17
Dic
2009

Premiato per bancarotta

Se un ingegnere difendesse una teoria che fa crollare i ponti e fa ammazzare un sacco di persone, potrebbe non essere penalmente responsabile, ma perlomeno dovrebbe essere considerato tale intellettualmente. Se poi quell’ingegnere continuasse a dispensare consigli su come costruire ponti, e magari a provare a progettarne qualcuno, si dovrebbe pensare a fare qualcosa per fermarlo, come cacciarlo dall’Albo, perseguendolo in tribunale per i suoi progetti sistematicamente erronei, fargli pagare i risarcimenti per le vittime della sua incapacità. Qualsiasi cosa, purché lui e i suoi seguaci non progettino più ponti.

In economia no. In economia al progettista folle si dà il Premio Nobel proprio mentre il ponte sta crollando. Sto ovviamente parlando di Paul Krugman, che se non è il più self-righteous dei supposti salvatori della patria tramite debiti e inflazione (la palma spetta a Brad DeLong), non è in genere carente di arroganza, e ciò spero scusi il divertito tono di questo articoletto.Il 2 Agosto del 2002, mentre io festeggiavo 23 anni, Krugman in un articolo diceva che per difendere i consumatori americani occorreva creare una bolla immobiliare per sostituire quella azionaria che era appena esplosa. Scrive:

“Consumers kept spending as the Internet bubble collapsed; they kept spending despite terrorist attacks. Taking advantage of low interest rates, they refinanced their houses and took the proceeds to the shopping malls.”

Ci si dovrebbe aspettare un responsabile “Fermiamo questa follia finché siamo in tempo”. E invece no:

“The basic point is that the recession of 2001 wasn’t a typical postwar slump, brought on when an inflation-fighting Fed raises interest rates and easily ended by a snapback in housing and consumer spending when the Fed brings rates back down again. This was a prewar-style recession, a morning after brought on by irrational exuberance. To fight this recession the Fed needs more than a snapback; it needs soaring household spending to offset moribund business investment. And to do that, as Paul McCulley of Pimco put it, Alan Greenspan needs to create a housing bubble to replace the Nasdaq bubble.”

Per Krugman ogni recessione ha qualcosa di “non-tipico” che richiede interventi particolari, parrebbe. In ogni caso, il dubbio è che stia scherzando: per uscire dalla crisi bisogna creare bolle, quindi teniamocela la crisi, altrimenti la bolla diventerà un buco nero.

Stava scherzando? No:

“Who, exactly, is about to start spending a lot more?”

In questa intervista del 2001 è ancora più chiaro (devo dire che forse l’intervista non è credibile, è una traduzione dal tedesco e non mi fiderei della fedeltà al testo, perché magari la fonte non è onesta: ma Krugman è sempre così):

“During phases of weak growth there are always those who say that lower interest rates will not help. They overlook the fact that low interest rates act through several channels. For instance, more housing is built, which expands the building sector. You must ask the opposite question: why in the world shouldn’t you lower interest rates? In Europe, growth stagnates, prices fall – everything suggests that part of Euroland’s economy is not active. Why shouldn’t the ECB try to stop the drift into deflation?”

E anche qui non scherza, nel 2001:

“Will the Fed cut interest rates enough? Will long-term rates fall enough to get the consumer, get the housing sector there in time? We don’t know.”

La bolla che ha fatto collassare i mercati finanziari è stata creata da Greenspan e sostenuta da Bernanke. I cheerleader intellettuali di questa follia sono state persone come Krugman, che forse dovrebbero riflettere sulle loro responsabilità invece che dare lezioni nel difendere gli interventi più irresponsabili che un policymaker possa concepire.

L’attuale crisi è un fallimento della discrezionalità e dell’interventismo monetari. Se avessimo avuto regole monetarie precise e politiche monetarie rigide, che non lasciavano adito ad aspettative di intervento, probabilmente non sarebbe successo nulla. Abbiamo bisogno di politiche monetarie e fiscali serie, al limite vere e proprie “non-politiche”, alla Mises, Friedman, Prescott: qualsiasi cosa ma non il fine tuning anticiclico degli apprendisti stregoni keynesiani.

Il fatto che più si fallisce più si ha successo dimostra che la politica, come processo di selezione delle scelte collettive, non funziona per niente. L’economia è una cosa troppo seria per lasciarla ai politici. E anche a certi economisti.

FONTE.

PS Mi aspetto una miriade di citazioni semanticamente identiche da molti altri economisti, come Stiglitz. Se qualcuno ha link, potrebbe esserci di che divertirsi.

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16 Responses

  1. Pietro Monsurrò

    Economics est omnia divisa in partes tres:

    1. I neokeynesiani che combinano disastri
    2. I neoclassici che credono che le politiche neokeynesiane siano irrilevanti e quindi non sanno spiegarsi perché sono disastrose
    3. Gli austriaci che nell’ultimo mezzo secolo non hanno notato nulla di nuovo sufficientemente interessante da incentivarli ad espandere le loro teorie.

    Andiamo bene… 🙂

  2. Pietro Monsurrò

    Non vorrei offendere amici del padrone di casa, ma le affermazioni di Tremonti lasciano il tempo che trovano. Ormai cerco di evitare di leggerlo e ascoltarlo.

  3. marco

    “L’attuale crisi è un fallimento della discrezionalità e dell’interventismo monetari.”
    E si può essere d’accordo: ma perchè si continua a pensare che ogni economista di orientamento keynesiano o neokeynesiano sia per l’interventismo monetario ed il cosiddetto “fine tuning” anticiclico?

    Magari leggere qualche intervento/blog di orientamento diverso rispetto a quello che qui si professa potrebbe aiutare ad avere più ampie vedute (così come faccio io leggendo ogni tanto questo blog):

    http://icebergfinanza.splinder.com/post/21892097/ILLUSIONI+MONETARIE

  4. Pietro Monsurrò

    @marco

    L’articolo linkato non dice nulla che sia incompatibile con il testo del mio articolo, tanto che cita i miei riferimenti teorici preferiti, gli austriaci.

    In ogni caso, quello che dicevo difendendo le politiche di “Mises, Friedman e Prescott” è che politiche monetarie non discrezionali probabilmente avrebbero evitato il problema attuale perché non ci sarebbe mai stata tanta follia nei mercati finanziari. Se la Fed avesse seguito una k%-rule, non avrebbe creato granché distorsioni nell’allocazione delle risorse produttive. Avendo seguito la politica del “fate stupidaggini a gogò tanto ci pensa papà Greenspan”, i risultati sono evidenti. Idem per una qualsiasi regola ben prevedibile, anche se io diffido di ogni regola che contenga elementi anticiclici come quella di Taylor, che è stata violata, quindi once again non è colpa di Taylor se l’economia fa schifo.

    E’ colpa proprio di chi difendeva le politiche che hanno portato al collasso, come Krugman. Scripta manent, e Krugman lo ha scritto esplicitamente, nel 2002.

  5. Non sono un esperto di economia, ma oltre il problema delle bolle speculative azionarie o immobiliari che siano (tanto qualche economista che le pompa si trova sempre), io individuo sempre un problema di fondo: mancato controllo di chi crea tonnellate di spazzatura (derivati o hedge fund) e SOPRATTUTTO mancato controllo di chi ne compra a iosa RIFILANDOLI a destra e a manca senza che ci sia reale e diffusa conoscenza (purtroppo non puzzano come l’immondezza vera).
    E’ possibile che non si riesca mai ad avere strutture di monitoraggio e controllo serie ed indipendenti?
    Se non sbaglio in Marocco per legge le banche non potevano acquistare questi titoli, sarà/sarò poco liberista, ma se non abbiamo organi efficienti ed indipendenti non sarà il caso di avere qualche legge meno liberista?

    Ovvero che non ci sono mai organi di controllo sufficientemente indipendenti che avvisano, limitano o controllano

  6. Pietro M.

    @Pastore Sardo

    Il seguente commento riguarda i seguenti punti:

    1. L’economia ha bisogno di imprenditori e gli imprenditori necessitano di perdite e fallimenti per essere incentivati.
    2. Una politica che influenzi perdite e fallimenti distorce il processo imprenditoriale e rende il mercato instabile e inefficiente.
    3. Una politica che cerchi di ovviare a questi problemi con regolamentazioni non rigide sarà inefficace perché sarà bypassata dagli agenti, che hanno incentivi a sfruttare opportunità di profitto in ogni modo.
    4. Una politica che cerchi di ovviare a questi problemi impedendo agli imprenditori di lavorare tramite regolamentazioni rigide recupera stabilità solo ad un prezzo notevole in termini di efficienza.

    E’ possibile che esista una tendenza intrinseca dei mercati finanziari a essere instabili, come è possibile che la tendenza sia creata dall’assicurazione che lo stato fornisce, spesso gratuitamente, agli investitori, sotto forma di deposit insurance, politiche anticicliche, bailout, ricapitalizzazioni forzate, regulatory forebearance, tassi correlati negativamente all’output gap, eccetera.

    Quello che si può dire coeteris paribus è che qualsiasi forma di assicurazione peggiora un’eventuale – e da dimostrare – tendenza intrinseca dei mercati a suicidarsi.

    Un’altra cosa certa è che se i mercati fossero lasciati liberi di suicidarsi i venditori di immondizia finanziaria ora farebbero veramente i netturbini: è grazie allo Stato che potranno perpetuare il mercato delle fregature.

    Nel paper che ho scritto per il Mises Seminar quest’anno, sull’effetto delle politiche anticicliche sull’assunzione di rischio, mostravo come è relativamente facile vedere come l’assicurazione gratuita creata dalle politiche monetarie possa provocare una miriade di effetti diversi: bolle speculative, eccessi nei movimenti di capitale internazionale, eccessi di leva finanziaria, scarso screening degli investimenti-fregatura.

    Se è l’assicurazione pubblica che crea il casino, basta rimuovere l’assicurazione per eliminare (nel lungo termine, dopo aver pagato il conto di decenni di scemenze monetarie) il problema. Più verosimilmente una parte del problema rimarrebbe, nel senso che le oscillazioni dei mercati quasi certamente non spariranno, ma dubito che accadrà mai qualcosa di paragonabile all’attuale crisi, che è frutto di decenni di accumulazione di distorsioni.

    Il problema è capire cosa è meglio fare se non si vuole eliminare la rete di sicurezza pubblica che crea tutti questi problemi: se un imprenditore assicurato si comporta da idiota, impedirgli di comportarsi da idiota può aiutare.

    Se si comporta da idiota per motivi endogeni al mercato, questo può essere un miglioramento (welfare improvement), se si comporta da idiota per colpa della politica, allora la politica è schizofrenica, visto che con una mano incentiva l’idiozia e con l’altra la vieta.

    C’è un problema con l’approccio regolativo alla stabilizzazione dei mercati finanziari, e anche di questo ne parlavo nel paper: se incentivo gli agenti a comportarsi da idioti, troveranno infiniti modi creativi per comportarsi da idioti. In sostanza, ci sono incentivi a non rispettare le regolamentazioni, che sono creati dalle stesse politiche anticicliche. In questa situazione, politiche regolative lasche saranno totalmente inutili (esempio: impongo limiti di capitale, e dopo un secondo si creano i veicoli fuori bilancio).

    L’alternativa è fare una regolamentazione rigidissima. Ma impedire agli agenti economici di muoversi impedisce forse di fare scemenze, ma impedisce anche di creare ricchezza. Il risultato non è una politica anticiclica o una maggiore stabilità della crescita, ma il declino.

    Regolamentazioni light ben costruite forse possono eliminare alcuni problemi creati dalla politica monetaria e eventualmente alcuni problemi intrinseci dei mercati finanziari. Il primo problema è capire quali (credo che requisiti di capitale, limitazioni al leverage e limitazioni al maturity mismatch possano aiutare), il secondo problema è capire se lo Stato è all’altezza del compito.

    Abitualmente lo Stato fa male tutto, essenzialmente perché a nessun burocrate cambia qualcosa se lavora bene o male. L’unico imperativo è massimizzare il proprio potere, il resto è lasciato al buon cuore del singolo politico-tecnocrate-burocrate.

    Spero che con questa risposta mi sia meritato una confezione di pane carrasadu e un goccio di cannonau.

  7. marco

    Forse non mi sono spiegato bene: l’unica cosa che contestavo è la convinzione, che mi pareva risultasse dal post, che ogni economista “apprendista stregone” keynesiano o neokeynesiano sia per l’efficacia dell’interventismo monetario.

    Sono M.Friedman e A. Schwartz che sembra abbiano fatto mea culpa sull’efficacia dello stesso monetarismo, non altri (vedi nuovamente il post segnalato) in interviste rilasciate anni fa al FT.

    Così come Greenspan e “Helicopter Ben” Bernanke non mi sembrano proprio di convinzioni keynesiane.

    Qualche estratto (in italiano) dal libro Money: Whence It Came, Where It Went del (qui) tanto bistrattato J.K.GALBRAITH dovrebbe spiegare sulle passate esperienze dello stregone non “apprendista” Friedman:
    “La storia della moneta dimostra ampiamente come spesso gli esiti siano del tutto involontari. Ciò non è mai stato così vero come negli anni ottanta, con l’economia mondiale dominata al solito dagli Stati Uniti ed in particolare dalla conduzione politica di R.Reagan.
    La nuova amministrazione esordì ricorrendo con energia persino maggiore che in passato alla politica monetaria, affidandosi allo specifico piano formulato in modo tanto persuasivo ed efficace da M.Friedman: controllando la riserva federale ed i prestiti bancari si avrà il necessario e rigoroso controllo dell’offerta di moneta. Con questa premessa qualsiasi altra politica sarebbe non pertinente e superflua. Ci fu una stretta alla politica creditizia e quindi, così almeno si sperava, alla creazione di moneta.
    L’effetto – una recessione acuta e molto dolorosa – non fu esattamente quello sperato. Di conseguenza, nel giro di pochi mesi, la politica monetaria venne ribaltata, i tassi di interesse abbassati e il freno ai prestiti bancari allentato. L’idea di controllare l’economia regolando l’offerta di moneta cadde [per il momento, aggiungo io] nel dimenticatoio.”

    Tornando a noi, posso essere perfettamente d’accordo “che qualsiasi forma di assicurazione peggiora un’eventuale – e da dimostrare – tendenza intrinseca dei mercati a suicidarsi.” Ma qui si sta parlando di un’assicurazione che intervenga a posteriori: perchè non ragionare su tutto quello che si può fare ex-ante per ridurre i rischi di crisi come queste; i “requisiti di capitale, limitazioni al leverage e limitazioni al maturity mismatch” possono sicuramente aiutare.

    Nel 2000 in piena esplosione della bolla Hi-Tech Robert J.Shiller in un’intervista apparsa sul Sole24Ore rispondeva così ad una domanda:
    DOMANDA: Crede che il mercato possa autocontrollarsi?
    R: “No. La tendenza e’ sempre quella a spingersi piu’ in la, fino a
    quando la corda si rompe. Credo che il mercato per autocontrollarsi
    abbia bisogno di un aiuto. La Fed ha l’autorita’ per aumentare i
    limiti sulle operazioni al margine. Oggi il limite e’ al 50%. Secondo
    me basterebbe portarlo al 60% per dare un messaggio importante al
    mercato.”

    Quando viene però detto che basta rimuovere l’assicurazione pubblica per eliminare “automaticamente” il problema, mi viene anche in mente che aver lasciato fallire Lehman Brothers abbia risolto ben pochi problemi e creato in qualche modo il panico (senza tra l’altro eliminare l’esuberanza finanziaria degli apprendisti stregoni che in essa operavano e che ora sembrano essere approdati in Goldman Sachs o altre società che si ritrovano, ben contente, con un big player concorrente in meno).

    Quando viene detto “il secondo problema è capire se lo Stato è all’altezza del compito. Abitualmente lo Stato fa male tutto, essenzialmente perché a nessun burocrate cambia qualcosa se lavora bene o male.” mi viene comunque da pensare che sia un’affermazione dogmatica che dimostra poca voglia di confrontarsi con chi la pensa diversamente; ma comunque ok, mettiamola così l’intervento pubblico in queste questioni poco ha risolto: ma cosa facciamo, chi individuiamo come alternativa e soprattutto quali alternative abbiamo? Lasciamo il campo libero a gente come Madoff a società come Goldman Sachs?

  8. marco

    Scusate, ancora io, mi era rimasta un’ultima domanda nella tastiera (più retorica delle precedenti due che sono assolutamente aperte): Oppure seguiamo i consigli del texano Ron Paul che vorrebbe abolire la Fed?

  9. Pietro M.

    @marco
    Non sono particolarmente ottimista sulla fattibilità delle proposte radicali (nel senso che va alla radice e non che fuma hashish come i radicali), però qualsiasi cosa castri la Fed aiuterà a ridurre la probabilità che distorsioni sistematiche si accumulino.

  10. @Pietro M.

    per la sua risposta penserei che potrebbe meritare una confezione di pane guttiau (più monello del carasau in quanto fritto, ma molto più buono) e per il vino consiglierei un luzzana di cherchi, 50% cannonau e 50% cagnulari (il cannonau non è uno dei miei vitigni preferiti) che è uno dei rossi sardi che preferisco (livello quasi di turriga ma costa meno della metà).

    La ringrazio della sua risposta, in ogni caso senza fare demagogia (ed in questo mi riferisco anche ai commenti di Marco) e dando una risposta a caldo penso che lo stato debba IN OGNI CASO fare la sua parte.
    C’è a mio avviso un problema di fondo: non sono in grado di farlo.
    Portiamo costantemente ad elezione un politico con mancanza di cultura del bene comune (quando c’è l’ha è spesso demagogica) e per meccanismi elettorali troppo legato a logiche di lobby, in Italia con il problema aggiuntivo di una diffusa assenza di cultura meritocratica.

    C’è inoltre un grave problema dovuto al fatto che generalmente una pesona si circonda di propri simili culturalmente e lobbysticamente, questo comporta che il politico si circonda di dirigenti/consulenti che più che consigliarlo obbediscono ai suoi voleri/doveri (per doveri intendo dare poltrone in base al numero di voti portati).

    E qui torno al discorso degli eccessi che devono essere limitati, i politici non prendono input nel loro programma e nello loro attività dalla conoscenza delle problematiche e delle soluzioni, che risolvono realmente i problemi e che creano valore aggiunto e non sottratto.

    Faccio un esempio pratico in ambito di sicurezza informatica che ha a mio parere molte similitudini con l’ambito finanziario (a partire dall’analisi dei rischi): in germania e francia ci sono strutture governative di 400-600 persone che si occupano solo di sicurezza informatica, in Italia una struttura piccola e totalmente insufficiente è stata addirittura smantellata.
    Io mi chiedo come può un Brunetta pensare di informatizzare a go-go senza avere una organizzazione centralizzata e indipendente di supporto, che opera costantemente nella costruzione di linee guide, auditing, formazione e supporto alle emergenze?

    In ambito finanziario vedo delle analogie che hanno per esempio permesso di riempire di derivati enti locali e aziende, come si può permettere la diffusione di strumenti finanziari (che puzzavano) senza che ci sia una struttura che dia supporto al legislatore (anche facendo leggi light), ne effettui anche il monitoraggio, l’analisi dei rischi e la conseguente comunicazione/formazione?
    Giustamente bisogna dare soluzioni senza demagogia, ma chi le recepisce?

    Negli Stati Uniti le lobby finanziarie hanno preso il sopravvento

  11. Antonio M

    Tutto il ragionamento parte dalla domanda fondamentale ? il mercato ovvero l´azione umana del libero scambio ha bisogno di essere controllato o no? La Storia e ness´un altro ha dimostrato che il mercato si e´evoluto solo quando e´stato lasciato libero dall´intervento “regolatore” dell´uomo. Tutto qui. Lasciamo che falliscano tutte le regole ed i regolatori, lasciamoli continuare cosi dal momento che andranno ineluttabilmente verso la rovina… liberiamoci dalla paura dell´impossibilita´del potere regolatore del mercato lasciato a se stesso e torneremo a lasciarci guidare dalla straordinaria potenza dell´intelligenza dell´uomo libero
    Dobbiamo tornare ad avere totale fiducia nella responsabilita´dell´uomo

  12. Pietro M.

    Troppi argomenti, al momento do una risposta impressionistica.

    1. La teoria monetarista è errata. Friedman scriveva scemenze sulla deflaizone Giapponese, Krugman aveva ragione, per motivi teorici probabilmente erronei, a dirgli che la politica monetaria poteva essere inefficace. Ciononostante, è Krugman che ha consigliato di creare la bolla immobiliare, e Greenspan lo ha seguito alla lettera.

    2. Il post è costruito sulla dicotomia “regole = Mises/Friedman/Prescott” e “discrezione = Krugman, Keynes, Greenspan, Bernanke”. Non è una questione di efficacia, ma di volontà di usare sistematicamente gli strumenti di politica economica con finalità anticicliche. Le conseguenze di lungo termine della discrezionalità sono proprio quelle che stiamo osservando.

    3. Il paper di cui parlo e che spiega i ragionamenti di cui sopra è: http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Mises2009/Pietro_Monsurro–Mises2009.pdf

    4. Scriverò probabilmente un paio di post esplicativi appena ho tempo per rispondere ai commenti, ma una risposta esaustiva prenderebbe 100KB di testo e cercherò di evitarla. 🙂

    5. Le politiche regolative unite a quelle anticicliche hanno quattro problemi enormi: (A) Le seconde incentivano gli agenti a comportamenti irresponsabili; (B) Le secondo incentivano gli agenti ad aggirare le prime, aumentando i costi di enforcement e rendendo le prime più inefficaci e inefficienti; (C) Le seconde riducono l’efficienza allocativa (creando esternalità) e le seconde pure (impedendo ai profitti di essere sfruttati); (D) Entrambe le politiche richiedono fiducia nei policymakers, che la public choice dimostra essere quasi sempre mal riposta.

    6. La mia sfiducia nella politica non è dogmatica, ma fondata sulla public choice e sull’esperienza. Non ho argomentato nulla a riguardo, però basta pensare che “meglio un costo enorme domani che un costo piccolo oggi” è la base delle politiche anticicliche che creano distorsioni sistematiche.

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