28
Set
2010

Tre ragioni per dire “no” al rinnovo degli incentivi

Pare che i soldi che la scorsa primavera lo Stato ha messo a disposizione quali contributi a una serie di settori produttivi (motocicli, nautica, gru, macchine agricole ecc.) non sempre abbiano attirato i consumatori, a cui gli incentivi certamente piacciono, ma non per questo sono pronti a disfarsi del vecchio elettrodomestico solo perché c’è un finanziamento pubblico. Insomma, in qualche settore le risorse sono scomparse in pochi giorni (come nel caso dei motorini), mentre in altri casi (i macchinari ad alta efficienza energetica, ad esempio) si è ben lungi dal raggiungere un pieno utilizzo dei finanziamenti. Ma invece che limitarsi a prendere atto della cosa, il governo sembra intenzionato a rilanciare, destinando il denaro risparmiato ai settori che si sono “comportati meglio”.

Non vorrei farlo, e mi vergogno un poco, ma sono proprio costretto a ripetere le solite argomentazioni che ogni persona di buon senso (non c’è bisogno di essere liberali) richiama dinanzi a una scelta tanto irrazionale come quella di stanziare incentivi a favore di questo o quel settore produttivo. Tra i molti argomenti che si potrebbero toccare ne ho scelti tre: uno di ordine morale, uno economico e uno politico.

1. Sul piano etico, gli incentivi al consumo rappresentano una sottrazione di denaro ad alcuni (i contribuenti nel loro insieme) a favore di altri (i produttori di quei beni specifici e i consumatori che li acquistano). Molto semplicemente, si tratta di una rapina legalizzata che non ha alcuna giustificazione. Se vi è chi sia persuaso dell’esistenza di una qualsivoglia eticità in tutto ciò, sono ovviamente pronto a prestare attenzione alle sue parole, ma mi pare difficile che i suoi argomenti possano riuscire persuasivi.

2. Dal punto di vista economico, poi, la scelta è disastrosa per una serie di ragioni. In primo luogo, gli incentivi alterano il sistema informativo dei prezzi e quindi inducono a compiere scelte che, in loro assenza, non si sarebbero fatte. Un esempio può essere utile. Immaginiamo che, in assenza di distorsioni, io sia orientato a comprare un motorino usato. Potrei destinare anche più risorse e comprare un moto di grossa cilindrata e nuova, ma in realtà (per le mie esigenze) un piccolo ”due ruote” motorizzato e di seconda mano va benissimo. Al tempo stesso, però, se un ente pubblico è pronto a darmi altri mille euro in voucher affinché compri una moto nuova, il comportamento muta immediatamente. Sebbene non abbia bisogno di destinare tante risorse in quella direzione, siccome solo una quota viene da me sarei davvero economicamente irrazionale se non ne approfittassi.

L’esempio è triviale, ma l’alterazione per via politica dei comportamenti economici individuali (nel caso specifico: incentivando taluni consumi e disincentivando il risparmio) produce conseguenze rilevanti che abbiamo tutti sotto gli occhi. Pensate a un’azienda edile che avrebbe bisogno al tempo stesso di una scavatrice e di una gru, ma della prima più della seconda. Se però acquistando una gru una parte significativa della spesa è sostenuto dai contribuenti, è possibile che l’impresa faccia la scelta “sbagliata”. Moltiplicate tutto questo per mille o per un milione e avrete il caos irrazionale prodotto dalle innumerevoli interferenze fiscali, normative e politiche che gravano sull’economia del nostro tempo. (Perfino talune quotazioni di borsa, poche ore fa, ha subito alcuni sommovimenti che hanno la loro origine nell’attivismo governativo, con il titolo Piaggio schizzato in alto dopo gli annunci del rinnovo dei fondi per i motocicli).

3. L’ultimo rilievo riguarda la politica, poiché la devastazione in tale ambito derivante dalla logica degli incentivi è chiara a tutti. Quello che viene meno è il confine tra impresa e legislazione, tra economia e potere, con il risultato che se si è alla testa di un’azienda diventa assai più ragionevole investire tempo, risorse e attenzioni nell’influenzare le decisioni del governo, invece che nel curare la qualità delle produzioni stesse.

Ecco: i politici possono farsi belli elencando le oltre 70 mila cucine componibili vendute anche grazie agli incentivi, e poi gli oltre 20 mila motorini, i 1.300 prodotti per la nautica (tra motori e stampi per scafi) e via dicendo. A ben guardare, è solo un insieme di errori morali, economici e politici, che non hanno certo aiutato l’Italia, ma hanno solo aggravato una situazione complessiva tutt’altro che facile.

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4 Responses

  1. marco

    Sposo in pieno l’articolo del sig. Lottieri,esprime il mio pensiero, roba che penso da ormai 13 anni; ricordo ancora che all’uscita dei primi incentivi alla rottamazione nel 1997 dissi che l’operazione era di una stupidità mostruosa perchè avrebbe falsato non solo quel mercato, ma avrebbe depresso gli altri e così è stato, alla fine. Quello che f specie è che uno come Berlusconi si è riempito la bocca per almeno 10 anni dicendo “noi siamo per il libero mercato” e poi ha fatto le stesse cose che faceva Prodi prima di lui, anzi ha esteso gli incentivi a quasi tutto (inseguendo Prodi 2 la vendetta).
    Pensare che io l’avevo votato nel 2008 perchè aveva tirato fuori dal cilindro l’abolizione (graduale) del bollo su auto e moto, che mi pareva un discorso da liberale. Roba passata subito in cavalleria, traete voi le conclusioni……….

  2. stefano

    @marco
    Le ho tratte, le conclusioni. Devo dire solo una cosa su entrambi: ma quanto siamo ingenui! Vediamo come fanno a riconvincerci a votarli.
    Scommetto che non ci riescono più.

  3. Sergio

    Le critiche sono lecite e in parte anche condivisibili ma le proposte alternative quali sono ?

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