9
Nov
2016

Trump sbaracca i guru presuntuosi, e vecchie leadership da seppellire

Stupendo il mondo, Donald Trump si è assicurato la vittoria in ben 6 degli swing States – Florida, Iowa, Nevada, North Carolina, Ohio e Pennsylvania –totalizzando 279 voti elettorali e diventando il 45esimo presidente egli Stati Uniti.  Ci sarà tempo, e altri migliori di me, per l’analisi approfondita del voto, ma intanto pochi punti essenziali per spiegare perché stanotte ho goduto come un riccio.

Guru, sondaggi e media sconfessati. Il più onesto è stato Paul Krugman:  “la gente come me – ha detto – davvero non ha capito il paese in cui viviamo. Negli Stati Uniti c’è una parte di popolazione che vive le sue dinamiche fuori dai radar dei sondaggisti, e non credo ci sia stato un dolo nel sottovalutarla, è stata ignorata senza colpe. Trump l’ha intercettata, capiremo come, ma lui è riuscito a dargli voce, perché non credo che sia nata con lui: credo che esistesse già, fosse già là, e finora, con un establishment forte, era sempre ovattata, ma c’era. Non è che i Nate Silver sono diventati improvvisamente dei pessimi sondaggisti, è soltanto che i modelli delle coordinate di riferimento erano tarati su un altro livello”. Sui sondaggi, può essere. Ma sull’informazione, negli Usa e qui da noi, ha pesato per l’ennesima volta lo stesso errore insopportabile che si ripete troppe volte ormai per non essere colto e denunciato nella sua gravità: dal voto in Francia alla Le Pen a quello in Ungheria a Orban, da quello in Austria ai nazionalisti alla Brexit, fino agli USA oggi. Una parte crescente degli elettorati occidentali non si ritrova affatto nei vecchi establishment della destra e della sinistra del dopoguerra. E si esprime scegliendo candidati dichiaratamente estranei a quelle tradizioni, programmaticamente e deliberatamente estremi nel linguaggio e nello stile per intercettare e rappresentare una rabbia vulcanica, spesso anche fine a se stessa. I vecchi partiti moderati e quelli socialisti, riproponendo vecchie parole d’ordine e vecchi leader, vengono ridotti ai minimi termini, e vincono i maverick. Contro i quali nelle campagne elettorali avversari e media scatenano campagne di derisione, odio, pregiudizio. Accusandoli di ignoranza, sessismo, sciovinismo, populismo, razzismo. Molte volte le accuse sono o appaiono fondate, ma perché il linguaggio estremo è parte voluta e vincente della comunicazione dei Trump. Cosa del tutto diversa è credere, scrivere e ripetere che: 1- questi leader perderanno; 2-non rappresentano che pulsioni psicotiche e bipolarismi vergognosi della personalità, di quella loro privata e di quella pubblica di milioni di disturbati mentali tra gli elettori. Stanotte ho goduto come un riccio guardando le dirette tv, perché c’erano dei colleghi così increduli del fatto che la Clinton non vincesse in due ore, che inventavano criteri di lettura dei dati sempre più assurdi, e via via sempre più lontani dal capire davvero e con rispetto che cosa scelgono gli elettori e perché. Non solo i giornali e l’informazione si mostrano così irrilevanti, soprattutto sono percepiti come parte integrante dell’establishment contro il quale gli elettori urlano la loro protesta. Rassegnatevi, cari colleghi guru progressisti dalla facile vena scomunicatoria: quegli elettori che a vostro giudizio sono sporchi, brutti, maleducati e cattivi votano, e non votano come volete voi.

Doppio suicidio in USA – Se Trump ha conquistato il 61% del voto maschile bianco e il 52% di quello femminile (altro che effetto traino del presidente-donna…), se Hillary si è fermata al 54% dei maschi non-bianchi rispetto al 61% di Obama, se Trump ha ottenuto l’88% dell’elettorato potenziale repubblicano e il 78% di quello evangelico (dati del Washington Post), su ciascuno di questi dati sconfessando totalmente le previsioni dei sondaggi, è perché molte parti dell’elettorato americano – non solo i bluecollar a basso reddito della rust belt – ha detto no all’establishment repubblicano, che da quasi 10 anni non capisce le botte elettorali che prende dal Tea Party, e che ancora una volta credeva di addomesticare il voto presidenziale attraverso uno dei 16 candidati che ha pazzescamente messo in campo nelle primarie. Basta Bush family e neocon, insomma. Esattamente come dall’altra parte vaste fette dell’elettorato democratico ha detto basta al Clinton clan: il sostegno a Sanders manifestava concretamente questa scelta, ribadita ieri nel voto. Hillary è l’impersonificazione del potere e della spregiudicatezza per ottenerlo: dall’appoggio di tutte le big corporations a quello di molti statisti esteri, dalla vicenda delle mail sparite dal server del Dipartimento di Stato alle trascrizioni dell’incontro riservato con Goldman Sachs, scegliendola come front runner il partito democratico ha sposato quanto di più vecchio e compromesso si potesse immaginare. E’ un bene che il no agli establishment sia stato forte e chiaro: la crisi dei vecchi partiti, negli Usa come in Europa, nasce da leadership che nel post 2008 non sanno leggere i tratti nuovi della protesta del ceto medio. Prima spariscono quelle leadership, prima si crea una nuova offerta politica diversa da quella dei maverick. Che altrimenti vincono, se i vecchi partiti non cambiano radicalmente. E se i vecchi partiti non capisconola copa è loro ed è peggio per loro, scompariranno o si frazioneranno. Esattamente come è capitato da noi a Forza Italia, e come rischia con le sue fratture il Pd trans-identitario.

Pensarla come Trump? Io no grazie, resto un liberal-liberista di tendenza austriaca. Ma questo non m’impedisce di pensare che il tanto in Europa ed Italia sperticamente elogiato Obama è stato drasticamente rigettato nel voto dagli americani, e non per la sua tentennante e disastrosa politica estera, quanto per Obamacare che ha esteso di 5-6 punti di Pil l’intermediazione pubblica del reddito, senza però risolvere il problema del ceto medio.  Tale bocciatura è un bene, dal mio punto di vista. Non condivido di Trump l’attacco al libero commercio che rischia di generare altre ondate protezionistiche nel mondo, e voglio vedere come il suo programma di taglio alle tasse – cosa buona e giusta – sarà concretamente modellato, per evitare che esploda il deficit. Ma è ridicolo che il ritiro dall’impegno diretto su teatri mondiali di scontro operato da Obama passi per cosa sacrosanta, perché progressista marcia indietro rispetto ai neocon – che hanno votato però per Hillary, a questa tornata – mentre se è Trump a dire che gli europei devono ora pagarsi la propria difesa si paventano invece conseguenze da fine dei tempi. Non mi piace di Trump il suo sessismo implacabile e le berlusconate a raffica, che non risparmia. Ma i maverick costitutivamente sono così, in tutti i paesi in cui si sta producendo tale fenomeno. Il che non significa affatto che poi, vinte le elezioni e governando, si comportino allo stesso modo. Se Trump lo farà, si condannerà da solo. Troppe cose non sappiamo, di cosa farà in concreto: chi metterà alla FED? chi alla Corte Suprema? Ma se non lo sappiamo è perché nella campagna elettorale la Clinton ha preferito usare il dileggio, invece di incalzarlo. Vedremo come Trump si comporterà, ma questa è altra questione dal rigettare come follia il significato profondo della sua vittoria. Ricordate bene: anche Renzi al governo fa l’opposto di quel che aveva detto anno dopo anno alle Leopolde. Non è che se sei di sinistra va concesso il beneficio della benevolenza, e se sei di destra si applica invece il pregiudizio. Almeno: non io.

You may also like

Dopo Hannover restano 4 grossi guai tra Usa e Ue
“Facciamo come gli USA”, dicono quelli che di flessibilità spesa e tasse americane non ne vogliono sapere
Il low cost verso gli Stati Uniti: bufala o possibilità?
Addio a Morris Adelman

7 Responses

  1. Giuseppe

    Caro Oscar,
    E’ molto semplice: questi voti sono voti contro e non voti a favore.
    Abbiamo appena superato l’inizio del secolo (del millennio in questo caso), le classi dirigenti al potere pagano lo scotto in questi frangenti più che in altri, degli errori di quelle precedenti. Perchè? Bhè perchè di solito il cambiamento in corso di solito in questi periodi della storia sono più radicali, e quindi c’è più gente tagliata fuori, il che significa più gente incazzata. Il cambiamento non sempre vuol dire miglioramento. Anzi.
    Ma il risultato è la somma di un insieme di cause che spesso prescinde da chi è al comando, anche se chi è al comando è una conseguenza di tutto.
    In questi casi chi è bravo ad impossessarsi dei voti contro (ce ne stanno tantissimi in giro nei paesi cosiddetti sviluppati) chiunque questi sia, qualunque siano le sue abilità (o inabilità), vince. In altri termini la bravura ad impossessarsi dei voti contro non ha nessun collegamento con la bravura a fare le cose bene.
    Quello che succederà dopo, ne consegue, è completamente scollegato dalle proposte fatte dal vincitore che invece dovrebbe essere il meccanismo normale attraverso il quale un candidato si presenta, fa delle proposte e viene votato o non votato in base ad esse (o a una sola soltanto di essa). Che è lo spirito della democrazia basata sul voto maggioritario.
    Il meccanismo è completamente incrinato se il voto è un voto contro.
    Ma il voto contro è giusto? E’ proficuo per la società in qualunque stato essa si trovi? E soprattutto per le generazioni successive? Voi giornalisti avete una responsabilità. Ricordate alle persone a cosa hanno portato i voti contro nel passato, così magari evitano di votare in questo modo. Stimolando le persone a non votare in questo modo fanno si che questi personaggi abbiano meno acqualina in bocca per questi voti,la presenza dei quali disincentiva la proposizione chi cerca di accaparrarsi il voto di chi vuole votare a favore.
    Bisognerebbe guardare un po più in la, guardare oltre i confini delle proprie aspirazioni personali e dei propri gusti.

    Con stima,
    G

  2. Franco Faberi

    Caro Oscar, ti seguo da tempo, anzi avevo aderito al tuo movimento “Fermare il declino”. Sono uno dei pochissimi che era convinto della vittoria di Trump; ho detto convinto della vittoria non un suo fan, anche se sono più contento che abbia vinto lui della Clinton.
    Sono d’accordo con te su quasi tutto, specie quando dici che hai goduto nel vedere l’incredulità prima e il disagio poi dei tanti fenomeni (politici e giornalisti, intellettuali -sono tutti uguali spocchiosi e incompetenti-) che non si capacitavano di quanto stesse succedendo.
    Sono anni che dico a tutti che la nostra classe dirigente non ha ben compreso il significato del fallimento di lehman brothers, e specialmente la direzione che ha preso il mondo a partire da questo avvenimento.
    L’altro ieri ne ho avuto completa dimostrazione.
    Oggi per un politico, un giornalista, un opinionista, un economista è ancora di più importante di ieri comprendere come il mondo si sta muovendo. Il cambiamento è spesso così rapido che a volte è veramente difficile riuscire a capirlo e ancora di più anticiparlo.
    Certamente chi bivacca incessantemente negli studi televisivi e ama principalmente sentire la sua voce (e sono la maggioranza) non solo non può riuscirci, ma sempre di più prenderà solenni cantonate.
    Non voglio portarti via altro tempo.
    Grazie e a risentirci.
    Franco

  3. Giovanni

    Caro Oscar,
    io vivo in America da tanti anni. La verita’ e’ che purtroppo la vita politica Americana e’ diventata talmente polarizzata da poter essere confusa con quella italiana. Hillary Clinton e’ il simbolo di tutto cio’ che di sbagliato ci sia nella politica; purtroppo Trump e’ esattamente lo stesso, solo in una forma meno “presentabile” (o meno ipocrita, se preferisci).
    In altre parole, la triste realta’ dei fatti e’ che cambiano i clienti ma entrambi i candidati sono espressione di quel crony capitalism che e’ il male principale in molte delle principali democrazie occidentali (ahime’ a cominciare dall’Italia). Cosi’ come Obama aveva amici diversi da Bush, ma sempre cronies erano.
    Trump pero’ ha questo suo becero razzismo che sinceramente trovo offensivo, oltre che stupido e che e’ impossibile da accettare o anche solo sminuire.
    Non era possibile un esito buono delle elezioni, visti i candidati. Forse in questa considerazione c’e’ la chiave dell’accetabilita’ di Trump, intesa come possibile (ma a mio avviso improbabile) rottura con il passato.
    La speranza e’ che Paul Ryan ed il suo “a better way” riescano ad influenzare Trump nella sua convergenza verso il centro, ammesso che essa avvenga, a fronte di un congresso con cui avra’ molte difficolta’ a confrontarsi.

    Giovanni

  4. Giuseppe

    Ora mi piacerebbe sentire da Oscar e Franco quanto godono per la notizia dell’arresto del ministro russo.

  5. Gianfranco

    Io rido come un pazzo quando i giornalisti credono che la gente legga quello che scrivono o ascolti quello che dicono.
    Inclusa Radio 24.

  6. Gianfranco

    Giovanni,
    lei probabilmente vive a NYC ed appartiene al ceto medio.
    Beh, se sta davvero a NYC, vada a visitare Spring Valley. o West Haverstraw.

    Bonne voiage!

  7. Giovanni

    Caro Gianfranco,

    lei probabilmente ha capito ben poco del mio commento perche’ le sue intuzioni sono totalmente disconnesse dal senso del mio discorso, oltre ad essere molto lontane dalla verita’ dei fatti.

    Buon viaggio a lei!

Leave a Reply