27
Lug
2009

Eco-protezionismo?

Dove finisce l’ambiente e dove comincia il protezionismo? Sabato scorso ho partecipato alla giornata sull’energia della Scuola di politica di Michele Salvati e Salvatore Vassallo, nell’ambito della quale Ricardo Hausmann – economista e direttore del Centro per lo sviluppo internazionale dell’università di Harvard – ha svolto un interessante ragionamento sulle prospettive dei biocarburanti. Hausmann ha in particolare suggerito di stare molto attenti a distinguere le politiche ambientali da quelle industriali, perché – pur potendosi sovrapporre – hanno obiettivi e sfruttano mezzi diversi. Poiché la riflessione mi sembrava molto sensata, gli ho chiesto un commento sulla scelta dell’Unione europea di imporre dazi sui biocarburanti importati. Contrariamente a quello che mi aspettavo, Hausmann si è detto favorevole.

La ragione da lui addotta è meramente ambientale: a suo avviso, l’eventuale guadagno in termini di emissioni dovute all’utilizzo dei biocarburanti sarebbe vanificato dai consumi necessari al trasporto. Non ne sono convinto: l’efficienza, sia energetica sia economica, della produzione di biocarburanti nei paesi tropicali è talmente clamorosa che perfino i documenti ufficiali dell’Ue sono costretti a riconoscerla (per esempio nel Biofuels Progress Report del gennaio 2007, a pagina 11). Inoltre, a me pare ovvio che, una volta accettata la logica protezionistica, essa finisca inevitabilmente per prendere il sopravvento.

Questa verità è talmente palmare che perfino il presidente americano, Barack Obama, ha preso le distanze dalla clausola del pacchetto climatico votato qualche settimana fa dalla Camera, la quale prevede dei dazi sui beni importati da paesi non climaticamente corretti (una proposta simile gira da un po’ per le stanze europee, e guarda caso è sponsorizzata dai francesi). Il fatto poi che tale misura sia stata difesa da Paul Krugman (attraverso l’endorsemente di un editoriale del NYT, oltre che di una serie di argomentazioni economiche e azzeccagarbugliesche) dovrebbe indurre al massimo scetticismo. Oltre tutto, come scrive Tyler Cowen, anche dando per buona l’utilità dei dazi climatici in un mondo perfetto, le controindicazioni sono tali e tante da far venire la pelle d’oca. Il protezionismo non è mai la soluzione, e l’antiprotezionismo è la meno negoziabile di tutte le posizioni politiche.

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