22
Gen
2014

Spesa e tasse: le 2 lezioni per cui Uk con Cameron cresce più di tutti in Ue

Sorpresa, il leone della crescita nell’Unione Europa non è affatto la Germania di Angela Merkel, che ha chiuso il 2013 con un deludente e modestissimo più 0,4% del suo Pil, ma il Regno Unito di David Cameron. Che ha vissuto un 2013 di continua progressione delle stime: a inizio anno tutti predicevano un modesto più 0,6 o 0,7%, ma di trimestre in trimestre le cose sono andate sempre meglio. Se ancora a dicembre i più immaginavano una chiusura d’anno a più 1,4%, la crescita fortissima dello 0,8% nel solo ultimo trimestre potrebbe aver fatto chiudere il 2013 a più 1,9%. Un punto e mezzo più della Germania.

La tendenza è stata confermata dalle prime stime di crescita 2014 del Fondo Monetario. Il Pil 2014 della Gran Bretagna è stimato a +2,4%, un punto più di quanto il Fondo valutasse a metà dell’anno scorso. La Germania non andrebbe oltre il +1,6%. L’Italia, per capirci, vede invece il FMI abbassare ulteriormente le sue previsioni, dallo 0,7% allo 0,6%: la metà di quanto il governo Letta abbia stimato nella sua legge di stabilità, l’1,1%. E siamo l’unico tra i Paesi “avanzati” corretti al ribasso, l'”unico a non tenere il passo”, dice il FMI. Un viatico, per Letta e il suo governo.

D’accordo,  le previsioni vanno prese con le molle. Per esempio a metà 2012 il FMI stimava per il 2013 al 5,6% la crescita del commercio mondiale – il motore dello sviluppo planetario – e poi nella realtà è stata a malapena del 2,7%, il che getta qualche ombra anche sulla correzione in rialzo al 3,7% per la crescita mondiale 2014, visto che nel frattempo la stima di aumento del commercio scende dal più 4,9 al più 4,5%. Quel che però è evidente è che il Regno Unito ha stupito tutti, la frenata tedesca è stata più forte di quel che ci si aspettasse, mentre noi purtroppo arranchiamo in fondo.

Su che cosa di fonda, il successo britannico? Su un mix che per noi non è né integralmente né largamente replicabile, visto che ci sono almeno tre caratteristiche dell’economia britannica molto diverse dalle nostre. Ma ci sono però anche un paio di lezioni secche e buone anche per noi italiani, e per tutto il Sud Europa piegato dalla crisi.

Vediamo innanzitutto che cosa non possiamo ambire di replicare. E’ ovvio innanzitutto che il Regno Unito si avvantaggi della scelta – saggia, alla prova dei fatti – di aver mantenuto la sovranità monetaria e la sterlina. Non solo ciò consente di poter compensare momenti bassi del ciclo con svalutazioni del cambio, ma ha evitato un impatto disastroso della crisi a un’economia che dagli anni Ottanta ha sempre più accentuato la seconda scelta che non possiamo seguire. Quella di diventare un leader mondiale come piattaforma dei servizi, innanzitutto quelli banco-finanziari. Le crisi a raffica di grandi istituti bancari britannici dopo il crac Lehman avrebbero avuto impatti devastanti, se fossero stati curati con i caotici criteri europei. La terza caratteristica che ci divide dal Regno Unito discende dalla seconda: loro realizzano una quota di valore aggiunto sul Pil da manifatturiero non troppo superiore alla metà del nostro, mentre noi siamo un paese che deve tentare di riportare la quota del manifatturiero oltre il 20%, per difendere l’unico vero motore attuale della crescita italiana, cioè l’export sui mercati mondiali.

Queste tre caratteristiche britanniche hanno determinato i motori della ripresa del Regno Unito. Innanzitutto il mercato domestico, la domanda interna dei consumi. Che è tornata a superare quella del precrisi, mentre da noi siamo ancora a una perdita a doppia cifra. Poi il settore immobiliare, sia delle compravendite e mutui – risaliti a quote analoghe a 9 anni fa – che nelle costruzioni, dove noi siamo a perdite del 50% rispetto al precrisi. Infine il settore finanziario, che è tornato a produrre ottimi utili e pingui bonus, e complessivamente dei servizi, a cominciare dal turismo e dall’attrattività degli investimenti diretti esteri, che per la verità è sempre rimasta altissima.

Tutto questo, per così dire, dipende dalla specificità britannica. Ma ci sono in aggiunta due fattori essenziali, sui quali dovremmo riflettere. Ad aver mantenuto un segno completamente diverso dal nostro sono state due scelte fondamentali di finanza pubblica, condivise dal premier Cameron e dal suo arcigno cancelliere dello scacchiere, George Osborne.

Fino all’inizio dell’anno scorso, le previsioni di crescita britanniche erano basse proprio per effetto di quelle due scelte. La prima: tagliare duramente la spesa pubblica. La seconda: tagliare anche le tasse, dove e nella misura del possibile, visto che nel frattempo bisognava abbassare energicamente il deficit. Una strategia che avrebbe soffocato la ripresa, dicevano non solo i laburisti di Ed Miliband, ma anche molti economisti keynesiani.

Ebbene, sono stati smentiti. E’ accaduto il contrario. Cameron e Osborne hanno ereditato nel 2010 dai laburisti un deficit pubblico superiore all’11% , nel 2010. A fine 2013 il deficit sarà intorno al 6,8%. Nel 2015, quando si rivoterà, per effetto dei nuovi tagli che il governo continua a proporre, dovrà scendere al 4% , e sotto il 3% nel 2016.

Quanto alle imposte, Osborne ha ridotto l’imposta sul reddito delle imprese dal 28% al 22%, ed entro fine mandato l’obiettivo è di scendere al 20%. L’aliquota marginale sul reddito delle persone fisiche è stata abbassata di 5 punti, dal 50% dove l’avevano riportata i laburisti. Sono state abbassate le imposte alle giovani coppie, è scesa l’accisa sulla benzina e sui consumi energetici.

E’ per tutto questo, che la domanda privata di consumi è tornata ruggente. Conclusione: per l’Italia che ha perso nove mesi sull’IMU senza ancora metterci un punto, che su ogni ipotesi di taglio alla spesa continua a delegare il commissario Cottarelli perché nessuno ha fegato e idee chiare su dove tagliare, e che ha visto aggravi d’imposta di ogni tipo, avercene sul ponte di comando, tipi come Cameron e Osborne.

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7 Responses

  1. Grazie per l’interessante riflessione. La GB è sicuramente fuori dal coro depressivo europeo ma non ci facciamo però prendere da facili entusiasmi.
    – Le previsioni del FMI sono sempre sballate. Non è demagogia ma è una triste verità. Se faranno solo la metà di quel PIL sarò il primo a complimentarmi con i britannici.
    – Loro, come dichiari, hanno potuto non solo svalutare (la sterlina è andata da 0,64 fino a 0,90 contro euro negli scorsi anni), ma hanno fatto un massiccio QE del quale pochi parlano.
    – la ripresa è trainata dai consumi e non dagli investimenti. La Borsa ai massimi storici ed il credito al consumo ne sono la principale causa.
    – la sterlina è troppo forte: è ai massimi da 5 anni contro dollaro.
    – La bolla immobiliare londinese ed in alcuni altri distretti è destinata a sgonfiarsi.
    – Il Paese ha il più alto debito complessivo (privato, corporate, pubblico) mondiale rispetto al PIL (quasi il 900%, una cifra astronomica).
    Prendiamo comunque atto che vanno meglio degli altri. Oggi il dato sull’unemployment è confortante ed anche quello delle vendite al dettaglio relative a dicembre (anche se taroccato perché sono aumentati i volumi sono quasi flat.
    Temo pertanto che anche la loro ripresa sia un “dead bounce cat”, sicuramente più brillante del nostro completamente inesistente.

    Federico Schmid
    PINGUINOECONOMICO

  2. Marco Giulio Camurri

    Attenzione: E’ vero che il Regno Unito sta uscendo dalla crisi meglio e prima del previsto, ma e’ anche vero che negli ultimi 4 anni:
    1) Sono aumentati i disoccupati
    2) I trasporti e le bollette energetiche sono aumentati del doppio dell’inflazione (almeno)
    3) Sono aumentate le persone che usano i benefit per disoccupazione, tant’e’ vero che il governo sta pensando di agire su questo punto per ridurre ulteriormente la spes pubblica.
    4) C’e’ stato un taglio (lieve) delle tasse ma c’e’ anche stato un aumento dell’IVA dal 17,5 al 20%. E si sente.

    Alla fine della storia: gli inglesi (ceto medio) sono piu’ poveri ora rispetto a 4 anni fa. Si rischia una privatizzazione della sanita’ in stile americano. Le case, che salgono di prezzo del 10% annuo (come minimo) sono una chimera per la maggior parte dei lavoratori (a Londra e dintorni) in quanto l’aumento e’ dovuto alla speculazione.

    Una aggiunta stupida: lo scorso anno abbiamo avuto il giubileo, le olimpiadi e la nascita del figlio della famiglia reale. Questo ha portato Londra ad essere la citta’ piu’ visitata del pianeta, con piu’ di 4mln di turisti tra gigno e settembre, con un extragettito di 4 miliardi di Euro, che non sono noccioline e sono una spinta “una tantum”.

    Spero fortemente che la ripresa sia reale e che dal prossimo anno si converta in un miglioramento delle condizioni di vita degli inglesi che, temo, restano migliori di quelle deli italiani solo perche’ partivano da un “offset” piu’ alto. C’e’ da recuperare una buona fetta di pressione fiscale; speriamo di riuscirci per ridare agli inglesi il benessere di cui godevano 5 anni fa.

  3. Mike_M

    “Avercene sul ponte di comando, tipi come Cameron e Osborne”. Magari! Purtroppo, caro Giannino, noi dobbiamo accontentarci del default prossimo venturo dello Stato italiano. Meglio di niente.

  4. Sc

    Sarebbe interessante sapere quantoconta l immigrazione che arriva dal sud dell europa e anche dai paesi dell est. Magari si scopre che tagli delle tasse e della spesa pubblica hanno fatto calare il pil mentre gli immigrati lo hanno fatto aumentare.. Si sparano correlazioni con troppa facilitá

  5. Paolo

    riflessioni interessanti, a mio modestissimo modo di vedere ciò che distingue l’UK da Italia (o Francia) è che in UK, consci della crisi e delle ragioni che hanno portato alla crisi (almeno sul versante delle finanze pubbliche) si punti ad una riduzione della spesa pubblica al fine di ridare slancio all’economia (è vero che sono forti sul manufatturiero, ma credo che sarebbe interessante leggere qualche analisi sull’industri dell’auto UK paragonata a quella italiana… gli italiani avrebbero molte sorprese), mentre la ricetta italiana è più tasse, contrazione dei consumi, maggiore intervento dello stato in economia ed esplosione della spesa pubblica (che è stata la causa di tutte le nostre sventure…).
    Ah, dimenticavo, in UK, come in Germania, la democrazia non è stata sospesa, sospendere le regole democratiche (come nei fatti è il caso in Italia dal 2011, con buona pace di Berlusconi) evidentemente non aiuta a uscire dalle crisi, anzi pare proprio che peggiori la situazione, mi auguro che si possa iniziare una seria riflessione su questo aspetto.

  6. filippo

    Il fmi può fornire tutti i dati che vuole, ma un breve giro nelle periferie delle grandi città inglesi e ci chiederemo dove sia questa “crescita”, magari tra 3 mesi il fmi pubblicherà dati opposti a quelli forniti in questi giorni.Aldilà dei dati forniti dal fmi, che sinceramente non mi interessano, Oscar Giannino evidenzia il fatto che la Gb grazie al fatto di avere ancora la sua sovranità monetaria si trova nettamente in vantaggio , da quel punto di vista, nei confronti dei Paesi dell’eurozona che tale sovranità la hanno persa da un pezzo, con i miracolosi effetti che tutti vediamo.Distinti saluti e grazie per l’interessante articolo.

  7. Rita Giannini

    Caro Oscar, se mi permetti ti do ancora del tu, anche se non ci vediamo da 30 anni! Mi meraviglia che nel tuo articolo tu non menzioni nemmeno il partner fondamentale dei conservatori al governo, che con la loro influenza sono riusciti a mitigare gli istinti peggiori del partito conservatore ed hanno fatto ingoiare a Cameron & co cose come l’ innalzamento a 10.000 sterline del livello a cui si inizia a pagare le tasse ed il pupil premium, fondi extra alle scuole per ogni allievo proveniente da famiglia in difficolta’. Parlo, naturalmente, dei liberal democrats.

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