6
Dic
2013

Il fracking è l’unica vera rivoluzione ambientalista

Si è discusso molto negli ultimi mesi (non in Italia, per la verità, o perlomeno non nei contenuti) di fracking, un sistema innovativo di estrazione di gas dalle rocce che i suoi critici dicono essere molto inquinante.
Per combattere i pregiudizi, ultimamente sempre più studiosi stanno cercando di sensibilizzare le persone sull’utilizzo responsabile dello shale gas, nonostante le tante preoccupazioni dei detrattori (spesso frutto di un ambientalismo ideologico e controproducente).
Questo gas viene estratto con la tecnica, appunto, del fracking (fratturazione idraulica), un metodo che sfrutta la pressione dei liquidi per provocare delle fratture negli strati rocciosi più profondi del terreno, agevolando così la fuoriuscita dei gas presenti nelle formazioni rocciose per consentirne un recupero rapido e completo.
Sul tema, vale la pena segnalare un recente e molto interessante studio di Richard Muller, professore di fisica presso la Berkeley University, in California, e sua figlia Elizabeth, intitolato “Why Every Serious Environmentalist Should Favour Fracking” (Perché ogni ambientalista serio dovrebbe essere favorevole al fracking) e pubblicato dal Centre for Policy Studies.
Gli autori dello studio partono dalla constatazione che, ad esempio, “la Cina abbia enormi riserve di shale gas, forse il 50% maggiori di quelle degli Stati Uniti. Il suo utilizzo, dunque, offre una splendida opportunità alla Cina per diminuire l’inquinamento atmosferico pur consentendo la crescita di energia. Gli esperti del settore ritengono che i metri cubi di gas recuperabili oggi potrebbero raddoppiare nel prossimo futuro per una migliore progettazione del fracking rispetto alle caratteristiche delle formazioni geologiche. E credono anche che nel prossimo decennio potrebbero quadruplicare. Il che significa disporre di quattro volte la produzione odierna, senza che il prezzo aumenti.”
Dopo aver spiegato l’immenso valore potenziale (ambientale, oltre che economico) dello shale gas, gli autori passano in rassegna le preoccupazioni sollevate più frequentemente da chi si oppone al fracking, concludendo che per la maggior parte si tratta di falsità e pregiudizi, e che per le restanti ragioni basta una minima regolamentazione.
Una delle critiche più comuni allo shale gas è che la sua produzione consumi enormi quantità di acqua dolce. Tuttavia, al di sotto di una profondità di circa 100 metri, l’acqua è troppo salata per qualunque utilizzo commerciale. Basterebbe una regolamentazione che imponesse per il fracking l’utilizzo di acqua prelevata oltre tale soglia, comunque ben al di sopra delle profondità a cui si trova l’idrocarburo, e il problema sarebbe risolto (cosa che, peraltro, sta già prendendo piede autonomamente in molte zone degli Stati Uniti).
Non è, invece, nient’altro che una leggenda metropolitana quella secondo cui il fracking potrebbe causare incendi a causa delle contaminazioni di gas nei sistemi idrici delle città: una convinzione sorta in seguito all’esplosione di un’abitazione della Pennsylvania. Peccato che nei pozzi che causarono l’incendio non si faceva alcun ricorso a tecniche di fracking.
Si dice anche che il liquido derivante dal fracking inquini il terreno circostante e, di conseguenza, possa avvelenare le acque sotterranee. Per contrastare questi timori, i titolari di più di 55.000 pozzi solo negli Stati Uniti pubblicano periodicamente l’elenco e la quantità delle sostanze che rilasciano (per chi fosse interessato, gli elenchi si possono consultare su www.fracfocus.org). Si tratta di sostanze per la maggior parte innocue, tanto che alcuni dirigenti delle aziende coinvolte si sono spinti a bere tali liquidi nelle conferenze stampa!
Per quanto riguarda invece le acque reflue, è evidente che si tratti di sostanze nocive. Alla fine del processo di fracking, tuttavia, si valuta che solo il 3% delle acque reflue debba essere smaltito: il resto può essere riutilizzato. È evidente che non si debba rilasciare alcuna sostanza inquinante nell’ambiente, bensì trattarla nel modo adeguato. Un problema che, tuttavia, si pone praticamente per qualunque attività estrattiva (ma anche industriale), e per la risoluzione del quale è sufficiente una dose minima di buon senso.
Un problema reale, piuttosto, è quello delle fughe di gas metano, ma l’impatto sul clima di queste emissioni è comunque di gran lunga inferiore a quello provocato dall’utilizzo del carbone.
In conclusione, gli autori ritengono che le economie sviluppate dovrebbero aiutare quelle emergenti a passare dal carbone al gas naturale, migliorando e condividendo le tecnologie di fracking: è questa l’unica vera rivoluzione ambientalista del prossimo futuro.

Qui lo studio completo.

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13 Responses

  1. giuseppe

    Insomma… non sono certo uno di quegli ambientalisti talebani… ma per ora penso che occorra estrema cautela, anche nel sostenere le tesi scientifiche. Tra l’altro, proprio il metodo scientifico impone che la tesi sia validata dall’esperienza, dalla quale si è partiti per formularla. Si costrisce una struttura intorno al fenomeno, ma poi si deve riprodurre cento e mille volte. Anche per capire della sua innocuità.

  2. Francesco_P

    @giuseppe, 6 dicembre 2013,
    più che parlare di cautela ritengo che sia necessario perfezionare le tecnologie e pratiche operative per ridurre le perdite di metano nell’atmosfera e per trattare le acque inquinate con i composti chimici impiegati per facilitare la fratturazione delle rocce.
    La dispersione di grandi quantità di metano nell’atmosfera ha un impatto tangibile sull’accelerazione del processo di riscaldamento dell’atmosfera.
    La pratica di immettere le acque contaminate in pozzi profondi, comune anche ad altri processi minerari, ha come effetto quello di favorire la microsismicità locale (accertato); probabilmente favorisce anche eventi di magnitudo elevata, sebbene non esistono ancora dati sufficienti per stabilire una correlazione tanto forte da assumere il valore di prova scientifica.
    Purtroppo con il “non fare” non si potrà disporre di risorse energetiche adeguate per costo e quantità, si aggraveranno le tensioni internazionali per il controllo delle risorse mediorientali e non sarà neppure possibile sviluppare le soluzioni tecnologiche ed operative per ridurre l’impatto ambientale ad un livello tollerabile.

  3. giuseppe

    @ Francesco_P

    Non sto parlando di “non fare”.

    La questione è: in attesa di maggiori dettagli tecnici (e vale anchora di più per l’Uranio) non si può temporaneamente lasciare queste risorse dove stanno (ci sono state per milioni di anni e non scapperanno certamente domani mattina) in attesa di utilizzarlr meglio e con più consapevolezza? Nel caso dell’Energia atomica è molto chiaro che viene utilizzata solo una piccolissima parte dell’Energia disponibile. Mi sembra uno dei rarissimi casi in cui il Mercato deeve essere regolamentato, perché il legittimo desiderio di profitto economico porterebbe a consumare tutto subito e male.

  4. Willy

    Con tutto il rispetto consiglio al sig. MANNHEIMER, laureato in legge, a quanto mi risulta, di limitarsi a trattare argomenti datti alle sue conoscenze. Alcune cose che ha detto sono vere, ma ne ha trascurata una essenziale: le rocce integre hanno caratteristiche fisiche e meccaniche molto diverse da quelle delle rocce fratturate, e nemmeno i geologi più preparati conoscono con precisione cosa succede a quelle profondità. L’unica cosa certa è che, se il ricorso al fracking si dovesse estendere su scala globale e su superfici unitarie molto estese, non conosciamo, né siamo in grado di simularle per mancanza di modelli attendibili, le reazioni alle sollecitazioni tettoniche. A questo uniamo la presenza di acqua dove non dovrebbe stare…
    Per anni è stata negata la causa antropica del riscaldamento globale, ora finalmente è data per scontata da tutti, come tutti conosciamo i danni di eventi atmosferici che da “estremi” sono purtroppo divenuti ordinari. Vogliamo fare lo stesso coi terremoti, frane, bradisismi ecc.?

  5. Mike_M

    Io penso che la pratica del fracking non verrà mai legalmente autorizzata in Italia. Purtroppo, siamo un popolo facilmente manipolabile dal pensiero ambientalista politicamente corretto. Già mi immagino i soliti noti paladini dei “beni comuni” che scendono in piazza al grido “no al fracking, senza se e senza ma”….

  6. Un singolo pozzo per le acque di scarico legate all’attività di fracking per l’estrazione dello shale gas avrebbe provocato ben 167 terremoti nei dintorni di Youngstown, in Ohio, nel corso di un solo anno di attività.
    A sostenerlo è uno studio, appena pubblicato sul Journal of Geophysical Research, realizzato da Won-Young Kim, ricercatore presso la Columbia University. Spiega lo studioso…http://www.greenstyle.it/fracking-167-terremoti-causati

  7. Elena Gualdi

    Non sono verde nel senso più stretto del termine, ma osservo e leggo con attenzione ciò che gira intorno alla mia città di origine: Modena. La capacità di memoria storica del giornalista è a quanto opinabile: le dice qualcosa Finale Emilia?

  8. Giacomo Lev Mannheimer

    @Willy: le sarei grato se potesse inviarmi (la mia mail è giacomo.mannheimer@gmail.com) studi scientifici che dimostrino che “le rocce integre hanno caratteristiche fisiche e meccaniche molto diverse da quelle delle rocce fratturate”, al di là delle evidenti ripercussioni empiriche che chiunque può facilmente immaginare, e di cui l’esperienza non ha finora suggerito effetti collaterali significativi.
    Ah, per la cronaca, è vero che studio giurisprudenza, ma non sono ancora laureato, quindi le chiederei di indicarmi lei stesso, su queste basi, quali siano gli “argomenti adatti alle mie conoscenze”.

    @sayli: E’ stato ampiamente dimostrato (anche dalla fonte che lei cita, ma cui non ha evidentemente prestato sufficiente attenzione, volendone solo fare propaganda) che i fenomeni sismici registrati in Ohio non siano derivati dal fracking bensì dalla reiniezione delle acque reflue. Se vuole dare un’occhiata a uno studio molto completo sul caso, le consiglio questo: http://srl.geoscienceworld.org/content/83/2/250.extract

    @Elena Gualdi: il suo è un ottimo esempio di sensibilità a qualunque complottismo o bufala che le faccia credere di avere la verità in tasca. La notizia che il terremoto in Emilia sia dovuto a operazioni di fracking è notoriamente falsa, e per un semplice motivo: non ci sono operazioni di fracking attive in Italia. “Nella pianura padana ci sono centinaia di milioni di barili di petrolio e non ce ne siamo mai accorti? E il petrolio come verrebbe trasportato a destinazione in maniera che nessuno se ne accorga? Con un oleodotto segreto? Nelle forme di parmigiano rottamate?” (Cit. Marco Letizia)
    Si informi invece di parlare della mia “memoria storica”.

  9. FabioC.

    Invito i commentatori a leggere od almeno scorrere il documento di R. Muller, perche’ dice parecchi cose interessanti oltre al riassunto (molto stringato) fatto nel post.

  10. Willi

    Egregio sig. Mannheimer, sono ingegnere dal 1987, penso di saperne un tantino più di lei su argomenti di fisica e non “empirici” come lei sbrigativamente li definisce. Ora risponda a questa domanda: ci sono studi scientifici seri e comprovati (non prodotti da “periti di parte”) che evidenzino che la pratica del fracking sia innocua?
    Frantumando uno strato roccioso si altera profondamente la sua elasticità (di fatto la si riduce di molto), conseguentemente la propagazione delle onde sismiche subisce delle modifiche sostanziali, addirittura potrebbero essere ampliate, con effetti al suolo disastrosi anche se la forza sprigionata dall’ipocentro non è molto alta http://www.geoenv.it/lezioni/terremoti.htm

    Tuttavia le problematiche sismiche sono le minori.
    Questo articolo mi sembra abbastanza equilibrato: http://www.unipd.it/ilbo/content/fracking-il-prezzo-ambientale-dellenergia-basso-costo

  11. Giacomo Lev Mannheimer

    @Willi Non ho messo in discussione le sue competenze, ma la sua intromissione nelle mie. Inoltre, come potrà facilmente constatare, ho utilizzato l’aggettivo “empirici” in riferimento agli effetti della fratturazione delle rocce, e non agli argomenti di cui stiamo discutendo. Quindi eviti di definirmi “sbrigativo” quando, alla prova dei fatti, è lei a risultare tale.
    Sarei curioso di sapere sulla base di quali elementi lei definisce il professor Muller un “perito di parte”. Detto questo, nessuna pratica di estrazione di idrocarburi è “innocua”, se con questo lei intende che non implichi conseguenze ambientali di qualche genere. Nè mi risulta, peraltro, che esistano altri metodi di approvvigionamento sufficienti a soddisfare la domanda energetica globale che lo siano. Se lei ne è a conoscenza, la prego di indicarmeli.
    Per ciò che concerne l’articolo di Valentina Pasquali, l’autrice riporta alcune critiche che lo studio, cui il mio post rimanda, affronta ampiamente: l’utilizzo di acque dolci, il problema delle acque reflue e le perdite di metano. Trovo invece interessante e condivisibile la riflessione finale sull’esigenza di affrontare la questione energetica da un punto di vista unitario, dunque guardando al problema in senso comparativo e non isolato. Ed è proprio ciò su cui mi preme insistere: con tutti i suoi (inevitabili alcuni, migliorabili altri) difetti, (e anche per quanto riguarda il riscaldamento globale), la produzione e la combustione di gas naturale estratto con tecniche di fracking è decisamente preferibile al ricorso al carbone.

  12. willy

    Guardi che sono un bravo cuoco, non ci provi a rigiare la frittata!
    Quanto allo scegliere fra carbone e gas di fracking, non sono sicuro che quest’ultimo sia il male minore.
    Allontanare nel tempo l’inevitabile esaurimento dei combustibili fossili avrà come effetto non trascurabile quello di scoraggiare la ricerca di risorse energetiche alternative.
    Riconvertire le fonti energetiche e riorganizzare la società in funzione di un modo di vivere non dico più sostenibile, ma meno insostenibile (per es. ricudendo le esigense della mobilità di massa come il pendolarismo), non darebbe all’economia un impulso maggiore del semplice adagiarsi al “petrobusiness as usual”?
    Infine, si, metto in discussione la presunta indipendenza del prof. Muller. almeno in questo campo, visto che lavora come consulente della Difesa USA sulla Sicurezza Nazionale: più di parte di così!

  13. Giacomo Lev Mannheimer

    Sono d’accordo con lei sull’opportunità di incentivare la ricerca di risorse energetiche alternative, ma a patto che ciò non comporti un mero privilegio degli interessi di pochi in nome di posizioni precostituite. Soprattutto, ciò non osta all’utilizzo del fracking come metodo estrattivo, la cui alternativa è, per ora, quasi esclusivamente il carbone. I.e.: ora come ora l’energia alternativa non basta. Le consiglio uno studio (http://www.nrel.gov/docs/fy13osti/55538.pdf) che dimostra come nel concreto il ciclo di vita delle emissioni di gas serra relativi all’elettricità generata da gas naturale sia molto simile a quello del gas naturale convenzionale e meno della metà di quello della produzione di elettricità tramite combustione di carbone.
    Infine, glielo chiedo per curiosità e non come provocazione, davvero: quale sarebbe il conflitto di interessi tra il Dipartimento della Sicurezza degli USA e le aziende interessate al fracking?

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