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Dic
2009

La libertà di religione secondo Obama. Di Jacob Mchangama

La libertà di espressione non è minacciata solamente dai terroristi ma anche dall’ONU, sede in cui l’Amministrazione Obama sta dando un aiuto a rivoltare i diritti umani come un calzino. Le autorità hanno recentemente reso noto che due islamisti residenti negli Stati Uniti sono stati arrestati con l’accusa di avere pianificato l’assassinio di un fumettista e un redattore del quotidiano danese Jyllands Posten responsabili, nel 2005, della pubblicazione di vignette ritraenti il profeta Maometto. Nel frattempo all’ONU, l’organizzazione degli stati islamici (OIC) mette a segno un altro colpo con una bozza di risoluzione in materia di “lotta alla diffamazione della religione” già approvata il 12 novembre scorso da una delle commissioni e che verrà quasi certamente approvata definitivamente verso fine mese. Al Consiglio per i diritti dell’uomo gli Usa si sono schierati con l’Egitto, fra tutti i paesi, in un inquietante compromesso a supporto dei “valori tradizionali dell’umanità” e per la condanna della “stereotipizzazione religiosa”.

Mentre la tattica dell’intimidazione violenta e della minaccia giudiziaria adottata dai terroristi e dall’OIC sono evidentemente differenti, lo scopo è fondamentalmente lo stesso: censurare le critica all’Islam, in particolare nei paesi occidentali in cui vigono libertà di stampa e di religione. E sta funzionando.

A seguito della notizia dello sventato attacco contro il Jyllands Posten, i principali quotidiani danesi si sono astenuti dal replicare la pubblicazione delle vignette, come invece fecero l’anno scorso quando si verificò un episodio analogo. Benché i redattori abbiano giustificato ciò parlando di “responsabilità”, la paura sembra la spiegazione più probabile. Dal Salman Rushdie al Jyllands Posten, le minacce di morte hanno avuto un effetto paralizzante per la discussione sull’Islam e – tanto più – per la critica.

Gli sforzi per bandire la critica dell’Islam attraverso leggi sui diritti umani in sede Onu non sono ancora giunti ad essere legalmente vincolanti ma stanno facendo progressi in tal senso.

L’OIC ha avuto successo nel far passare numerose risoluzioni sulla diffamazione della religione all’Assemblea generale e al Consiglio per i diritti dell’uomo. L’ultima, del marzo 2009 sancisce che “la diffamazione delle religioni costituisce un grave affronto alla dignità umana e porta alla restrizione della libertà di religione”. I paesi dell’OIC stanno anche lavorando su uno strumento legalmente vincolante che possa obbligare gli stati membri a proibire le critiche alla religione. In una lettera esplicativa risalente al 29 ottobre l’OIC fa sapere che in Danimarca e Olanda il profeta Maometto è stato messo alla berlina con l’intento di “violare i sentimenti dei musulmani” e per questo, “la pretesa che gli standard sui diritti umani si debbano applicare solo agli individui non è credibile”.

Il concetto di diffamazione della religione capovolge così i diritti umani proteggendo religioni e idee astratte dalle critiche degli individui piuttosto che, al contrario, proteggere questi ultimi da dogmi oppressivi.

Anche compromessi apparentemente innocui possono in realtà servire come strumento per elidere sempre più il concetto di libertà di espressione.

La risoluzione congiunta Stati Uniti-Egitto dell’ottobre 2009 condanna “gli stereotipi religiosi negativi”. Tale concetto non è incluso come una delle restrizioni alla libertà di espressione possibili sotto la legislazione internazionale in tema di diritti umani. Il che prospetta una protezione delle religioni e dei loro simboli, non dei meri individui.

Questa interpretazione è stata enfatizzata da parte dell’OIC, la quale durante il dibattito ha sentenziato che “la stereotipizzazione negativa o la diffamazione delle religioni è stata una moderna espressione di odio e xenofobia. Il discorso non si estende solo agli individui ma anche alle religioni e ai sistemi di credenze”. In una lettera all’HRC il portavoce dell’OIC ha fatto sapere che l’organizzazione cercava tutela per “convinzioni e sentimenti ritenuti aventi dignità di sacro”. Di conseguenza, mentre gli Usa hanno più volte rigettato il concetto di “diffamazione delle religioni” il compromesso Stati Uniti-Egitto potrebbe di fatto favorire la persecuzione di dissidenti come il blogger egiziano Abdel Kareem Soliman, imprigionato per quattro anni per aver oltraggiato l’Islam criticando l’intolleranza religiosa.

Con la protezione di un concetto non definito con contorni chiari come la stereotipizzazione negativa della religione, le autoproclamate vittime saranno i soli in grado di determinare quando si sentono offesi. Questo è particolarmente pericoloso nei paesi dove lo stato è il guardiano della religione – come nel caso degli stati dell’OIC – in quanto il divieto inciderà non soltanto sulla libertà di discutere questioni religiose e filosofiche ma anche la libertà di criticare il governo e le sue policy.

Anziché stare sulla difensiva e transigere sulla libertà di espressione, gli stati democratici dovrebbero passare all’offensiva e rinvigorire questo diritto. Questo non solo darebbe un importante incoraggiamento al morale delle vittime di chi è stato oggetto delle minacce di morte da parte dei terroristi ma anche gli innumerevoli cittadini di quei paesi in cui non è possibile esprimere la propria opinione o discutere la religione dominante.

Fin’ora i più attivi oppositori ai piani dell’OIC sono da ricercare in un’impressionante alleanza tra ONG e attivisti per i diritti umani, tra cui quelli di paesi islamici come Indonesia, Bahrain ed Egitto. Se un certo numero di musulmani coraggiosi ha il coraggio di difendere la libertà di espressione contro l’iniquo ordine del giorno dei propri governi e le dispotiche interpretazioni della loro stessa religione, la stesso dovrebbero fare i leader politici degli stati democratici.

Jacob Mchangama è responsabile per gli Affari legali del think tank danese CEPOS ed External Lecturer of International Human Rights Law presso l’Università di Copenaghen.

Traduzione di Marco Mura.

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7 Responses

  1. andrea lucangeli

    “Il concetto di diffamazione della religione capovolge così i diritti umani proteggendo religioni e idee astratte dalle critiche degli individui piuttosto che, al contrario, proteggere questi ultimi da dogmi oppressivi.” (fine dela citazione). Questo è esattamente quello che si intende per integralismo religioso, dogmi ed idee astratte che opprimono la libertà degli individui…..E Barak HUSSEIN Obama non sembra proprio la persona giusta per tentare di ridare un pò di fiducia agli spiriti liberi.- Noi occidentali ci stiamo avventurando per una china pericolosa dimenticandoci dell’illuminismo e di duemila anni di progresso nella storia della civiltà occidentale…..Se il peccato diventa reato allora addio libertà…..

  2. damiano

    tra panteismo ambientalista ,,ateismo imposto , integralismo cattolico e integralismo islamico c’e solo l’imbarazzo della scelta … sembra che la capacità di ascoltare stia sparendo .

  3. Pietro M.

    Con la crisi di credibilità della politica tradizionale stanno venendo fuori investimenti in ideologie tese a garantire il mantenimento o la conquista di rendite politiche. Ad esempio c’è il comunitarismo, secondo cui i leader di una comunità possono escluderla dal resto del mondo e perpetuare pratiche tradizionali liberticide; ci sono i tentativi del Papa di allargare e rinsaldare il potere temporale, che allo stato attuale è il potere di fare il bello e il cattivo tempo nella politica italiana (è per questo che si chiama “temporale” :-D); c’è la reazione reazionaria degli islamisti alla modernità, sfruttata per fini politici da alcuni stati musulmani, e che finora ha fatto vittime soprattutto tra i musulmani (con buona pace per i teorici dello scontro delle civiltà); c’è il tentativo delle destre di tutto il mondo di ritornare alla socialdemocrazia con una spolveratina di becero nazionalismo; c’è il tentativo delle sinistre di tutto il mondo di dare credibilità politiche a dottrine (come il keynesismo o la discrezionalità) che sono intellettualmente morte da decenni.

  4. stefano

    @damiano: definiscimi l’integralismo cattolico, per favore.
    Non sono praticante, tanto per chiarire, ma non mi pare si possano fare paragoni tra cattolicesimo e islam.
    Vero è che le Chiese cristiane ne hanno combinate parecchie, ma in passato, non mi ci vedo J.R. (Benedetto XVI, non il protagonista di Dallas) a far bruciare qualche eretico. Tantomeno a fare stragi o simili simpatie: la Bibbia dice di convertire non di ammazzare gli “infedeli”.
    In Occidente abbiamo fatto qualche metro in avanti, teniamocelo stretto: calare le braghe con questi gentili signori è, quantomeno, un comportamento tafazziano.
    Piano piano, contando sulla nostra voglia di evitare lo scontro a tutti i costi ce la metteranno in corpo, per di più senza vaselina.
    Ne conosco di immigrati musulmani: ci invidiano, ci odiano e non ci rispettano, noi siamo vili e le nostre donne puttane; l’unica speranza è che ci temano.
    Non fidarti del sorriso e del “siamo tuti frateli”: quando hanno bisogno o sono in minoranza, sono degli zuccherini, ma aspetta che le cose si volgano a loro vantaggio…
    Non credo il mio sia razzismo (non mi fido nemmeno dei convertiti occidentali che a volte sono addirittura più invasati degli immigrati), ma un sano e tenace istinto di conservazione.

  5. Pietro M.

    Il potere è un male pubblico e sarà sempre sovraprodotto: conquistare il potere garantisce benefici privati mentre i costi vengono socializzati con la coercizione.

    La libertà è un bene pubblico e sarà sempre sottoprodotta: lottare per la libertà è un costo privato ma i benefici sono pubblici.

    La democrazia è tecnicamente un fallimento di mercato*, perché è un esempio di male pubblico. I gruppi di potere lottano per avere rendite politiche a spese del contribuente.

    * Il termine “fallimento di mercato” fa ridere. In economia, se le condizioni dell’equilibrio generale non vengono rispettate, si parla di fallimento del mercato; in fisica, se le condizioni per la validità della meccanica newtoniana non vengono rispettate, non si parla di fallimento dell’universo. La cosa fa ancora più ridere se si pensa che la maggior parte dei “fallimenti di mercato” reali riguardano le scelte collettive, proprio perché l’assenza di diritti di proprietà stabili incentiva l’investimento in rent seeking.

  6. microalfa

    La religione, nel campo delle libertà, è un tema a doppia faccia. Il suo contenuto vero e profondo, ossia la Fede individuale, non è criticabile in quanto a-scientifico profondo valore spirituale, mentre l’apparato proprio di qualsivoglia religione è criticabilissimo appartenendo di fatto alla sfera delle organizzazioni terrene. Senza questa distinzione si rischia sempre di fare confusione.
    Nei club di estrazione anglosassone si può notoriamente parlare di qualsiasi argomento – recitano i vari regolamenti interni – tranne che di religione e di politica partitica. Essendo assimilabile questo Chicago blog ad un club anglosassone, basta guardare l’abituale abbigliamento del raffinato padrone di casa, penso sia oltremodo utile rispettare tale tradizionale saggia norma che deriva unicamente dall’esperienza.
    Ben altro discorso è quello della tolleranza liberale che, é bene ricordarlo, ha l’obbligo morale di fermarsi di fronte all’altrui intolleranza – tipo certe forme di islamismo – e reagire con forza in conformità.

  7. tonino segau

    @ Pietro M.
    D’accordo con te su tutti i punti. Dalla maniera essenziale e perentoria con cui riassumi il povero status quo sembrerebbe di stare leggendo i bullet point di un racconto distopico. La vera distopia però, è che è tutto reale, oggi, in questo momento.

    @ stefano
    Cosa dice il tuo spirito di conservazione a proposito del fatto che l’italia degli italiani (ammesso, poi, che esistano) e che dunque senza quei molesti e prolifici immigrati che poco ci piacciono saremmo condannati a fare un balzo indietro di qualche decennio (se non di più) rispetto alla nostra attuale economia?

    @ microalfa
    Sagge e realistiche, dunque condivisibili, considerazioni. Tollerare in lungo e in largo purché non oltre una virgola dal confine stabilito. Più chiaramente è tracciato, più è semplice capire se e dove intervenire. Un’elementare pratica giuridica (oltre che economica) che diminuirebbe – non illudiamoci che li eliminerebbe tout court – i motivi di “scontro”

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