20
Dic
2009

Trent’anni di follia

Nonostante il titolo, questo articolo non è autobiografico: parlerò infatti degli ultimi 30 anni di politiche monetarie USA, del perché l’attuale sistema non può funzionare, e del perché tutto ciò era evidente da almeno un decennio. Capire i problemi dei mercati finanziari non richiede più di un corso di introduzione alla microeconomia. Il problema è risolverli: la politica è efficace nel creare problemi, ma nel risolverli fa pietà.

1. Il sistema di mercato è composto di tanti imprenditori che comprano e vendono in base ai prezzi relativi dei fattori di produzione e di consumo. Gli imprenditori che errano subiscono perdite. Nel breve termine c’è un elemento di casualità in questo processo, ma nel medio-lungo termine chi ha sistematicamente torto in genere viene eliminato.

2. Si potrebbe definire “tendenza naturale all’instabilità” quella che si osserverebbe nel mercato se non si facesse nulla per influenzarne le prestazioni. Una tale tendenza naturale è allo stato attuale empiricamente inosservabile e teoricamente difficile da determinare. Inoltre, non tutto il rischio è inefficiente, e basarsi sulla ciclicità per concludere che c’è necessariamente inefficienza è erroneo.

3. L’essenza del keynesismo è che la tendenza naturale all’instabilità del mercato è ricorrente, consistente e persistente. La politica economica del keynesismo è usare tutti gli strumenti, preferibilmente la politica fiscale, ma come dimostrato dalle citazioni di Krugman anche la politica monetaria. Negli ultimi ’20 la base teorica del keynesismo ha fatto progressi rispetto all’originale, ma l’essenza non è cambiata.

4. Siccome le politiche monetarie sono efficaci nel creare boom e nel prevenire recessioni in un ampio range di condizioni macroeconomiche, le politiche di fine tuning normalmente hanno successo, nel breve termine. Usare la politica monetaria per prevenire le recessioni ovviamente genera inflazione, ma nei periodi di innovazione tecnologica, come gli anni ’90 e gli anni ’20, queste pressioni sono nascoste e quindi i prezzi possono rimanere stabili per molti anni.

5. Quando gli imprenditori capiscono che i costi delle recessioni vengono socializzati, tramite politiche monetarie che impediscono al mercato di far pagare i costi a chi deve, interrompono il processo di selezione imprenditoriale, e incentivano comportamenti irresponsabili, il mercato diventa l'”economia maniaco-depressiva” di cui parla Jesus Huerta de Soto: una struttura intrinsecamente instabile che ha bisogno di continue cure per non collassare, e che più tempo passa più accumula distorsioni che ne minano sia la stabilità che l’efficienza. Le politiche anticicliche sistematiche sono temporalmente inconsistenti: nel lungo termine peggiorano la stabilità economica, nel breve causano sprechi. In termini tecnici, gli agenti economici, invece di massimizzare un benessere privato quasi direttamente collegato a quello sociale, massimizzano un benessere privato che tiene conto delle esternalità sistematiche indotte dalle politiche anticicliche.

6. Una volta che i mercati hanno cominciato ad accumulare distorsioni crescenti, la politica monetaria, per ragioni piuttosto complesse, perde efficacia. Ad esempio, a furia di incentivare l’indebitamento, si arriva al punto che nessun taglio dei tassi riuscirà a creare lo stimolo necessario per perpetuare un indebitamento insostenibile.

7. Veniamo qui all’essenza delle politiche anticicliche keynesiane: nel breve termine l’efficacia della politica monetaria (su quella fiscale ho dubbi) può essere impiegata per stabilizzare l’economia, ma nel lungo termine ciò è solo possibile solo al costo di creare distorsioni allocative, fragilità sistemica e instabilità di lungo termine. Ciò è esattamente ciò che successe negli anni ’20 e anche ciò che è successo dal 1987 a oggi. Ne risulta che la discrezione è self-defeating nel lungo termine.

8. L’abbinamento di politiche discrezionali anticicliche e di regolamentazioni è inefficiente e inefficace. Il primo problema è che impedire agli imprenditori di sfruttare le opportunità create dal moral hazard è possibile solo mettendo la camicia di forza al processo di mercato, con gravi perdite di efficienza: ciò è potenzialmente minimizzabile solo nel caso di regole prudenziali che vanno a toccare comportamenti che possono essere univocamente caratterizzati come inefficienti, il che è raro. Il secondo è che le politiche discrezionali tendono ad incentivare l’aggiramento delle regolamentazioni, creando profitti nel violare tali vincoli, e incentivando anche la corruzione e la cattura dei regolatori: questo comporta un notevole aumento dei costi di enforcement. Il terzo problema è capire quali siano gli incentivi politici a fare buone regolamentazioni: la public choice mostra le distorsioni decisionali tipiche della politica in maniera molto convincente.

9. In conclusione, occorre eliminare gli incentivi perversi che incentivano gli imprenditori a intraprendere azioni inefficienti e irresponsabili. La politica odierna invece continua a sperare di cancellare gli effetti del moral hazard passato accumulandone di più in futuro: è come farsi passare il mal di testa da sbornia bevendo. Ci stiamo incamminando verso un mix di mercati ingessati da regolamentazioni e irresponsabilizzati dall’interventismo, che imporrà una seria ipoteca sulle prestazioni future dell’economia, soprattutto in termini di efficienza e crescita, e forse anche in termini di stabilità.

10. L’unico vincitore di questa follia è la classe politica: è per questo che la politica è il problema e non la soluzione.

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10 Responses

  1. mario fuoricasa

    Sarei pedissequamente daccordo con i dieci punti se si introducessero alcuni drill down su concetti apoditticamente dati per scontati.
    Imprenditore e’ una parola grossa ed e’ un concetto troppo omogeneizzante per le attuali conoscenze. Se analizzo le Fortune 500 o 1000 USA faccio fatica a considerarle rette da imprenditori intesi come agenti razionali il cui comportamento tendenziale sia apprezzabile per una formalizzazione di un assunto credibile.
    La tendenza naturale all’instabilità del mercato è minata dalla tendenza naturale alla conservazione degli attori se gli attori sono consapevoli di non subire personalmente e irrimediabilmente i rigori del mercato. L’imprenditore RBS e l’imprenditore Alitalia e ci aggiunga tutti i casi che anche lei conosce (publici o privati a certe dimensioni non fa differenza) avrebbero, nelle persone dei rispettivi legali rappresentanti, dovuto presentare i libri in tribunale anche in dispregio del mandato dell’azionista perchè venute meno le possibilità di stare sul mercato.
    L’ economia maniaco-depressiva è la conseguenza naturale per istinto di conservazione di attori che si sottraggono intenzionalmente ai rigori del mercato o non sono portatori di responsabilità commisurate al potere gestorio. Questo tipo di attore inotre tiene conto nelle sue decisioni ed agisce nel contesto da lei implicato nei punti da 3 a 9.
    A mio avviso nel punto 10 mancano tutti quegli attori che gestiscono e non patiscono direttamente e personalmente nessun danno.
    Saluti
    Mario Fuoricasa

  2. Pietro Monsurrò

    Non c’è molto legame tra il mercato come sarebbe senza interventismi e quello attuale. Quindi non ho idea (nessuno può averla) di come funzionerebbe il mercato e di chi starebbe su Fortune.

    Senza governo, nessun imprenditore potrebbe sottrarsi ai rigori di mercato. E’ il governo che può influenzare la concorrenza, dando soldi, mettendo barriere all’ingresso, elargendo credito facile, ridisegnando le regole.

    Ovviamente, se c’è governo onnipotente, ci saranno parassiti onnipresenti: un’economia con un governo che può elargire qualsiasi privilegio e senza lobby organizzate per succhiare il sangue non è possibile averla.

    Comunque, il punto 10 si può allargare: chiaramente oltre allo stato abbiamo le banche e le imprese e i sindacati che vengono aiutati da esso, tutte le lobby che approfitteranno delle nuove regolamentazioni, dei bailout e delle politiche fiscali, eccetera.

    La democrazia, del resto, è la guerra di tutti contro tutti, da questo punto di vista. Ognuno cerca di vivere a spese degli altri.

  3. pietro

    L’unico errore è nel punto 9, in effetti i postumi della sbornia passano realmente bevendo un po di superalcolico.
    I malesseri del giorno dopo sono una conseguenza di più fattori tra cui la disidratazione e l’ipoglicemia (causate dalla perdita di acqua e zucchero nell’urina mediata dall’alcol), ma la sostanza che da il maggior contributo è il metanolo, una sostanza che si trova in piccole concentrazioni in molte bevande, poiché è un prodotto secondario della fermentazione ( nel caso del vino è frutto della fermentazione dei semi del’uva ).
    E’ metabolizzato dagli stessi enzimi dell’etanolo e i prodotti che ne risultano sono formaldeide (sì, quella dei mobili e quella sotto cui si conservano resti organici) e acido formico: è a queste due sostanze che si devono i “postumi della sbronza”.
    Gli effetti di questi due composti si hanno il mattino successivo perché gli enzimi che degradano metanolo ed etanolo preferiscono lavorare sull’etanolo. Quindi finché c’è alcol che gira nel sangue disdegneranno il metanolo. Solo ad alcol etilico smaltito inizierà il processo degradativo del metanolo.
    Quindi per smaltire i postumi si può bere un bicchierino di vodka, la bevanda che ha in assoluto la minor concentrazione di metanolo: gli enzimi attaccheranno l’etanolo e il metanolo accumulato verrà smaltito con le urine.
    Per il resto sono daccordo al 100%.

  4. Pietro M.

    Questo commento è fichissimo. 🙂

    L’unico problema è che la vodka non fa parte degli strumenti di policy. Alcuni economisti diciamo “monetaristi”, come Sumners, ritengono di poter eliminare i problemi o comuqnue di minimizzarli soltanto tenendo MV costante. Al di là del fatto che ciò è operativamente impossibile senza creare boom insostenibili in senso austriaco, il problema è che non risolverebbe un bel niente. La crisi economica non è un problema monetario, è un problema reale, e non si risolve se non tramite un riaggiustamento economico reale.

  5. Alberto

    pietro :
    L’unico errore è nel punto 9, in effetti i postumi della sbornia passano realmente bevendo un po di superalcolico.
    I malesseri del giorno dopo sono una conseguenza di più fattori tra cui la disidratazione e l’ipoglicemia (causate dalla perdita di acqua e zucchero nell’urina mediata dall’alcol), ma la sostanza che da il maggior contributo è il metanolo, una sostanza che si trova in piccole concentrazioni in molte bevande, poiché è un prodotto secondario della fermentazione ( nel caso del vino è frutto della fermentazione dei semi del’uva ).
    E’ metabolizzato dagli stessi enzimi dell’etanolo e i prodotti che ne risultano sono formaldeide (sì, quella dei mobili e quella sotto cui si conservano resti organici) e acido formico: è a queste due sostanze che si devono i “postumi della sbronza”.
    Gli effetti di questi due composti si hanno il mattino successivo perché gli enzimi che degradano metanolo ed etanolo preferiscono lavorare sull’etanolo. Quindi finché c’è alcol che gira nel sangue disdegneranno il metanolo. Solo ad alcol etilico smaltito inizierà il processo degradativo del metanolo.
    Quindi per smaltire i postumi si può bere un bicchierino di vodka, la bevanda che ha in assoluto la minor concentrazione di metanolo: gli enzimi attaccheranno l’etanolo e il metanolo accumulato verrà smaltito con le urine.
    Per il resto sono daccordo al 100%.

    Pietro M. :
    Questo commento è fichissimo.
    L’unico problema è che la vodka non fa parte degli strumenti di policy. Alcuni economisti diciamo “monetaristi”, come Sumners, ritengono di poter eliminare i problemi o comuqnue di minimizzarli soltanto tenendo MV costante. Al di là del fatto che ciò è operativamente impossibile senza creare boom insostenibili in senso austriaco, il problema è che non risolverebbe un bel niente. La crisi economica non è un problema monetario, è un problema reale, e non si risolve se non tramite un riaggiustamento economico reale.

    Pietro…eheheh mi hai illuminato, ti penserò durante queste vacanze natalizie colme di bagordi!
    Pietro M. a parte la vodka ,che, ahimè, non fà parte degli strumenti di policy ( anche se delle volte viste le affermazioni e teorie di molti sembra che questa sia una sorta di co-autore delle affermazioni stesse…), ottima conclusione, mi trovo perfettamente in linea con il tuo pensisero.

  6. Pietro M.

    Io avevo una teoria secondo cui la liberalizzazione della cocaina poteva rilanciare i mercati finanziari. Sicuramente sarebbe più efficace della politica monetaria, in certi frangenti.

    La teoria era:

    1. L’avversiona al rischio è eccessiva.
    2. La cocaina riduce l’avversione al rischio.
    3. La liberalizzazione riduce il costo della cocaina.

    Quindi:

    La liberalizzazione aumenta il consumo di cocaina che riduce l’avversione al rischio che stimola i mercati finanziari.

    Era una presa in giro, ovviamente, perché non credo che la mancanza di fiducia sia la causa, ma semmai l’effetto, della crisi, però mi stupisco che una idea così brillante non sia finita su qualche rivista scientifica ad alto impact factor. Spesso pubblicano di peggio. 🙂

  7. Sergio

    Pietro Monsurrò :
    Non c’è molto legame tra il mercato come sarebbe senza interventismi e quello attuale. Quindi non ho idea (nessuno può averla) di come funzionerebbe il mercato e di chi starebbe su Fortune.
    Senza governo, nessun imprenditore potrebbe sottrarsi ai rigori di mercato. E’ il governo che può influenzare la concorrenza, dando soldi, mettendo barriere all’ingresso, elargendo credito facile, ridisegnando le regole.
    Ovviamente, se c’è governo onnipotente, ci saranno parassiti onnipresenti: un’economia con un governo che può elargire qualsiasi privilegio e senza lobby organizzate per succhiare il sangue non è possibile averla.
    Comunque, il punto 10 si può allargare: chiaramente oltre allo stato abbiamo le banche e le imprese e i sindacati che vengono aiutati da esso, tutte le lobby che approfitteranno delle nuove regolamentazioni, dei bailout e delle politiche fiscali, eccetera.
    La democrazia, del resto, è la guerra di tutti contro tutti, da questo punto di vista. Ognuno cerca di vivere a spese degli altri.

    Voi libertari mi siete molto simpatici anche perchè siete sempre un tantino ideologici. In questo senso siete abbastanza speculari ad altre scuole di pensiero radicali. Lungi da me invocare la coincidenza degli opposti ma …
    Lo avete mai visto in una società complessa un mercato senza stato? Perchè nelle vostre analisi partiamo sempre da questi ossimori? Imprenditori razionali che operano in mercati senza stato ecc. ecc.
    Cordialissimi saluti
    Cordiali saluti

  8. Pietro M.

    @Sergio

    Da un post di teoria economica ci si aspetterebbe un commento di teoria economica, non una ramanzina moralistica sull’ideologia. Dove hai visto l’anarchia nel mio articolo sul moral hazard?

  9. Sergio

    @Pietro M.
    Nei presupposti, caro Pietro M., nei presupposti. L’incipit dei vostri discorsi e analisi sono sempre degli ossimori: attori razionali, mercato senza governo, ecc. Diffido un tantino da analisi specialistiche che partono da queste schematizzazioni
    Non a caso sul punto non risponde. Dice che il mio commento è fuori posto.
    Cercherò di non disturbare più.
    Mi scuso
    Cercate solo di rendere più chiaro che si accettano solo commenti basati sulla teoria economica.
    Saluti

  10. Pietro M.

    Questa è divertente, io scrivo un post sulla crisi finanziaria, che magari lei non ha neanche letto visto che non ha scritto nulla in merito, e si lamenta che non le rispondo per una tesi non argomentata su “voi libertari”?

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