1
Lug
2011

La pianificazione “leggera” di ItaliaFutura

Martedì scorso, a Genova, presentazione di Italia Futura Liguria, branca regionale dell’associazione presieduta da Luca Cordero di Montezemolo. Nell’occasione si è dibattuto di “una nuova politica per l’economia del mare”. La relazione introduttiva è stata svolta dal professor Ennio Cascetta, membro del direttivo dell’associazione, ordinario di pianificazione dei trasporti presso l’Università di Napoli e già assessore ai trasporti della Regione Campania dal 2000 al 2010. Senza ombra di dubbio, come lo definisce Montezemolo, un cervellone.
La disamina del professore prende avvio con l’esaltazione del ruolo della “economia del mare” in Italia: le attività in qualche modo riconducibili a tale ambito rappresenterebbero il 3,4% del PIL e gli occupati del settore sarebbero poco meno di 700mila.
C’è però un problema. Se l’economia del mare non è cresciuta di più in passato, se non ha esplicato tutte le sue potenzialità è perché “non ha ricevuto un’attenzione politica continua”. E’ quindi urgente: “ridargli una effettiva centralità politica a livello nazionale”.
Per farlo occorre, prima di tutto, un nuovo ministro, anzi un “referente unico” che “possa fare sistema con i responsabili dell’Economia, delle Infrastrutture, delle Attività produttive, dell’Ambiente”
A sua disposizione vi dovrebbe essere un “fondo unico trasporti sul quale fare confluire tutte le risorse pubbliche necessarie per il finanziamento delle infrastrutture strategiche”. A lui spetterebbe la pianificazione del settore.
Pianificazione sì, ma “leggera”. Sembra infatti evidente al professore che, quella (pesante?) del passato non abbia funzionato molto bene; lui stesso auspica il superamento di “un approccio ormai obsoleto alla pianificazione, al finanziamento e alla realizzazione delle infrastrutture. Un approccio basato su lunghe shopping list di progetti, spesso nati nei decenni scorsi, con standard progettuali pesanti e costosi e di cui non sono oggi chiare le funzioni e le priorità”
E i privati? Possono giocare un ruolo importante, apportare capitali ma solo “nel rispetto di un disegno nazionale condiviso”
Molto ampio è poi il capitolo degli incentivi pubblici che dovrebbero essere previsti per: “lo start up di collegamenti marittimi integrati con l’autotrasporto su rotte strategiche per l’ import-export italiano”, “lo sviluppo delle connessioni porto-retroporto con sistemi integrati e di collegamenti ferroviari”, “la costituzione di campioni nazionali della logistica”, “l’uso della ferrovia”.
Il soggetto pubblico, che non è riuscito finora a soddisfare la domanda di figure professionali necessarie al settore, dovrebbe essere in grado di farlo domani, rilanciando “l’istruzione secondaria superiore e riallineandola alle prospettive del mercato” e creando “poli di eccellenza nei diversi settori del comparto marittimo”
Considerato che la cantieristica commerciale italiana sta attraversando una stagione difficile dovuta alla concorrenza delle industrie del Far East, è inoltre necessaria una “politica industriale che spinga alla innovazione, crei condizioni di mercato paragonabili a quelle dei competitors europei e non disperda competenze e capacità produttiva figlie di una lunga tradizione”.
Occorre immaginare “stimoli alla domanda” attraverso – lo sospettavate vero? – “incentivi ed eco bonus” e “favorire l’accesso al credito con schemi e strumenti di finanziamento per il settore”. Non si potrà non “riconoscere la necessità di un parziale piano di riconversione industriale con contenimento dei costi e downsizing” ma senza “scendere sotto la massa critica della competitività internazionale” (la soglia, pare di capire, la deciderà il referente unico).
Vaste programme, si direbbe, certo non alla portata di chiunque. E, infatti, il ministro del mare sarà affiancato dalla nuova “Agenzia Nazionale di supporto alla governance del cluster marittimo che unirà soggetti pubblici e privati”.
Se si eccettua qualche importante accenno all’eliminazione di lacci e lacciuoli che ostacolano la crescita dei nostri porti, la direzione di marcia sembra chiara: più intervento pubblico, più spesa, più regolazione, meno mercato.
Azzardiamo una previsione: che, fra una decina d’anni, si riconoscano i limiti della pianificazione, anche in versione light, e si decida di lasciare un po’ più di spazio a quella “invisibile”. Dopo la svolta “socialdemocratica”, restiamo in fiduciosa attesa di quella liberale.

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4 Responses

  1. Piero

    cartolina from Genova…

    purtroppo anche i porti sono soggetti a logiche ed interessi molto particolari…

    Genova è il porto più importante d’Italia…
    ha un vantaggio competitivo nel mediterraneo connesso alla sua posizione..
    eppure interessi corporativi (e nn solo i Camalli della Compagnia Unica.. anche dal lato imprenditoriale ci sono rendite di posizione enormi) l’anno danneggiata..

    un tempo era protetta dalla politica nazionale…
    ora il colore politico nazionale (es. Lega ma nn solo) è cambiato e cercano di favorire l’adriatico a discapito della rossa (e vecchia) Genova..

    la sintesi di questi cicli politici d’alterni colori è che se lasciassero fare al mercato probabilmente le cose migliorerebbero.. più concorrenza e meno favoritismi..
    anche xrchè mentre noi dormiamo la distanza dai porti del nord aumenta..
    e la Globalizzazione con le Delocalizzazioni (es. Fiat) rende il Settore Logistico uno dei pochi che probabilmente le lungo continuerà a tirare..

    ma lo Stato x me una cosa la deve fare (coinvolgendo i privati con il project financing anche xrchè i soldi pubblici son finiti) : parlo dei collegamenti infrastrutturali con i mercati di sbocco delle merci..
    da noi parlano di Terzo Valico e di Gronda Autostradale.. altrove parleranno di altre infrastrutture che nn conosco.. ma il ragionamento nn cambia..

    le logiche No-Tav e No-Gronda rendono tutto ancora più difficile..

    le responsabilità sono un pò di tutti.. la mentalità della gente.. i politici.. gli imprenditori.. servirebbe uno scatto di dignità globale..

  2. Borderline Keroro

    Luca Cordero di Montezemolo : già solo questo nome mi fa rimpiangere la rivoluzione francese.

  3. Il passaggio al mercato puro è impossibile in economia marittima. In essa emerge una contraddizione essenziale del capitalismo: la concorrenza non basta né adatta a garantire il TECNICAMENTE necessario sistema di collaborazioni tra i diversi investimenti, per “fare sistema” o anche semplicemente coerenza. Ovviamente, socialismi e pianificazioni uccidono il bimbo per risolvere questo punto.
    A parte questo “pacco” teorico, come sanno gli operatori e mostrano i manuali di settore, è inevitabile un ciclo endogeno, ed il mare ha sempre troppe o troppo poche navi.
    Se poi hai degli obiettivi generali, devi regolamentare: stiamo assistendo il sistema TERRIBILE dei piccoli camionisti che rallenta e strozza l’Italia (sennò fanno il blocco ed i governi calano le brache), occorre invece promuovere il CABOTAGGIO.

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