20
Gen
2012

Decreto liberalizzazioni: Carburanti, dirigismo soft?

Concorrenza vuol dire innovazione, pluralità dell’offerta e libertà per le imprese di organizzarsi come credono più conveniente. Se questo è vero, allora la parte del decreto relativa ai carburanti non è liberalizzazione ma dirigismo (seppure, nell’ultima versione, soft).

Sul tema intervengono in particolare due articoli, il 23 e il 24 (mentre altri due affrontano questioni più di dettaglio). Il 24 introduce una novità giusta ma molto limitata: la rimozione dei vincoli al self service pre-pay anche durante gli orari di apertura, ma solo per gli impianti posti al di fuori dei centri abitati. Perché non anche nelle città? Mistero della fede.Molto più problematico è, invece, l’articolo 23. Se esso è pienamente condivisibile nella parte in cui liberalizza la vendita di prodotti non oil (inclusi tabacchi e giornali), sono invece più ambigue le misure relative al superamento dei vincoli di esclusiva tra il gestore e la compagnia di cui batte i colori, e quelle sul riscatto degli impianti (che pure è formulato in modo molto più soft rispetto alle bozze precedenti, quando si configurava un autentico obbligo di cessione).

Originariamente, il decreto prevedeva la sostanziale abolizione dei contratti in esclusiva per tutti i tipi d’impianto. Ciò era assurdo perché circa la metà degli impianti esistenti sono di proprietà delle compagnie petrolifere, che li affidano in comodato d’uso gratuito al gestore, come ha spiegato Gabriele Masini qui su Chicago-blog: è semplicemente assurdo pensare che un impianto, pagato e di proprietà di una compagnia, sia utilizzato per vendere il carburante di un concorrente. L’ultima versione del decreto punta al superamento delle esclusive solo per le pompe di proprietà del gestore, che già oggi è libero di comprare benzina e gasolio da chi vuole. Certo, si porrà un problema non banalissimo relativo alla gestione del marchio (se tu batti i colori della compagnia x, fino a che punto è lecito che tu venda prodotti della compagnia y?) ma in fondo la cosa si riduce a una discussione privata tra le due controparti, e perde la natura sistemica che aveva all’inizio.

Resta l’amaro in bocca perché a questo risultato si arriva dietro le pressioni delle compagnie, mentre la “lettura” governativa del problema sembra restare immutata. In altre parole, l’esecutivo sembra credere che l’ostacolo alla competizione stia dentro la pompa, e non vada piuttosto cercato nella libertà di entrata e uscita dal mercato. Tale libertà è inibita da norme regionali che, speriamo, verranno presto prese di petto grazie ai nuovi poteri dell’Antitrust. Ma alimentare nell’opinione pubblica l’idea che i prezzi siano troppo alti a causa della collusione tra le compagnie, e che tale collusione sia resa possibile dall’organizzazione che storicamente il settore si è dato, è comunque un “virus” intellettuale di cui impiegheremo ancora molto a liberarci. E, in questo caso, “molto” è sempre “troppo”.

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1 Response

  1. Anonimo

    limitare al massimo l’uso delle macchine, soprattutto eliminare i fuoristrada che fanno male ai bambini, evitare l’ uso degli autobus inquinanti
    far salire il più possibile il costo della benzina per la salute dei nostri bambini e donne e uomini, aiutare le persone povere piuttosto che donare soldi ai vecchi rimbambiti, amare l’ ambiente.

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