21
Mag
2012

La legge delle conseguenze non previste – di Gerardo Coco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.

Quando la regina Elisabetta I d’Inghilterra chiese al suo consigliere economico, Thomas Gresham di raccontarle come mai erano diminuite le riserve di metalli preziosi nel regno provocando una crisi valutaria, il ministro le spiegò che era stata la conseguenza della politica monetaria attuata dal padre Enrico VIII, il quale, per finanziare il governo senza ricorrere a tassazione diretta, aveva deciso di riconiare lo scellino con un contenuto d’argento minore. Imprenditori e mercanti fusero le vecchie monete, esportarono il metallo dove era maggiormente quotato e utilizzarono all’interno del paese la moneta “depravata”. La scomparsa del metallo era dovuta alla sua differenza di valore, l’aggio, con la nuova moneta legale. Quando due monete di pari valore nominale entrano in circolazione con cambio non fisso e con differente titolo, quella che ha potere d’acquisto minore finisce per eliminare dal mercato l’altra con potere maggiore. La spiegazione prese il nome di legge di Gresham, secondo la quale “la moneta cattiva scaccia quella buona”. L’iniziativa di Enrico VIII provocò una reazione inaspettata e opposta a quella che si era proposto aggravando la crisi finanziaria del paese.

La legge di Gresham è un caso particolare di quella più ampia che il sociologo americano Robert K. Merton chiamò la legge delle conseguenze involontarie o non previste (The Unanticipated Consequences of Purposive Social Action,1936) che si verifica quando si pianificano azioni che portano a risultati imprevisti. Enunciata con riferimento alle scienze sociali è valida anche per le scienze esatte, sia per i fenomeni di piccola che di grande scala e può portare a risultati negativi e positivi. La storia della medicina registra molti casi di risultati non intenzionali ma positivi ad es.: la scoperta degli antibiotici fu del tutto casuale; l’acido acetilsalicilico (l’aspirina) creato per scopi analgesici si è rivelato essere un antiaggregante per prevenire gli infarti. Nel campo della fisica, il neutrone fu scoperto per caso. Il fatto imprevedibile più famoso a livello geopolitico si verificò quando Colombo scoprì l’America senza rendersene conto.

Nel campo economico le conseguenze delle azioni pianificate dai governi sono sempre controproducenti. L’espressione di Adam Smith, “c’è un gran potenziale di rovina in ogni governo” si riferisce appunto alle conseguenze dell’interventismo statale in materia economica.

Trent’anni fa l’economista americano George J. Stigler di Chicago vinceva il Nobel proprio per i suoi studi sugli effetti della regolamentazione pubblica, provando con approfondite ricerche che nessuna delle misure adottate dal governo americano per controllare, dirigere e regolare l’economia aveva funzionato: nel caso migliore i provvedimenti erano stati inefficaci, in quello peggiore avevano sortito effetti opposti a quelli desiderati.

Quando gli Stati Uniti imposero quote all’importazione dell’acciaio per proteggere l’industria domestica dalla concorrenza, resero non competitiva quella dell’auto costretta a pagare l’acciaio a un prezzo superiore a quello della concorrenza estera. Conseguenze analoghe si verificano quando un paese svaluta ufficialmente la propria valuta: favorisce gli esportatori ma sfavorisce gli importatori che, scaricando i costi all’interno, fanno aumentare anche quelli d’esportazione. Il controllo dei prezzi è forse l’intervento che mostra l’effetto della legge nel modo più immediato. Ogni volta che si è fissato per legge il costo degli affitti, le imprese edilizie hanno diminuito l’offerta di case perché, al tasso di interesse corrente, l’affitto non copriva i costi di costruzione e manutenzione e così non solo si è privata gran parte della popolazione di un servizio importante ma si è fatto degradare il patrimonio edilizio. Il controllo dei prezzi provoca scarsità artificiale (shortage) eliminando l’offerta dei beni e servizi e questa è stata la caratteristica del socialismo con la conseguenza di un immiserimento generale.

Effetti meno evidenti ma non meno funesti derivano dalla manipolazione del tasso di interesse e dagli stimoli monetari. Hanno forse mai favorito la ripresa economica? Al contrario hanno prolungato la stagnazione consentendo ai governi l’aumento del loro indebitamento a costi minori. L’economia aveva bisogno di capitale? Governi e banche centrali hanno eliminato i risparmi. Le valute non dovrebbero facilitare gli scambi? E governi e banche centrali le hanno trasformate in strumenti di inflazione e di distorsione economica. La storia economica potrebbe essere scritta in chiave di imprevisti negativi. Viene voglia di dire, parafrasando Clemenceau, che l’economia è un affare troppo importante per lasciarla ai governi.

La legge delle conseguenze è sicuramente il risultato della ignoranza e della incertezza del futuro. I pianificatori statali vorrebbero fornire certezze sottoponendo l’attività economica a controllo presumendo di aver la capacità di interpretare e calcolare gli scopi della collettività. In realtà la loro intenzione è quella di servire altri scopi che essi credono convenienti. Grattando un sedicente pianificatore è molto probabile trovare un autentico dittatore.

La legge della conseguenze non previste si spiega sopratutto con il fatto che sistemi relativamente semplici (ad es. una struttura burocratica), tentano di controllare sistemi complessi, (ad esempio, i mercati), presumendo di avere la totalità della conoscenza per sostituirsi a milioni di decisori che, insieme, sono gli unici a possedere e che pertanto, possono presumere di rischiare le proprie risorse e allocarle razionalmente.

Le società umane e le economie si basano sulla cooperazione volontaria. L’economia è una costellazione di milioni di persone che lavorano, comprano, producono e vendono per soddisfare i propri bisogni e quelli degli altri. L’“autorità” che ordina, in che quantità, qualità e a quale prezzo si deve produrre non è un comitato di burocrati ma il mercato, cioè l’insieme delle stesse persone che consumano e che contemporaneamente producano per gli altri. Il mercato non è un’istituzione coercitiva ma la più libera e democratica che esista, dove la sovranità assoluta appartiene a tutti i produttori nella loro veste di consumatori.

Leggi politiche e leggi economiche

Nella fisica o nella medicina le conseguenze intenzionali portano a esiti imprevisti e positivi perché gli esperimenti in laboratorio sono immediatamente controllabili e soprattutto perché non violano le leggi naturali. Poiché nella vita economica non si possono fare esperimenti in laboratorio, è la società a far da cavia. La ragione ultima per cui cambiamenti pianificati si risolvono nella loro autodistruzione è perché le leggi economiche vengono sistematicamente violate. Purtroppo l’incontro tra i due termini, politica ed economia è stato funesto per l’umanità. Esso ha portato a confondere politica economica e teoria economica. Ma la legislazione economica tende a ostacolare il funzionamento delle leggi economiche. La politica le detesta e le vorrebbe abolire perché ostacolano i suoi obiettivi, dandole regolarmente scacco matto. I governi vorrebbero, tassare, indebitarsi spendere ab libitum e fare disastri indisturbati. Ma i mercati che operano in base alle leggi economiche le danno il voto e la bocciano in continuazione. Allora, la politica lancia anatemi contro il loro assedio al paese facendo credere all’opinione pubblica che le crisi, in fondo, sono colpa di un nemico esterno.

La politica contamina l’economia. Come ci ha insegnato Max Weber, politica significa ripartizione del potere. Quando si dice che un’azione è politica o che è necessario un intervento politico ci si riferisce sempre a degli interessi relativi ad una ripartizione, al mantenimento o allo spostamento del potere, oppure a condizionare delle decisioni. Chi fa politica aspira al potere e si serve di essa per il raggiungimento di fini particolari. Per questo lo Stato è sempre ansioso di intervenire: per conservare ed aumentare il proprio potere e per farlo deve avere il monopolio delle grandezze economiche fondamentali da manipolare. Il sociologo tedesco Franz Oppenheimer ha descritto molto efficacemente i due modi dell’acquisizione della ricchezza, quello politico e quello economico (The State). Il primo è quello dello Stato, l’organizzazione dei mezzi politici, il secondo è la Società, l’organizzazione dei mezzi economici. Lo Stato, grazie al monopolio della forza, ottiene la ricchezza attraverso la spoliazione legalizzata, il parassitismo, la redistribuzione e la regolazione continua. E’ un gioco a somma zero perché non prevede lo scambio economico che richiede reciprocità. Il secondo modo, l’organizzazione dei mezzi economici, ottiene la ricchezza attraverso la produzione, lo scambio, l’innovazione, la creatività ed è un gioco a somma positiva. Il primo riduce la ricchezza esistente, il secondo l’espande. Purtroppo gran parte della popolazione aspira ad entrare nella prima organizzazione per ottenere parte della spoliazione compiuta sulla seconda. Così la ricchezza a disposizione si riduce ancora di più e quando intervengono shock economici, l’organizzazione dei mezzi politici reclama ancora più mezzi distruggendo l’organizzazione dei mezzi economici cioè la società.

Medioevo postmoderno e decentralizzazione

Con l’avvento dell’Unione Europea l’organizzazione dei mezzi politici è stata trasposta sul piano sovranazionale per allinearli al progetto di governo globale dell’economia coltivato da tempo dalle burocrazie internazionali. Questo governo, che sostanzialmente già funziona, è composto oltre che dall’Europa da altre burocrazie come il G20, il FMI, e il WTO e naturalmente le banche centrali. Tali istituzioni, dopo aver rimosso il potere in capo agli stati nazione ormai sfibrati, vorrebbero essere gli amministratori di un nuovo ordine mondiale accentrando i poteri per pianificare l’economia globale. L’unione europea ha fatto già da modello per una democrazia totalitaria in grado di dettare misure monetarie, fiscali, e commerciali basate esclusivamente sulle esigenze del potere sovranazionale. Tale potere non ha alcuna legittimazione se non la forza del ricatto che gli viene dal monopolio del denaro necessario a gestire la crisi che i governi locali sono impossibilitati a fronteggiare perché in bancarotta. Chi è sottoposto a questo potere illegittimo dovrà subire sempre più controlli e regolazioni repressive di ogni tipo, così gli individui diventeranno servi e prigionieri del nuovo regime. La collettività sarà esaltata, l’individuo annientato, ridotto a un’unità del gregge.

Ancora una volte emerge il tentativo di un sistema semplice di controllare un sistema complesso. Una burocrazia non eletta vorrebbe controllare l’economia globale, 196 paesi e 7 miliardi di persone. Naturalmente si tratta di un progetto di menti malate, ma plausibile.

Ma ancora una volta scatterà le legge delle conseguenze non previste. Invece del temuto governo mondiale, molto probabilmente il pianeta si riorganizzerà su nuove basi in modo inaspettato. La centralizzazione del potere cederà il posto alla decentralizzazione. Perché solo così possono governarsi i sistemi complessi. Nella storia le unioni di stati hanno sostituto gli stati nazioni, gli stati nazione i regni e questi ultimi, le organizzazioni tribali.

Forse le generazioni future, cittadini di nuove piccole, efficienti unità politiche decentrate, racconteranno di un’Europa e di un’America scomparsi come dinosauri, periti per essere stati incapaci di adattarsi all’ambiente.

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22 Responses

  1. Egregio Gerardo Coco,
    i suoi articoli sono sempre interessantissimi, colti e fecondi di spunti.
    Domanda: perché non trovo in Internet nessuna sua biografia?
    Almeno l’associazione Bruno Leoni, di cui lei fa parte, dovrebbe pubblica una biografia dei suoi iscritti più zelanti.
    Cordiali Saluti
    G. Guido Cacciari

  2. AlxGmb

    Sig. Gerardo Coco, la ringrazio della chiarezza esemplare del suo post.
    Concordo sulla analisi.
    Cito:
    “Purtroppo gran parte della popolazione aspira ad entrare nella prima organizzazione per ottenere parte della spoliazione compiuta sulla seconda.”
    In itaglia, come certamente Lei ben sa, gran parte della popolazione è già riuscita ad entrare nella prima organizzazione, la spoliazione in atto porterà inevitabilmente alla morte della seconda organizzazione…e quindi anche della prima.
    La poca speranza di un partito liberale con Oscar Giannino è tutta in questa sproporzione tra chi vive, direttamente o indirettamente, con i soldi ricavati dalle tasse (stipendi pubblici, sussidi ai privati e alle imprese, prebende, pensioni vere basate sul retributivo e pensioni false basate sull’inganno) e chi cerca di produrre ricchezza in quel che resta di un libero mercato.
    I primi (la maggioranza in itaglia) ritengono di non avere interesse a che la ricchezza sia prodotta “attraverso la produzione, lo scambio, l’innovazione, la creatività” e non taglieranno mai il ramo su cui sono seduti…fino a che non cadrà sotto il loro peso perché la pianta sarà morta.

    Anche definire lo Stato, cito:
    “Lo Stato, grazie al monopolio della forza, ottiene la ricchezza attraverso la spoliazione legalizzata, il parassitismo, la redistribuzione e la regolazione continua”
    definizione che a me pare di una ovvietà lapalissiana, è in realtà poco condivisa e molto contestata in itaglia.
    In itaglia i più credono (credere, cioè non ragionare, accettare fideisticamente) ancora alle favole, come quella della rappresentanza democratica eletta che avrebbe il “potere divino” di “conoscere” le esigenze della popolazione, quando:
    “L’economia è una costellazione di milioni di persone che lavorano, comprano, producono e vendono per soddisfare i propri bisogni e quelli degli altri”.
    Questa credenza è vieppiù radicata in una popolazione cattolica abituata a credere all’esistenza di Dio, ignorando qualsiasi teoria evoluzionistica.

    L’ordine spontaneo di sistemi complessi è stato ampiamente spiegato da Hayek, ma, per la gioia della totalità dei credenti, mai compreso.

    Saluti
    AlxGmb

  3. Marco Tizzi

    Carissimo sig. Coco…
    MAGARI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Penso che la conclusione di questo articolo siano le parole più piene di speranza che abbia letto negli ultimi anni.
    Stia attento, però, perché trattasi di elogio di comunità anarcoidi. E, si sa, l’anarchia è l’unica idea che lo Stato non può accettare.

  4. Bartolo da Sassoferrato

    L’articolo in se non dice nulla di nuovo e da la conferma che Adam Smith non fosse un genio,ma semplicemente,nel sostenere che l’essere umano agisce per i propri interessi,scopre l’acqua calda.Tutta la sarabanda sta in piedi fintanto che si ragiona in termini economici,ma se si inizia ad inserire nel discorso altre scienze il discorso non sta più in piedi per diversi motivi.Il primo è che il nostro sistema economico è incentrato sulla crescita(cioè continuo aumento dei consumi)e ciò applicato ad un pianeta con risorse determinate(rinnovabili ma non aumentabili oltre una certa soglia)non sta in piedi(a meno che come dice Malthus non scambiate l’aumento del pil per inflazione e quindi l’unico modo di fare crescita economica risiede nella crescita demografica……in un mondo con 7 miliardi di abitanti!!!!!).Il secondo punto trova nel mercato un vantaggio per l’uomo e uno svantaggio per il pianeta e le altre specie(da cui inevitabilmente dipendiamo)es:se per diminuirte il prezzo del pesce pescato nel lago due imprese cercano di spalmare i costi su una maggiore produttività(aumento del pescato ed economie di scala) il prezzo cala,ma bisogna sperare che prima o poi la velocità di pesca sia inferiore alla capacità riproduttiva dei pesci,altrimenti addio mercato e società.Che meraviglia la macchina umana,ricorda molto nell’operare su questo pianeta i parassiti che uccidono pian piano l’organismo ospitante fino a morire essi stessi…..olè!!!!

  5. CARLO

    perfettamente d’accordo . I grandi imperi sono destinati a implodere su se’ stessi per incapacita’ da parte dei governi di controllare i propri sudditi, ne’ piu’ ne meno come e’ successo all’impero romano e via via agli imperi di Spagna, Francia , Asburgo e da ultimo l’impero sovietico.
    Rimane da vedere in quanti decenni o anni o mesi o giorni le banche centrali riunite, riusciranno a mascherare i danni provocati dai governi .Il decentramento delle economie e’ inevitabile , il logoramento dei sudditi …anche.

  6. davide zanin

    E’ davvero una bella riflessione, ma a me resta un dubbio. Davvero “il mercato non è un’ istituzione coercitiva ma la più libera e democratica che esista, dove la sovranità assoluta appartiene a tutti i produttori nella loro veste di consumatori?”. A mio avviso questo è vero fintanto che i soggetti che operano nel mercato hanno la stessa forza, ma quando esistono giganti e nani non vedo più questa libertà e democrazia del mercato. Possiamo negare che il potere di chi ha più risorse nel mercato si sposi regolarmente con il potere politico per avvantaggiarsi, preoccupandosi ben poco della libertà di persone e popoli? Io credo che la vocazione alla sopraffazione ed al controllo antidemocratico non sia prerogativa esclusiva dello stato e che invece anche i soggetti economici siano fortemente tentati dalla medesima volontà di avversare la libertà quando questa libertà minaccia i loro interessi. Mi sembra inoltre che i soggetti economici abbiano i mezzi per recintare la libertà a prescindere dalle politiche dei governi nazionali. Inoltre quando si dice che “il mercato è l’istituzione più democratica e libera che esista” bisogna porsi una domanda, che è la seguente: per chi? La risposta la da lei stesso quando dice che nel mercato “la sovranità assoluta appartiene a tutti i produttori nella loro veste di consumatori”. Mi scusi ma chi non ha la veste di consumatore? Voglio dire chi è persona e basta e non può consumare come vorrebbe o addirittura non può consumare nulla se non un po’ di acqua e farina quando qualcun altro gliene fa dono? E chi non produce perchè impossibilitato, non perchè è un fannullone; e ancora chi produce ma non sa o non può competere con gli altri soggetti? Cosa sono queste realtà per il mercato? Per queste ragioni e altre io penso che questa visione del mercato sia un po’ ottimistica o illusoria. Forse dovremo cercare l’origine della libertà: si trova nei tanto osannati mercati, o piuttosto si trova nella “persona”? La persona non deve essere schiava ne di governi nazionali, ne di governi o organismi sovranazionali , ne di banche pubbliche o private nazionali o sovranazionali che siano ne di grandi gruppi economici che si arricchiscono troppo con la finanza e gli interessi e la speculazione che con il fare impresa.
    davide zanin

  7. i sudditi non sono sudditi, sono individui liberi.
    gli stati sono solo finzioni giuridiche.
    al fine di controllare i sudditi i Flavi inventarono il mito di Gesu e il Cristianesimo come ipnosi criminali al fine di passivizzare i popoli.
    che si fottano stati e chiesa.
    comunque Coco e’ uno che crede al Gold Standard quindi non va nemmeno preso in considerazione.

  8. lionello ruggieri

    Ma durante i 50 anni di svLUTAZIONI COMPETITIVE DELLA LIRA CHE HANNO TRASFORMATO IL NOSTRO PAESE TRADIZIONALMENTE POVERO E BASATO SULL’AGRICOLTURA NELLA SESTA POTENZA INDUSTRIALE DEL MONDO (SECONDA IN EUROPA) LEI, CON IL SUO STUDIO DOVE VIVEVA?Possibiel che per voi friedmaniaci le prove dei fatti non esistano?

  9. @lionello ruggieri
    nei 50 anni di malgoverno democristiano, quei cambiamenti che hanno voluto dire: degrado del paesaggio, degrado della socialità… sono stati fatti prendendo i soldi alle generazioni future, cioè alla mia che dopo 40 anni di contributi previdenziale il 33% (nessuno stato chiede tanto! – se li avessi messi alla posta, per dire mal investiti, oggi sarei ricco) ah! i soldi non ci sono più!

  10. Complimenti per l’articolo! Mi fa molto piacere sentir parlare di “sistemi complessi”, “conseguenze non previste”…
    Questo vale non solo per l’economia, ma ovunque si affronti un sistema complesso, agendo solo su particolari come se fossero scorrelati dal resto.
    Nella nostra letteratura italiana un capolavoro di questo atteggiamento delle autorità è il 28 capitolo dei Promessi Sposi. Capitolo che spesso a scuola fanno saltare.

  11. hector

    Mi è venuta la curiosità di rivedere il cap. 28 dei Promessi Sposi che pur avrò letto tanti anni fa, ed ho trovato questo riussunto, Speriamo che quei tempi non ritornino !

    Il narratore si accinge a rievocare i grandi eventi storici che coinvolgeranno i personaggi del romanzo. Riprendiamo il racconto della storia milanese dal tumulto si San Martino, egli osserva che le disposizioni delle autorità che hanno stabilito il prezzo politico del pane e della farina conducono la popolazione ad un consumo senza risparmio che aggrava la condizione di scarsità delle scorte. Le leggi cercano di portare dei correttivi e minacciano gravi pene ai trasgressori finché, intorno alla data dell’esecuzione dei quattro disgraziati ritenuti responsabili del tumulto, quella tariffa violenta viene abolita. Ma ormai le condizioni della carestia sono gravissime e il narratore, sulla scorta delle relazioni del tempo, intende farne un ritratto. Il lavoro è fermo e Milano è ridotta ad un indicibile spettacolo. Ai mendicanti di mestiere si aggiungono i nuovi poveri dei ceti ridotti in miseria: garzoni, operai, servitori licenziati ed anche bravi. Ma il peggiore spettacolo è offerto dai contadini che dalle campagne si riversano nella città, nella speranza di un qualche sussidio o elemosina. Le morti diventano sempre più frequenti. Numerosi sono però anche i segni della carità: sia quella dei singoli, sia quella organizzata in grande dal cardinal Federigo, che aveva scelto sei preti che girassero per la città e soccorressero i casi più gravi. Ma il bisogno è così diffuso che la carità è costretta a scegliere e non basta a portare un rimedio sufficiente. Il contrasto tra ricchezza e povertà, caratteristico del secolo, è ora attenuato, perché i nobili mantengono solo un’apparenza di parca mediocrità. In tali condizioni si profila il pericolo di contagio. Dopo molte esitazioni viene deciso di concentrare tutti gli accattoni nel lazzaretto, un edificio costruito precedentemente per accogliervi gli ammalati di peste. Quelli che vi entrano volontariamente sono pochi, pertanto si ricorre alla costrizione. Nel lazzaretto le condizioni di sovraffollamento, di mancanza d’igiene e di promiscuità rendono ancora più penosa la convivenza e la mortalità aumenta. Il provvedimento viene così annullato e la città torna a risuonare dell’antico lamento. Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce. Ma si profila il nuovo flagello della guerra. Gli intrighi diplomatici tra i grandi, dopo aver posto fine all’assedio di Casale, portano l’ esercito imperiale a percorrere il Milanese per recarsi all’assedio di Mantova. Le truppe di Lanzichenecchi, soldati di mestiere che lo compongono, portano con sé la peste, ma le autorità sottovalutano questo pericolo. Rimosso per i cattivi successi della guerra, don Ponzalo lascia Milano accompagnato dagli scherni del popolo che lo incolpa della fame sofferta sotto il suo governo. Come tutti gli eserciti del tempo, anche quello tedesco pratica il saccheggio dei paesi che incontra nel proprio tragitto e la sua discesa attraverso la Valtellina e la Valsassina porta terrore e distruzione.

  12. hector

    @davide zanin
    sono perfettamente d’accordo, il mito che il mercato sia perfetto e si autoregoli è un’illusione perchè gli attori che lo compongono solitamente hanno una forza economica diversa e quindi il più forte prevarica . Quindi ci vuole anche il controllo dello stato o chi per esso sul mercato che faccia all’occorenza da arbitro e punisca i falli e i soprusi.

  13. Alberto

    E se invece provassimo a cambiare completamente la logica del profitto ad ogni costo, cosa che alla fine accadrà per i rapporti tra individui e tra gruppi di individui?
    Basterebbe porre un limite superiore, diciamo al 1,5%, a livello mondiale per i tassi di rendimento finanziari, ed una moneta unica mondiale, basata sull’ economia reale, con accordo su un periodo decennale, (moratoria) e rendere illegali i titoli derivati, non basati sull’ economia reale, per ottenere vari risultati (pedagogia della moralità, quella delle banche della solidarietà e del bene comune contro la speculazione ed il profitto ad ogni costo):
    1)Spostare risorse verso l’ economia reale molte risorse;
    2)Bloccare la speculazione;
    3)Moderare e rendere comunque sopportabile il rigore degli stati indebitati;
    3Bis)evitare fallimenti a catena ed impoverimento delle classi meno protette;
    4)Creare le condizioni per la crescita economica armonica nel mondo e per la piena occupazione (almeno come obiettivo strategico).

  14. marco

    Già nell’antica Roma si sapeva e diceva che la moneta cattiva scaccia quella buona.
    Le conseguenze più drammatiche non sono quelle finanziarie però, bensì quelle sociali, quando i mediocri per non dire i pessimi gestiscono la cosa pubblica ed i migliori se ne vanno o non sono messi in condizione di operare, perchè allora il declino è inesorabile.
    Sono purtroppo una sgradevole Cassandra ma i giri di parole dovremmo evitarli se vogliamo avviarci ad una faticosa uscita dal tunnel.

  15. Carlo Ghiringhelli

    Il comunista Arturo Labriola ha riconosciuto apertamente a Mussolini il merito di aver capito la contraddizione mortale del socialismo scientifico di Marx: da una parte, se ammette che la sua pretesa di cambiare (politicamente in senso proprio) l’uomo, di cancellare la sua storia -economia inclusa-, è assurda, allora non è più eversione totale, la svolta rivoluzionaria violenta, ma progetto di riforma, ossia parte integrante della civiltà moderna industriale; dall’altra, se va contro l’uomo, contro il possibile, allora ripeterà la ‘bétise sanguinaire’ dei giacobini e di quanti altri in tutte le epoche hanno avuto per motto ‘l’ègalitè ou la mort’ (il passo adattato al contesto è di G.Bocca). Infatti nella Russia sovietica la società politica ha distrutto la società civile e con la pianificazione -che è una mentalità ingegneristica in quanto gestisce la complessità a partire da elementi semplici- ha distribuito miseria.
    Nel nuovo mondo quell’acuto osservayore che fu A. De Tocquiville, nella sua opera ormai classica, ‘La democrazia in America’ (1835) delinea un’altra più suggestiva prospettiva: considerare la società americana qual è nata dalla rivoluzione come la società del futuro democratica e ugualitaria, distinguendo i valori dai fatti.
    Orbene tale società si fonda su due istituti principali: il decentramento e il pluralismo associativo. Concordo con il giudizio del prof. Coco e ritengo che la socialburocrazia e la clericalburocrazia su scala internazionale siano dominanti, ma memore della lezione di Severino, non dimentico che la tecnica quale organizzazione dei mezzi per la produzione di fini, è la massima espressione della volontà di potenza che non ha il fine santo di umanizzare l’uomo poichè è animata dal principio pratico ‘ciò che si può fare, si deve fare’. Qui il protagonista è la così detta ‘over class’ che, per dirla con l’espressione di E.Todd, è una nuova classe che combina istruzione e forza economica , Cito da Todd:’ Non è mai esistita nelle fasce alte della societè una massa colta di questa dimensione, la cui capacità di dominio è infinitamente più reale di quella del capitale’.
    Da ultimo gradirei svolgere una riflessione sulle cosiddette leggi naturali: dopo Kant per il quale è l’io il legislatore del mondo nel senso che sbaglia la tradizione realista per cui le leggi naturali sono regolarità intrinseche alla natura e in base alle quali possiamo prevedere ciò che accadrà, s’impone la revisione di questa nozione al fine di determinare quali sono le operazioni con cui mentalmente costituiamo le leggi. E’ la ricerca della logonica di S.Ceccato. Dunque in chiave operativa per ‘naturale’ s’intende la corrispondenza con ciò che è stato scelto per l’uso quale termine di confronto.
    Che dire delle leggi economiche? Per Marx l’economia è la materia storicamente determinata che va indagata scientificamente -faccio presente che una regola del metodo scientifico è operare una variabile per volta- mentre per Croce l’economia è uno schema astratto, ossia una ideologia. Sì, appunto: gli economisti dovrebbero almeno dire il non detto nel senso di esplicitare le scelte valoriali e gli assunti epistemici delle loro teorizzazioni.

  16. freedom

    Io ho capito:
    che da circa un secolo il denaro a corso legale viene stampato dal … nulla; ed ancor più da quando Nixon abolì il gold standard nel 1971;
    che dal 2005 la Fed ha addirittura segretato la reale quantità di oro presente nei suoi forzieri;
    che Ben Bernanke ha ampliato in un colpo solo la base monetaria nel 2008, stampando un trilione di dollari per salvare le banche che siedono nella stessa Fed;
    che Draghi fa cose simili con la BCE, e che le banche, per ridurre gli spread degli stati sociali, comprano i bond con quegli euro freschi di stampa ancora custoditi a Francoforte;
    che tutto il sistema finanziario globale, che sostiene le politiche in deficit degli stati sociali, si regge sulla “riserva frazionaria” (un maxitruffone alla lunga insostenibile);
    che il prezzo dell’oro, l’unica moneta onesta, è salito senza soste significative negli ultimi dieci anni (e che non sono solo gli acquisti di Cina ed India ad averne causato l’ascesa irresistibile);
    che negli anni ’30 un dollaro valeva un venticinquesimo di oncia d’oro, mentre adesso vale solo un millecinquecentesimo della stessa oncia, più o meno;
    che l’iperinflazione monetaria (crack-up boom) incombe sempre di più su tutti noi e si salverà solo chi avrà un po’ d’oro con sè;
    che la Merkel ha chiesto solo rigore, ma tutti i governi europei hanno imposto più tasse e nessun taglio reale, ma solo nominale, alle spese;
    che negli ambienti più in della sinistra si continua a dire che il pareggio di bilancio è una fesseria;
    che pure i rottami del PdL appoggiano uno statalista keynesiano come Hollande;
    che J.M.Keynes scrisse che le sue proposte economiche avrebbero funzionato meglio in una economia pianificata e che la spesa in deficit andava fatta perchè “nel lungo periodo saremo tutti morti” e il debito accumulato se lo sarebbero sorbito i posteri, cioè, …. Noi!

  17. separiamo l'economia dalla politica

    @michele lombardi
    Scusa, cosa suggerisci in alternativa? Una moneta altrettanto solida, basata su un valore concreto, oppure un decreto del “sovrano” che pretende di poter stabilire il valore degli scambi? Nel secondo caso, sappi che questa pretesa, insieme ad altre, sempre da parte degli autoeletti regolatori illuminati, è ciò che ci ha condotti nel marasma di oggi.

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