diventando.
    VIVA L’Inghilterra e la sua grande democrazia, dove nonostante ci sia ancora una Reggina, il popolo conta ancora.

  4. Giuseppe

    Sento tanti proclami antieuropeisti e antieuristi come se provenissero da un popolo che in assenza di europa (e di euro) abbia fatto chissà quali imprese economiche e politiche. Ma stiamo scherzando? A parte la sopravvalutazione degli effetti di avere una moneta unica (in realtà il vero effetto è avere più controllo, che per l’Italia può essere solo un toccasana, a meno che non si è dei ladri, allora si che mi devo preoccupare ad avere più controllo, ma se io non rubo, ben venga) che di per se a livello macroeconomico, salvo avere una politica monetaria efficace e non molto invasiva (e non mi sembra che la BCE sia carente in politica monetaria, tanto più che a dirigerla vi è chi in teoria, l’avrebbe diretta anche in italia in assenza dell’euro) non può avere gli effetti che tutti sognano. Informatevi, ma bene, prima di dire cavolate. A questo si aggiunge e il fatto che, a livello di fiducia dei mercati, un conto è chiamarti europa e un conto e chiamarti italia (riflettete bene anche su questo) e questo vale sia per la moneta (che ripeto a livello di effetti macroeconomici ha effetti assai limitati, se il paese che la stampa non lavori su politiche industriali, fiscali e territoriali adeguate) sia per tutti gli altri beni prodotti dai paesi aderenti.
    Inoltre ci sono delle sinergie positive per quanto riguarda l’elevamento dei mercati nazionali al rango di mercato unico (Oscar lo dovrebbe sapere bene, l’integrazione, e in generale l’aumento di scala per qualsiasi mercato porta solo benefici e zero svantaggi) . Però tutti questi vantaggi, e su questo che bisogna lavorare,richiedono come unico prezzo da pagare una certa oculatezza e rinuncia ai propri interessi egoistici (che poi se portano allo sfaglio, sono più autolesionistici che egoistici) nelle decisioni che richiedono un contributo dei diversi stati. Se questo non si riesce a ottenere (e abbiamo visto che non si riesce a fare, vedi immigrazione, che è ne più ne meno la gestione comune di una emergenza che viene da fuori e non è quindi indotta dai paesi partecipanti) la strada migliore è che si cambiano le regole nel senso di evitare queste situazioni e si chiede a tutti di nuovo o di accettarle o no.
    Ma si badi bene, se in queste regole si introduce più sovranità sovranazionale (come logica vuole, visto il fallimento di quelle attuali) questo, sia chiaro, significa meno sovranità nazionale. Cioè il contrario di quello che chiedono gli attuali euroscettici sparsi per l’europa a caccia di voti per potere elevare la propria posizione personale senza avere la minima idea di cosa si sta pagando per avere in cambio cosa.
    Il nodo è sempre lo stesso, in qualsiasi decisione economica (e cioè nella maggior parte delle decisioni che riguardano l’uomo) mettere sul piatto della bilancia vantaggi e svantaggi e vedere quali pesano di più.
    Mi dispiace dirlo, ma gli amici britannici, questa operazione se l’hanno fatta l’hanno fatta male. Il guaio è che nessuno andrà a misurare le perdite che UK avrà da qui a 10 anni rispetto al precedente. Perchè sarà così, gli inglesi non hanno le armi, a parte il prestigio storico, che in questo particolare momento non vale molto, per competere da soli nei mercati ipercompetitivi di oggi. E ancora meno se Londra perderà , come accadrà, il primato di piazza finanziaria dell’europa. Questa posizione di prestigio, che gli inglesi avevano più per ragioni storiche che per merito, ha un effetto indotto non indifferente. Si pensi solo all’effetto sulla scolarizzazione, ai flussi di persone, alle ricadute sull’immobiliare.
    Questo ovviamente a patto che gli altri stati dell’europa (o forse si) non siano così stupidi da uscire anche loro dall’europa trasformando così la scellerata scelta dei britannici in un vantaggio. Perchè è di questo che adesso bisogna parlare: vogliamo uscire tutti e perdere tutti i vantaggi che abbiamo a beneficio dei britannici oppure lavorare insieme per stare meglio?
    Ovvio c’è sempre l’alternativa di abbandonare il libero mercato a favore del dirigismo. A quel punto, quali vantaggi di cui sopra andrebbero persi?
    Dio ci salvi dal dirigista chiunque esso sia.

  5. Gianfranco

    Molte discussioni sono senza senso.
    L’Europa dell’euro e’ esistita per diversi motivi divergenti, ed ora e’ sopraggiunta una crisi centrifuga.
    Le visioni d’Europa sono completamente antitetiche.
    L’Europa inglese e’ quella del libero scambio.
    Quella tedesca e francese sono quelle dell’egemonia continentale.
    Quella italiana, spagnola, portoghese e greca sono quelle di farsi garantire un debito pubblico stellare.
    Quella dei paesi ex comunisti e’ di tornare a casa dopo decenni di dittatura comunista.
    E’ ovvio che chi vuole il libero scambio non vuole altro. Niente superstato ed imposizioni demenziali, quali quella sull’immigrazione.
    Chi vuole l’egemonia e’ a favore dei tecnici idioti che di liberta’ non sanno nulla e funzionano solo a dosi di Keynes. Draghi e Monti vanno qui.
    I paesi dell’est sono troppo poveri per dire anche una sola sillaba.
    Poi vengono gli altri, tra cui noi, bisognosi, col cappello in mano e pronti ad accettare qualunque cosa pur di continuare a spendere e spandere, incluso leggi idiote di qualunque tipo. Prodi va qui.

    La crisi economica ha accentuato le differenze che stanno alla base del consenso dell’unione degli stati ed ha inevitabilmente portato alla rottura non di San Marino, ma dell’UK.

    E’ prevedibile che non cambiera’ niente per gli altri, salvo il calo dell’Euro, ormai sorretto solo da Germania e Francia e per quanto ci riguarda un’accelerazione centripeta perche’, bisognosi degli euro della BCE e del buyback del nostro debito, o QE o come si chiama, dovremo alzare ancora di piu’ la nostra dipendenza da Bruxelles.

    Il peggio deve ancora arrivare.

  6. Denise

    Se lo dice lei, Oscar.. a me invece non pare che la statura dei personaggi che hanno caldeggiato la Brexit sia granché elevata (ma le ha sentite le dichiarazioni di stamattina di Boris Johnson?)
    nè penso che I britannici avessero in testa la Magna Charta prima di votare.
    Hanno votato per (sperare di ) salvare il loro piccolo pezzo di giardino dall’immigrazione.
    Poi, certo, la Ue ha bisogno di un serio momento di democratizzazione. Ma questo non c’entra.

  7. gabriele giorgi

    Credo sia stato un grosso errore la costruzione di questa Europa. I fatti lo stanno a dimostrare! L’ impalcatura burocratico-finanziaria creata costa molto e non è in grado di produrre politiche di GOVERNO dei grandi fenomeni di confronto e di integrazione della società contemporanea. Era facilmente prevedibile: quando Prodi diceva agli Italiani “vi porteremo in Europa” mi pareva uno spot pubblicitario, ed era evidente che un’aggregazione solo economica e finanziaria avrebbe portato vantaggi agli Stati più organizzati ed efficienti a svantaggio degli altri. L’Europa politica sognata dai Padri Costituenti è rimasta un sogno. Mi auguro che anche nel nostro Paese ci si renda conto che stiamo pagando il deficit di democrazia dell’Italia. Ricominciare dal basso per costruire una vera Democrazia in una vero Stato per una vera Europa. Purtroppo non ci sono alternative, se continuiamo ad inseguire i vari populismi, anche mediatici, non si andrà da nessuna parte.

  8. Michele

    Nessuno considera che con l uscita del UK dalla UE
    comprare merci inglesi sara´appesantito dai dazi e che
    il contributo pagato fin ora dall Inghilterra alla UE
    11 Miliardi di Euro , i famosi 350 milioni di sterline
    a settimana strombazzare da Farage , ricadranno su
    tutti noi adesso?

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