3
Feb
2012

Hazlitt. Capitolo 21 – La funzione del profitto

L’avversione ideologica al profitto è in contrasto con la sua utilità reale per l’economia.
Una funzione fondamentale del profitto è quella di orientare e incanalare i fattori produttivi, in modo che la produzione dei vari beni sia conforme alla domanda. Per quanto preparato, nessun funzionario pubblico può risolvere in maniera discrezionale questo problema, mentre soltanto i prezzi liberi e i liberi guadagni consentono alla produzione di raggiungere il suo massimo livello, ponendo rimedio più rapidamente di ogni altro sistema alla scarsità.
Un controllo arbitrario dei prezzi e un’arbitraria limitazione del profitto, invece, possono solo prolungare la carenza e ridurre tanto la produzione quanto l’occupazione.
Il profitto è essenziale per promuovere la crescita economica e il progresso tecnologico, poiché chi è a capo di industrie attive in mercati concorrenziali continua a progredire e a migliorare l’efficienza, indipendentemente dal livello di successo già raggiunto. Nelle annate prospere, infatti, questo avviene per aumentare i suoi guadagni; in tempi normali per resistere ai concorrenti; nelle annate cattive per poter sopravvivere.

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14 Responses

  1. fabio zanasi

    questo blog è proprio degno del suo nome!i chicago boys sarebbero fieri della vostra propensione alla difesa del liberismo piu becero…

  2. ALESSIO DI MICHELE

    Egr. sig. Zanasi,

    non è scritto nelle tavole della legge che lei debba scrivere senza argomentare su di uno spazio che non condivide, e su argomenti che mostra di aver rimasticato occasionalmente. Risparmi il suo tempo per cose più produttive che non confutare ovvietà, per lei in primis, ma anche per chi vuole coltivare il sogno di un’ economia diversa.

  3. lionello ruggieri

    Il sig.Zanassi ha pienamente ragione. A prescindere dall’essere liberista o meno. Nell’articolo non si porta alcun dato o statistica che stia a dimostrare l’assunto di partenza. Tra l’altro se il libero mercato fosse relamente così efficiente, non esisterebbero le periodiche e cicliche crisi del mercato con le loro devastanti distruzioni di ricchezza vera o apparente, con gli spaventosi prezzi sociali che richiedono questi terremti periodici. Detto questo faccio rlevare che: a) le economie sedicenti comuniste, ma in realtà solo pianificate in base a capitalismo di stato, in 70 anni di vita hanno trasformato e sviluppato le conomie da terzo mondo dell’Urss (costi sociali spaventosi a parte) senza mai conoscere una crisi di tipo ciciico; b) i mezzi di gestione elettronica di oggi possono fare molto meglio in fatto di direzione e analisi della gestione collettiva. Da tenere presente che alcuni giganti privati del mondo attuale hanno fatturati ed utili di molto superiori a quelli di molti stati e quindi come si controllano e gestiscono quelli lo si può fare con questi; c) dire che nelle annate prospere cmq si continuerebbe sempre a “pompare” per aumentare gli utili equivale a dire che si vorrebbe l’economia in mano a pazzi assetati di ricchezza e dalla avidità illimitata. Specifico che non sono per un’economia pianificata, ma che amo vedere argomentate le affermazioni. Almeno un minimo. Concordo con Fabio Zanassi anche circa il fatto che il blog è degno del suo nome: i Chicago Boys hanno seminato miseria e morte quasi ovunque hanno avuto modo di operare: gli Usa di Reagan la Gb della Thatcher, la Russia di Eltsin, la Polonia di Walesa, il Sudafrica di Mandela, il Cile di Pinochet ecc, loro e tutti i friedmaniaci ( la maggior parte dei quali non ha mai letto una riga di Friedman) non si sono accorti che Friedman ha solo ripubblicato a suo nome i testi di economia dei primi dello Ottocento. Peggiorandoli. INFINE DIMENTICAT ECHE LA CRISI CHE STIAMO VIVENDO DERIVA PROPRIO DAL LIBERISMO SCATENATO DELLA FINANZA MONDIALE. E che nel 208 tutti voi liberisti stavate in fila davanti ai poteri statali a chiedere aiuti e interventi che inmpedissero al mercato di regolarsi da solo.

  4. Salvatore Rizza

    Sig. Ruggeri buongiorno
    Sono contento che lei non è per una economia pianificata, ma non dica fregnacce, la Russia al tempo dei Zar non era una economia da Terzo Mondo oops (scusa), ma esattamente uguale all’Auropa occidentale e alle Americhe.
    Un paese povero o una famiglia povera non ha mai avuto crisi e mai ne avrà.
    Il Liberalismo becero come Voi definite il Capitalismo è vero che ha alti e bassi, ma è evidente a tutti che è il meglio che l’uomo sia riuscito ad elaborare, inoltre è evidente che chi è nato povero può diventare ricco e viceversa, proprio in virtù dei continui assestamenti che il Capitalismo garantisce.
    A me non risulta che i grandi nomi che hai elencato hanno portato miseria nei loro paesi, e non è credibile quando si dice che l’anno portata in altri paesi, e non mi risulta che dove hanno operato gli Occidentali i paesi sono diventati più poveri mentre dove hanno operato i Russi-Cinesi-Cubani ecc. vivono meglio di come li hanno trovato.
    Questo Liberismo scatenato quante case ha fatto comprare a persona che non potevono comprarla forse non vi risulta che tutti hanno comprato e tuuti hanno lavorato per questo. Si è esagerato ma non vediamo il bicchiere sempre mezzo vuoto

  5. Vittorio Nappi

    @lionello ruggieri
    Gentile Ruggioeri,
    non la prenda come fatto personale, ma lei continua a commentare basandosi solo su di un estratto e fa esattamente ciò che critica. Accenno brevi risposte ai suoi commenti. a) al di là della reale quantificazione dello “sviluppo”, non si può assolutamente prescindere dagli spaventosi costi sociali (Cina docet); b) i mezzi di gestione elettronica sarebbero comunque programmati da uomini e quindi farebbero solo molto più velocemente i conti di “riprogrammazione”, che comunque dovrebbe essere applicata da uomini. I giganti come Coca Cola, Microsoft dimostrano come qualità, rispetto, ricerca, sviluppo, formazione funzionanino senza necessità di dirigismo; Enron, per la quale ho lavorato, dimostra esattamente la medesima cosa, solo che mancava effettività del prodotto e qualità del management (le smentite dai fatti sono quelle che mi piacciono di più); c) qui si tratta poco di economia e molto di antropologia e sociologia. In ogni caso la sua osservazione sulla crisi mondiale, dimostra esattamente ciò che lei confuta e cioè che l’avidità è uno dei motori del mondo economico (purtroppo di tutto il mnondo ecnomico, dirigista, capitalista, liberista, capitalistico con forte presenza statale). Mescolare poi Walesa (che faceva l’operaio e magari non era un gigante del pensiero economico e politico), Eltsin che non aveva compresa la necessità di una transizione, Reagan (che usciva da una peggiori crisi degli USA a conduzione democratica e quindi necessariamente doveva forzare), Il Sudafrica di Mandela (che prevedeva una odiosa oligarchia e che anzi è più avvicinabile ad un socialismo di mercato che al liberismo) la Sig.ra Thatcher (la sola gigante politica nel novero, con anche robustissime basi economiche), mi sembra davvero un azzardo. Non commento Pinochet, in quanto la odiosa oligarchia che valeva per il Sudafrica aveva l’aggravante di essere mantenuta a suon di omicidi ed assassinii. Peraltro, aggiungo, Argentina e Islanda sono uscite dal default con una robusta cura “liberista”.
    Infine non amo molto questa dicotomia tra liberisti e keynesiani, per un motivo che li racchiude tutti: il pensiero economico è ricco e variagato e nell’ambito di ogni scuola, magari prevalenza di pensiero, ci sono davvero notevolissime sfumature e contributi per cui sarebbe bene analizzare con professionalità e puro studio i contributi di entrambi e trarne le dovute conclusioni (magari criticando, senza insolentire)

  6. fabio zanasi

    Io,come detto giustamente da altri lettori,sono ignorante in materia difatto sono un ragazzo di 23 anni e faccio il pizzaiolo all estero.Da anni cerco di uscire dalla mia ignoranza e da quella indotta dal pensiero corrente che è spudoratamente liberista leggendo piu libri,trattati,blog ecc possibili tenendo sempre conto della mia ignoranza di partenza.
    Questo però non mi esclude a priori dal poter commentare blog come questo che si possono essere contornati di utili tecnicismi ma che a me appaiono,scusatemene,semplice propaganad liberista.Ora:il lebrsimo non è un male di per sè come di per sè non sono un male le privatizzazioni rispetto al pubblico ecc.Parto da una semplice analisi storica degli ultimi 50 anni e a me,e me ne scuso se volete,pare che questo liberismo sia una corrente di pensiero,anche molto valida,spesso applicata per favorire i gorssi interessi.Come diceva appunto il sig ruggieri nel 2008 i vari liberisti hanno poi optato,al posto che fallire come dovrebbe essere in un libero mercato(che di fatto non esiste,fra lobby cartelli ecc, ed e assolutamente diverso da quello decantato dal caro vecchio Smith), per una soluzione keynesiana se non sbaglio ovvero “piangere” per socializzare un debito privato.Ditemi voi se il liberismo equivale a fare i bulicci col culo degli altri,come si dice a genova,allora mi propongo come ministro del tesoro.Io sono favorevole ad un confronto ma perfavore siate obbiettivi e scendete da un piedistallo fatto di menzogne e manipolazione dell ignoranza altrui.
    Kind regards
    fabio

  7. Umberto Borrelli

    In linea di principio sono d’accordo ma lei scrive “Una funzione fondamentale del profitto è quella di orientare e incanalare i fattori produttivi, in modo che la produzione dei vari beni sia conforme alla domanda”. In un mondo perfetto un’area geografica attirerebbe investimenti qualora esistesse una domanda potenziale elevata e i fattori produttivi in loco appetibili. Al contrario l’area geografica che cedrebbe ridurre gli investimenti si attiverebbe per rendersi più attrattiva con azioni di politica economica mirate ad aumentare la domanda e a rendere più appetibili i fattori produttivi in loco. Il ragionamento però non tiene conto della variabile politica più becera: pur di accaparrarmi voti aumento il prelievo fiscale per impadronirmi di risorse da impegnare in investimenti catastrofici. L’intervento pubblico, a mio avviso, è utile solo in quei casi dai quali l’intervento privato sta lontano in quanto gli interessi da salvaguardare non sono di natura economica, ma il salvataggio della poltrona non rienta negli interessi pubblici da tutelare. E allora perchè non classificare gli interventi pubblici in interventi di natura economica e interventi di altra utilità? Per i primi non sarebbe lecito attendersi un rendimento almeno pari a quello dei titoli di stato a lungo termine, senno kaput?

  8. Ricardo

    @lionello ruggieri

    “””””””””””le economie sedicenti comuniste, ma in realtà solo pianificate in base a capitalismo di stato, in 70 anni di vita hanno trasformato e sviluppato le economie da terzo mondo dell’Urss (costi sociali spaventosi a parte) senza mai conoscere una crisi di tipo ciciico”””””””””””””

    A parte che, come giustamente ricordato da altri blogger, la Russia degli Tsar non era affatto “terzo mondo” e che non ha senso prescindere dai costi sociali, ci sarebbe anche da ricordare che il sistema sovietico è collassato su se stesso.

    “”””””””””””i mezzi di gestione elettronica di oggi possono fare molto meglio in fatto di direzione e analisi della gestione collettiva. Da tenere presente che alcuni giganti privati del mondo attuale hanno fatturati ed utili di molto superiori a quelli di molti stati e quindi come si controllano e gestiscono quelli lo si può fare con questi””””””””””””””

    Ma anche il sistema economico di un Paese ha oggi un grado di complessità molto superiore a quello di anche solo pochi decenni fa – la pianificazione centralizzata è ancora più assurda oggi di quanto non lo fosse allora. Il Paragone con i giganti privati poi è inconsistente – un paese non è un’azienda.

    “””””””””””””i Chicago Boys hanno seminato miseria e morte quasi ovunque hanno avuto modo di operare””””””””””””””

    Sottoscrivo la risposta data da Vittorio Nappi – ha fatto un minestrone di persone e situazioni che molto poco hanno in comune.
    Giusto un paio di considerazioni aggiuntive: il problema della Russia è stato proprio quello di non riuscire ad effettuare la transizione rapida verso un’economia di mercato, come invece hanno fatto i paesi dell’Est Europa (inclusa la Polonia) che in poco più di 20 anni sono passati dalla miseria totale ad un livello di sviluppo se non pari paragonabile a quello dell’Europa Occidentale.
    Un dettaglio anche riguardo al Chile: Pinochet ha disseminato morte con la sua repressione militare sanguinaria e non esiste nulla al mondo che possa diminuire la grandezza dei crimini da lui commessi. Detto questo, c’è anche da osservare che, al contrario, la politica economica suggerita dai Chicago Boys ha funzionato benissimo, bloccando l’iperinflazione e creando dei tassi di crescita unici nella regione, di fatto portando il paese dalla miseria (che Pinochet stesso aveva in parte creato in soli 2 anni di economia centralizzata in puro stile militare) ad essere uno dei paesi più ricchi del Sud America.

    “””””””””INFINE DIMENTICAT ECHE LA CRISI CHE STIAMO VIVENDO DERIVA PROPRIO DAL LIBERISMO SCATENATO DELLA FINANZA MONDIALE. E che nel 208 tutti voi liberisti stavate in fila davanti ai poteri statali a chiedere aiuti e interventi che inmpedissero al mercato di regolarsi da solo”””””””””””””

    In realtà, la crisi che stiamo vivendo oggi è una crisi del debito, è tutta europea, e ha radici in decenni di spesa pubblica incontrollata e, soprattutto in Italia, di economia sovraregolamentata – la crisi finanziaria americana ha fatto da detonatore, ma i problemi in Europa erano strutturali.

    Riguardo alla crisi finanziaria: è assolutamente vero che una delle cause a monte (non l’unica, ma certamente una importante) è stato un eccesso di fiducia nella capacità del mercato finanziario di auto-correggersi (NB: parliamo di mercato finanziario, NON di mercati di beni e servizi).

    Va tuttavia notato che a sostenere tale capacità erano i POLITICI ultra-conservatori repubblicani americani, mentre difficilmente troverà un economista che sostenga tale tesi.
    Il mercato finanziario soffre di quello che gli economisti chiamano “fallimenti di mercato”, nella forma (per lo più) di “asimmetrie informative” – anche gli economisti più liberisti riconoscono che delle forme di regolamentazione sono necessarie. Purtroppo i politici hanno invece la tendenza a sposare una bandiera e sostenerla ciecamente, spesso senza comprendere le basi che ci sono dietro e spesso andando molto oltre quello che la teoria economica che c’è dietro suggerirebbe.

    Il fatto che a valle della crisi si sia reso necessario un intervento pubblico a salvataggio delle banche “troppo grandi per fallire” è ben lontano da ogni idea liberista, che invece imporrebbe il fallimento per chi ha evidentemente assunto rischi eccessivi – in essenza, se qualcosa è troppo grande per fallire, allora è troppo grande per esistere e dovrebbe essere regolamentato.

  9. Marco Marchionni

    @fabio zanasi: nel lodare a piene mani la sua sete di cultura (non scherzo) anche in relazione alla sua giovane età, mi creda se le dico, per esperienza personale, che se lei passasse dal forno della pizzeria in cui lavora da dipendente alla cassa di una nuova di sua proprietà che le auguro potersi aprire quanto prima, capirebbe immediatamente tutti noi e farebbe subito parte della famiglia. Io ci ho messo 25 anni da dipendente. Me ne sono bastati due da titolare per capire che lo stato deve avere un limite che, in Italia, è stato sfondado decine di anni fa.
    Chi non la pensa come noi è solo perchè non sa cosa voglia dire partire ogni mattina da zero senza sapere se, alla sera, ci sarà di che mangiare pagate tutte le spese dell’impresa che, malauguratamente, ci è venuto in mente di creare.
    Consiglio, a conferma, la lettura delle recenti interviste a Luca Casarin, il no-global che dieci anni fa comandava l’assalto alla zona rossa del G8 di Genova contro il capitalismo ma che ora, titolare per caso della vita di una partita IVA di una piccola impresa commerciale, potrebbe quasi scrivere qui al posto di Oscar Giannino 🙂
    Vale più di mille parole.

  10. fabio zanasi

    @marco:ho una famiglia ricca.se volessi potrei aprirmi un attività ma non ho interesse nel accumulare denaro.ho la fortuna di poter fare scelte “impopolari” e sia certo che non cambierò idea solo in nome di qualche zero in piu nel conto bancario.L’italia sicuramente ha una delle pressioni fiscali piu elevate a fronte anche di un evasione costante e di erogazione di moooooooolti servizi pubblici.Rimango dell’idea che il liberismo è solo una maschera per far arricchire le grandi lobby e la storia ci insegna che è stato cosi.Non mi trovo d’accordo con ruggieri a sostenere politiche centralizzate e programmate stile dictature russa cubana ecc però porrei l’accento sulla cina che,pregiudizi e preconcetti a parte,è riuscita comunque ad aprirsi pian piano al “nostro” mondo pur rimanendo un paese monopartito applicando riforme poco alla volta e tutto sommato,nonostante i molti problemi che ha(sono 1 miliardo e 300milioni),è riuscita a intraprendere un percorso di trasformazione innegabilmente forte e anche positivo.(leggere ad es maonomics di loretta napoleoni)non mi trovo neanche d accordo pero con chi sostiene che il liberismo sia l unica filosofia che ci abbia portato ad un benessere.L’italia degli anni 50-60 di certo non era certo liberista eppure tanti hanno sistemato generazioni a venire cn semplici lavori da operaio.Continuo a pensare che fra uno stato impresente a fronte di una presenza del libero(???AHAHAHA)mercato su tutti i settori,come vorrebbero il liberismo,ad uno stato onnipresente preferisco la seconda perche almeno non deve rispettare logiche di profitto e speculazioni come invece fa il mercato(anche giustamente).Per chi ancora sotiene che la crisi attuale sia un problema di debito mi faccia il favore di analizzare la situazione americana e chiedersi come mai loro non abbiano lo stesso nostro problema a fronte di un deb pubblico spropositatamente enorme…è solo questione di sovranita monetaria e di speculazioni becere.saluti

  11. Marco O.

    “Rimango dell’idea che il liberismo è solo una maschera per far arricchire le grandi lobby e la storia ci insegna che è stato cosi”

    La storia semmai ci insegna che il socialismo fa impoverire tutti, non solo le grandi lobby.

    “L’italia degli anni 50-60 di certo non era certo liberista”

    Sicuramente mooolto più liberista dell’Italia di oggi. La pressione fiscale e il peso dello stato erano molto minori di quelli odierni. Altrimenti il miracolo economico l’avremmo visto col binocolo.

    “uno stato onnipresente preferisco la seconda perche almeno non deve rispettare logiche di profitto e speculazioni come invece fa il mercato”

    Vero. Infatti le uniche logiche che rispetta lo stato sono la spartizione del potere e il drenaggio forzato della ricchezza prodotta dagli individui (l’uno funzionale all’altro).

  12. f z

    @Marco O.
    chiedo scusa e inutile continuare ad argomentare a sta maniera,da parte mia intendo,senza esporre un minimo di concetto con qualche dato cenno ecc mi riproporro se mai di riscrivere,se ne saro in grado,qualcosa di piu preciso al quale magari riusciremo a rsiponderci ad un altro livello senza fare la lotta del nero e il bianco.
    buon liberismo@

  13. Ricardo

    @fabio zanasi

    “”””””””””””””””Rimango dell’idea che il liberismo è solo una maschera per far arricchire le grandi lobby e la storia ci insegna che è stato cosi””””””””””””””””””””

    Veramente no. Anzi, tipicamente le grandi lobby sono quelle più avverse al libero mercato: hanno la tendenza a utilizzare il loro potere lobbistico per imporre barriere all’entrata e preservare le loro rendite di posizione.

    “””””””””””””””””””””””sulla cina che,pregiudizi e preconcetti a parte,è riuscita comunque ad aprirsi pian piano al “nostro” mondo pur rimanendo un paese monopartito applicando riforme poco alla volta e tutto sommato,nonostante i molti problemi che ha(sono 1 miliardo e 300milioni),è riuscita a intraprendere un percorso di trasformazione innegabilmente forte e anche positivo””””””””””””””””””””

    Ferme restando che, purtroppo, la Cina è ancora un paese non democratico e con scarso rispetto dei diritti umani, quello che dici è verissimo.

    Temo però che ti sfugga un elemento: il percorso della Cina è quello di una paese che ha abbandonato l’economia pianificata e ha adottato un sistema capitalista. Certo, è essenzialmente ancora un capitalismo “di Stato” e non un capitalismo pienamente liberale, ma è un sistema estremamente aperto al mercato globale.

    “””””””””””””””””L’italia degli anni 50-60 di certo non era certo liberista eppure tanti hanno sistemato generazioni a venire cn semplici lavori da operai”””””””””””””””””””””

    Vero. Purtroppo il “miracolo italiano” degli anni 50 e 60 non è replicabile oggi: la crescita dell’epoca era quella di una transizione verso un’economia industrializzata – essenzialmente l’Italia è cresciuta per accumulazione di capitale, incremento della qualità della forza lavoro (alla fine della guerra la maggioranza del Paese era analfabeta), e “catch-up” tecnologico (ovvero importazione di tecnologia dagli US).

    Semplificando al massimo, il meccanismo di fondo era analogo a quello dell’Inghilterra della rivoluzione industriale (escluso il catch-up tecnologico) e della Cina di oggi.

    Il gioco oggi in Italia non funzione più: il paese è già industrializzato, la semplice accumulazione di capitale (vedi il principio dei “ritorni decrescenti sul capitale”) non basta; siamo allo stesso livello tecnologico del resto del mondo occidentale, non si sono più tecnologie da importare, ora dobbiamo essere noi a creare innovazione.

    In aggiunta alle questioni strutturali di cui sopra, oggi c’è anche il fattore globalizzazione che non può essere ignorato – il mondo è profondamente diverso da quello degli anni 50 e 60, che era caratterizzato invece dagli equilibri della guerra fredda, e soprattutto continua a cambiare molto velocemente.

    Oggi è necessario essere competitivi sul mercato globale, e non possiamo esserlo sull’industria di basso livello stile anni 50 e 60, dove oggi regna la Cina, il sud est asiatico e un po’ l’Europa dell’est – l’Italia deve fare una nuova transizione da economia industriale a economia della conoscenza, puntando su ricerca e innovazione; e non c’è nulla di più disfunzionale a tale obiettivo che un sistema economico pianificato e sovraregolamentato.

    “””””””””””””””””Per chi ancora sostiene che la crisi attuale sia un problema di debito mi faccia il favore di analizzare la situazione americana e chiedersi come mai loro non abbiano lo stesso nostro problema a fronte di un deb pubblico spropositatamente enorme…è solo questione di sovranita monetaria e di speculazioni becere””””””””””””””””

    La questione è un po’ più complicata, in ordine sparso:
    • gli US hanno oggi un debito enorme ma ancora di molto inferiore al nostro (in proporzione al PIL);
    • una fetta consistente del loro debito pubblico è stata generata in emergenza negli ultimi anni per finanziare i piani anti crisi e la ricapitalizzazione delle banche – non deriva da una situazione cronica di spesa pubblica incontrollata;
    • Gli US hanno un sistema economico dinamico che, nonostante la crisi, nessuno dubita sarà in grado di riprendersi (in effetti, ha già cominciato – ora temono che la recessione in Europa si contagi a loro).
    • Come giustamente segnali, la questione monetaria (e non solo) è essenziale: a differenza degli US, noi abbiamo una moneta unica europea ma non uno Stato Europeo che faccia politica economica e fiscale a livello federale, e soprattutto non abbiamo un adeguato meccanismo di compensazione tra diverse aree dell’unione, né un adeguato meccanismo per imporre responsabilità fiscale ai paesi membri.
    La conseguenza è che ci troviamo che alcuni paesi (tra cui l’Italia) hanno beneficiato dei bassi tassi dell’euro per 10 anni senza fare riforme. Ora l’empasse è che, da un lato, è necessario che l’Europa ci tiri fuori dai casini (e.g. Eurobond, o altre soluzioni analoghe), dall’altro la Germania non ha nessuna intenzione di pagare la nostra irresponsabilità, non se non sarà più che certa che smetteremo di fare i free-riders.
    • Le speculazioni: purtroppo per i politici (vedi Tremonti, Sarkozy….) è sempre molto più facile prendersela con “gli speculatori” (che non si sa bene chi siano ma certamente sono molto cattivi…) piuttosto che spiegare ai loro elettori come mai non hanno fatto nulla per 10 anni e ora siamo nei casini.
    Nello specifico: questi cattivissimi speculatori sono semplicemente gente (banche, fondi, altri Stati, società finanziarie, ma anche comuni cittadini) che per anni hanno comprato i nostri titoli di Stato a certi tassi di interesse (e allora erano bravi e buoni investitori che avevano Giustamente fiducia del Grande Paese Italia….) e che ora invece hanno smesso perché hanno iniziato a temere che l’Italia potrebbe andare in default e non pagare i suoi debiti (e quindi sono diventati avidi e cattivissimi nemici dell’Italia….)

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