3
Mag
2010

Lavori verdi, lavori veri?

Di Luciano Lavecchia e Carlo Stagnaro

Le lobby ambientaliste hanno avuto, in Italia, un’influenza che va ben al di là del peso elettorale dei partiti “verdi”. Il loro maggior successo è stato la vittoria al referendum antinucleare del 1987, che ha sancito la fine di un’avventura tecnologica che aveva visto il nostro paese, per una volta, all’avanguardia, con ingenti costi economici e ambientali. Oggi la Terra Promessa sembra stare nelle energie rinnovabili, presentate come la panacea di ogni male: non solo energia pulita, a zero emissioni, ma anche un mezzo per spingere l’economia, anzi, la creazione di una “new new” economy (per non confonderla con la precedente “new” economy), detta, per l’appunto, “green economy”, alternativa e Pareto-superiore alla “vecchia” economy. Insomma, un gioco dove tutti hanno da guadagnarci, sia in termini di salute che ambientali, economici e occupazionali. Gli endorsement non mancano sia a sinistra che a destra, passando per il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e la Commissione Europea. Eppure, il sospetto che non siano tutte rose e fiori, che ci siano delle insidie dietro l’angolo e’ molto concreto. Un nostro studio prova a fare ordine. Nel Working Paper Are Green JObs Real Jobs?” cerchiamo di far luce sull’efficacia della “green economy”, come strumento per creare posti di lavoro; per prima cosa abbiamo cercato dei riferimenti alle esperienze dei paesi più “impegnati”, ossia Danimarca, Germania e Spagna, scoprendo una recente letteratura che, a distanza di vari anni dall’inizio dell’incentivazione, cerca di tirare le somme, con risultati soprendenti: miliardi di euro (73,8 e 28,7 rispettivamente per Germania e Spagna) spesi, e il paradosso di un paese che deve esportare la sua energia quando tira vento (la Danimarca) per mantenere in equilibrio la rete di trasmissione. Successivamente ci siamo concentrati sull’Italia, analizzando i vari programmi a sostegno delle rinnovabili, dal CIP6 (sui cui soltanto recentemente si è indagato a fondo) ai Certificati Verdi sino alle più recenti Tariffa Omnicomprensiva (feed-in tariff) e Conto Energia. La bolletta? Solo il CIP6 è costato non meno di 46,6 miliardi di euro e costerà altri 30 mld fino al 2020, con discutibili risultati in termini di promozione dell’energie rinnovabili (va detto per chiarezza che la maggioranza di queste risorse hanno sovvenzionato le fonti cosiddette “assimilate”). Ma neanche gli altri sistemi di incentivazione scherzano: il Conto Energia è costato ben 400 milioni di euro in soli due anni e l’Authorità per l’Energia stima che il costo degli incentivi salirà a di circa 6-7 miliardi al 2020.

A fronte di questa montagna di denaro sottratto ai consumatori, quale risultato? Il nostro studio stima che, a secondo degli scenari, potrebbero essere creati fra 55 e 112 mila posti di lavoro (si tratta probabilmente di sovrastime, che poggiano sulle valutazioni dei posti attualmente esistenti nell’eolico e fotovoltaico a loro volta, riteniamo, sopravvalutate), assumendo che il potenziale massimo stimato dal governo nel 2007 (9.500 MW per fotovoltaico e 22.500 MW per eolico) venga raggiunto. L’indicatore per apprezzare l’efficienza dell’investimento in termini di impatto occupazionale netto, già usato per simili scopi in Spagna, è il rapporto tra lo stock medio di capitale per lavoratore (sussidi) destinati alle energie rinnovabili e lo stock medio per lavoratore del settore manufatturiero e dell’economia in generale. Risulta  dunque che se le stesse risorse fossero lasciate al mercato, per ogni “green job” potrebbero essere creati 6,9 posti nel settore manufatturiero e 4,8 nell’economia in media.

Ciò non significa necessariamente che un “green job” ne distrugga 4,8 o 6,9, bensì che l’industria verde è ad alta intensità di capitale, dunque difficilmente potrà risolvere problemi occupazionali in maniera efficiente. Meglio lasciare questo denaro nelle tasche di cittadini e imprese (la tariffa A3 vale il 4,3% della bolletta media) e lasciar fare al mercato che saprà allocarlo in maniera migliore. Nulla da togliere al fatto che le energie rinnovabili abbiano moltissimi pregi, tra i quali un possibile impatto positivo sull’ambiente, ma come volano dell’economia proprio non ci siamo.

E pensare che per cifre dello stesso ordine di grandezza oggi c’è una nazione allo sbando e un’Unione Europea sul orlo della dissoluzione… 

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3 Responses

  1. mario fuoricasa

    In Spagna recentemente si sono “accorti” che stavano/stanno pagando gli incentivi al fotovoltaico in funzione dell’apporto della fonte rinnovabile anche di notte e con il cielo coperto!!!
    In Italia siamo fessi alla stessa maniera, ci posso scommettere.
    Abbasso ogni incentivo!
    mario fuoricasa

  2. gfza

    portiamo al limite l’esempio e supponiamo che il fabbisogno di energia sia 100 e sia costante durante tutto l’anno, supponiamo che il 50% dell’energia venga prodotto con il fotovoltaico. Significa che quando c’e’ il sole il 50% dell’energia non viene prodotta da centrali “tradizionali” ma dal fotovoltaico.
    Quando il sole non c’e’ ad esempio nella stagione invernale, il fabbisogno continua ad essere 100 (se non di piu, causa questioni di stagione), ma non essendoci produzione da fotovoltaico deve essere prodotto dalle centrali “tradizionali” in toto.
    Questo significa che: impianti, personale, manutenzione delle centrali tradizionali devono essere progettati e costruiti per la potenza massima richiesta, ma verranno utilizzati solo a meta capacita pero con gli stessi costi di un utilizzo al massimo delle capacita: conseguenza raddoppio del costo della energia prodotta da centrali “tradizionali”.
    A meno quindi che non si trovi (e fino ad ora non esiste) un modo di “accumulare” la energia prodotta dal fotovoltaico (ma il discorso vale anche per l’eolico), queste energie verdi sono solo ed esclusivamente uno spreco economico enorme.

  3. Caber

    gfza centra appieno il problema

    quando si parla della potenza delel centrali si parla di potenza teorica massima in condizioni ideali (per l’eolico quando ci sono tot km/h di vento, per il fotovoltaico quando c’è sole da tot gradi sull’orizzonte).
    ovviamente le condizioni ideali non ci sono MAI.

    di conseguenza bisogna ricalcolare (cosa che gli ambientalisti non ho mai visto fare) tale potenza in proporzione alla potenza REALE.

    all’incirca per l’eolico la potenza reale è il 25% scarso del teorico (meno di un quarto quindi)
    per il fotovoltaico il 10% (un decimo!!!)

    e noi paghiamo…
    vorrei vedere una bella tariffa “verde” da parte delle compagnie elettriche per fornire energia rinnovabile a chi è disposto a pagare il differenziale di prezzo (che agli effetti pratici sarebbe SOLO il doppio) senza scaricarlo sugli altri totalmente disinteressati…
    ma forse il mercato punirebbe seriamente le fonti rinnovabili in questo caso? meglio pianificare sovieticamente la politica energetica, coi medesimi (pessimi) risultati…

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