18
Dic
2009

La scelta di Obama

Vi sono due modi per discutere una tesi: 1) contestarne le premesse fin dall’inizio; 2) accettarle e vedere “dove si va a parare”. Nel caso degli Stati Uniti, si può contestare la premessa dell’Amministrazione, asserendo che la politica economica comunque non cura la crisi, oppure, accettare la premessa, e vedere dove si “va a parare”. Seguiamo il secondo approccio. Riassumiamo così il lavoro del Levy Institute, un’organizzazione che raccoglie i seguaci di H. Minsky – sorta di keynesiani “estremisti”. A nostro avviso, il loro lavoro riflette bene il punto di vista dei Liberal. Semplificando oltremisura – riportiamo il testo originale per chi volesse approfondire (1) – essi affermano quanto segue.

Si ha uno scenario – detto di base – che si estrinseca in sei anni, dove il deficit pubblico è ridotto nel tempo, esso passa dal 10% di oggi al 4% del 2015, e dove le famiglie cominciano a risparmiare di meno, anche riducendo, grazie alla crescita economica, il debito che hanno con il sistema finanziario. Il saldo estero si riduce fino ad annullarsi. La disoccupazione però non si riduce, e resta fino al 2015 intorno al 10%. (Si noti che si assume che il costo del nuovo debito pubblico resti nei sei anni ai livelli di oggi).
 
Secondo il Levy Institute lo scenario base è irrealistico, perché si ha ancora “troppa” disoccupazione, che l’Amministrazione non può accettare. Dunque si avrà un deficit pubblico più elevato. Ecco i due scenari – secondo loro – più realistici.
 
Il primo diverge da quello di base e si estrinseca sempre in sei anni. Il deficit pubblico scende pochissimo, con le famiglie che cominciano a risparmiare di meno, anche riducendo il debito che hanno con il sistema finanziario. Il saldo estero non si annulla come prima, anzi peggiora rispetto a quello di oggi. La disoccupazione si riduce fino al 7%. (Si noti che si assume che il costo del nuovo debito pubblico resti nei sei anni ai livelli di oggi).
 
Il secondo scenario diverge da quello di base e dal primo e si estrinseca sempre in sei anni. Si ha un dollaro reso volutamente debole – un 10% in meno rispetto ad oggi – con una maggior crescita delle esportazioni, ed un maggior costo per le importazioni petrolifere. Il deficit pubblico scende poco, con le famiglie che cominciano a risparmiare di meno, anche riducendo il proprio debito. Il saldo estero non si annulla come nello scenario di base, e peggiora rispetto a quello di oggi, anche se meno che nel primo scenario. La disoccupazione si riduce fino al 7,5%. (Si noti che si assume che il costo del nuovo debito pubblico resti nei sei anni ai livelli di oggi).
 
Fine del riassunto del punto di vista del Levy Institute. Mette conto notare che – per avere una disoccupazione del 7% invece che del 10% – si ha in entrambe le simulazioni un maggior debito pubblico ed in una anche un dollaro più debole. C’è in entrambi gli scenari il rischio di maggiori rendimenti sul debito pubblico e quindi la possibilità di una crisi economica peggiore. L’Amministrazione sembra che debba scegliere fra una disoccupazione elevata con una bassa probabilità di crisi finanziaria ed una disoccupazione appena più bassa con una maggiore probabilità di crisi finanziaria.

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