26
Apr
2012

Il ruolo delle multiutilities per l’innovazione – di Mario Dal Co

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Mario Dal Co.

Le aziende di utility hanno un ruolo importante per lo sviluppo dell’innovazione.

Da un lato esse sono interlocutori importanti delle autorità pubbliche e delle amministrazioni locali in particolare. Alle amministrazioni pubbliche le cosiddette multiutility possono veicolare un’offerta di servizi e di soluzioni nella gestione delle risorse (ciclo dell’energia, ciclo dell’acqua, inquinamento dell’aria, trattamento dei rifiuti, inquinamento luminoso) che oggi è ancora molto limitata. Farla crescere significa diversificarla in due direzioni: in orizzontale offrendo nuovi servizi oltre il tradizionale contratto-calore oggi prevalente (con un approccio, appunto, multiutility); in verticale portando competenze consulenziali, dall’energy management a risparmio delle risorse, al public procurement, al life cycle cost. Questi servizi di consulenza sono necessari per garantire efficienza alla pubblica amministrazione; anzi sono assolutamente necessari per una pubblica amministrazione che voglia innovare, cioè che voglia ridurre i propri costi. E’ un’affermazione controcorrente in un fase in cui si spara a zero sulle consulenze.

Ci sono alcune vulgate che vanno contrastate, contrastando i motivi demagogici di chi le sostiene.

La prima vulgata è che la consulenza sia spreco di denaro pubblico: in realtà senza consulenza la pubblica amministrazione non fa innovazione e quindi diventa totalmente inefficiente ed inefficace. La seconda vulgata è che l’innovazione costi e abbia bisogno di risorse aggiuntive per essere introdotta. Non esiste innovazione, nella storia economica, che non abbia abbattuto i costi, quando non lo ha fatto sono intervenute ulteriori innovazioni finché non si è raggiunto un nuovo sentiero di maggior crescita e minori costi: se la pubblica amministrazione ha bisogno di risorse aggiuntive per introdurre innovazione ciò accade perché essa non è dotata della contabilità economica con cui i risparmi dell’innovazione emergono, attraverso la corretta contabilizzazione degli ammortamenti e dei costi pluriennali.

La terza vulgata è che per far funzionare la pubblica amministrazione occorrano più controlli, più certificazioni, più valutazioni esterne, in una parola:  più regolazione. Non è così. La pubblica amministrazione ha bisogno di maggiore responsabilizzazione a livello dirigenziale, maggiore  discrezionalità nell’erogazione dei premi e degli incentivi da parte dei dirigenti, maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e nella mobilità. Non c’è bisogno di riforme, ma di buona amministrazione e di un buon senso deregolatore (a partire a livello regolamentare prima ancora che normativo). Non è vero che questi cambiamenti culturali abbiano bisogno di decenni per affermarsi.  Si fanno in pochi mesi, con un commitment preciso, non inquisitorio, responsabile, rivolto ai manager della pubblica amministrazione.

E’ questa la chiave più importante per rendere la pubblica amministrazione capace di adottare l’innovazione, di portala al suo interno in modo efficace.

Le Multiutility godono di una posizione privilegiata anche in questo caso.

Quindi non solo possono offrire consulenza (primo punto).

Non solo possono aiutare gli acquisti della pubblica amministrazione in modo da evidenziare le convenienze dell’adozione di processi e soluzioni innovative (secondo punto).

Ma possono anche agevolare il cambiamento culturale necessario per dimostrare che la gestione privatistica dei servizi di pubblica utilità può far avanzare l’efficienza e far risparmiare risorse.

Voi è una quarta vulgata, e questa è diffusissima nella cultura politica e sindacale nazionale. L’ho tenuta per ultima perchè su questa si giocano interessi molto rilevanti ed è difficile chiedere alle Multiutility di schierarsi sulla visione critica che vi propongo. Ma ci provo lo stesso.

Si tratta dell’idea stessa di una politica industriale, oggi assai di moda in termini ambientali, ossia della capacità dello Stato o comunque di una amministrazione pubblica di “indirizzare” gli investimenti del settore privato, per ottimizzare le capacità di ricerca e innovazione del Paese.

Non nego l’utilità della tassazione, anche di quella differenziata, per scoraggiare l’uso di processi produttivi pericolosi o per far fronte ai costi in termini di benessere sociale di determinati consumi o di determinate produzioni, è una strada per ricondurre dentro al prezzo di mercato diseconomie esterne che altrimenti rimarrebbero a carico della collettività. Nego che si debbano finanziare “in positivo” specifiche tecnologie, specifiche filiere, specifici processi. Mi riferisco alla macroscopica distorsione creatasi recentemente nel mercato dell’elettricità, dove l’ignaro consumatore finanzia le aziende che investono nel fotovoltaico, pagando un prezzo dell’energia elettrica che, già più elevato della media europea per ragioni di “mix dei combustibili”, viene ulteriormente spinto verso l’alto dagli incentivi al fotovoltaico.

Eurostat offre un confronto preoccupante.

 

 

Costo del kilowattora nel 2011 (millesimi di euro)

 

 

Che cosa insegna il confronto tra Italia ed Europa? Che noi abbiamo sia per famiglie, sie per imprese un costo più elevato. Ma  penalizziamo molto più le imprese delle famiglie, e quindi penalizziamo la competitività dei nostri prodotti e creiamo, anche per questa via, disoccupati.

Quanto incide su questo differenziale di costo l’incentivo per il fotovoltaico?

Vediamo che cosa ci aspetta nei prossimi anni.

L’ultima rilevazione del GSE riporta questi valori (stime per il 2011), dove FER sta per Fonti Rinnovabili:

 Potenza Efficiente Lorda (MW)  2008 2009 2010 2011
Idraulica 17.623 17.721 17.876 17.950
Eolica 3.538 4.898 5.814 6.860
Solare 432 1.144 3.470 12.750
Geotermica 711 737 772 772
Bioenergie 1.555 2.019 2.352 3.020
Totale FER 23.859 26.519 30.284 41.352

Come si vede il solare esplode nel 2011 quasi triplicando in un anno. Aumenteranno quindi i trasferimenti a carico  dei consumatori  a favore dei proprietari degli impianti solari.

La risposta alla domanda precedente, quanto incide l’incentivo del fotovoltaico sulla tariffa, può essere data sui dati dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, ed è proposta nel seguente grafico, che abbiamo adattato da A. Lorenzoni (Gli effetti del FV sui prezzi dell’energia, Roma 15 settembre 2011).

 

La scelta di concentrare gli incentivi sul fotovoltaico è rischiosa. Il Ministro dell’Ambiente sta  operando per una correzione nella giusta direzione, ma la competitività è già stata penalizzata (la scelta del solare fotovoltaico è la più costosa) e la concentrazione sul fotovoltaico ha penalizzato, con una tipica distorsione delle scelte imprenditoriali,  lo sviluppo delle altre tecnologie, rallentando l’innovazione “di mercato”, quella più dinamica ed efficace, perchè l’unica capace di autocorreggersi.

Le Multiutility possono essere all’avanguardia della ricerca sulle fonti alternative e sull’efficienza energetica, e quest’ultima può diventare business se perseguita in modo sistematico rivolgendosi alla pubblica amministrazione. La “rendita fotovoltaica” è destinata a tramontare presto ed anche questa tecnologia, dalla riduzione della rendita, avrà una spinta alla riduzione dei costi ed all’efficienza, condizioni necessarie perchè possa competere con le altre fonti rinnovabili.

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2 Responses

  1. Gregorio

    Grazie. Informazioni interessanti … alcune domande in proposito:
    – seguendo questo ragionamento, siamo sicuri che le multiutility non siano spinte ad “incentivare” ciò che a loro garantisce maggior redditività (di solito agli antipodi del prodotto/servizio innovativo) tralasciando l’interesse per il bene pubblico ed il lungo termine?
    – come possiamo risolvere quest’ assimetria dell’informazione, ove colui che propone la consulenza non sia sempre più “avanti” rispetto a colui che l’acquista?

    Concordo sui danni fatti dall’incentivazione del solare ad ogni costo! Oltre a pesare sulla bolletta di tutti noi, ha convertito terreni agricoli produttivi in spazi “improduttivi” che rimarranno tali per decenni. I contratti conclusi sono, infatti, tutti di lunga durata 20-30 anni. Insomma, anche in questo settore la speculazione finanziaria ha trovato un veicolo per inseririsi quale abile intermediatore tra grandi proprietari terrieri (in cerca di rendite) – legislatori ignari e/o ingoranti – e la collettività che paga e pagherà il conto per gli anni a venire.
    Consolazione? Anche la Germania ha percorso lo stesso cammino, ma hanno così facendo incentivato la crescita di aziende tedesche che ora il know-how solare lo portano in tutto il mondo.

  2. mick

    Benissimo, facciano, le multiutility, tutte queste meraviglie come ditte a capitale totalmente privato e in un mercato aperto… non come adesso infarcite dal cda in giù di gente di provenienza, in senso lato, politica e in regime di semi monopolio.
    Le consulenze spero poi abbiano ad oggetto progetti che non riguardino la stessa multiutility. In caso inverso lasciamo perdere, abbiamo già un bel po di esempi da far venire i brividi.
    Condivisibile il punto sulle rinnovabili. Si è chiaramente esagerto con gli incentivi.

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