27
Nov
2017

L’ennesimo attacco alla concorrenza leale di Flixbus

Con la discussione sulla legge di Bilancio per il 2018 si riapre la guerriglia normativa a Flixbus? La piattaforma tedesca era già stata oggetto di una surreale vicenda alcuni mesi fa, con norme anti-concorrenziali prima approvate e poi soppresse. Ora gli stessi emendamenti si riaffacciano al Senato; ed è probabile che li vedremo spuntare anche alla Camera.

In particolare, le proposte emendative hanno una chiarissima finalità: quella di garantire la sostenibilità occupazionale e limitare il più possibile il ricorso alla messa in mobilità dei lavoratori del settore, con riferimento proprio al “caso” Flixbus.

Secondo quanto emerge dalla stampa locale e nazionale, Flixbus è stata identificata come causa principale della crisi di alcune aziende di trasporti e del licenziamento di alcuni lavoratori. In altre parole, la concorrenza di Flixbus, azienda che opera su una piattaforma di mobilità internazionale, collaborando con compagnie di autobus regionali provenienti da tutta Europa, è stata additata come motivo primario della crisi del settore dei trasporti su ruota in Italia. Questa operazione sembra avere un obiettivo ben preciso: scaricare sull’azienda tedesca (nata a Monaco di Baviera nel 2011) la responsabilità della messa in mobilità dei lavoratori di altre aziende del relativo settore.

Ma come si può sostenere che le difficoltà di alcune aziende siano colpa unicamente della concorrenza di Flixbus? A fronte del successo di un’azienda, c’è spesso la cattiva gestione ed incapacità di innovarsi di un’altra: Flixbus, che è entrata nel mercato italiano nell’estate del 2015, ha semplicemente proposto il suo prodotto, a promosso prezzi più bassi, ha portato avanti numerose efficaci promozioni, ed è riuscita ad attirare molti consumatori. Questi ultimi hanno scelto i servizi offerti da Flixbus per il tramite delle aziende partner, anziché quelli dei concorrenti, per una ragione banale: li hanno giudicati migliori e hanno riscontrato prezzi inferiori. Contrastare Flixbus con vincoli o divieti, anziché sul terreno della competizione, significa privare i consumatori dell’opzione che hanno mostrato di preferire. A ben guardare, dunque, non si tratta di una guerra contro la piattaforma tedesca, ma contro i consumatori italiani.

Seppur con motivazioni parzialmente differenti rispetto a quelle passate, i recenti attacchi verso Flixbus sembrano riproporre un copione già visto.

Con il Decreto Milleproroghe pubblicato lo scorso febbraio, fu inserito un emendamento proprio contro i bus low cost. La norma in questione poneva un diktat a Flixbus: trasformarsi in un operatore economico (con mezzi propri – bus e personale), o chiudere i battenti.

La discussione che ne scaturì fu surreale. Il provvedimento di allora, voluto fortemente dall’ANAV (Azienda Nazionale Autotrasporto Viaggiatori), si basava su due punti: Flixbus veniva accusato di fare dumping e di essere una piattaforma tecnologica anziché un operatore del settore.

Anche l’Antitrust intervenne, confermando che Flixbus non aveva effettuato alcun dumping, né, tanto meno, i suoi servizi risultavano essere anti-competitivi. L’AGCM, in una segnalazione inviata a Parlamento e Governo, spiegava addirittura che un intervento normativo anti-Flixbus sarebbe stato in grado di determinare effetti fortemente anticoncorrenziali nel settore dei trasporti di passeggeri su strada con danni diretti e tangibili per i consumatori. La norma venne successivamente cancellata, per poi essere reintrodotta in un altro provvedimento e di nuovo cancellata.

La speranza è che questi emendamenti vengano rigettati sia dal Senato sia dalla Camera. I consumatori, la concorrenza e l’innovazione vengono prima di qualsiasi contentino pre-elettorale.

 

Un ringraziamento speciale a Giuseppe Giunta, stagista IBL, per aver contribuito al post.

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