16
Dic
2009

Banche, Basilea ha deciso. Ma che cos’è la “banca etica”?

La Banca d’Italia ha avvisato che da domani ogni giorno è buono, per l’annuncio delle nuove regole sul rafforzamento del capitale bancario sulle quali, alla BRI, è stato definito l’accordo tecnico secondo le guidelines approvate dal G20 a Pittsburgh. Finalmente capiremo quanto sono fondate, le preoccupazioni molto alte che hanno spinto in queste settimane primari banchieri – in Italia soprattutto Corrado Passera, che ha nel capitale di vigilanza della sua Intesa più strumenti ibridi degli altri – a chiedere che fosse opportuno abbassare i ratios di capitale – già, abbassare – e non alzarli. A me consta da fonti autorevoli che il periodo di innalzamento di qualità e quantità del capitale sarà molto lungo, e con occhi ben aperti per monitorare gli effetti intanto sugli impieghi. Vedremo, comunque, perché è di sicuro l’unico vero passo concreto in avanti fatto dall’inizio della crisi. Dunque, c’è da sperare che sia buono. Ma intanto, rispondiamo a una domanda ormai quasi stucchevole, nel dibattito pubblico.  Che cos’è davvero una “banca etica”? A distanza di 15 mesi dal fallimento di Lehman Brothers, che trasferì dall’economia finanziaria a quella reale la più grave crisi del secondo dopoguerra, la domanda resta più che mai centrale. Dico subito che la mia risposta è su tre livelli. Due sì, e un no. Sì, la banca etica esiste: non mi interessa dire che “deve” esistere, dico che esiste. No, la banca etica non è solo quella nella più stretta accezione del termine, come quella nata dalla cooperazione allo sviluppo e nel mondo no profit nostro Paese. Sì, dunque, bisogna fare un grande sforzo culturale, perché l’etica torni a essere un punto di riferimento nelle attività bancarie.

Vedo di spiegarmi. Inverto l’ordine di annuncio, e comincio dal “no”. Che Dio benedica e preservi Banca Etica con la “b” e la “e” maiuscole, il suo presidente Fabio Salviato e il suo direttore generale Mario Crosta, ma qui non stiamo parlando di loro. Esistono da anni, grazie all’impegno di cooperatori allo sviluppo che si posero il problema del credito come un diritto e dello scopo sociale del suo ritorno invece che economico. Finanziano alcune migliaia di progetti con la loro raccolta, e mi auguro lo facciano sempre di più e con sempre maggiori sostegni. No, qui stiamo parlando di che cosa possa in concreto significare, dare più spazio all’etica nelle attività della banca ordinaria: cioè senza rinunciare al profitto e alla remunerazione dei soci. Nella prassi concreta, molte banche italiane, tanto spa che popolari, si fregiano dell’aggettivo “etico” grazie ai bilanci di sostenibilità sociale che hanno preso in questi anni a presentare ai propri soci e al mercato, e grazie alla certificazione SA 8000 che attesta il pieno rispetto dei diritti dei dipendenti, della sicurezza del lavoro e della salubrità dell’intera catena di fornitura. Ebbene no, non sto parlando neanche di questo. Francamente ho imparato a diffidare della cosiddetta Corporate Social Responsability: è quasi sempre un adempimento che le grandi banche aggiungono a quelli regolamentari e di vigilanza, tanto per farsi belle. I limiti al finanziamento di attività particolari, come quelle legate alle tecnologie militari o “duali” cioè a possibile rischio, non identificano affatto un banchiere e una banca che metta l’etica al centro della propria attività.

Ma allora, direte voi, ci fai capire di che cavolo stai parlando? Invece di inoltrarmi in princìpi generali, faccio alcuni esempi.

E’ etico quel banchiere “ordinario” che mantenga il suo istituto con un ratio di capitale aggiustato per il rischio che non metta in pericolo il risparmiatore, né confidi nel salvataggio a spese del contribuente, cioè eviti tutti e due i guai inflittici dalla finanza allegra. Quando parlo di “capitale aggiustato per il rischio” non mi riferisco al Tier1 dichiarato dalle banche stesse. Poiché i criteri dei regolatori non hanno ancora incorporato le lezioni della crisi – le banche cioè hanno ottenuto tempi lunghi e non prescrittivi, finora,  per ricapitalizzarsi – UBS dichiara un Tier1 del 13%, ma se si leva il capitale ibrido si scende al 2%. Per dirla chiara, Intesa e Unicredit rientrano appena in una media accettabile: ma dovrebbero migliorarla entrambe. È etico quel banchiere ordinario che fa pulizia nel proprio attivo patrimoniale, senza tenere valori intangibili ai livelli stellari ai quali erano stati valutati all’atto di grandi fusioni. Come capita in Unicredit, in cui gli intangibles valgono il 130% della capitalizzazione di Borsa. E’ etico quel banchiere che non forza oltremisura le attività di trading ad alta leva finanziaria su quelle da impieghi ordinari a bassa leva: e qui non ci siamo proprio, visto che nelle trimestrali del 2009 tanto negli Usa che in Europa e in Italia sono proprio le attività di trading – la “carta per la carta” – a tenere su revenues e utili delle banche: esattamente come se non fosse successo niente.

Etico è quel banchiere, detto tutto questo, che fa anche e soprattutto un’altra scelta: che retrocede al cliente una parte maggiore degli utili realizzati da attività tanto ordinarie che di trading. Perché in questo caso investe nella fiducia, e aggiunge clienti – che sanno far di conto – e massa amministrata alla propria raccolta. In altre parole: non lo fa per piacere a Dio, ma per far crescere la banca dando più e no meno soddisfazione ai clienti. È forse antipatico fare nomi e cognomi. Ma se ci chiediamo perché nei primi dieci mesi 2009 Banca Mediolanum – che ha coperto integralmente sin dall’inizio i propri clienti delle perdite Lehman non essendo obbligata a farlo – distacchi del 550% la raccolta annuale del secondo classificato tra le reti dei promotori italiani, e trattando meglio i propri clienti migliori anche l’utile dell’86%, abbiamo una buona risposta al fatto che fare il banchiere etico non solo è possibile. Ma anche conveniente. Francamente, anche se vedete una pubblicità di Mediolanum su questo blog e potreste pensate che questo elogio sia connesso, vi rispondo che non lo è perché lo penso a prescindere.

You may also like

Punto e a capo n. 50
Un nuovo ruolo per la CdP? Modelli di mercato o “catoblepismo” di ritorno – di Stefano Simonelli
Sul decreto #salvabanche troppi punti da chiarire – L’#Hashtag di Natale D’Amico
Lo Stato in MPS: la grande collusione di questi anni, i rischi odierni

6 Responses

  1. Antonio M

    Caro Giannino, la banca etica non esiste, non e´mai esistita sin dall´istituzione del sistema delle banche centrali ( FED 1913), men che mai in italia, che si chiamino Unicredit, Medionalum o MPS!!!
    La banca etica dovrebbe essere qualsiasi banca, quella che intermedia il risparmio reale canalizzando gli investimenti e fornendo i servizi di pagamento, tutto qui!
    Invece oggi la banca raccoglie il risparmio e come un Dio lo moltiplica creando denaro dal nulla ( “out of thin air” come dicono gli americani), facendo profitti mostruosi oltre che parassitari ( non produce nulla e tanto meno intermedia con “etica” il risparmio con gl´investimenti ), cosi da abbassare artificialmente il tasso d´interesse distorcendo il mercato (mal-investment) e distruggendo il capitale reale, creando le bolle speculative e le conseguenti crisi finanziarie sino ad arrivare alla distruzione del sistema monetario ( come sta avvenendo oggi).
    E pensare che Bernake oggi e´stato eletto uomo dell´anno dalla rivista Time!!!
    Ma temo che si siano spinti troppo oltre questa volta…

  2. stefano

    Ho chiuso i due conti che avevo in “grandi banche” e sono passato a una BCC: risparmio sui costi, mi trattano meglio, non pago profumati superbonus a profumati amministratori delegati. E mi risulta che la mia attuale banca sia più attenta alle imprese. Sicuramente non sono santi nemmeno questi, ma dobbiamo essere anche noi a tagliare le unghie a chi esagera. Ciao

  3. microalfa

    Ciò che demarca un comportamento etico, che poi si dovrebbe definire “normale”, dalla schizofrenia non è tanto l’ottusità, come riporti giustamente, di non capire quanto sia pagante per il proseguio della propria attività, quanto la consuetudine del risultato a breve, il bilancino trimestrale, gli obiettivi immediati senza orizzonti di respiro. Il che, visti i tempi mediamente prolungati di permanenza dei vertici bancari nella loro posizione è un controsenso.
    Forse il mondo tutto ha bisogno di uno spazio di rallentamento, di fermarsi un attimo a riflettere, di un esame di coscienza, di rivalutare i valori.
    Altrimenti, così proseguendo, finiremo col nutrirci a cocaina prima dell’ictus finale. -:)
    Saluti.

  4. Pier

    Sig. Giannino La seguo dal “Libero Mercato”, che acquistavo solo quando usciva in abbinata, e qui da qualche tempo. Mi pare appartenga anche Lei, salvo errore ma non credo, a quella schiera di “solo gli stupidi non cambiano idea” che io chiamo semplicemente “coerenti” ed anche in base alle ns.idee “liberaldemocratici”, nel mio caso pur non evendo mai preso la tessera di alcun partito.

    Ora io mi domando. Il problema etico in Italia non sta in particolare anche nelle cosidette “Fondazioni Bancarie” ex – alias , ex enti locali, ex partiti, ex chi e perchè e con quali diritto le comanda in silenzio e con tanti saluti al popolo sovrano “, mi sbaglio ?

    Non so è mi piacerebbe saperlo da Lei quali sono le Banche Italiane che non hanno le “Fondazioni” in posizione dominante nel loro capitale:

    Grazie in anticipo.

    Pier

  5. eonia

    Bello invocare l’ortodossia monetaria sulla gestione del denaro.
    Sembra un buon pensierino natalizio per i grandi istituti del credito, anche se ancora esiste la funzione del microcredito che assolve in minima parte questo desiderio etico.
    Vediamo di fare un passo dietro per capire se le banche possono appellarsi etiche con tanto di certificazione e accordi di patti chiari.
    Da ottobre dell’anno scorso ormai è chiaro a tutti che il livello di corruzione capitalista nella gestione del ricchezza ci sta portando dritti verso uno statalismo selvaggio.
    Bello però quando le banche creavano ricchezza per tutti compresi gli insolventi occasionali, viziati e millantatori, mentre gli Stati e le autorità di competenza sonnecchiavano tranquillamente.
    Anzi gli Stati facevano di più e con maggior vigore. Lasciavano che i paesi si deindustrializzassero, pensando che l’industria finanziaria avrebbe retto il mondo da sola.
    L’ha fatto per un decennio, manipolando il denaro con tutte le formule matematiche che credeva necessarie per diventare sempre più competitivi e grandi. Questi imput partivano da tutti gli attori ad iniziare dalle banche centrali, la politica, gli intellettuali e per essere trend anche i cittadini.
    Ora invece sul proscenio c’è la Cina che fabbrica tutto quel che si desidera con una fortissima vocazione di export. Anzi se non esporta e non consuma i prodotti delle nostre industrie automobilistiche non basterà nessun incentivo.
    Non vale neppure più la pena ricostruire il tessuto industriale.
    Detto ciò non è mia intenzione presentare la banca come irresponsabile di quanto sta accadendo.
    Intendo dire solo che questa responsabilità va condivisa con molti attori che avevano ugualmente responsabilità etiche, forse anche maggiori rispetto alle banche, in quanto organismi di controllo e sorveglianza. A nessuno di questi organismi istituzionali ha mai sfiorato la mente di tutelare né il consumatore, né il bene comune.
    Inutile oggi cercare l’etica nelle banche (mai conosciuta nei loro lussuosi uffici privati, solo in quelli pubblici) quando la sbornia da orgasmo collettivo si è trasformata in miseria esistenziale.

  6. innaig

    Direttore Giannino
    Approfitto di questo sito per salutarla e ringraziarla per l’ottimo lavoro che ha fatto su Radio 24.
    Radio ben pensata, costruita, ma a mio parere a volte troppo gridata.
    Il Gattino, ha rappresentato una voce e un pensiero diverso dal solito coro stucchevole, accidioso e litigioso. Mi auguro che il suo contratto sia rinnovato quanto prima.
    Stando al tema Banche; tempo fa, nella suggestione della inflazione prossima ventura, ho ripescato un agile libricino pubblicato dalla fu Rizzoli nel 1983: -Come guadagnare in tempi di inflazione- scritto da Paolo Panerai ed Enrico Morelli. Nel Capitolo -Cos’è l’inflazione- a pagina 54 ci sono degli spunti interessanti.
    -Lo Stato nel suo complesso già allora, come ora, spendeva più della metà del PIL e finanziava un quarto della spesa a debito. La partita attuale è la stessa, solo che il minor accumulo di debito è compensato da un netto incremento del prelievo fiscale e parafiscale. Fine del Boom via allo Sboom.
    -Stando agli autori del volumetto, in quel periodo le Banche potevano effettuare prestiti superiori ai depositi in una misura che poteva arrivare, in una rotazione annuale, a 6 volte.
    I complottisti chiamano questi due comportamenti Signoraggio monetario di primo e secondo livello. Lasciando stare i complottisti, la leva monetaria in mano alle banche è fondamentale nell’economia capitalistica poiché permette loro di finanziare a debito le idee capaci di produrre la ricchezza futura. Va da se che questo strumento, di assoluto interesse pubblico, in mano agli uomini può essere abusato. Altroché se è stato abusato. Se tale potere in passato è stato giustamente tolto ai politici chi controlla i banchieri?
    L’etica bancaria sta nei loro comportamenti e nell’uso che fanno del potere che hanno. In Italia c’è già una fondamentale funzione dello Stato i cui membri sono sostanzialmente intoccabili, possiamo permetterci che lo siano anche i banchieri?
    Basilea uno autorizzava una leva monetaria fino a 12,5 volte, Basilea due introdusse lo scivoloso concetto del “dipende”. Chi potrà avere la sagacia di individuare una soluzione in grado di funzionare? Poiché la leva monetaria fa conto sui comportamenti diffusi e, statisticamente, nell’arco di un anno il complesso dei clienti non chiede indietro che un decimo dei loro risparmi, il denaro depositato può essere utilizzato a copertura dei prestiti bancari. Tale meccanismo va gestito con grande cura perché la sua funzione base dipende dal mood, dalle aspettative e dalle condizioni economiche dei depositanti. Basilea tre dovrebbe incorporare tale concetto e, in un periodo come questo, il rafforzamento del capitale rispetto agli impieghi essere automatico. Qui torna il discorso dell’etica bancaria e la funzione socioeconomica delle banche. A parte il volemose bbene il sistema bancario, con la sua leva monetaria di secondo livello, deve mantenere un pur variabile equilibrio finanziario. Non spetta alle banche rischiare per incentivare in modo anticiclico una ripresa economica. Questo compito spetta allo Stato, BCE permettendo, al potere che ancora mantiene di usare la leva monetaria di primo livello. I BOND dei Ministro Tremonti erano una proposta intelligente per dare alle banche i fondi necessari, ma le Banche temono per la loro indipendenza così che qualcuno ora auspica il ritorno dello stato banchiere. Un brutto Giano bifronte.
    Concordo con suo punto di vista sulla Corporate Social Resposibility and accautability. Anche in ambiti industriali assai spesso è di facciata. Questo tormentone con la furia verso gli aspetti HSE (Healt-Safety-Environment) ideati nel mondo anglosassone hanno in realtà dato vita a pesanti sovrastrutture burocratiche. Centri di potere, e di costo, che rendono il sistema occidentale ormai inefficiente ed eccessivamente costoso.

Leave a Reply