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Mag
2021

Col Pnrr sarà vera ripresa? Maratona su LeoniBlog

Articoli della maratona PNRR:
4 maggio 2021 – Paolo Belardinelli: La salute non è una priorità
5 maggio – Vitalba Azzollini: La semplificazione burocratica: questa volta è diverso?
6 maggio – Francesco Ramella: Sostenibilità e convergenza economica: la mission impossible per le ferrovie
7 maggio – Giuseppe Portonera: Sulla giustizia buone intenzioni, vaghi strumenti
10 maggio – Carlo Amenta: Una transizione digitale per molti, ma non per tutti?
11 maggio – Giuseppe Portonera: Pubblica amministrazione: assunzioni tante, riforme poche
12 maggio – Carlo Stagnaro: Transizione ecologica: money for nothing
13 maggio – Samuele Murtinu: Istruzione e ricerca: mancano autonomia e competizione

Il 25 aprile il Governo Draghi ha inviato al Parlamento la bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza. A valle del dibattito alla Camera e al Senato, e dopo alcune limature, il Pnrr è stato sottoposto alla Commissione europea che dovrà esprimere valutazioni sia sull’ammissibilità degli investimenti proposti, sia sull’adeguatezza delle riforme promesse. Si tratta probabilmente del documento più importante del Governo perché condizionerà la disponibilità di risorse europee e, se queste saranno ben impiegate, la capacità del paese di risollevarsi dalla tragedia del Covid. 

Dietro il Pnrr ci sono almeno cinque scommesse incrociate: i) portare a casa per intero il pacchetto di aiuti; ii) spendere i soldi nei tempi previsti (2021-2026); iii) generare crescita di breve termine per accelerare la ripresa; iv) alzare il potenziale di crescita di lungo termine del Pil attraverso investimenti, riforme e semplificazioni; v) contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei, con particolare riferimento alle trasformazioni ecologica e digitale a cui dovranno essere dedicati, rispettivamente, almeno il 37 per cento e il 20 per cento delle risorse totali. 

Il Pnrr si articola in sei missioni: 1) digitalizzazione, innovazione, competitività cultura; 2) rivoluzione verde e transizione ecologica; 3) infrastrutture per la mobilità sostenibile; 4) istruzione e ricerca; 5) inclusione e coesione; 6) salute. Gli investimenti dovranno accompagnarsi a un piano di riforme che, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe svolgersi nel prossimo quinquennio e interessare, tra l’altro, la giustizia, la pubblica amministrazione e la concorrenza. Il piano, inoltre, prevede impegni precisi riguardo al monitoraggio e controllo sulla base di un percorso dichiarato in anticipo, con obiettivi espliciti e milestones. Non è chiaro con quale grado di trasparenza, periodicità e formato verranno rilasciati i dati, al di là dei periodici rendiconti promessi al Parlamento. Questo sarà uno dei temi cruciali per consentire la valutazione delle policy non solo da organismi interni al, o dipendenti dal, Governo, ma anche da parte della comunità degli studiosi. 

Il piano è complesso ed è difficile esprimere un giudizio complessivo. Un dato importante è che il Governo non solo prevede di utilizzare integralmente la dotazione europea (fatta di trasferimenti a fondo perduto e prestiti), ma addirittura ne aggiunge di suo: il piano si compone, nel quinquennio, di 191 miliardi rinvenienti dal Dispositivo di ripresa e resilienza, 13 miliardi da React EU e addirittura 30 miliardi da un fondo complementare alimentato da risorse nazionali, per un totale di 235 miliardi. La composizione della spesa – specie nel raffronto internazionale – mostra un approccio molto “ecumenico” e caratteristico dell’Italia: dare qualcosa a tutti. D’altro canto, questo può pure dipendere dal fatto che il nostro paese è il maggior beneficiario in valore assoluto dei fondi. Inoltre, concentrare eccessivamente le risorse rischia di produrre distorsioni nell’allocazione dei fattori con costi di lungo termine potenzialmente molto alti. In generale, però, pur vedendo in filigrana un filo logico che unisce le diverse missioni e le rispettive componenti, non emerge con nettezza il criterio che ha determinato le scelte del Governo. A voler pensare male, si ha la sensazione che la logica sia quella del “keynesismo idraulico”, come abbiamo argomentato nell’editoriale dell’Istituto la scorsa settimana: “semina quattrini e qualcosa resterà”. Al contempo, ci sono molte proposte di interventi che potrebbero contribuire a un significativo rilancio dell’economia. E, anche tra gli investimenti, diverse misure hanno la potenzialità di contribuire alla crescita della produttività. E’ difficile, in questa fase, prevedere quale sarà il punto di caduta. 

Si tratta, va detto, di una impressione iniziale e generale. Non tutte le spese proposte sono uguali, non tutte sono enunciate con eguale chiarezza (o vaghezza), e non tutte sono ugualmente persuasive. C’è, poi, un altro tema, che riguarda soprattutto le riforme: fino a che punto sono credibili interventi di revisione normativa che scavalcano il confine della legislatura? La figura di Mario Draghi viene percepita da tutti come la garanzia che gli impegni verranno rispettati: ma che dire dei governi che verranno, inevitabilmente, dopo il suo? 

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