6
Ott
2009

Il picco del picco

Il contestuale crollo dei prezzi e della domanda di petrolio sembra aver messo il silenziatore alla teoria del picco. Ha ragione il mio amico-nemico Ugo Bardi quando si lamenta di questo fatto. Se infatti è vero che il greggio disponibile è limitato, se è vero che dopo aver raggiunto la metà delle riserve disponibili comincia l’abisso, e se è vero che siamo prossimi o abbiamo superato il picco, allora bisogna correre ai ripari, con o senza il momentaneo sollievo (si fa per dire) della crisi. Fortunatamente, alla base del picco ci sono molti fraintendimenti o esagerate semplificazioni, concettuali e pratici, a causa dei quali Mike Lynch è arrivato a malignare che il peak oil è “uno spreco di energia” (qui l’altra campana). Un interessante contributo, che aggiunge evidenza e chiarezza, viene dal bell’articolo di Leonardo Maugeri ospitato dalle pagine di Scientific American, “Squeezing more oil from the ground“.

Maugeri prende le mosse dall’emblematico caso del campo petrolifero del Kern River, in California, perforato per la prima volta nel 1899 e ancora oggi in produzione, con quasi 80 mila barili al giorno. I numeri di Kern River sono impresionanti:

When Kern River Oil Field was discovered in 1899, analysts thought that only 10 percent of its unusually viscous crude could be recovered. In 1942, after more than four decades of modest production, the field was estimated to still hold 54 million barrels of recoverable oil, a fraction of the 278 million barrels already recovered. “In the next 44 years, it produced not 54 [million barrels] but 736 million barrels, and it had another 970 million barrels remaining”, energy guru Morris Adelman noted in 1995. But even this estimate proved wrong. In November 2007 US oil giant Chevron, by then the field’s operator, announced that cumulative production had reached two billion barrels. Today Kern River still put out nearly 80,000 barrels per day, and the state of California estimates its remaining reserves to be about 627 million barrels.

Dietro questa imprevedibile, o quanto meno imprevista, traiettoria c’è uno sforzo tecnologico enorme, che ha del tutto cambiato l’armamentario del perforatore e gli ha consentito di sfruttare di più e meglio lo stesso giacimento. Una simile evoluzione ha interessato le attività esplorative, che oggi sono infinitamente più sofisticate che nel passato. Queste sono le cause prime non solo del sistematico fallimento delle previsioni pessimistiche, ma anche dell’aumento della produzione petrolifera giorno dopo giorno, anno dopo anno. (In realtà non è vero, in termini assoluti: ci sono stati anni in cui la produzione si è appiattita o contratta: per essere rigoroso dovrei dire che, preso un anno a caso, è assai più probabile che la produzione fosse superiore a quella dell’anno precedente). Se poi si aggiunge che gran parte del mondo è relativamente inesplorato, e se si introducono nel conteggio anche le risorse non convenzionali, possiamo dire con tranquillità che

by 2030, we will have consumed another 650 billion to 700 billion barrels of our reserves, for a total around 1,600 billion barrels used up from the 4,500-billion to 5,000 billion figure. Yet if my estimates are correct, we will have oil for the rest of 21st century.

Ne avremo anche per il ventiduesimo e il ventitreesimo, se è per questo, perché la scarsità – riflessa nei prezzi – ci porterà ad aggiustare i nostri comportamenti in un senso o nell’altro. Per comprendere questa dinamica, bisogna mettere le osservazioni di Maugeri (più ampiamente sviluppate, per esempio, qui e qui, e con lui da molti altri) a sistema con una visione ampia delle “cause ultime”. Il compianto Julian Simon ha spiegato perché, a tutti gli effetti pratici, si può sostenere che le risorse naturali sono economicamente infinite. La tesi di Simon è fondamentalmente che la scarsità, nella misura in cui è riflessa nei prezzi, spinge individui creativi alla ricerca di profitto, a trovare soluzioni. Così è sempre stato, e così sarà fino a quando la natura umana sarà quella che è.

Sebbene questo tipo di considerazioni vada al di là degli scopi di Maugeri, c’è un passaggio del suo articolo che mi pare fondamentale per capire sia gli errori di chi vede nella scarsità il destino ineluttabile del genere umano, sia le ragioni di chi invece del picco se ne fa un baffo. Scrive Maugeri che

“Easy oil” wasn’t so “easy” when it was discovered. By the same token, the difficult oil of today will be tomorrow’s easy oil, thanks to the learning curve of technology expertise.

Il richiamo, un po’ perfido un po’ polemico, è ovviamente al saggio di Colin Campbell e Jean Laherrere su “The End of Cheap Oil“, che sta al picchismo come il saggio di Charles Darwin su L’origine della specie sta all’evoluzionismo. Il punto è che tutto è facile, quando lo sai fare, ma tutto è fottutamente difficile, quando devi ancora scoprirlo. E infatti, a dispetto della loro variabilità di breve termine, i prezzi di lungo termine del greggio non si discostano molto da una cifra attorno ai 30-40 dollari di oggi. Cosa ci dice tutto questo? Semplicemente, che stiamo attraversando una fase di scarsità relativa del petrolio (pur amplificata da fenomeni speculativi). Quello che dobbiamo aspettarci, passata la crisi, è una ripresa degli investimenti e un aumento immediato dei prezzi a cui farà probabilmente seguito una loro significativa riduzione nel medio termine, che li porterà a convergere verso l’ordine di grandezza che ho appena citato. Naturalmente, prima o poi la domanda di greggio raggiungerà il duo picco, perché troveremo altri strumenti migliori. Ma fino ad allora, non dobbiamo preoccuparci. L’unico picco che vedremo, è quello sulle teorie picchiste. E neppure quello seguirà la curva di Hubbert: le paure umane, come l’inventiva degli uomini e il petrolio, sono infinite.

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11 Responses

  1. Piero

    parto con una sensazione universale.. nessun essere umano è in grado di sapere cosa succederà tra 30 anni… figuriamoci 100..

    * al Nymex esistono report che mostrano su cosa scommette il mercato oil nel breve.. i Commercial (le Industrie + sorry GS+MS) sono Short.. gli Speculatori Long..
    ma questi giochini con la strategia di lungo poco hanno a che fare..

    * le tecniche di trivellazione off shore mi sembra d’aver capito che fanno miracoli rispetto a 10 anni fa..

    * dicono che in questi anni di crisi le esplorazioni diminuiscono xrchè il prezzo basso del greggio non ripaga il pay back… dicono che il prezzo giusto x nuove scoperte sia 70$ (il doppio di quei 35$ di cui parli tu.. la metà della speculazione 2008 di GS)..
    così nel post crisi prevedo un rialzo x un pò di anni come te (andate long sull’Oil soprattutto se ritocca i 60$)

    * ed Brick con i loro miliardi di persone che aumenteranno consume al 7% annuo (stima da me inventata) chi è in grado di calcolarli nei decenni nell’equilibrio domanda/offerta ?

    * ed il reale contro-effetto del risparmio energetico dell’occidente quanto compenserà ?

    ri-concludo con la premessa: dubito che qualcuno a prevedere nei decenni ormai Globalizzati la nuova SuperComplessità..

    cia… Piero

  2. The Lallix

    Petrolio/ ad Total: senza investimenti barile oltre 100 dollari

    Roma, 21 set. (Apcom) – Senza nuovi, consistenti, investimenti nella ricerca di nuovi giacimenti, i prezzi del petrolio potrebbero tornare presto sopra i 100 dollari al barile dal momento che troppo poco è stato fatto durante la crisi economica per reperire nuove riserve. A lanciare l’allarme è l’amministratore delegato della multinazionale petrolifera francese Total, Christophe de Margerie, che in un’intervista concessa alla Bbc ha impiegato toni allarmati.

    “Se non ci muoviamo ora ci sarà un problema e tra due-tre anni sarà troppo tardi”, ha detto il top manager transalpino prevedendo che il prezzo del barile possa in un prossimo futuro tornare a scavalcare i 100 dollari dagli attuali circa 70.

    Il rischio è legato a un fattore preciso che l’amministratore delegato di Total riassume così: “Le riserve petrolifere sono lì, ma se non si investe non arrivano sul mercato. E ciò che dobbiamo decidere oggi è la produzione per il 2010-2015. In questo lasso di tempo dunque potremmo trovarci dinanzi a troppo poco petrolio per far fronte alla domanda”.

    D’altronde, ha aggiunto de Margerie, i maggiori Paesi produttori di greggio, che hanno già tagliato i loro livelli produttivi allo scopo di proteggere i prezzi in un contesto di calod ella domanda, non possono certo essere incolpati per gli scarsi investimenti. “Non si può chiedere a questi Paesi, anch’essi investiti dalla crisi, di continuare a investire per una potenziale ripresa della domanda e di fare questo a beneficio del mondo”. Il problema è politico e coinvolge i leader mondiali. “Penso – ha concluso de Margerie – che il nostro ruolo sia quello di forzare i governanti dei nostri Paesi a pensare a questa nostra preoccupazione”.

    Questo non lo dice un geologo, lo dice un AD uno che guarda al cash per il cash.

    Production from the world’s second-largest oil field may decline without the help of international oil companies. Kuwait, which produces 2.2 million bbl/day, has failed to renew agreements with several international oil companies including BP and Chevron. The Burgan, second in size only to Ghawar in Saudi Arabia, has an estimated capacity of 1.4-1.5 million bbl/day. It possibly could have been maintained for more than 10 years. Without expertise the production will decline in five years.

    Chi parla è proprio Lynch….Quanti barili ci vorranno per estrarre un barile di petrolio? Ne vogliamo parlare del Return Of Investiment? Vogliamo iniettare panna liquida per mantenere la produttività di giacimenti che non pomperanno mi più come un tempo?
    A per onore della cronaca vorrei anche ricordare che Lynch mette nello steso paniere TUTTI i liquidi, sabbie, rocce insomma tutto quello da cui si puo’ spremere greggio.
    Se e quando l’economia si rimetterà in moto il prezzo tornerà a schizzare in alto assieme alla domanda accelerando i consumi delle risorse, rendendo nuovamente produttivi estrazioni e raffinazioni tra i 30 e i 45 dollari (sempre che si usi ancora il dollaro).

    Dubito anche che non abbiano già cercato in ogni anfratto del globo, queste sanguisughe cercano il sangue nero ogni giorno e non ci riescono.
    Insomma la coperta è corta e chi non prendere in considerazione quest’idea mostra una certa leggerezza e la speranza che la tecnologia risolva il problema di una risorsa limitata è a dir poco vana visto che se così fosse ad un aumento di tecnologia di ricerca dei pozzi sarebbe dovuto corrispondere un aumento delle scoperte dei campi petroliferi, invece nonostaste l’enorme sviluppo tecnologico è dagli anni sessanta che le scoperte di nuovi giacimenti è in perenne ed innegabile discesa. E visto che la Wiki la usiamo tutti usiamola in modo completo http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_oil_fields
    Il fatto è che a questa notizia non si da risalto mentre si vaneggiano e si pubblicizzano con la grancassa le rare nuove scoperte che non sono ancora entrate in linea che non si sa quanto costino da estrarre come i famigerati pozzi brasiliani stimati in 25/40 miliardi di barili posta l’estrazione al 100% il che non è mai così …. a 10000 metri sottolineo 10000 metri di profondità? Trivellazioni previste 2012 forse, Kazakistan 30 miliardi di barili…trivellazioni rimandate al 2013. Dividete queste enormi cifre per una media di 80 milioni di barili al giorno e scoprirete che durano veramente poco. E così si scopre che dei giacimenti rilevanti scoperti negli ultimi 30 anni ne sono entrati in produzione solo 2 tanto che il 70% del petrolio prodotto proviene da giacimenti scoperti prima del 1970. Ua bella lettura http://www.simmonsco-intl.com/files/giantoilfields.pdf
    Questo mi fa supporre che anche la produttività dei singoli pozzi continuerà a decrescere nonostante il continuo apporto tecnologico

    Faccio comunque i complimenti per il blog che mi da l’opportunità di leggere informazioni non filtrate.

    The Lallix

  3. Riccardo

    Di Maugeri ho letto il bello ed istruttivo libro “Petrolio”. Sono daccordo con chi sostiene che intorno alla curva di Hubbert sia stata fatta tanta speculazione pecoreccia e tanto allarmismo. Va però anche contestualizzata: la notorietà del concetto è arrivata negli anni ’70 con lo shock petrolifero.
    Il valore del concetto di picco è principalmente epistemologico. L’idea che le risorse a disposizione dell’uomo siano prive di un qualsiasi limite è semplicemente sbagliata, ma fino agli anni ’60 era semplicemente ridicolo anche solo pensare il contrario. Oggi non lo è più.
    Forse il petrolio continuerà ad essere disponibile per i prossimi 1000 anni e concordo con Carlo che il mercato farà la sua preziosa parte, permettendo di “apprezzarne” la maggiore o minore scarsità, quello che è importante, a mio modesto parere, è che sia passato il concetto di scarsità delle risorse.

    Mi permetto, a questo proposito di segnalare “The Entropy Law and the Economic Process (1971)” l’opera prima di Nicholas Georgescu-Roegen, matematico ed economista rumeno che per primo ha affermato che il terzo principio della termodinamica dovrebbe essere un concetto chiaro non solo agli scienziati, ma anche agli economisti (ed ai think-thanker di varia natura)
    Ciao,
    e rinnovo i complimenti per la freschezza di questo blog 😉

  4. Leonardo

    La conclusione raggiunta è tutt’altro che ovvia. Un prezzo intorno ai 30-40$ riattiverebbe il paradosso di Jevons, ci sarebbe un nuovo boom economico, nuovi SUV, nuova crescita dei consumi, fino a saturare la nuova capacità produttiva raggiunta. Nuova dinamica dei prezzi in salita, fino ad un nuovo punto di rottura che causerà una nuova recessione. Altro discorso, relativo ai produttori: di fronte ad un prezzo troppo basso alcuni che si trovano in situazioni finanziarie migliori (OPEC?) potrebbero decidere di ridurre la produzione preservando le proprie risorse per tempi di mercato migliori, mentre altre economie più deboli (Russia?) sarebbero costrette ad un aumento di produzione per colmare il gap di entra ed evitare l’avvitarsi in una profonda recessione, con l’assurdo però di aumentare il tasso di depletion delle loro riserve.
    Sfortunatamente, nel caso di petrolio e gas, il problema principale risiede nell’enorme gap temporale tra segnale di abbondanza/scarsità sui mercati, reperimento dei finanziamenti necessari a mettere in linea nuova produzione, e quando effettivamente questa nuova produzione raggiunge il mercato (si parla di anni). Perciò, l’unica cosa abbastanza certa sembra essere una certa volatilità dei prezzi, soprattutto dei futures, magari un po’ meno sul prezzo spot. Alla fine la colpa sarà data agli speculatori, mentre il problema maggiore risiede nell’inerzia della risposta del sistema produttivo. Alla fine, in un modo o nell’altro, questo è l’effetto del picco. In fondo è solo un cambiamento di segno di una derivata… cosa volete che sia!

  5. Fabio

    Ringrazio tutti per le notizie davvero interessanti contenute in questo post. Da non esperto, faccio fatica a comprendere la logica di chi dibatte di picchi e non picchi di produzione. Infatti se non sappiamo quanto petrolio abbiamo sotto i piedi, né possiamo prevedere di quali tecnologie disporremo in futuro per scovarlo ed estrarlo, ogni ragionamento in materia rischia di assomigliare a quello del manzoniano don Ferrante che, dato che non si conoscevano né microbi né batteri, aveva ragione di negare sillogisticamente la peste, e merito grande di morirne per non venir meno alle regole del ragionamento, incolpandone le stelle. Ciononostante, ritengo che vi sia un’ottima ragione per fare tutto il possibile per cercare di svincolarci dagli idrocarburi, senza ovviamente tirare in ballo le solite fissazioni ambientaliste. E’ stato giustamente osservato che la seconda guerra mondiale fu una guerra tra chi disponeva del petrolio e chi no. E fu fortunatamente vinta dai primi. In effetti allora gli alleati disponevano sul loro territorio nazionale (USA) o in territori da loro militarmente controllati (UK) di tutte le riserve energetiche di cui avevano bisogno. Oggi le riserve energetiche di cui necessita l’occidente si trovano principalmente in territori fuori controllo e, in molti casi, addirittura potenzialmente ostili. Lo stesso accade con riguardo alle vie di transito. E ciò costituisce un gravissimo fattore di debolezza strategica, per superare la quale sarebbe necessario investire ogni possibile risorsa

  6. Stagnaro,
    mi consenta di dire “post bello…ma incompleto o leggermente elusivo”.

    1) Il peak-oil non significa la fine del petrolio (sono d’accordo con lei che probabilmente ce n’è abbastanza fino al ventrieesimo/ventiquattresimo secolo…). Il peak-oil definisce il momento in cui non è più conveniente estrarlo e/o l’economia non è più in grado di sostenerne l’estrazione (ovvero, se rigirassimo i costi al consumatore lo “uccideremmo”).

    2) Hubbert ha avuto ragione. Mi corregga se sbaglio ma gli Stati Uniti non sono più esportatori di greggio per lo meno dal 1970. Fortuna che c’era tanto petrolio altrove.
    Aggiungo comunque che non temo smentite se affermo che di Ghawar (scoperto negli anni ’50) non ne esistono più. Forse ce n’è un altro 5000 metri sotto il letto basaltico dell’oceano….chissà…

    3) Ogni giorno, il picco è confermato da altrettanti esempi negativi che controbilanciano ampiamente il Kern River Oil Field. Un esempio tra tutti: Cantarell (ancora più importante se si pensa all’importanza che ha per la stabilità delle casse messicane e delle importazioni statunitensi).

    4) Benchè mi sia sembrato sottointeso, è bene sottolineare che attualmente si parla più esattamente di “picco del greggio” più che “picco del petrolio”. Infatti, se si guardano i dati degli “all liquids” altre componenti come il gas naturale sono in crescita, forse sovrabbondanti (le esplorazioni nell’artico sembrano aggiungere altre enormi riserve in questo senso). Personalmente, più che un tema di crisi energetica ne farei un tema di crisi petrolchimica (solo dal greggio è possibile ricavare le sostanze alla base del nostro tenore di vita…si pensi ai fertilizzanti…).

    5) E’ passato inosservato (in maniera colpevole…a proposito della inadeguatezza delle fonti di informazione). Tuttavia, in ottobre 2008 il mid-long term report della IEA ha segnato un punto di svolta. Di fatto ha confermato il “picco del greggio” (alta probabilità di averlo raggiunto).

    6) Come ho già scritto al Dott. Giannino, mentre noi parliamo “filosoficamente” di “picco del greggio”, alcune majors (tra cui la EXXONMOBIL e la TOTAL citata prima – su di lei si potrebbe dire di più guardando agli apparentemente strani investimenti in canada) già adesso (intendo ORA) lo hanno inserito nei loro modelli di marketing strategico (per i profani, di solito sono piani con orizzonti di 5-6 anni).

    7) Sono perfettamente d’accordo con lei che spesso si sottovaluta la forza “propulsiva” della creatività e dell’avanzamento tecnologico. Tuttavia, molti fautori del petrolio tout court (per la precisione, io stesso prendo lo stipendio grazie al petrolio), credo che stiano eccessivamente sottovalutando le alternative (energetiche soprattutto).

    Grazie comunque per questi post in un panorama desolante dell’informazione italiana.
    azimut72

  7. manT

    @azimut72: Molto interessante.
    Cosa ne pensa lei, che è del settore, della CNOOC(China National Offshore) in Nigeria?
    L’affare pare stratosferico…

  8. The Lallix

    E bravo azimut72, quoto quello che dici e ci aggiungo questo:

    Quei bravi ragazzi di Seeking Alpha riepilogano per noi la situazione (tragica davvero) del giacimento gigante di Cantarell nel Messico, il terzo del mondo. Hanno messo a disposizione pubblica un foglio excel in cui seguono l’andamento della produzione. Lo trovate qui: e la scioccante sensazione è che abbiano sbagliato qualcosa, perché contraddice tutte le più ottimistiche previsioni sul declino di un giacimento. E’ un range di nemmeno due anni, e se continua così tra un anno è chiuso, finito, kaputt.

    Cogliamo l’occasione per ricordare che il Messico è il terzo fornitore di petrolio degli Stati Uniti, che importano oggi circa un milione di barili al giorno dal vicino di casa (quasi 300 mila barili in meno rispetto a un anno fa). Non passerà molto tempo che il Messico dovrà decidere se smettere di esportare o lasciare a secco i propri cittadini. Ne abbiamo parlato moltissimo, qui i vecchi post. Il primo dei quali risale nientemeno che al Dicembre 2005, e si intitolava “Buena noches, Cantarell!”.

    The Lallix

    fonte: http://petrolio.blogosfere.it/2009/10/cantarell-nero-su-bianco.html

  9. tap

    Quindi, grazie a mirabolanti nuove tecnologie andremo ad invertire la tendenza disastrosamente negativa nella scoperta di nuovi giacimenti, ed altre mirabolanti tecnologie ci porteranno ad abbattere i costi industriali (in un contesto universale di costi crescenti causati dalla “fase di scarsità relativa di greggio”) di estrazione dai giacimenti già esistenti. Parliamo, per esempio, del maxi-giacimento messicano. Prevede dunque che sia recuperabile? Se vuole dare un’occhiata ai numeri (e lasciare un attimo da parte le funzioni di domanda e offerta), si convincerà anche lei che soffre di “depletion”, una malattia sconosciuta a chi si occupa di business (e non di economia). Dubito che qualche ingegnere possa trovare un modo per rendere il petrolio messicano “difficult today, easy tomorrow”. Questione di aspettative e di ottimismo? Non così tanto: esiste un concetto nella teoria della probabilità, quello di “probabilità oggettiva”, che si fonda sulla statistica, ovvero sulle osservazioni passate di fenomeni analoghi. Oggi la statistica butta tutta a favore della teoria del picco, ci dice che *molto probabilmente* vedremo noi stessi, non i nostri figli, l’inesorabile ed inaudito declino della produzione e del consumo di petrolio nel mondo.
    Può essere che ciò avverrà senza che la maggior parte di noi ne sia informata, senza che abbia consapevolezza della natura del cambiamento, e che la teoria del picco sperimenti il suo picco di interesse contemporaneo a quello del petrolio. Qualcuno ha detto che vivremo il “peak-everything”. Anche i blog probabilmente “piccheranno”.
    Che adegueremo il nostro comportamento ai nuovi prezzi relativi è fuori discussione, su questo è impossibile essere in disaccordo. Ma quando i prezzi tagliano la domanda di un bene estremamente difficile da sostituire, saprà anche che ciò può significare la morte per stenti di un certo numero di persone. Ancor oggi in molti paesi puoi modellizzare la pancia gonfia dei bambini africani come “un consumatore che esce dal mercato del pane”. Lo ammetterà senz’altro in linea teorica. Ma lei afferma che questo non accadrà (tralascio la ridicola affermazione finale che il petrolio è infinito), perchè il petrolio è sostituibile. Salvare il concetto di sostituibilità a tutti i costi! Non so quanti tecnici oggi siano d’accordo con lei. Un tempo l’ottimismo era maggiore, oggi è diverso. Anche l’ottimismo ha piccato. PEAK-EVERYTHING.

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