13
Mag
2014

Addio a Morris Adelman

Pochi giorni fa è scomparso Morris Adelman. Come sempre quando se ne va un mostro sacro la prima reazione è: come faremo? Chi avrà la forza intellettuale che ebbe lui? Ma la seconda è: Adelman vive in quello che ci ha lasciato, nei suoi lavori e nelle sue intuizioni.

Adelman, pur essendo stato un gigante dell’economia del petrolio, non era una rockstar dell’economia. Eppure, la nostra comprensione dei mercati petroliferi – e più in generale dei mercati delle commodity energetiche – non sarebbe la stessa, senza di lui. Chiunque non ne abbia frequentato gli scritti e voglia, oggi, farsi un’idea del perché la sua figura è così rilevante può leggere la raccolta dei suoi paper, pubblicata da MIT Press sotto il titolo The Economics of Petroleum Supply, e il suo grande capolavoro, Genie Out of the Bottle, che in fondo è il vero testamento intellettuale e la summa delle fatiche di Adelman.

Il genio uscito dalla lampada è il mercato. In un momento – gli anni Settanta in particolare – in cui il petrolio era affrontato come tema puramente geopolitico (e ancora oggi è così, se ci pensate) Adelman capì che la natura fisica del greggio (cioè il suo essere “energeticamente denso” e trasportabile allo stato liquido) rendeva i mercati globali non manipolabili nel lungo termine. Per primo l’economista del MIT comprese che, di fronte a un mercato così esteso fisicamente e così liquido, non c’è cartello che tenga. Nessuno può, nel lungo termine, “fissare i prezzi”. Di conseguenza sono vani sia gli sforzi dei produttori (in particolare l’Opec), sia quelli dei consumatori (per esempio attraverso varie forme di embargo) di determinare cambiamenti drastici nella struttura del mercato. Per richiamare la più citata delle sue espressioni,

The world oil market, like the world ocean, is one great pool. The price is the same at every border. Who exports the oil Americans consume is irrelevant.

L’implicazione politica è ovvia e clamorosa: tutto quello che era stato fatto, negli Usa e altrove, nel nome della “sicurezza energetica” è sbagliato.

Questa lettura delle cose si colloca su uno sfondo “hayekiano” (anche se, che io sappia, Adelman non ha mai citato Hayek). Il tema cruciale per lui era quello dell’informazione: le politiche petrolifere poggiano spesso sul presupposto che, in loro assenza, le cose evolveranno in una certa direzione. Alla loro base c’è dunque la presunzione che il decisore politico sappia quale strada prenderanno i mercati petroliferi e sia in grado di indirizzarli in una direzione differente.

Lo stesso principio di arroganza intellettuale è al centro di un’altra “bestia nera” di Adelman: la religione del peak oil, secondo cui la produzione petrolifera arriverà inevitabilmente a un punto di picco oltre al quale non potrà che declinare, con conseguenze terribili per l’umanità. Secondo i picchisti, questa dinamica è dettata dalla scarsità fisica della risorsa. Anche qui, l’errore logico e cognitivo sta nell’assunzione implicita che noi a) sappiamo con certezza quante sono e dove si trovano le risorse di idrocarburi e soprattutto b) non esista un sistema dei prezzi che, riflettendo la crescente scarsità (nel breve termine), induca investimenti e cambiamenti nel comportamento degli agenti (nel lungo termine). Nel passato, infatti, il consumo di molte risorse ha seguito una curva a campana, ma non per vincoli dal lato dell’offerta, quanto perché la domanda si è evoluta e infine orientata su prodotti sostituti migliori.

La critica di Adelman sta tutta in queste parole, che – forse – riassumono la sua intera lezione, e su cui ciascuno dovrebbe meditare anche in relazione ad altri temi:

Diminishing returns are opposed by increasing knowledge, both of the earth’s crust and of methods of extraction and use. The price of oil, like that of any mineral, is the uncertain fluctuating result of the conflict.

Per capire meglio l’importanza di Adelman, qui il ricordo del suo allievo Mike Lynch, qui quello di Rob Bradley (prima e seconda parte).

Che la terra gli sia lieve.

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1 Response

  1. marco

    che la terra gli sia leggera
    e che a noi sulla terra rimanga la forza del razzismo degli intelligenti contro gli idioti
    queste lacrime sono state scrollate dall’albero della meritocrazia che reca il dolore delle sistematiche ferite infertegli dalla nostra misera società (che per queste folli ferite contad immiserirsi)

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