15
Feb
2010

Luci sempre più accese

Questo post vuole essere una risposta. I miei due interventi precedenti sull’iniziativa “M’illumino di meno” (qui e qui) hanno suscitato numerosi commenti, in buona parte critici, oltre che una vivace e sincera polemica di Michele Boldrin, anch’essa con lungo codazzo di commenti. Visto che il post di Michele, e la sua successiva risposta a un mio commento, mi sembra sostanzialmente raccogliere la maggior parte delle critiche rivolte anche da altri, e lo fa in modo più organico, cerco di argomentare meglio e più diffusamente il mio punto di vista a partire da quello.

Una cosa mi pare che sia sfuggita ai più (e sicuramente è colpa mia): il tono dei miei post era ironico. Pensavo fosse chiaro dal linguaggio e dai paragoni (suvvia: le Forze dell’Oscurità, i sith, la messa nera…). Se non lo si è percepito, e se qualcuno si è sentito offeso quando l’ho reclutato tra i lealisti dell’Impero Galattico, mi dispiace: non era mia intenzione.

Nel merito, Michele solleva una serie di questioni.

La prima è politica: perché – si chiede – la maggior parte dei critici della manifestazione di Caterpillar sono “di destra”? La risposta breve è: non lo so, e non mi interessa. Forse perché Caterpillar è percepita come una trasmissione “di sinistra”, e questo genere un bias negativo nel campo avverso. Comunque, è irrilevante.

Più rilevanti sono invece le obiezioni di sostanza. Cerco di riassumerle, replicando brevemente. In realtà, le prendo in prestito dalla risposta di Michele al mio commento, perché mi sembra più calibrata su di esse e meno sugli aspetti politici.

Anzitutto, Michele dice che

non mi pare che quello “dirigista” sia l’approccio di Caterpillar e di questa loro iniziativa

Di per sé, è abbastanza vero. “M’illumino di meno” è un’iniziativa che pone l’enfasi sui comportamenti individuali, più che sulle politiche, come è evidente dal “decalogo” e dal comunicato stampa. Tuttavia, mi pare evidente che il messaggio va ben oltre: se tutto si riducesse alla richiesta di spegnere il led rosso della televisione – e così non è – la mia critica sarebbe meno forte (ma non inesistente, come sarà chiaro tra poco). Purtroppo, la mia sensazione è che dietro, a fianco e davanti a questo vi sia la richiesta di politiche pubbliche che favoriscano il risparmio (che, ripeto, è cosa diversa dall’efficienza). Ciò è evidente, per esempio, dall’insistenza sulle fonti rinnovabili: a meno che gli autori non stiano invocando l’autarchia di ogni casa e ogni impresa, alle quali verrebbe in questo caso richiesto di scollegarsi dalla rete elettrica tradizionale per rifornirsi da sé con pannelli solari e mulini a vento, chiedere più rinnovabili significa invocare una più pesante intermediazione dello Stato, con obblighi e sussidi. Questa logica la combatto per ragioni che non è difficile comprendere.

Oltre a questo,

I 50 pedalanti che accendono la lampadina come modello sociale e non come gag dadaista per attirare l’attenzione? Dai, Carlo, you know better than that!

Qui entriamo su un terreno più complesso. E’ ovvio (o, almeno, spero che lo sia) che nessuno propone la pedalata come fonte energetica del futuro. Però trovo criticabile e preoccupante che qualuno possa pensare, in quel modo, di trasmettere un’idea positiva e progressista del futuro (ok, non è obbligatorio essere favorevoli al progresso, ma come si è liberi di essere contrari, io rivendico la mia libertà di cantare le lodi del progresso tecnico, economico, e sociale). Mi sembra, in questa scelta, peraltro compiuta col patrocinio e l’assistenza del Comune di Roma (la qual cosa sembra contraddire lo schema destra vs. Sinistra) dia un messaggio chiaro sul tipo di mondo, di stili di vita, di organizzazione della società che si propone e che si ha in mente. Liberi loro di avanzare questo modello: libero io di dire che, se è una cosa seria, mi fa orrore (se non è una cosa seria, stiamo tutti perdendo il nostro tempo, fair enough).

Ancora:

Le esternalità: non so come tu faccia ad esser così certo di averle pagate tutte… Non guardare poi solo l’Italia, guarda questo paese dove le imposte sulla benzina sono molto inferiori.

Tutte le stime che conosco sui costi esterni di qualunque genere si collocano ben al di sotto dell’attuale livello di tassazione sui carburanti, e sull’energia in generale, in Italia. Per darti un’idea, e per stare solo sulla CO2, l’attuale tassazione sul gasolio equivale grosso modo, al prezzo medio della prima settimana di febbraio (1,136 euro / litro), a 260 euro per tonnellata di CO2, contro stime sul costo sociale che viaggiano sotto i 10 dollari. Mettici pure l’inquinamento propriamente detto, le congestioni, la manutenzione stradale, quello che ti passa per la testa: dubito che, sommando tutto, si possa arrivare anche solo vicino all’attuale livello di tassazione. Tu dici: negli Usa la tassazione è più bassa e forse non internalizza tutto. Vero. Ma questo riguarda quelli che organizzano “I illuminate myself less”… [(c) Babelfish], e non vale più se stiamo parlando – come stiamo parlando – di un’iniziativa che riguarda il paese do Sole.

Poi Michele si sposta su un terreno ancora diverso: in sostanza, dice, che

la tua incondizionata fiducia nelle magnifiche sorti, e progressive mi sembra sia ingenua che non corroborata dai fatti.

Questo in merito all’esaurimento delle risorse energetiche e le conseguenze della loro finitudine. Qui ho buon gioco a citare un libro straordinario (p.33):

Ha apparentemente più senso la preoccupazione relativa alle riserve minerarie ed energetiche. Almeno in prima approssimazione, si può dire, queste risorse sono effettivamente non riproducibili (a differenza di quelle agricole). Ma a ben pensarci anche in questo caso il problema è assai meno grave di quello che può apparire in prima istanza. Ci sono tanti modi di produrre energia. Molti di questi sono al momento antieconomici perché bruciare carbone o petrolio risulta meno caro. Se il prezzo dei carburanti continuerà a crescere, si passerà ad altri metodi di produzione dell’energia.

Sono d’accordo, invece, su un punto: che i cambiamenti nelle preferenze individuali (cioè dal lato della domanda) giocano un ruolo almeno altrettanto importante che qualunque cosa si possa fare dal lato dell’offerta. E mi sta benissimo che qualcuno voglia tentare a convincermi che guidare un Suv è uno “spreco” di risorse (che poi io delle mie risorse ci faccio quel che mi pare e piace). Mi sta meno bene che da qui si passi, o si tenti di far passare, un’etica pubblica secondo cui è virtuoso chi spegne le luci e figlio di buona donna chi non lo fa. Il mio punto è, in fondo, banalissimo: il risparmio energetico, l’idea che “illuminarsi di meno” (as opposed to illuminarsi tanto uguale, o di più, consumando e spendendo meno, per unità di illuminazione) sia bello, eccetera mi sembrano manifestazioni molto discutibile di un pensiero fondamentalmente anti-industriale e anti-crescita economica, e dunque, implicitamente, anti-liberale.

Al di là delle richieste politiche esplicite, ma per stare alle impostazioni politiche, io – figlio di una modesta famiglia di provincia – la prendo molto sul personale, quando qualcuno coi suoi atti e le sue parole, coi simboli che sceglie e le idee che propugna, cerca di contrabbandare l’idea che la civiltà industriale da cui siamo benedetti sia in fin dei conti qualcosa da rifiutare perché foriero di disastri, ecologici e di altro genere. La prendo male perché penso che, senza questa benedetta civiltà industriale, oggi io, e tanti altri come me, vivrei molto peggio (e quindi sono egoista); e ancora peggio vivrebbero quei poveracci che finalmente, e dico con grande felicità fi-nal-men-te, possono permettersi la cucina a gas, il frigorifero e magari anche la lavatrice e la lavastoviglie e il condizionatore e tutto l’altro ben di Dio (qualcuno, anche nei commenti su nFA, commentava “dio non voglia” che questo trend continui, e mi pare la migliore conferma sul fatto che la mia preoccupazione non è infondata).

Ce n’è abbastanza, al di là del fatto specifico, per avviare una discussione su ecologia e libertarismo? Sì, ce n’è abbastanza e sarebbe utile e bello (una cosa del genere la organizza a fine mese Libertiamo, e magari quest’estate a Firenze facciamo una sessione, se si faranno ancora le giornate nFA?). Ma vorrei che almeno ci ritrovassimo sui principi primi. Che la libertà individuale (se ci collochiamo in un orizzonte libertario, beninteso) non può essere messa in discussione, inclusa la libertà di chi, pagandone il costo, “spreca”. Che non è compito dello Stato, della radio dello Stato, o del comune di Roma dire e incentivare quali siano i comportamenti virtuosi e quelli viziosi. Che lo spazio per l’intervento politico deve essere ridotto al minimo necessario, che spesso è molto prossimo allo zero, e non devono partire dalla presunzione contraria. Che, insomma, a dir tremontate c’è già Tremonti (il quale è di destra, per inciso) e non serve che gli diamo corda anche noi.

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6 Responses

  1. C.la

    Premetto che non ho una alurea economica, ma la sua conclusione è totalmente contraria al senso civico.
    Sprecare di più aumenta il costo anche per chi risparmia. Alle superiori mi hanno insegnato che un consumo maggiore di energia influenza la bilancia commerciale nazionale.
    La sua libertà di sprecare invade la mia libertà di avere una nazione più autonoma: minori consumi significa anche minore dipendenza contrattuale dai fornitori (gazprom in primis, ma anche la Libia per dire).
    Se lei usa il SUV emette una quantità di polveri sottili tripla di un’auto a benzina. Mi par di capire tra le righe che lei non gira per una metropoli in bicicletta (o ciclomotore) molto spesso, saprebbe bene di cosa parlo.
    Anche in questo caso, ci sono dei costi sociali economici indiretti molto forti dalla sua libertà di sprecare energia: più inquinamento significa maggior costo sanitario, costo economico della collettività (vedasi i vari provvedimenti “antismog” presi in molte città d’Italia, compresi i blocchi totali)
    Certo, il contributo del singolo ai fenomeni indicati è minimo, ma se si sommano tutti gli individui si ottiene un valore non trascurabile. (es: se i negozi commerciali non avessero d’inverno le commesse in canotta e ambienti a 25°, come ho virso in moltissimi posti, ma tenessero 22° e commesse col maglioncino si risparmierebbe un bel quantitativo di risorse: le leggi ci sono, ma nessuno le fa rispettare).
    Anche il testo che cita, “Ci sono tanti modi di produrre energia. Molti di questi sono al momento antieconomici perché bruciare carbone o petrolio risulta meno caro. Se il prezzo dei carburanti continuerà a crescere, si passerà ad altri metodi di produzione dell’energia”, non mi convince: una volta finite le fonti attualmente usate, chi mi dice che gli “altri metodi” non saranno più costosi? Chi pagherà questo costo (che sarà tanto più alto quanto non si sarà imparato a ridurre gli sprechi)? La collettività.
    In sintesi, non ritengo la sua “libertà” di sprecare a piacimento come una libertà personale.

    Certo, invece di spegnere si può puntare ad avere un rendimento equivalente con minori consumi (come lei cita il caso delle lampadine a risparmio energetico). Non seguendo Caterpillar e non avendo (per vari motivi) mai partecipato all’iniziativa “m’illumino di meno” posso dire che “da osservatore esterno” l’iniziativa mi pare un momento per riflettere sugli sprechi più che imporre la verità assoluta (che sarebbe di vivere senza energia elettrica o quasi).

    Glisso sui ciclisti e sull’aspetto politico: i politici patrocinano queste iniziative per poter dire che fanno sforzi in favore dell’ambiente. In questo non c’è divisione (e i verdi si oppongono alla costruzione di pale eoliche perchè deturpano il paesaggio; ma qui sto andando offtopic e mi fermo).

    Saluti.

  2. paolone

    finalmente un articolo politicamente scorretto, dopo averlo letto ho accesso tutte le luci di casa e tanto che c’ero pure lo sciacquone del water 😀

  3. Luciano Pontiroli

    @C.la
    Un’osservazione di metodo è necessaria per evitare di invischiarsi in un ginepraio da cui non si esce piu.
    Il principio per cui la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri non può essere inteso in astratto, perché altrimenti si rischia di proibire l’espressione del pensiero: se io non voglio ascoltare le opinioni di Stagnaro, posso invocare la mia libertà per impedirgli di esprimerle? allo stesso modo: se io non voglio dipendere dalle importazioni di gas russo, posso invocare la mia libertà per impedire all’Eni di importarlo?
    E’ evidente che, intendendo in questo modo il principio, si paralizza tutto: infatti, negli ordinamenti democratici si affidano le scelte politiche al criterio della maggioranza – spesso temperato dal rispetto dei principi fondamentali di libertà e dei diritti individuali. Il risultato è che i contribuenti – e, in generale, i cittadini – pagano il costo di scelte che magari non condividono, o in ogni caso le subiscono: ma resta la libertà individuale di dissentire, di comportarsi come si crede là dove i comportamenti non sono prescritti dalla legge, di adoperarsi per modificarla.
    Portando all’estremo il ragionamento accennato nel commento che precede, invece, si arriva al controllo di tutte le scelte individuali perché si assume che il comportamento di ognuno produca esternalità negative: magari non si tratta di un controllo poliziesco, quindi repressivo, ma di un controllo preventivo, sull’educazione, in modo da creare buoni cittadini, amanti della Costituzione, dell’ecologia, dei migranti, dei diversi, dei deboli, della bontà, della dignità, e potremmo continuare ad libitum. Sarebbe ancora una società libera e vitale?

  4. francesco marangi

    Cari amici, nel sito web di Caterpillar c’è una pagina di commenti ( http://milluminodimeno.blog.rai.it/2008/12/18/millumino-di-meno-2009/#comments ) in cui ho tentato di inserire un commento ‘controcorrente’ che però non mi è stato pubblicato. Ho allora depurato il commento di due parole un po’ forti ed l’ho ritrasmesso, ma nulla, non lo hanno pubblicato. Ho allora scritto lamentadomi della censura, ma niente, nemmeno la civile ‘pulita’ lamentela è stata pubblicata.
    Come sono coraggiosi e demokratichi i moralisti alla Caterpillar!!
    Ecco di seguito il mio commento ‘depurato’ che il c.d. servizio pubblico di regime non ha voluto pubblicare. Non mi sembra così tremendo:
    AH, DIMENTICAVO CHE I MORALISTI CI TENGONO MOLTO ALLA FORMA, PURCHÈ NASCONDA LA SOSTANZA.
    ALLORA RIPROVO, TOLGO UN PAIO DI PAROLACCE (PERÒ QUANDO CI VUOLE, CI VUOLE) E SPERO DI SUPERARE LO SPIRITO CENSORIO DI CHI GESTISCE QUESTI COMMENTI.
    DURANTE LA PUNTATA DI OGGI 9 FEBBRAIO 2010 DI CATERPILLAR ABBIAMO POTUTO ASCOLTARE UN COLPEVOLE ERRORE O UN FRAUDOLENTO IMBROGLIO.
    DALL’INTERVENTO IN TRASMISSIONE DI UN RAPPRESENTATE DEL GSE (GESTORE SERVIZI ENERGETICI), DI CUI MI SFUGGE IL NOME, È EMERSO CHE LA POTENZA COMPLESSIVA DEI PANNELLI FOTOVOLTAICI INSTALLATI IN ITALIA È QUASI MILLE MW E CHE ESSA È UNA POTENZA ALL’INCIRCA UGUALE A QUELLA DI UNA CENTRALE NUCLEARE. CROGIOLATI DALLA NOTIZIA, I CONDUTTORI DI CATERPILLAR SI SONO SBIZZARRITI, DICENDOSI SORPRESI CHE ALTRI AUSPICHINO DI FARE IL NUCLEARE QUANDO AVREMMO GIÀ FATTO UNA SORTA DI CENTRALE NUCLEARE GRAZIE AI PANNELLI.
    E VIA DICENDO: ABBIAMO FATTO GIÀ MILLE MW; MA CHE BELLO; ALLORA È POSSIBILE; DAI FACCIAMO UNO SFORZO PER 10 ED EVITEREMO LE 10 CENTRALI NUCLEARI.
    INVECE, IN SOLDONI, È VERO CHE I PANNELLI SOLARI LAVORANO CIRCA 1500 ORE ALL’ANNO E UNA CENTRALE NUCLEARE LAVORA 8765 ORE ALL’ANNO.
    PERTANTO MILLE MW DI PANNELLI PRODUCONO 1.500.000 MWH ALL’ANNO, MENTRE MILLE MW DI UNA CENTRALE NUCLEARE PRODUCONO 8.765.000 MWH.
    IL NUCLEARE, A PARITÀ DI POTENZA, PRODUCE CIRCA 6 VOLTE PIÙ ENERGIA DEL SOLARE!!!
    CARI CONDUTTORI, PURTROPPO PAGATI CON LE MIE TASSE, DELLE DUE L’UNA: O LA DIFFERENZA TRA POTENZA E ENERGIA NON LA CONOSCETE, ED ALLORA AVETE COMMESSO UN ERRORE (GRAVE PER CHI COME VOI CE LA MENA SULL’ARGOMENTO ORMAI DA ANNI), OPPURE LA CONOSCETE ED AVETE DOLOSAMENTE PARIFICATO I TERMINI NUCLEARE/SOLARE, COSÌ COMMETTENDO UNA FRODE.
    NELL’UNO O NELL’ALTRO CASO MI VIENE IN MENTE CHE VANDA MARCHI È STATA CONDANNATA E COSTRETTA ALL’ESILIO, MENTRE VOI CIRCOLATE LIBERAMENTE NELL’ETERE DEL (DIS)SERVIZIO PUBBLICO.
    E’ PROPRIO VERO: UN ALTRO MONDO È POSSIBILE.
    MA IN PEGGIO, GRAZIE A GENTE COME VOI.

  5. Pera

    Caro amico, per favore, evitiamo di scrivere interi paragrafi in lettere maiuscole. “Urlare” non aggiunge nulla alla validità dei vostri commenti, li rende solo molto più irritanti e paradossalmente ne scoraggia la lettura.
    È un piccolo passo per un uomo, eccetera

  6. francesco marangi

    Non era mia intenzione urlare, irritare o scoraggiare. Ho usato il maiuscolo semplicemente per distinguere il testo da intendersi come riferito da quello scritto propriamente come commento. Se il sistema lo avesse consentinto avrei scritto, magari più discretamente, in corsivo o con un altro carattere.

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